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Abuso di godimento: quando i lavori dell’inquilino?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una locatrice che chiedeva la risoluzione del contratto per abuso di godimento da parte della società conduttrice. Quest’ultima aveva eseguito lavori non autorizzati, ritenuti però dai giudici non gravi e necessari per le pessime condizioni dell’immobile. La Corte ha confermato la decisione dei gradi precedenti, sottolineando che non ogni modifica integra un grave inadempimento e che la valutazione dei fatti e delle prove spetta ai giudici di merito. È stata inoltre confermata la condanna della locatrice al risarcimento del danno morale per minacce rivolte alla conduttrice.

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Abuso di godimento: quando i lavori dell’inquilino giustificano la risoluzione del contratto?

L’abuso di godimento di un immobile locato è una delle principali cause di contenzioso tra proprietari e inquilini. Ma quando le modifiche apportate dall’inquilino sono così gravi da giustificare la risoluzione anticipata del contratto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri che i giudici devono seguire per valutare la gravità dell’inadempimento, distinguendo tra modifiche marginali e alterazioni sostanziali.

I Fatti del Caso: Lavori non Autorizzati e una Grave Accusa

Il caso nasce dalla richiesta di una proprietaria di risolvere il contratto di locazione con una società, accusandola di aver eseguito lavori non autorizzati e dannosi sull’immobile. Secondo la locatrice, queste opere integravano un grave inadempimento contrattuale.

La società conduttrice si è difesa sostenendo che gli interventi si erano resi necessari a causa delle pessime condizioni in cui versava l’immobile. Inoltre, ha presentato una domanda riconvenzionale, chiedendo un risarcimento per danni morali. Il motivo? La proprietaria, durante una discussione, avrebbe pronunciato una frase minacciosa per indurla ad accettare un aumento del canone.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello hanno respinto la richiesta della proprietaria. I giudici hanno stabilito che i lavori eseguiti dalla società inquilina, sebbene non autorizzati, non costituivano un inadempimento grave. Si trattava, infatti, di interventi marginali e di aggiunte facilmente rimovibili, necessari per rendere l’immobile utilizzabile e non tali da alterarne la natura o la destinazione d’uso.

Al contrario, la domanda riconvenzionale della società è stata parzialmente accolta. I giudici hanno ritenuto la frase pronunciata dalla locatrice penalmente rilevante e intimidatoria, condannandola a un risarcimento di 2.000 euro per il danno morale causato.

L’analisi della Corte di Cassazione sull’abuso di godimento

La proprietaria ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, presentando sette motivi di ricorso. Tuttavia, la Suprema Corte li ha rigettati tutti, dichiarandoli inammissibili o infondati. La decisione della Cassazione offre importanti chiarimenti su come deve essere valutato l’abuso di godimento e sui limiti del giudizio di legittimità.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione della gravità dell’inadempimento è una questione di fatto, riservata all’apprezzamento del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio per riesaminare le prove e i fatti. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge, non stabilire se i lavori fossero più o meno significativi.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto i motivi del ricorso.

In primo luogo, ha dichiarato inammissibili le censure relative alla mancata ammissione di alcune prove, poiché la ricorrente non aveva specificato adeguatamente le sue richieste né dimostrato la loro decisività. La Corte ha sottolineato la necessità di rispettare il principio di specificità dei motivi di ricorso, secondo cui è necessario indicare con precisione le norme violate e le ragioni della censura.

Per quanto riguarda l’abuso di godimento, la Corte ha confermato la correttezza del ragionamento dei giudici di merito. Essi avevano correttamente escluso il grave inadempimento, poiché i lavori (come la sostituzione di una porta o piccole modifiche all’impianto idraulico) erano funzionali all’uso del bene, facilmente rimovibili e non alteravano in modo significativo la struttura e la destinazione dell’immobile. Le lamentele della proprietaria si basavano, inoltre, su testimonianze de relato (per sentito dire), considerate di scarso valore probatorio.

Relativamente alla condanna per danno morale, la Suprema Corte ha respinto la tesi della proprietaria secondo cui mancava la prova del danno-conseguenza. I giudici hanno chiarito che il danno morale da reato è costituito dalla sofferenza soggettiva causata dal fatto illecito in sé, e la sua valutazione spetta al giudice di merito, che nel caso di specie l’aveva liquidato in via equitativa.

Infine, anche il motivo relativo alla condanna alle spese legali è stato rigettato, in quanto la proprietaria era risultata la parte prevalentemente soccombente nell’esito finale della lite.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida alcuni principi chiave in materia di locazione e processo civile:

1. Non ogni modifica è inadempimento grave: Per arrivare alla risoluzione del contratto, l’abuso di godimento deve consistere in un’alterazione significativa della natura e della destinazione del bene, che pregiudichi l’interesse del locatore. Piccoli lavori o aggiunte rimovibili, soprattutto se resi necessari dalle condizioni dell’immobile, non sono sufficienti.
2. La valutazione dei fatti spetta al giudice di merito: La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di primo e secondo grado nell’analisi delle prove (testimonianze, documenti, ecc.). Il suo ruolo è garantire che la legge sia stata interpretata e applicata correttamente.
3. Specificità del ricorso in Cassazione: Chi si rivolge alla Suprema Corte deve formulare i motivi in modo chiaro e preciso, indicando le norme violate e le ragioni giuridiche del proprio dissenso, senza tentare di ottenere un semplice riesame del merito della controversia.

Quali tipi di lavori non autorizzati da parte dell’inquilino possono portare alla risoluzione del contratto di locazione?
Secondo la sentenza, solo i lavori che costituiscono un ‘grave inadempimento’ possono giustificare la risoluzione. Non rientrano in questa categoria interventi marginali, aggiunte e sostituzioni facilmente rimovibili (come il cambio di una porta), soprattutto se funzionali alla fruizione del bene e necessari a causa delle sue cattive condizioni. L’inadempimento deve alterare in modo significativo la natura e la destinazione del bene locato.

È possibile essere condannati a risarcire un danno morale in una causa civile per locazione?
Sì. Nel caso esaminato, la locatrice è stata condannata a risarcire il danno morale perché i giudici hanno ritenuto che una sua frase minacciosa avesse rilevanza penale (tentato esercizio arbitrario di un diritto). La domanda di risarcimento (domanda riconvenzionale) è stata accolta anche se la richiesta principale della locatrice è stata respinta.

Perché la Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso senza esaminarne il merito?
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile quando non rispetta precisi requisiti formali e sostanziali. Come emerge dalla sentenza, i motivi principali di inammissibilità sono: la richiesta di una nuova valutazione dei fatti e delle prove (che spetta ai giudici di merito); la mancata o generica indicazione delle norme di legge che si assumono violate; la mancata riproduzione esatta degli atti o delle istanze su cui si fonda il ricorso, impedendo alla Corte di valutarne la decisività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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