SENTENZA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE N. 1673 2025 – N. R.G. 00002178 2021 DEPOSITO MINUTA 29 09 2025 PUBBLICAZIONE 29 09 2025
appellata
, detta , con l’Avv. NOME COGNOME
Intervenuta volontaria
TABLE
appellati contumaci
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI FIRENZE
Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Prato n. 814/2021, pubblicata il 24 novembre 2021, sulle seguenti conclusioni:
,
RG 2178 /2021
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
La CORTE D’APPELLO di FIRENZE
Sez. I – civile – composta da:
DOTT. NOME COGNOME
PRESIDENTE
DOTT. NOME COGNOME CONSIGLIERE
DOTT. COGNOME
CONSIGLIERE NOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sull’appello proposto da e , con gli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
appellanti nei confronti di
con l’Avv.
NOME COGNOME
per gli appellanti e : ‘a) in via principale, nel merito, accogliere l’appello proposto per tutti i motivi dedotti in narrativa e, per l’effetto, in totale riforma della sentenza n. 814/2021 emessa dal Tribunale di Prato in data 17.11.2021, pubblicata in data 24.11.2021, notificata al procuratore costituito in data 24.11.2021 a definizione del procedimento recante RG 5691/2013, accogliere tutte le conclusioni avanzate in prime cure e quindi, ritenuto apocrifo e privo di ogn i effetto il ‘testamento’ 20/02/2010, dichiarare il difetto di legittimazione attiva dell’odierna appellata e, per l’effetto, respingere tutte le domande avversarie, così come proposte anche in comparsa di costituzione in appello, in quanto infondate in fatto e in diritto;
b) nel merito, accertata e dichiarata la validità, autenticità ed efficacia del testamento olografo datato 7/01/2013 a firma e ritenuti, perciò, unici eredi gli odierni convenuti, respingere tutte le domande avanzate da in quanto infondate ed assolutamente pretestuose;
c) con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge relativi ad entrambi i gradi di giudizio.
IN INDIRIZZO
-Si chiede disporsi, per tutti i motivi di cui all’Atto di Appello e alla luce della documentazione presente nel fascicolo di primo grado, la rinnovazione della CTU volta a verificare se la scheda testamentaria del testamento olografo del 20 febbraio 2010, all’apparente firma di pubblicato il 5 giugno 2013 (Rep. 2120 Racc. 1630) dal Notaio di Voghera sia stato redatto di pugno da o se sia apocrifo; – Si chiede altresì disporsi la rinnovazione della CTU volta a verificare se la scheda testamentaria del testamento olografo del 7 gennaio 2013 a firma di pubblicato in data 4.4.2013 dal Notaio , con Studio in Quarrata, INDIRIZZO sia stata redatta di pugno da o se sia apocrifa ‘
dichiarare inammissibile il ricorso ex art. 342 c.p.c. per i motivi ampiamente esposti nei precedenti atti; Nel merito
rigettare le domande ed eccezioni tutte ex adverso formulate, data l’infondatezza e la pretestuosità di ciascun motivo di gravame, e confermare integralmente la sentenza del giudice di prime cure; – condannare gli appellanti per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. che dovrà essere comminata in solido tra le parti e i loro difensori, per le ragioni già espresse in atti;
-per questo grado d’appello In ogni caso
con vittoria di spese e competenze del presente giudizio ‘;
per l’intervenuta detta : ‘ Voglia l’Onorevole Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, così decidere:
rigettare l’impugnazione ex adverso proposta e, per l’effetto,
-confermare integralmente la sentenza di primo grado. Con vittoria di spese e competenza di lite ‘.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO DI PRIMO GRADO
Con atto di citazione ritualmente notificato, proponeva querela di falso in via principale nei confronti di e di per l’accertamento della falsità materiale del testamento olografo a firma di , datato 7/01/2013, pubblicato il 4/04/2013 a cura del Notaio , e della sottoscrizione ivi apposta. A fondamento della propria domanda allegava quanto segue: che in data 28/01/2013 era deceduta vedova di coniugi che non avevano avuto figli; aveva lasciato un testamento olografo, datato 20/02/2010, con il quale aveva nominato unica erede la nipote il testamento era stato pubblicato il 05/06/2013 dal Notaio di Voghera, mentre il 04/04/2013, a Quarrata, presso lo studio del Notaio ,
e , figli di , nati da una precedente unione di quest’ultimo, avevano chiesto la pubblicazione di altro testamento olografo attribuito ad , recante la data del 7/01/2013, col quale gli stessi erano stati nominati eredi universali. allegava la falsità del testamento del 7 gennaio 2013, documentando tale asserzione con la perizia del grafologo che valutava la grafia come frutto di sforzo imitativo e comunque la classificava incompatibile con lo stato di salute della de cuius al momento della apparente redazione del documento. osservava che nell’anno 2010 aveva redatto un testamento olografo con pochi e semplici termini, compatibili con l’età della stessa , col suo stato di salute e con il suo grado d’istruzione, mentre il testamento del 7/01/2013 appariva essere stato redatto solo venti giorni