Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15007 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15007 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5486/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 1597/2019 depositata il 06/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE, a fronte di un mutuo stipulato nel 2007 per l’importo di 1,5 mil. EUR da restituire in 39 rate trimestrali fino al 31 -32017, ha citato in giudizio la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, deducendo che (a) era stato superato il tassosoglia dell’usura , (b) era stato applicato il metodo di ammortamento a rate costanti (cd. alla francese) con illegittima produzione di interessi anatocistici, (c) era stato violato l’art. 1284 cod. civ. per la mancata specificazione del tasso e per l’incertezza tra il tass o nominale contrattuale e il tasso effettivo del piano di ammortamento.
Ha chiesto dichiararsi la nullità delle afferenti clausole del mutuo e condannarsi le convenute alle restituzioni e ai danni.
Radicatosi il contraddittorio l’adito tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha respinto le domande e ha condannato l’attrice al risarcimento dei danni per lite temeraria.
L’ appello della società è stato a sua volta respinto dalla corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con ulteriore condanna alle spese e a l pagamento di un indennizzo ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato con ricorso per cassazione la sentenza della corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 1597/2019, sulla base di sei motivi illustrati da memoria.
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) ha replicato con controricorso e ha chiesto l’ulteriore condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
I. -Col primo motivo, assumendo ‘e rrata valutazione sugli interessi pagati’ , la ricorrente sostiene che la corte d’appello ha commesso ‘un evidente errore di fatto’, non avendo considerato che ‘ gli interessi corrispettivi (..) da soli superavano il tasso soglia ‘ .
Avendo versato a titolo di interessi, ella dice, la somma di 246.557,81 EUR su un totale di 1.118.499,53 al momento dell’atto di citazione e di 251.047,11 EUR su un totale di 1.751.047,11 EUR al 31 marzo 2017, sarebbe bastata una semplice proporzione per accorgersi che quanto corrisposto per interessi equivaleva a quasi il 17% dell’importo di 1.500.000,00 EUR corrispondente all’intero capitale versato in forza del contratto di mutuo.
II. – Il motivo è inammissibile.
Secondo la ricorrente la sentenza sarebbe da cassare per violazione degli artt. 1218, 2033 e 1375 cod. civ. 115 cod. proc. civ., avendo ritenuto che gli importi erogati dalla mutuataria a titolo di interessi fossero pari a una percentuale media annua di gran lunga inferiore rispetto al tasso soglia.
Ma la censura si risolve in un sindacato di fatto.
La sentenza ha considerato l’onere di restituzione ‘nell’arco di nove anni e nove mesi’, e ha accertato che gli importi erogati dalla mutuataria a titolo di interessi corrispondevano a una percentuale media annua dell’1,7165 %, di gran lunga inferiore al tasso soglia dell’usura .
Si tratta , per l’appunto, di una valutazione in fatto, alla quale la ricorrente persevera nel contrapporre (senza peraltro specifico
costrutto) un calcolo unitario degli interessi globali rispetto alla somma, anch’essa globale , mutuata.
III. -Col secondo motivo la ricorrente denunzia l’e rrata valutazione dell’art. 96 cod. proc. civ. , poiché non sussistevano i presupposti per la condanna in conseguenza del mero rigetto della tesi sostenuta in appello.
Il motivo è inammissibile.
La condanna è stata pronunciata ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. per abuso del diritto d’impugnazione.
La responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, terzo comma, a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede né la domanda di parte né la prova del danno, ma esige, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell’ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate (v. Cass. Sez. U n. 9912-18).
Sia la mala fede che la colpa grave coinvolgono l’esercizio dell’azione processuale nel suo complesso, cosi che possa considerarsi meritevole di sanzione l’abuso dello strumento processuale in sé, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, come nel caso di pretestuosità dell’azione per contrarietà al diritto vivente e alla giurisprudenza consolidata, ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione (così ancora Cass. Sez. U n. 9912-18).
Nel caso concreto la corte d’appello ha motivato la condanna dell’attrice in modo coerente con tali insegnamenti, e la relativa valutazione -proprio perché di merito – si sottrae al sindacato di legittimità.
IV. -Col terzo mezzo è dedotta l’ ‘errata valutazione degli interessi pattuiti’ .
La sentenza avrebbe violato gli artt. 644 cod. pen., 1815, 1218, 1375 cod. civ., 115 cod. proc. civ. nello stabilire che ai fini della verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia non devono essere sommati gli interessi corrispettivi e quelli moratori, e per aver sostenuto che in ogni caso la contestazione mossa dall’attrice era stata formulata in via puramente astratta quanto al pagamento di interessi di mora.
Di converso la ricorrente afferma di avere per l’appunto corrisposto solo interessi corrispettivi, ma che questi, di per sé, avevano superato il tasso soglia, così da dimostrare da soli l’usura . Mentre la giurisprudenza di merito avrebbe ammesso la possibilità di sommare interessi corrispettivi e moratori per valutare l’usurarietà del mutuo.
Dopodiché assume che in base alla consulenza di parte il contratto era risultato ab origine usurario.
