Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18862 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18862 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
1.Il Tribunale di Taranto, in parziale accoglimento della domanda proposta da NOME COGNOME ha dichiarato il diritto di NOME COGNOME al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in forza dei contratti a tempo determinato stipulati con l’ Azienda USL di Taranto e delle progressioni aziendali ed ha condannato l’Azienda a corrisponderle le relative differenze di retribuzione, oltre accessori.
La COGNOME aveva chiesto in via principale la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e la reintegrazione nel posto di lavoro presso la medesima Azienda, nonché il pagamento delle retribuzioni dovute, ed in via subordinata il risarcimento del danno ai sensi dell’ art. 32 legge 183/2010, ovvero dell’art. 36, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001 .
La Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma di tale sentenza, ha condannato l’Azienda al pagamento di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, a titolo di indennità risarcitoria ex art. 32, quinto comma, legge n. 183/2010.
La Corte territoriale ha condiviso le statuizioni del primo giudice in ordine al divieto di conversione dei contratti a tempo determinato; richiamata la giurisprudenza di questa Corte in materia di risarcimento del danno da abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato nel pubblico impiego, ha ritenuto che il lavoratore sia esonerato dalla costituzione in mora del datore di lavoro e dalla prova del danno.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE Taranto ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Deduce che l’Azienda nella memoria di costituzione aveva evidenziato la stabilizzazione della Portulano, ribadita nelle note depositate in data 10.1.2019, addebitando alla Corte territoriale l’omessa lettura degli atti di causa e l’omesso rilievo della stabilizzazione, taciuta dalla controparte.
Precisa che detta stabilizzazione era avvenuta ai sensi del l’art. 2 del d.P.C.M. 6.3.2015, che in attuazione dell’art. 4, commi 6, 7, 8 9 e 10 d.l. n. 101/2013 aveva previsto la facoltà degli enti di bandire entro il 31.12.2018 procedure concorsuali riservate per titoli ed esami per assunzioni a tempo indeterminato del personale che alla data del 30.10.2013 avese maturato almeno tre anni di servizio, anche non continuativo, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del d.l. n. 101/2013 coordinato con la relativa legge di conversione n. 125/2013, degli artt. 1, 2, 3 comma 3 e 4 del d.P.C.M. 6.3.2015, nonché dell’art. 20, comma 2, della legge n.107/2015, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Critica la sentenza impugnata per avere deciso in modo difforme rispetto ad un proprio precedente reso in una fattispecie analoga, sul falso presupposto che la Portulano non fosse stata stabilizzata, che avesse partecipato ad una selezione riferita ad una città diversa da Taranto e che si fosse formata una graduatoria dalla quale la ASL aveva attinto.
Richiama il bando di selezione, la relativa delibera di approvazione n. 1590 del 7.9.2015 e la delibera n. 162/2018 di approvazione della graduatoria, evidenziando che la Portulano era stata assunta a tempo indeterminato dall’Azienda USL TA all’esito di procedura concorsuale riservata, indetta ai sensi del DPCM 6.3.2015 ai fini della stabilizzazione.
Lamenta la mancata disamina dell’intero quadro normativo riguardante le procedure di stabilizzazione, come sintetizzato nelle Circolari nn. 3/2017 e 1/2018 del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione, evidenziando che l’art. 20, comma 1, d.lgs. n. 75/2017 consentiva la stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato, all’esito di concorsi riservati.
Lamenta l’omessa pronuncia sulla stabilizzazione.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 5 e 5 -quater, d.lgs. n. 165/2001, dell’art. 1 d. lgs. n. 368/2001 e della Direttiva n. 99/70/CEE in combinato disposto con l’art. 32, comma 5, legge n. 183/2010.
Addebita alla Corte territoriale di non essersi avveduta della stabilizzazione e di avere ignorato le disposizioni sulla stabilizzazione introdotte dal 2015, ed in particolare il percorso privilegiato per la stabilizzazione nel settore della sanità pubblica.
Evidenzia che la ASL TA aveva stabilizzato la Portulano secondo le procedure previste dal DPCM 6.3.2015 e che tale misura è idonea a sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato, in conformità alle disposizioni contenute nella Direttiva n. 99/70/CEE.