prima della morte e tre giorni prima del ricovero d’urgenza della medesima in ospedale. Quest’ultimo appariva piø articolato del precedente, redatto in corsivo, e caratterizzato da precisione e accuratezza nella descrizione dei beni da attribuire agli eredi. e si costituivano in giudizio eccependo il difetto di legittimazione attiva dell’attrice perché il testamento datato 20/02/2010 era stato implicitamente revocato mediante il testamento del 07/01/2013, col quale erano stati istituiti eredi unicamente e dichiarandosi figli legittimi della testatrice. I convenuti contestavano l’efficacia probatoria del parere grafologico prodotto da ed evidenziavano che, dalla consulenza tecnica dagli stessi prodotta , erano emerse l’autenticità della scheda testamentaria impugnata dall’attrice e il carattere apocrifo del testamento del 20/02/2010. Evidenziavano infine che, se anche l’attrice fosse stata ritenuta erede, lo sarebbe stata solo per la quota disponibile, in quanto i due figli di sono legittimari per la q uota di 2/3 dell’eredità. Concessi i termini per memorie istruttorie, l’attrice
contestava la qualità di figli di in capo ai convenuti, allegando e documentando che la loro madre era , mentre costoro eccepivano la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei sei coeredi di in qualità di litisconsorti necessari, i quali avevano diritto a partecipare al processo perchØ, in caso di dichiarata invalidità del testamento, sarebbero divenuti successori ex lege di . Contestualmente, e proponevano querela di falso ai sensi dell’art. 221 c.p.c. nei confronti del testamento olografo datato 20/02/2010 favorevole ad . La causa veniva istruita mediante c.t.u. grafologica avente ad oggetto il testamento olografo a firma di pubblicato in data 04.04.2013, impugnato con querela di falso in via principale da (C.T.U. dott. relazione depositata in data 8/06/2015) e con l’interrogatorio formale dei convenuti. La causa veniva rinviata una prima volta per la precisazione delle conclusioni. Quindi, il Tribunale la rimetteva in istruttoria per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari e al fine di raccogliere la dichiarazione dell’attrice circa la sua volontà di avvalersi del testamento olografo del 20 febbraio 2010, impugnato con querela di falso da e L’attrice confermava ex art. 99 disp. att. c.p.c. la querela di falso in via principale e dichiarava di volersi avvalere del testamento olografo del 20/02/2010; il giudice, ritenuta la rilevanza del documento, autorizzava e alla presentazione della querela di falso in via incidentale, ordinando al contempo il sequestro del testamento ai sensi dell’art. 224 c.p.c. e disponendo una ulteriore c.t.u. grafologica (cfr. C.T.U. dott. ). Depositata la relazione tecnica (in data 30.06.2021) e respinta l’istanza di chiamata a chiarimenti avanzata dai convenuti, la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini di rito per il deposito delle memorie conclusive e, infine,
dava luce alla sentenza oggi impugnata.
LA SENTENZA IMPUGNATA
Il Tribunale valuta preliminarmente la querela di falso svolta in via incidentale dai fratelli e la giudica infondata, perchØ sfornita di supporto probatorio. La ritiene ammissibile non essendo incorsi i in alcuna decadenza processuale; rileva che le scritture comparative (documenti sanitari) prodotte da non sono state utilizzate per la CTU e che, comunque, l’eccezione dei fratelli circa il divieto di utilizzare come scritture comparative estratti di documenti medici, era superata dall’ exitus di , in favore della quale i terzi non sono legittimati a invocare la tutela dei dati sensibili. I fratelli avevano documentato la querela con una consulenza grafologica di parte, che però il giudice riteneva superata dalla CTU da lui disposta. Il testamento del 2010 Ł rilevante ai fini dell’accertamento dell a sussistenza o meno delle condizioni dell’azione proposta da in via principale e, in particolare, de ll’interesse ad agire (art. 10 0 c.p.c.), inteso come interesse a conseguire una certezza circa la falsità o la genuinità dello scritto nei confronti di chiunque abbia mostrato di volersene concretamente avvalere (cfr. pag.9 della sentenza: ‘ Va premesso che nel giudizio di falso la prova univoca della falsità del documento impugnato, perchØ possa pervenirsi all’accoglimento della relativa domanda, sia essa proposta in via incidentale o in via principale, dev’essere fornita dal querelante (Cass ., n. 2126 del 24/01/2019). Da ciò deriva che l’eventuale incertezza sulla prova della falsità non può che determinare il rigetto della querela di falso ‘). Il Tribunale, inoltre, non ha ritenuto rilevanti/meritevoli di pregio le eccezioni sollevate dai circa la mancanza di vicinanza emotiva tra la zia e la nipote; motiva questo convincimento richiamando l’attenzione su non fatto non contestato che al momento del ricovero in urgenza della zia, alla logistica provvedeva da remoto la nipote NOME COGNOME alla quale, negli anni precedenti
al testamento del 2010, la zia aveva lasciato due polizze assicurative e un buono fruttifero, lasciti di cui l’attrice oggi appellata non era a conoscenza. L’unico possibile supporto probatorio poteva provenire dalla C.T.U. del Dott. che al contrario ha ritenuto autentico il testamento del 2010, dopo avere verificato, nel documento oggetto di analisi, l’assenza di anomalie, quali cancellature, abrasioni, o segni di ricalco e dopo aver comparato le firme di con 8 campioni risalenti nel tempo. Ha quindi concluso che la scheda testamentaria era stata interamente formata di proprio pugno da nonostante lo stampatello, e ha risposto puntualmente alle osservazioni al suo elaborato formulate dal consulente tecnico dei , rigettandole motivatamente (cfr. pag. 1112: ‘ il c.t.u., avvalendosi della propria esperienza e di un rigoroso ragionamento logico, ha spiegato le probabili ragioni delle caratteristiche delle firme comparative presenti sui moduli ospedalieri nelle cartelle cliniche di , risalenti agli anni 2010-2013 ‘ . Il CTU ha spiegato, in risposta alle osservazioni, che la scelta dello stampatello, del tutto compatibile con la mano che aveva vergato in corsivo le scritture comparative, fosse dovuta alla preoccupazione dell’estensore di essere totalmente comprensibile e in ogni caso questa interpretazione non Ł in contrasto con quella del collega che ritiene che certe differenze siano dovute al supporto scrittorio. Rigettando la querela di falso in via incidentale, il Tribunale ordina alla Cancelleria di far menzione della sentenza sull’originale del documento e revoca il sequestro del testamento che era stato disposto ai sensi dell’art. 224 c.p.c., condannando i querelanti a una pena pecuniaria di € 20,00 ciascuno. Passando all’esame della querela di falso del testamento olografo datato 07.01.2013 proposta in via principale da (di cui viene accertata la legittimazione attiva in relazione alla sua qualità di erede testamentaria di , il Tribunale rigetta l’eccezione secondo la quale l’attrice ora appellata aveva
l’onere di proporre la domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, in quanto ciò Ł sempre possibile anche in separato giudizio (cfr. pag. 13: ‘ In entrambi i casi, l’onere di provare la non autenticità del testamento è a carico dell’attore, al contrario di quanto avviene in caso di disconoscimento di una scrittura privata, in cui Ł la parte che intende avvalersi del documento a dover provare la sua autenticità ‘ ). Il Tribunale ha anche rigettato l’eccezione di inammissibilità della querela di falso per non essere stata proposta alla prima udienza utile, avendola comunque parte attrice proposta prima che il giudice si pronunciasse. Ha quindi giudicato accoglibile la querela di falso per fondatezza nel merito della domanda sottesa, sulla base della chiara e motivata perizia della dottoressa , le cui conclusioni indicano che il testamento del 7 gennaio 2013 non Ł autentico. Il gesto grafico Ł stato infatti ritenuto non spontaneo e innaturale, quanto a tratteggio e impronta stilistica che comunque si pongono in contrasto con il contenuto del testamento, rendendo il falso grossolano e ben percepibile all’occhio esperto del grafologo nominato dal Tribunale. Il CTU ha poi puntualizzato che i fratelli non avevano portato scritture comparative certamente attribuibili alla mano di
e che quindi la comparazione era impossibile. Ha poi concluso che anche le scelte lessicali erano incompatibili con il grado di istruzione della de cuius , che tuttavia non avrebbe ragionevolmente compiuto e ripetuto errori di scritturazione nel cognome del marito. Ha quindi ordinato la cancellazione totale del documento mediante la sua distruzione ai sensi dell’art. 226, comma 2, c.p.c. e che ne fosse data notizia al notaio che lo conservava. Infine, ha dichiarato inammissibile la domanda di di accertamento negativo della qualità di eredi dei fratelli
non essendo possibile il cumulo delle domande nello stesso giudizio. Il giudice di prime cure ha poi esaminato la domanda ex art. 96 c.p.c. svolta da nei confronti dei fratelli e la ha accolta. Preliminarmente ha argomentato che : « La
condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma e indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c., e con queste cumulabile, volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente» (cfr. da ultimo Cass., n. 3830 del 15/02/2021; v. anche Cass., n. 20018 del 24/09/2020; Cass., n. 29812 del 18/11/2019; Cass., n. 27623 del 21/11/2017) » . Ha quindi inferito dai comportamenti processuali dei fratelli , in primis l’essersi falsamente dichiarati figli legittimi della de cuius, e , in seguito, il voluto rallentamento dell’istruttoria, omettendo di fornire documenti in loro possesso e pretendendo l’integrazione del contraddittorio al solo fine di allungare i tempi processuali, la loro malafede nel resistere in giudizio. Li ha quindi condannati al rimborso delle spese di lite in favore di al pagamento delle spese delle due CTU espletate e al pagamento in favore dell’attrice, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. di una somma equitativamente determinata in un importo pari al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio principale (€ 450,00 x 2).
