Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6188 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6188 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16223-2021 proposto da:
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;
intimato –
Oggetto
ALTRE IPOTESI
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 16223/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 05/02/2025
CC
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avverso la sentenza n. 575/2020 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 24/12/2020 R.G.N. 317/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO
che, con sentenza del 24 dicembre 2020, la Corte d’Appello di Caltanissetta, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Enna, accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti del Comune di Agira – presso il quale gli istanti avevano prestato servizio in qualità di LSU, con inquadramento nella categoria B3 del CCNL Enti Locali ed orario di 20 ore, come operai generici per lo svolgimento di ‘lavori di manutenzione beni culturali, strade, rete idrica e fognante e nelle aree pubbliche destinate al verde’ per essere poi destinati al servizio di trasporto pubblico, con mansioni di autista di autobus e scuolabus comunali o di manutentore del parco macchine, con orario progressivamente esteso a 24 e a 36 ore; che la domanda, proposta anche nei confronti dell’INPS, aveva ad oggetto l’accertamento della natura subordinata del rapporto, l’abuso dell’impiego a termine degli istanti, la condanna al risarcimento del danno in forma specifica con costituzione di un rapporto a tempo indeterminato a decorrere dal 36° mese di lavoro alle dipendenze dell’Ente o, in subordine, al risarcimento del danno in forma monetaria, la condanna dell’Ente a risarcire il danno commisurato al trattamento economico e giuridico spettante al dipendente a tempo indeterminato comparabile, danno da quantificarsi in separata sede in caso di mancata ottemperanza da parte dell’Ente;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver e questa ritenuto di dover riconoscere, stante l’utilizzo degli appellanti non in conformità ai progetti di utilità collettiva di cui
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alla legge regionale n. 85/1995 ma con mansioni proprie del personale di ruolo dell’Ente, la natura subordinata del rapporto di fatto intercorso fra le parti e l’illegittimità del ricorso allo strumento del contratto a termine;
che il giudice d’appello, a fronte del divieto legale di conversione a tempo indeterminato dei rapporti, ha condannato il Comune al risarcimento del danno ‘comunitario’ , parametrato alla fattispecie di cui all’art. 32, comma 5, l. n. 183/2010 e quantificato in dodici mensilità dell’ultima retribuzione di fatto percepita , ed ha pronunciato condanna generica dell’Ente , nei limiti della prospettazione, al risarcimento del danno commisurato al trattamento giuridico ed economico spettante al dipendente a tempo indeterminato comparabile;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il Comune di Agira, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resistono, con controricorso, tutti gli originari istanti mentre l’INPS non ha svolto alcuna attività difensiva;
che tanto il Comune ricorrente quanto i controricorrenti hanno poi presentato memoria.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il Comune ricorrente, nel denunciare il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione agli artt. 1, 2, 3, 4 e 8 d.lgs. n. 468/1997 e 11 e 12 l. Regione Sicilia n. 85/1995, imputa alla Corte territoriale la mancata considerazione del dato risultante dalla produzione in atti e comunque non contestato dell’esistenza di un progetto di pubblica utilità alla base dell’assunzione degli LSU presso il Comune;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 35 e 38 Cost., 2126 c.c., 1, 2, 3, 4 e 8 d.lgs. n. 468/1997 e 11 e 12 l. Regione Sicilia n. 85/1995, il Comune ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale il
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travisamento dell’intento dell’Ente non mirato all’impiego degli istanti come lavoratori subordinati e l’irrilevanza a tali fini del riferimento agli standard di trattamento di quel personale richiamati in contratto solo in relazione alla loro valenza parametrica;
che con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione della Direttiva 1999/70/CE e agli artt. 36 d.lgs. n. 165/2001 e 1, 4 e 6 d.lgs. n. 38/2001, il Comune ricorrente lamenta l’aver e la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’applicabilità nella specie della disciplina europea e nazionale in materia di contratto a termine, derivando tale convincimento da quanto altrettanto erroneamente valutato circa lo scostamento dalle regole di impiego degli LSU;
che nel quarto motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. è prospettata in relazione all’asserita fondatezza delle difese svolte in sede di gravame, erroneamente disattese, da cui doveva discendere la soccombenza e l’accollo delle spese agli istanti;
che, i primi due motivi possono essere qui trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, per essere entrambi volti a sostenere essere stato il rapporto costituito sulla base del riferimento ad un progetto di utilità collettiva e di essersi svolto avendo a riferimento la normativa nazionale e regionale riferita agli LSU;
che i motivi sono inammissibili, non misurandosi con la ratio decidendi sottesa all’impugnata sentenza, che, mentre non nega, nonostante la rilevata mancata produzione del relativo documento, l’essere stati i lavoratori avviati presso il Comune sulla base di un progetto di utilità collettiva, assume il carattere meramente formale del riferimento a questo ed alla normativa relativa agli LSU in relazione ai successivi contratti stipulati tra le parti, segnati dall’utilizzo degli istanti in compiti e secondo
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modalità non difformi da quelli che connotavano il personale di ruolo dell’Ente;
che, in particolare, il giudice d’appello non ha omesso di considerare la normativa citata né ha ignorato il carattere assistenziale del rapporto che si instaura con gli LSU, bensì, nel ritenere la natura subordinata del rapporto di fatto instauratosi fra le parti, ha valorizzato, apprezzandoli unitariamente, plurimi elementi, prime fra tutti l’utilizzazione protrattasi senza soluzione di continuità dall’anno 1995 e la mancata contestazione delle allegazioni dell’atto introduttivo ove era stato precisato, si legge in sentenza, che gli LSU erano stati utilizzati per coprire carenze di organico e con modalità coincidenti con quelle imposte ai lavoratori a tempo indeterminato;
che parimenti inammissibile risulta il terzo motivo facendosi discendere il vizio denunciato dalla fondatezza delle censure di cui ai motivi che precedono, quando invece, una volta sanciti lo scostamento dal tipo normativo che legittima l’impiego degli LSU e la riconducibilità dei rapporti intercorsi all’ordinario tipo lavoro subordinato, emerge evidente l’abuso del ricorso ai contratti a termine e l’applicabilità delle tutele a riguardo previste dalla direttiva comunitaria;
che ancora inammissibile si appalesa il quarto motivo, poiché la denunciata violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale è prospettata come condizionata all’accoglimento delle censure formulate nella presente impugnazione, essendo mera conseguenza della cassazione della sentenza d’appello; che il ricorso va dunque dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 6.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 5 febbraio 2025