Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1389 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1389 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8048/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Tortona, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME COGNOME giusta procura allegata al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di NOME e PROCURATORE GENERALE della REPUBBLICA presso la CORTE d’ APPELLO di TORINO
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 69/2020 depositata il 20/1/2020; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2023 dal
Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE depositava avanti al Tribunale di Alessandria, in data 16 ottobre 2017, domanda di concordato ex art. 161, comma 6, l. fall., ottenendo la concessione del termine di centoventi giorni, poi prorogato di ulteriori sessanta, per la presentazione del piano e della proposta.
Il tribunale dichiarava (il 26 aprile 2018) non luogo a provvedere sulla domanda a seguito della rinuncia ad essa da parte della società ricorrente.
Il giudice delegato alla trattazione dell’istanza di fallimento presentata dal P.M. rinviava l’udienza di comparazione delle parti (dal 12 settembre 2018 al 13 novembre 2018 ed in seguito, ulteriormente, al 29 gennaio 2019 e al 2 aprile 2019, con successivo differimento al 4 giugno 2019) in pendenza di trattative con i creditori.
RAGIONE_SOCIALE nel frattempo (in data 29 marzo 2019), presentata domanda di inibitoria ex art. 182bis , comma 7, l. fall., per il cui esame veniva fissata l’udienza del 4 giugno 2019.
Il tribunale, dopo aver concesso termine all’istante per la produzione di documentazione integrativa, dichiarava inammissibile e comunque respingeva il ricorso da ultimo presentato dalla debitrice, con decreto del 16 luglio 2019, e, con contestuale sentenza, dichiarava il fallimento di RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello di Torino, a seguito del reclamo presentato da RAGIONE_SOCIALE condivideva i rilievi del tribunale secondo cui, benché l’art. 182bis , comma 6, l. fall. non preveda il divieto di presentare una domanda di inibitoria entro il termine di due anni dalla presentazione di un ricorso per concordato in bianco, un simile
impedimento è ricavabile dall’art. 161, comma 9, l. fall.: questa norma, infatti, costituisce l’espressione di un principio generale secondo cui in un biennio non è ammissibile il blocco di azioni esecutive e cautelari per la durata superiore a quella stabilita dal legislatore e per più di una volta, dovendosi di conseguenza ritenere che non sia consentito procrastinare o reiterare l’effetto protettivo anticipato di un ricorso per concordato in bianco poi rinunciato con la presentazione di un’istanza di inibitoria ex art. 182bis , comma 6, l. fall..
Evidenziava, inoltre, che lo sforzo della reclamante di raggiungere un accordo con il ceto creditorio diventava irrilevante ove non completato, nei termini stabiliti dal legislatore, con il deposito di un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182 -bis , comma 1, l. fall.. Osservava, in particolare, che il deposito dell’istanza di inibitoria ex art. 182bis , comma 6, l. fall. fa comunque decorrere il termine per depositare l’accordo di ristrutturazione, cosicché l’imprenditore in crisi deve essere consapevole che non può rimanere inerte in attesa che il tribunale fissi l’udienza ai sensi dell’art. 182 -bis , comma 7, l. fall. e decida se e quale termine concedergli.
Rilevava che nel caso di specie, nel momento in cui l’istanza ex art. 182bis , comma 6, l. fall. era stata dichiarata inammissibile (in data 16 luglio 2019), risultava ampiamente il decorso il termine di sessanta giorni (o di novanta) dal deposito dell’istanza nel registro delle imprese (avvenuta l’8 aprile 2019) previsto dall’art. 182bis , comma 7, l. fall. senza che la società fosse stata in grado neppure di prospettare l’esistenza di un accordo di ristrutturazione.
Constatava, infine, che neppure in sede di reclamo la società aveva dedotto di essere in grado di depositare la domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione nel caso in cui fosse stata rimossa la dichiarazione di fallimento e aveva così proposto un gravame che già di per sé poteva costituire una forma di abuso del processo, dato che non si era curata neppure di prospettare l’esistenza di un accordo di
ristrutturazione raggiunto nei termini previsti dall’art. 182 -bis l. fall. e non esaminato dal tribunale per l’erroneo giudizio di inammissibilità dell’istanza di inibitoria.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di rigetto del reclamo, pubblicata in data 20 gennaio 2020, prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di RAGIONE_SOCIALE
Gli intimati Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria e Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Torino non hanno svolto difese.