V. – Il motivo è inammissibile.
I n ragione dell’affermato pagamento di soli interessi corrispettivi, non possiede alcuna validità la critica basata sul problema della cumulabilità o meno, ai fini dell’ usura, degli interessi moratori.
A ogni modo, in termini generali va confermato che in tema di usura bancaria, ai fini della determinazione del tasso soglia, non è possibile procedere al cumulo materiale delle somme dovute alla banca a titolo di interessi corrispettivi e di interessi moratori, stante la diversa funzione che gli stessi perseguono in relazione alla natura corrispettiva dei primi e di penale per l’inadempimento dei secondi (Cass. Sez. 6-1 n. 31615-21); sicché è necessario procedere al calcolo separato della loro relativa incidenza, secondo le regole oggi affermate dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 19597-20: ‘ la disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell’ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 2, comma 1, della l. n. 108 del 1996, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori
professionali; ne consegue che, in quest’ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell’art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (T.e.g.) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti. Dall’accertamento dell’usurarietà discende l’applicazione dell’art. 1815, comma 2, c.c., di modo che gli interessi moratori non sono dovuti nella misura (usuraria) pattuita, bensì in quella dei corrispettivi lecitamente convenuti, in applicazione dell’art. 1224, comma 1, c.c.; nei contratti conclusi con i consumatori è altresì applicabile la tutela prevista dagli artt. 33, comma 2, lett. f) e 36, comma 1, del d.lgs. n. 206 del 2005 (codice del consumo), essendo rimessa all’interessato la scelta di far valere l’uno o l’altro rimedio’.
Un errore sul margine di rilevanza di simile criterio di calcolo non risulta essere stato, nella specie, mai neppure prospettato.
VI. -Col quarto mezzo è dedotta l’ ‘ errata valutazione dell’anatocismo’ .
Si assume che la sentenza impugnata, ritenendo corretto l’assunto per cui il contratto di mutuo non aveva previsto effetti anatocistici, avrebbe violato gli artt. 1283, 820, 821 cod. civ., 115 cod. proc. civ. quanto alle conseguenze dell’ammortamento alla francese, giacché invece la giurisprudenza di merito avrebbe chiarito che nel contratto di mutuo che prevede un piano di ammortamento “alla francese” sono nulle le clausole di determinazione degli interessi che non consentono una univoca applicazione, perché non soddisfano il requisito della determinatezza o determinabilità del loro oggetto; e la nullità della clausola di determinazione degli interessi comporta la sostituzione di diritto della clausola nulla con la clausola sostitutiva di
cui al terzo comma dell’art. 1284 cod. civ., sicché gli interessi sono infine dovuti nella misura legale.
Il motivo è inammissibile perché estraneo alla statuizione.
La sentenza è incentrata sul distinto rilievo che il gravame, sul punto, prima ancora che infondato era da considerare inammissibile per violazione dell’art. 34 2 cod. proc. civ.
La statuizione è quindi di inammissibilità secondo la previsione citata, ed essa non risulta censurata.
VII. -Nel quinto mezzo la ricorrente si duole dell’ errato rigetto delle istanze istruttorie, per avere la sentenza ingiustamente ritenuto superfluo sia l’accertamento tecnico richiesto da parte attrice sia le ulteriori istanze, e in particolare l’ordine di esibizione del piano di ammortamento relativo al contratto di mutuo.
Sostiene che, depositata la consulenza di parte, la c.t.u. non avrebbe potuto avere carattere esplorativo così come invece ritenuto dal giudice del merito (violazione degli artt. 191, 210, e 115 cod. proc. civ.).
Il motivo è inammissibile.
Si tratta in ogni caso di incombenti rimessi alla valutazione discrezionale del giudice del merito (v. Cass. Sez. 6-1 n. 326-20, Cass. Sez. 1 n. 15219-07), il cui prudente apprezzamento -nella specie motivato – non è al riguardo censurabile in cassazione.
VIII. -Col sesto motivo è dedotta la violazione dell’art. 1375 cod. civ. 112 e 115 cod. proc. civ. per avere la corte d’appello affermato che l’esclusione del superamento del tasso soglia e dell’ anatocismo, implicito nel mutuo fondiario, doveva condurre al riconoscimento della piena validità della pattuizione, incompatibile con la qualificazione della condotta della mutuante come caratterizzata da contrarietà a buona fede e correttezza. Cosa che invece non poteva consentire il rigetto della domanda di risarcimento del danno.
Il motivo è inammissibile poiché la tesi non è comprensibile neppure in astratto, a fronte del rigetto della prospettazione in ordine al fondamento della responsabilità civile.
IX. -Le spese seguono la soccombenza.
La controricorrente ha chiesto la condanna della società RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.
Alla domanda va dato positivo riscontro.
L’evidente deficit delle doglianze e delle argomentazioni è indice di un’ azione di impugnativa sorretta da colpa grave.
In termini equitativi la condanna può essere contenuta in una somma ulteriore, equivalente all’ammontare delle spese processuali.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 7.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge; condanna la ricorrente al pagamento della somma aggiuntiva di 7.000,00 EUR ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione