Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1767 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1767 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12571-2020 proposto da:
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZOA presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (Studio COGNOME–COGNOME), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 783/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 14/11/2019 R.G.N. 1091/2017;
R.G.N. 12571/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 21/11/2024
CC
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO
che, con sentenza del 14 novembre 2019, la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della decisione di rigetto resa dal Tribunale di Lucca sulla domanda proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti del Comune di Pietrasanta, ritenuta la simulazione dei contratti di collaborazione inter partes , la nullità dei contratti di somministrazione e delle clausole appositive del termine agli ulteriori contratti in virtù dei quali gli istanti avevano, senza soluzione di continuità, per oltre nove anni la Bresciani ed il Forli e per circa otto gli altri, prestato servizio in favore del Comune svolgendo attività istituzionali non diversamente dal personale dipendente e disattesa la pretesa azionata in via principale dagli istanti relativa alla conversione a tempo indeterminato del rapporto ed al risarcimento del danno commisurato a tutte le retribuzioni medio tempore maturate o alle dodic i mensilità di cui all’art. 32 l. n. 183/2010, in accoglimento della domanda subordinata condannava il Comune di Pietrasanta a risarcire gli istanti del danno loro cagionato dall’abusiva reiterazione delle assunzioni precarie determinato nella misura, per ciascuno, di dieci mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto che, qualunque fosse stato il tipo di contratto in base al quale il rapporto di lavoro tra le parti era stato formalizzato, la prestazione degli istanti si era svolta in effetti nelle forme del lavoro subordinato e che di conseguenza il Comune di Pietrasanta, per l’intero periodo dedotto in causa e per ciascuno degli istanti, aveva abusivamente fatto ricorso al lavoro non
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standard per fare fronte ad esigenze durevoli della propria organizzazione amministrativa;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il Comune di Pietrasanta, affidando l’impugnazione a cinque motivi, cui resistono, con controricorso, tutti gli originari istanti; che entrambe le parti hanno poi presentato memoria.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il Comune ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 434 c.p.c., imputa alla Corte territoriale la sostanziale omissione della pronunzia sulla sollevata eccezione di inammissibilità del ricorso in appello per la genericità della proposta impugnazione, formulata con un atto di fatto riproduttivo del ricorso originario senza specificazione dei capi della decisione impugnata e delle critiche al percorso motivazionale del primo giudice;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. e 2697 c.c., il Comune ricorrente imputa alla Corte territoriale l’ error in procedendo dato dall’ammissione delle prove testimoniali non ammesse in prime cure in difetto della specifica riproposizione delle stesse in sede di discussione della causa in primo grado finendo così per porre a fondamento della decisione prove inammissibili con co nseguente violazione delle regole sull’onere della prova, da ritenersi non assolto dagli originari istanti;
che nel terzo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. è prospettata in relazione all’asserito scostamento della decisione della Corte territoriale dal principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato derivante dall’assen za di una precisa censura circa la mancanza di specificità delle causali dei contratti di somministrazione e a termine, viceversa individuata dalla Corte territoriale quale ragione dell’illegittimità dei contratti in questione;
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che con il quarto motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 21 d.lgs. n. 276/2003, il Comune ricorrente lamenta la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale in ordine all’illegittimità d ei contratti di somministrazione, ammettendo la norma invocata nella formulazione applicabile ratione temporis il ricorso a tale tipologia contrattuale anche con riferimento all’ordinaria attività dell’utilizzatore;
che, con il quinto motivo il Comune ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, d.lgs. n. 368/2001 lamentando la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale in ordine all’illegittimità dei contratti a termine, per risultare, alla stregua della formulazione della norma invocata all’epoca vigente, ammissibile il ricorso a tale tipo di contratto ove anche l’esigenza fosse riferita all’attività ordinaria dell’ente;
che il primo motivo si rivela infondato essendo, al riguardo, sufficiente rilevare che, come si evince dalla sentenza impugnata, l’appello dei lavoratori conteneva tutti gli elementi essenziali previsti dall’art. 434 cod. proc. civ.: le parti della sentenza impugnata erano state individuate; i rilievi critici erano stati esposti in modo sufficiente e consentivano di circoscrivere l’ambito del giudizio di gravame , ciò conformemente a quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui «gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme
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sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di ‘ revisio prioris instantiae ‘ del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.» (Cass. S.U. n. 27199/2017);
che parimenti infondato, risulta il secondo motivo, atteso che l’ammissione delle istanze istruttorie da parte del giudice d’appello, nel rito del lavoro, rientra nei poteri discrezionali allo stesso riconosciuti ex art. 421 e 437 c.p.c. derivandone l’insindacabilità in sede di legittimità (cfr., da ultimo, Cass. n. 35516/2023), senza dire che, nella specie, la Corte territoriale correttamente ha ritenuto sufficiente il richiamo ai propri atti difensivi, comprensivi delle istanze istruttorie, operato dagli istanti in sede di discussione della causa in primo grado ad escludere l’effetto preclusivo della riproposizione di quelle istanze in grado di appello;
che ancora infondato deve ritenersi il terzo motivo, atteso che la pronunzia della Corte risulta conforme alla domanda degli originari istanti volta ad ottenere la declaratoria dell’illegittimità dei contratti di somministrazione e a termine stipulati con il Comune ricorrente per mancanza o non rispondenza in fatto della causale giustificativa ed il conseguente risarcimento del danno;
che sempre infondati si appalesano il quarto ed il quinto motivo, atteso che il riferimento all’epoca inserito tanto con riguardo ai contratti di somministrazione quanto con riguardo ai contratti a termine all’ordinaria attività del soggetto datore quale a mbito legittimante il ricorso ai predetti contratti correttamente è stato interpretato dalla Corte territoriale nel senso che non valga ad escludere che l’esigenza in quell’ambito manifestatasi debba caratterizzarsi come temporanea in seno alla stessa
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organizzazione datoriale, non potendo pertanto risolversi nell’impiego temporaneo di personale non di ruolo in attività che, in quanto riferibili alle competenze istituzionali dell’ente, siano da considerarsi stabili in quel contesto organizzativo; che il ricorso va, dunque, rigettato; che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 6.000,00 per compensi oltre spese generali al 15 % ed altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 21.11.2024