I primi tre motivi, che vanno trattati congiuntamente in ragione della loro connessione logica, sono inammissibili.
Al di là della modalità di proposizione dei motivi che denunciano l’omesso esame della questione relativa alla stabilizzazione e l’omessa pronuncia sulla stabilizzazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ. facendo leva su delibere che non risultano dalla sentenza impugnata, le censure prospettano che la Portulano è stata stabilizzata in forza delle disposizioni contenute nell’art. 2, comma 1, del DPCM 6.3.2015, le quali hanno previsto l’assunzione a tempo indeterminato all’esito di procedure concorsuali per titoli ed esami, e dunque di una selezione basata sul merito.
In tema di lavoro pubblico privatizzato, nelle ipotesi di abusiva successione di contratti a termine questa Corte ha chiarito, e il principio è stato ribadito anche in tempi più recenti (v. Cass. n. 35145/2023), che la avvenuta immissione in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria dell’illecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l’abuso commesso dalla amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal dipendente; detta stretta correlazione presuppone, sotto il profilo soggettivo, che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell’ente pubblico che ha posto in essere la condotta abusiva e, sotto il profilo oggettivo, che essa sia l’effetto diretto ed immediato dell’abuso;
tale ultima condizione non ricorre quando l’assunzione a tempo indeterminato avvenga all’esito di una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine (Cass. n. 14815/2021).
Si è invece ritenuto che qualora l’immissione in ruolo avvenga all’esito di una procedura di tipo concorsuale, l’assunzione non è in relazione immediata e diretta con l’abuso ma, piuttosto, è l’effetto diretto del superamento della selezione di merito, in ragione di capacità e professionalità proprie del dipendente, essendo anche tale conclusione conforme all’interpretazione della clausola 5 dell’accordo quadro enunciata dalla Corte di Giustizia.
Tali principi sono stati confermati dalla recente pronuncia Corte giustizia UE sez. VI – C-59/22, C-110/22 e C-159/22, secondo cui ‘ 117 In proposito, occorre rilevare che la Corte ha precisato che, sebbene l’organizzazione di procedimenti di selezione fornisca ai lavoratori occupati in modo abusivo nell’ambito di una successione di rapporti di lavoro a tempo determinato l’occasione di tentare di accedere a un impiego stabile, potendo questi ultimi, in linea di principio, partecipare a tali procedimenti, siffatta circostanza non può dispensare gli Stati membri dal rispetto dell’obbligo di prevedere una misura adeguata per sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti e rapporti di lavoro a tempo determinato. Infatti, a detti procedimenti, il cui esito è oltretutto incerto, possono, di norma, partecipare anche i candidati che non sono stati vittime di un tale abuso (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2020, COGNOME e a., C-103/18 e C-429/18, EU:C:2020:219, punto 100). 118 Pertanto l’organizzazione di dette procedure, essendo indipendente da qualsiasi considerazione relativa al carattere abusivo del ricorso a contratti a tempo determinato, non sembra tale da sanzionare debitamente il ricorso abusivo a siffatti rapporti di lavoro e a rimuovere le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione. Essa non sembra quindi consentire di raggiungere la finalità perseguita dalla clausola 5 dell’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2020, COGNOME e a., C-103/18 e C-429/18, EU:C:2020:219, punto 101) ‘.
Con il quarto motivo il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, nonché degli artt. 2043-2059 cod. civ. e 32 legge n. 183/2010, per avere la Corte territoriale aprioristicamente ritenuto sussistente un danno risarcibile e per averlo quantificato in misura apodittica e indimostrata.
Sostiene che non può essere riconosciuto un danno in re ipsa e lamenta l’omessa motivazione sulla quantificazione del danno.
Anche tale motivo è inammissibile, in quanto denuncia la violazione degli artt. 1223, 1226, 2043 e 2059 cod. civ. e dell’art. 32, comma 5, legge n. 183/2010 ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., prospettando il difetto di motivazione.
Il quinto motivo, che denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2967 cod. civ. nonché degli artt. 112, 113, 115, 116, 132 e 416 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale addossato alla ASL TA l’onere di dimostrare l’insussistenza d i dann i ulteriori rispetto a quelli risarciti dall’immissione in ruolo , deve pertanto ritenersi assorbito.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrente a l pagamento del le spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 4.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della