L’APPELLO
Con atto di citazione in appello ritualmente notificato, i fratelli hanno impugnato la sentenza di primo grado affidando le loro doglianze ai seguenti motivi.
Con il primo motivo d’appello, gli appellanti hanno censurato l’errore commesso dal Tribunale nel ritenere che la tutela di dati sensibili di persona defunta non potesse essere invocata da terzi, visto che il Regolamento Europeo prevede questa possibilità ed Ł
stato recepito con il d. lgs. n. 101/2018, sancendo che i diritti relativi ai dati personali dei defunti possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione. La documentazione prodotta da controparte e/o depositata in udienza sarebbe stata illegittimamente acquisita e doveva essere dichiarata priva di ogni efficacia probatoria ed inutilizzabile nel procedimento, trattandosi di cartelle cliniche relative a ricoveri e/o esiti di esami medici, contenenti pertanto dati sensibili.
Con il secondo motivo d’appello , (sub. lett. A) e suddiviso nei paragrafi 1, 2 e 3) , gli appellanti hanno lamentato l’errore commesso dal Tribunale nel dichiarare l’ autenticità del testamento olografo del 20.02.2010 e hanno quindi denunciato l’errato accoglimento della domanda per querela di falso proposta da In particolare, circa la prova testimoniale da loro richiesta, avrebbe errato il Tribunale nel ritenerla irrilevante. Il Tribunale ha commesso un errore individuando la data del testamento come correttamente apposta dalla testatrice, mentre le prove orali erano state articolate proprio al fine di dimostrare che la data non era corretta. Gli appellanti hanno altresì contestato la metodologia utilizzata dal CTU che lo ha portato ad ammettere alcune scritture comparative e ad escluderne altre, partendo da posizione di pregiudizio e basando tutta la sua disamina sullo stato di salute della de cuius al momento della redazione dell’atto di ultime volontà. Il CTU ha errato altresì nel ritenere olografa la scrittura a stampatello; secondo gli appellanti la de cuius aveva sempre scritto in corsivo.
Con il terzo motivo d’appello (sub. lett. B)) , gli appellanti hanno lamentato l’errore del primo giudice nell’aver dichiarato non autentico il testamento del 7.01.2013 e per aver rigettato la domanda per querela di falso da essi proposta; a loro avviso, la CTU Dott.ssa si sarebbe concentrata esclusivamente sulle condizioni mediche della de cuius , esprimendo pareri estranei al suo
perimetro di expertise e, inoltre, non avrebbe adeguatamente motivato perchØ la de cuius, la quale aveva sempre scritto in corsivo, nel caso del testamento del 2010, favorevole a ha scritto in stampatello.
Con il quarto motivo d’appello (sub. lett. C)), gli appellanti hanno lamentato l’ingiustizia della condanna loro inflitta ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., ritenendo che il loro comportamento processuale non abbia causato alcun danno all’appellata, rientrando piuttosto nel loro diritto di difesa, anche in considerazione del fatto di avere chiesto prove testimoniali respinte e di avere presentato documenti come le scritture comparative, che non sono state prese in esame dal consulente tecnico d’ufficio, che Ł quindi giunto a fornire un parere parziale e non motivato, sul quale si Ł fondata l’errata sentenza.
Parte appellata si Ł ritualmente costituita in giudizio resistendo all’appello, contestando analiticamente i motivi e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
In ossequio al disposto degli artt. 70 e 221 c.p.c., in data 15.12.2022 veniva effettuato, a cura della Cancelleria, il passaggio degli atti/la comunicazione al Procuratore Generale presso la Corte di Appello per parere.
Con ordinanza del 20 settembre 2022, la Corte, vista la riproposizione delle istanze istruttorie rigettate in primo grado, osservava che le stesse, in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado alla udienza del 14.07.2021, erano state richiamate in maniera generica (essendosi limitato il difensore ad insistere in tali istanza senza specificarle e a concludere come in atti) e che ciò confliggeva con il principio di diritto espresso dalla Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 19352/2017, secondo il quale le istanze probatorie disattese dal giudice istruttore debbono
intendersi rinunciate se non sono state reiterate in sede di precisazione delle conclusioni e secondo cui deve escludersi che il richiamo generico al contenuto dei precedenti atti difensivi sia idoneo a farle ritenere riproposte.
Con la medesima ordinanza, la Corte rigettava altresì la richiesta di rinnovazione della C.T.U. espletata in primo grado, ritenendo che le doglianze di parte appellante fossero fondate su assunzioni dettate da una sommaria lettura della perizia depositata il 30 giugno 2021; piø in generale, questa Corte osservava che le censure sollevate apparivano prive di pregio, risultando basate su convinzioni di parte appellante che non trovano riscontro in alcun atto.
In seguito, con ordinanza del 20 dicembre 2022, la Corte, osservato che la sentenza n. 814/2021 del Tribunale di Prato era stata emessa anche nei confronti dei chiamati in qualità di litisconsorti necessari non costituitisi in giudizio residente in Barra (NA), INDIRIZZO
(C.F.
),
(C.F.
C.F.
C.F.
),
e
, ordinava l’integrazione del contraddittorio nei
loro confronti a cura di e entro il termine perentorio di legge, richiamando il dettato dell’art. 331 c.p.c.. Con ordinanza del 17 gennaio 2024 la Corte, visti gli allegati alla nota di deposito del 17 novembre 2023, rilevato che, come si evinceva dall’avviso di ricevimento prodotto in giudizio, la notificazione eseguita nei confronti di (C.F. , nata a Striano (NA) il 01/12/1959 e residente in 80040 Striano (NA), INDIRIZZO non risultava essere andata a buon fine, stante la mancata consegna di copia dell’atto e del provvedimento per irreperibilità del destinatario, posto che non era stato prodotto in giudizio un certificato di residenza anagrafica attestante l’effettiva residenza di e che non risulta va si fosse C.F.
proceduto ai sensi degli artt. 140-143 c.p.c., disponeva, sempre ai fini della integrazione del contraddittorio, la rinnovazione della notificazione dell’atto di citazione in appello e della suddetta ordinanza, sempre a cura degli appellanti, nei confronti di
(C.F. , da eseguirsi eventualmente nelle forme di cui agli artt. 140-143 c.p.c., invitando gli appellanti stessi a produrre in giudizio copia di certificato di residenza anagrafica recente della medesima . C.F.
Con atto depositato in data 04.03.2024, interveniva volontariamente nel presente giudizio di appello detta (accettando la causa allo stato e nel grado in sui la stessa si trovava), rappresentando che era suo interesse, non solo in qualità di litisconsorte necessario, ma anche in qualità di erede legittima, far valere le reali ultime volontà della Sig.ra evidenziando come i Sig.ri avessero resistito in giudizio in primo grado pur essendo consapevoli della falsità/apocrifia del testamento del 07.01.2013, come gli stessi avessero abusato del mezzo di impugnazione e come si fossero impropriamente definiti figli legittimi della de cuius , malgrado la stessa non avesse mai avuto figli nel corso della sua vita. chiedeva pertanto la conferma della sentenza appellata e di sanzionare l’abuso del processo da parte dei Sig.ri
All’udienza del 15 ottobre 2024 , tenutasi nelle forme di cui all’art. 127 ter c.p.c., le parti hanno precisato le conclusioni come riportato in epigrafe e sono stati concessi i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Scaduti i già menzionati termini, la causa Ł stata decisa dalla Corte in camera di consiglio.
———
La causa può essere decisa sulla base delle seguenti considerazioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si rileva come la declaratoria di inammissibilità
della domanda, proposta da di accertamento negativo dell’esistenza di diritti successori, in capo a e ad sull’eredità di , non sia stata oggetto di impugnazione incidentale. Tale statuizione, pertanto, deve ritenersi passata in giudicato.
Il primo motivo d’appello, denominato ‘SULLE QUESTIONI PRELIMINARI’ , sottoparagrafo ‘Sulla illegittimità della produzione documentale’ Ł infondato e merita di essere respinto. Deve ritenersi assorbente la circostanza per cui il CTU non ha utilizzato le produzioni documentali contestate per le proprie analisi e per la successiva disamina. ¨ sufficiente richiamare il seguente passaggio della sentenza di primo grado (pag. 8): ‘ infatti, i documenti, prodotti da al fine di includerli tra le scritture di comparazione, non sono stati utilizzati nelle due c.t.u., nelle quali ci si Ł avvalsi di altre scritture comparative (cfr. pagg. 4 e ss. della relazione della dott. , nella specie costituite da: firma apposta su atto notarile, senza data, prodotto dalla parte convenuta, indicata come C1; firma apposta su atto notarile, senza data, prodotto dalla parte convenuta, indicata come C2; firma apposta su consenso informato alla anestesia, del 22/03/2010, indicata come C3; firma apposta su consenso informato a trasfusione, del 29/03/2010, indicata come C4; firma apposta su consenso a trattamento riabilitativo, dell’8/04/2010, indicata come C5; firma apposta su dichiarazione di consenso, del 17/02/2012, indicata come C6; firma apposta su consenso informato a trasfusione, del 9/10/2012, indicata come C7; firma apposta su dichiarazione di consenso, dell’11/01/2013, indicata come C8’. La doglianza, quindi, Ł priva di pregio.
Il secondo motivo d’appello ( ‘A) Sulla dichiarata autenticità del testamento del 20.02.2010 e quindi sull’accoglimento della domanda per querela di falso proposta da e diviso in 3 paragrafi, ‘1) Sulla prova testimoniale richiesta dai convenuti; 2) Sulle risultanze della CTU; 3) Sull’utilizzo del carattere
stampatello’ ), Ł infondato e merita di essere respinto.
Va premesso, anzitutto, che gli appellanti non hanno espressamente censurato -con puntuale e specifico motivo di gravame ex art. 342 c.p.c. -le ragioni per le quali le loro istanze sono state respinte dal primo giudice, in esito ad uno scrutinio circa l’ammissibilità e la rilevanza dell’articolato proposto (cfr., ex alteris , Cass. civ., Sez. II, sent. 30 giugno 2022, n. 20834, che richiama Cass. civ., Sez. II, ord. 22 gennaio 2018, n. 1532, la quale ha enunciato il seguente principio di diritto: «AllorchØ il giudice di primo grado abbia rigettato l’ammissione di una deduzione istruttoria, ritenendola irrilevante in quanto attinente ad un fatto incontroverso, l’appellante ha l’onere di censurare la statuizione di rigetto dell’istanza istruttoria con uno spe cifico motivo di gravame, non essendo sufficiente che egli impugni la sentenza, lamentando l’omessa pronuncia su domande e l’errata valutazione del materiale probatorio da parte del primo giudice, perchØ quello d’appello debba necessariamente compiere un n uovo apprezzamento discrezionale della complessiva rilevanza delle richieste istruttorie disattese in primo grado». Parte appellante ha solo genericamente impugnato il rigetto delle istanze istruttorie, senza premurarsi di adempiere all’onere specifico posto in capo alla parte, in ossequio all’art. 342 c.p.c. e al principio di diritto sopra enunciato. In ogni caso, i fatti dedotti nei capitoli di prova orale/dichiarativa formulati dai Sig.ri nella propria memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c., depositata il 16 giugno 2014 in primo grado, appaiono per la maggior parte irrilevanti ai fini del decidere (cap. 2), 3) e 5)) ovvero già provati documentalmente (cap. 1); altri capitoli di prova si mostrano valutativi, essendo il teste chiamato ad esprimere un giudizio che ovviamente gli Ł sottratto (cap. 6)) o formulati in maniera negativa (cap. 4)). L’ammissione della prova dichiarativa richiesta dagli odierni appellanti non avrebbe determinato un diverso esito del processo. Anche la doglianza relativa alla asserita necessità di
disporre una integrazione della CTU Ł infondata. Come già osservato da questa Corte con ordinanza del 20 settembre 2022, da intendersi qui integralmente trasposta, le censure mosse da parte appellante risultano essere fondate su ipotesi dettate da una approssimativa e superficiale lettura della perizia depositata il 30 giugno 2021 dal C.T.U. Dott. (disposta al fine di verificare se la scheda testamentaria olografa attribuita alla defunta e datata 20.02.2010 dovesse considerarsi in tutto o in parte uno scritto autografo o uno scritto falsificato). In particolare, parte appellante evidenzia come il CTU abbia escluso le scritture comparative C3 -C8, ritenendole prive di valore probatorio. Dalla lettura della relazione, come già anticipato, risulta invece il contrario: ‘ Difficile trovare un grafismo piø pulito e netto di questo. E se ne rende conto anche la CTP la quale si guarda bene dal citare queste due firme le quali, essendo solo di un mese posteriori al testamento, sono anche le piø adatte per fare un confronto. Essa invece, con apparente nonchalance, invece di citare come paragone tutte le firme ospedaliere, ovvero le firme da C3 a C8 cita le firme ospedaliere da C5 a C8 ‘dimenticandosi’ di queste prime due, la C3 e la C4′ (v. pag. 74 dell’elaborato peritale ). Per il resto, anche in questo caso ribadendosi le considerazioni già espresse da questa Corte in seno alla ordinanza del 20 settembre 2022, le doglianze sollevate appaiono prive di pregio essendo basate su convinzioni di parte appellante che non trovano riscontro in alcun atto e dunque non possono essere poste a fondamento di una decisione, contrariamente a quelle del CTU che motiva in maniera precisa e chiara ogni sua asserzione.
Il terzo motivo d’appello (intitolato ‘ B) Sulla dichiarata non autenticità del testamento del 7.01.2013 e quindi sul rigetto della domanda per querela di falso proposta dagli appellanti ‘ ) Ł infondato e perciò non merita accoglimento. Non corrisponde al vero l’affermazione secondo cui il C.T.U. non avrebbe spiegato per quale motivo la de cuius aveva redatto il testamento col carattere
stampatello. Il perito aveva infatti ben chiarito che il carattere stampatello (a suo avviso del tutto compatibile con il gesto grafico di era con ogni probabilità stato utilizzato perchØ il testatore desiderava che in futuro non sorgessero incertezze e non si incontrassero difficoltà nella lettura di tale atto. Il perito, lungi dall’aver fornito pareri sulle condizioni mediche/cliniche della de cuius , esulando dal suo perimetro di valutazione/indagine, ha semplicemente relazionato che il gesto grafico di presente nel testamento del 20 febbraio 2010 era compatibile con le condizioni di salute, con l ‘ età e con il grado di scolarizzazione della persona. Queste indicazioni non sono certo di competenza esclusiva di un clinico, ma proprie del perito grafologo che una volta apprezzato il dato dell’età, dell’educazione scolastica e naturalmente anche delle condizioni di salute così come descritte dai medici, ha potuto esprimere un parere motivato e basato su un percorso logico ineccepibile, che contraddice, destituendole di fondamento, le argomentazioni difensive dei Sig.ri .
Il quarto motivo d’appello, intitolato ‘ C) Sulla condanna ex art. 96 co. 3 c.p.c. ‘, Ł infondato e merita di essere respinto. La difesa di parte appellante , incentrata sull’assunto per cui il comportamento processuale dei Sig.ri era semplicemente teso a far valere tutti i mezzi messi a sua disposizione dalla legge, non coglie nel segno. Invero, non può certamente qualificarsi quale difesa in buona fede il fatto che i si siano dichiarati figli di laddove invece erano figli nati dal primo matrimonio del di lei marito. A nulla vale il certificato anagrafico di stato di famiglia dal quale risultavano il padre degli odierni appellanti, , come moglie di costui e i fratelli come figli. Essi erano ovviamente indicati come figli del loro padre, che nel frattempo si era risposato. Non essendo credibile che i Sig.ri non sapessero chi fosse la loro madre, risulta rafforzato il ragionamento del Tribunale che ha
ritenuto che i loro comportamenti integrassero gli estremi dell’abuso del processo, che va sanzionato dal punto di vista pubblicistico, per aver aggravato inutilmente la macchina della giustizia. In particolare, il presupposto di ordine oggettivo viene individuato nella inesistenza del diritto (i non sono eredi legittimi di , da intendersi come accertata insussistenza della situazione giuridica sostanziale a tutela della quale sono stati compiuti gli atti indicati dalla stessa norma. Insegna la Cassazione, con ord. n. 29462 del 15 novembre 2018, che ‘ in tema di responsabilità aggravata ex articolo 96 comma tre C.P.C., costituisce abuso del diritto di impugnazione integrante colpa grave la proposizione di un ricorso per Cassazione basato su motivi manifestamente infondati, in ordine a ragioni già formulate nell’atto d’appello, espresse attraverso motivi inammissibili poichØ pone in evidenza il mancato impiego della doverosa diligenza e accuratezza nel reiterare il gravame. ‘ Lo stesso ragionamento, a tacere del mancato impiego della doverosa diligenza, vale per il fatto di avere fondato il processo su di un fatto che Ł impossibile ignorare in buona fede, cioŁ l’identificazione della persona della propria genitrice, al fine di sostenere di essere erede legittimo della de cuius , la quale, invece, rispetto ai era una terza estranea, senza alcun vincolo di parentela. Addirittura, nelle difese svolte dagli odierni appellanti viene prospettato che essendo i due fratelli legittimari, avrebbero comunque ereditato i due terzi, dovendosi intendere la quota devoluta a come una mera quota disponibile. Basta questo per ritenere che il processo di primo grado Ł stato inutilmente appesantito da ritardi dovuti anche alla ricerca delle certificazioni anagrafiche che hanno indicato che madre dei era un’altra persona.
Inoltre, secondo gli appellanti, la disposizione di cui all’art. 96, comma 3, c.p.c. sanzionerebbe l’eventuale comportamento illecito di una parte se e nel caso in cui tale comportamento comporti un danno per la controparte, del quale dovrebbe essere fornita prova affinchØ
possa essere risarcito. In realtà, le stesse Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione (Cass., Sez. Un. Civ., sent. 13 settembre 2018, n. 22405) hanno puntualizzato che la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata non richiede « nØ la domanda di parte nØ la prova del danno » (v. anche Cass. civ., Sez. Lav., sent. 19 aprile 2022, n. 12455: « Da un punto di vista logico-sistematico, poi, affatto diversa Ł la ratio della previsione del terzo comma dell’art. 96 c.p.c. rispetto a qu ella desumibile dal precedente primo comma: mentre quest’ultimo configura una forma speciale di responsabilità extracontrattuale derivante da un illecito processuale (così, tra le numerosissime, Cass. nn. 5022 del 1994, 253 del 1999, 3573 del 2002, 16308 del 2007 e 9080 del 2013, nonchØ Cass. S.U. n. 28226 del 2008), che peraltro resta assoggettata alla regola generale dell’art. 2697 c.c. in ordine all’onere della prova del danno (così già Cass. n. 1384 del 1980, sulla scorta di Cass. n. 110 del 1972, che aveva a sua volta precisato che alla liquidazione del danno non si può procedere neppure equitativamente se mancano elementi idonei ad attestarne l’esistenza), la condanna ex art. 96 comma 3° non richiede nØ la domanda di parte nØ la prova del danno, venendo piuttosto in rilievo finalità pubblicistiche correlate all’esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi e di comminare una sanzione per quella specifica violazione dei doveri di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c. che si sia reali zzata attraverso l’abuso della potestas agendi »).
In definitiva, la sentenza n. 814/2021 emessa dal Tribunale di Prato deve essere integralmente confermata.
Atteso il totale rigetto del gravame, e devono senz’altro essere condannati ai sensi dell’art. 91 c.p.c., in solido tra loro, al rimborso delle spese di lite del presente grado di giudizio a favore dell’appellata (controversia di valore indeterminabile; complessità media; adozione dei valori medi di cui D.M. n. 55/2014 così come modificato dal D.M. n. 147/2022; escluso il compenso per la sola fase istruttoria).
Atteso che detta era rimasta contumace in primo grado, che la stessa, pur consapevole della emissione della sentenza n. 814/2021 da parte del Tribunale di Prato e della pendenza del presente giudizio di gravame iscritto al n. R.G. 2178/2021, ha spiegato intervento volontario ad adiuvandum (rispetto alle ragioni di parte appellata , non ampliativo del thema decidendum , soltanto in data 04.03.2024, di fatto limitandosi a chiedere il rigetto dell’impugnazione ex adverso proposta e la integrale conferma della sentenza di primo grado, che l’attività difensiva svolta in favore della medesima dall’Avv. NOME COGNOMEperaltro medesimo difensore di ) si Ł esaurita con il deposito dello stesso atto di intervento (di contenuto comunque scarno) e con il deposito delle note di trattazione scritta sostitutive dell’udienza di precisazione delle conclusioni del 15.10.2024 (nel suo interesse non Ł stata depositata nØ comparsa conclusionale nØ memoria di replica), questa Corte ritiene di poter compensare per intero le spese di lite del presente giudizio di appello tra gli appellanti e la suddetta parte intervenuta.
Questa Corte ritiene altresì che sussistano i presupposti per condannare, ai sensi dell’art. 96, com ma 3, c.p.c., e
in solido tra loro (e non in solido con i loro difensori, non attribuendo la disposizione codicistica un simile potere al giudice), al pagamento in favore di di una somma equitativamente determinata in € 8.470,00, importo pari alle spese di lite del presente giudizio di appello così come liquidate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte degli appellanti e di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
la Corte d’Appello di Firenze, definitivamente pronunciando sull’impugnazione in oggetto, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa:
RESPINGE l’appello come in atti proposto da e avverso la sentenza del Tribunale di Prato num. 814/2021, pubblicata in data 24/11/2021, che , per l’effetto, conferma integralmente;
CONDANNA e in solido tra loro, a rimborsare alla controparte le spese di lite di questo grado di giudizio, che liquida in € 8.470,00 per compensi, oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15% del compenso totale, I.V.A. e c.p.a. come per legge;
COMPENSA per intero le spese di lite del presente giudizio di appello tra gli appellanti e e l’intervenuta , detta ;
CONDANNA e in solido tra loro, al pagamento, a favore di di una somma equitativamente determinata in € 8.470,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
DICHIARA , ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115/2002, che ricorrono, a carico di e
i presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Firenze,28 agosto 2025
Il consigliere relatore G.A. Dott. NOME COGNOME
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME
Nota: La divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell ‘ ambito strettamente processuale, Ł condizionata all ‘ eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai
sensi della normativa sulla privacy di cui al D.Lgs. 30 giugno2003, n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.