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Abuso del diritto: l’inerzia non basta per il canone

Un conduttore, citato in giudizio per anni di canoni di locazione non pagati, invoca l’abuso del diritto da parte del locatore a causa della sua prolungata inerzia. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, stabilendo che il semplice ritardo nella richiesta di pagamento, senza altre circostanze specifiche che generino un legittimo affidamento, non costituisce abuso del diritto, soprattutto se tale difesa viene sollevata per la prima volta in sede di legittimità. Il debito del conduttore viene quindi confermato.

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Abuso del diritto: l’inerzia non basta a bloccare il canone di locazione

Un locatore che non richiede il pagamento del canone per anni può improvvisamente pretendere tutti gli arretrati? La risposta, secondo una recente ordinanza della Corte di Cassazione, è tendenzialmente affermativa. Il silenzio del creditore non equivale a una rinuncia al proprio diritto, a meno che non vi siano circostanze specifiche che configurino un abuso del diritto. Questo caso offre un’importante lezione sulla necessità di difendersi in modo tempestivo e completo fin dal primo grado di giudizio.

I Fatti del Caso: Anni di Silenzio e una Richiesta Improvvisa

La vicenda ha origine da un contratto di locazione ad uso commerciale. Per oltre un decennio, dal 2007, il conduttore non aveva corrisposto i canoni. Nel 2019, la società locatrice agiva in giudizio per ottenere lo sfratto per morosità e il pagamento di tutti gli arretrati.

Il conduttore, nel difendersi, sosteneva che il contratto di locazione fosse in realtà un accordo simulato, che nascondeva un contratto di comodato d’uso gratuito. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello respingevano questa tesi. La Corte d’Appello, anzi, accoglieva la richiesta della società locatrice di aggiornare l’importo dovuto secondo gli indici ISTAT, condannando il conduttore a pagare una somma ancora maggiore.

Il Ricorso in Cassazione e l’Abuso del Diritto

Arrivato dinanzi alla Corte di Cassazione, il conduttore cambiava strategia difensiva. Invece di insistere sulla simulazione, introduceva per la prima volta il concetto di abuso del diritto. Secondo la sua tesi, la prolungata inerzia della locatrice nel richiedere i canoni, seguita da un’azione legale avviata solo dopo la sua uscita dalla compagine sociale della stessa società locatrice, configurava un comportamento ritorsivo e contrario a buona fede. Tale inerzia, a suo dire, avrebbe generato in lui il legittimo affidamento che il debito fosse stato di fatto cancellato.

Le Motivazioni della Suprema Corte sull’abuso del diritto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su tre pilastri argomentativi interconnessi.

Questione Nuova e Inammissibile

Il primo motivo è di natura prettamente processuale. La difesa basata sull’abuso del diritto non era mai stata sollevata nei precedenti gradi di giudizio. Il thema decidendum (cioè l’oggetto del contendere) era circoscritto alla questione della simulazione del contratto. Introdurre un argomento nuovo in Cassazione, che peraltro richiede accertamenti sui fatti (come la valutazione del comportamento delle parti), è vietato. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito: non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

Genericità della Doglianza

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che la semplice inerzia del creditore non è, di per sé, sufficiente a configurare un abuso del diritto. Per poter sostenere che il silenzio del locatore abbia generato un legittimo affidamento nella remissione del debito, il conduttore avrebbe dovuto indicare “elementi circostanziali oggettivamente idonei” a tal fine. Avrebbe dovuto dimostrare che il comportamento della locatrice era stato tale da comunicare, in modo univoco e concludente, una volontà di rinunciare al credito. Il ricorso, invece, si limitava a lamentare una generica inerzia, senza fornire questi elementi cruciali.

Estraneità al Tema della Decisione d’Appello

Infine, la Corte ha osservato che la decisione d’appello si era concentrata sulla simulazione e sull’aggiornamento ISTAT. La condanna al pagamento dei canoni e la risoluzione del contratto erano già passate in “giudicato interno”, non essendo state specificamente contestate in appello sotto il profilo dell’abuso del diritto. Di conseguenza, la nuova difesa era del tutto estranea e ininfluente rispetto alle questioni effettivamente decise in secondo grado.

Le Conclusioni: Quando un Diritto Può Essere Esercitato

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il non esercizio di un diritto per un lungo periodo non ne comporta automaticamente l’estinzione, salvo i termini di prescrizione. Per invocare con successo l’abuso del diritto e bloccare la pretesa del creditore, il debitore deve fornire una prova rigorosa. È necessario dimostrare che il comportamento del creditore, valutato nel suo complesso, ha creato un affidamento concreto e ragionevole circa la sua rinuncia al diritto. Questo caso serve anche da monito sull’importanza della strategia processuale: le difese devono essere articolate in modo completo fin dal primo grado di giudizio, poiché introdurre argomenti nuovi in Cassazione è una strada destinata, come in questo caso, all’insuccesso.

Se un locatore non chiede il pagamento dei canoni per molti anni, perde il diritto di richiederli in futuro?
No, secondo questa ordinanza, la semplice inerzia prolungata del locatore non comporta automaticamente la perdita del diritto a riscuotere i canoni arretrati, a meno che non sia maturata la prescrizione.

Cosa si intende per “abuso del diritto” in un caso di locazione?
Si intende l’esercizio del diritto a riscuotere i canoni in modo contrario a buona fede, ad esempio dopo aver tenuto comportamenti specifici che hanno ingenerato nel conduttore il ragionevole affidamento che il debito fosse stato perdonato. Tuttavia, la semplice inerzia non è sufficiente a configurarlo.

È possibile presentare una nuova difesa, come l’abuso del diritto, per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché la questione dell’abuso del diritto era nuova, non era stata discussa nei precedenti gradi di giudizio e richiedeva accertamenti sui fatti che non possono essere svolti in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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