La procedura controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Considerato che:
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 182bis , commi 6 e 7, e 161, comma 9, l. fall. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., 2697, 2727 e 2729 cod. civ.: la Corte distrettuale ha ravvisato una fattispecie di abuso del processo del tutto insussistente, negando la concessione di un termine legalmente dovuto per completare un processo di ristrutturazione che era stato, invece, arrestato con una dichiarazione di fallimento del tutto ingiusta.
Far seguire a un ricorso ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall. un’istanza ai sensi dell’art. 182 -bis , comma 6, l. fall. è -in tesi di parte ricorrente – perfettamente lecito ed ammissibile, perché il limite biennale previsto dalla prima norma riguarda solo la sequenza di due ricorsi prenotativi.
4.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 182 -bis , commi 6 e 7, l. fall.: la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che, trascorso inutilmente il termine di sessanta o novanta giorni dalla pubblicazione nel registro delle
imprese dell’istanza di cui all’art. 182bis , comma 6, l. fall., il debitore debba depositare il ricorso per l’omologa dell’accordo di ristrutturazione senza che il tribunale si sia espresso sulla fondatezza o meno dell’istanza presentata.
Al contrario, il tribunale può disporre, con decreto motivato, il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati, assegnando il termine previsto dell’art. 182 -bis , comma 7, l. fall., solo quando sia stata celebrata l’udienza di comparizione nel contraddittorio fra debitori e creditori.
Dunque, in questo procedimento a carattere cautelare e formazione progressiva il tribunale dapprima, ai sensi dell’art. 182bis , comma 6, l. fall., verificata la completezza della documentazione depositata, fissa l’udienza di comparizione ordinando la notifica ai creditori; solo successivamente, una volta celebrata l’udienza di comparizione ed espletate le verifiche sulla base della documentazione offerta, il tribunale può disporre, confermandolo, il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione assegnando il termine di non oltre sessanta giorni previsto dall’art. 182bis , comma 7, l. fall..
La prima fase del procedimento risulta così funzionale e propedeutica alla seconda, mentre non può assolutamente ritenersi, come ha fatto la Corte territoriale, che la seconda sia assorbita nella prima.
I motivi, da esaminare congiuntamente, risultano, ambedue, inammissibili.
5.1 La ricorrente non affronta e non confuta l’accertamento della corte del merito secondo cui, in sede di impugnazione, essa non aveva neppure prospettato che l’accordo di ristrutturazione era stato tempestivamente raggiunto e non era stato esaminato a causa dell’erroneo giudizio di inammissibilità dell’istanza di inibitoria.
Questo accertamento integra un’ulteriore, autonoma ratio decidendi rispetto alle due in precedenza illustrate posta a fondamento della statuizione di rigetto del reclamo, con la quale la corte d’appello ha
inteso sottolineare che la reclamante non aveva allegato, né tantomeno dimostrato, di aver subito un effettivo pregiudizio a causa del rifiuto del tribunale, quand’anche in tesi illegittimo, di consentirle di usufruire del termine massimo previsto dalla legge per il deposito dell’accordo.
Ciò in applicazione implicita del principio secondo cui la parte che propone impugnazione, deducendo la nullità della sentenza per un vizio dell’attività del giudice lesivo del proprio diritto di difesa, ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio derivatone, atteso che, nel rispetto dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, l’impugnazione non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma mira a eliminare il concreto pregiudizio subito dalla parte, sicché l’annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella annullata (Cass. 20874/2019, Cass. 6518/2019, Cass. 4159/2019).
5.2 La mancata contestazione dell’ultima ratio decidendi offerta dalla corte di merito rende inammissibili tutte le censure sollevate.
Infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ove la sentenza sia sorretta, come nel caso di specie, da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (si vedano, a questo proposito, Cass. 11493/2018, Cass. 18641/2017, Cass. 15350/2017, Cass. 9752/2017).
In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 7.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 12 dicembre 2023.