Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11344 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 11344 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso 17553-2024 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati COGNOME, COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 766/2024 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 26/06/2024 R.G.N. 1165/2023; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
R.G.N. 17553/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 19/02/2025
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Catanzaro ha giudicato inammissibile l’impugnazione proposta da NOME COGNOME avverso la sentenza pronunciata dal tribunale all’esito della fase di opposizione, nell’ambito del rito di cui all’art. 1, commi 47 e ss. della legge 1992 del 2012.
La Corte territoriale ha premesso che NOME COGNOME ha impugnato il licenziamento intimatogli dalla RAGIONE_SOCIALE il 14 ottobre 2021 e che il tribunale di Cosenza, con ordinanza del 9 novembre 2022, a definizione della fase sommaria, ha rigettato il ricorso; che il medesimo tribunale, con sentenza del 6 giugno 2023 ha poi respinto l’opposizione del lavoratore; che con ricorso depositato il 1° dicembre 2023 il lavoratore medesimo ha proposto appello (anziché reclamo) avverso la sentenza di primo grado.
La Corte di merito ha interpretato gli artt. 35 e 37 del d.lgs. n. 149 del 2022 e successive modificazioni ritenendo che l’abrogazione del rito cd. Fornero trovasse applicazione solo per i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023 e che il procedimento in oggetto, in quanto instaurato in epoca anteriore, fosse regolato dalle disposizioni processuali anteriormente vigenti, e quindi dall’art. 1, commi 47 e ss. della legge 92 del 2012; che pertanto l’impugnazione avverso la sentenza di primo grado, in quanto proposta nel termine di sei mesi anziché in quello di trenta giorni previsto per il reclamo, fosse tardiva, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione stessa.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c .p.c.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 35 e 37 del d.lgs. n. 149 del 2022 e dell’art. 12 delle preleggi. Si censura l’interpretazione data dai giudici di appello argomentando che, una volta disposta l’abrogazione del rito cd. Fornero, non potesse sopravvivere il reclamo; che l’art. 35, comma 1, dichiara le nuove disposizioni applicabili ai procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023 ‘salvo che non sia diversa mente disposto’ e che una deroga in tal senso è rinvenibile nel successivo quarto comma del medesimo art. 35 secondo cui le nuove diposizioni ‘si applicano alle impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023’; aggiunge il ricorrente che la decisione d’appello non tiene conto delle modifiche introdotte dalla legge n. 197 del 2022 alla disciplina transitoria dettata dal citato art. 35.
Parte controricorrente ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del motivo di ricorso poiché con esso si deduce la violazione di norme processuali ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. anziché del n. 4 e perché si omette ogni riferimento alla conseguente nullità della sentenza e del procedimento.
L’eccezione non può trovare accoglimento. L’art. 360 n. 4 c.p.c. consente la denuncia di vizi di attività del giudice o delle parti che comportino la nullità della sentenza o del procedimento e in tal caso l’oggetto dello scrutinio che è chiamato a compiere il giudice di legittimità, a differenza di quel che accade con riferimento agli errores in iudicando
denunciati a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3, non è costituito dal contenuto della decisione formulata nella sentenza, bensì direttamente dal modo in cui il processo si è svolto, ossia dai fatti processuali che quel vizio possono aver provocato, fatti di cui la Corte di cassazione deve prendere diretta cognizione (v. Cass., S.U. n. 8077 del 2012). Nel caso in esame, il motivo di ricorso non denuncia un difetto di attività del giudice o delle parti, ossia un vizio del fatto processuale, ma unicamente l’er rata interpretazione di una norma di diritto, sia pure di natura processuale, sicché la censura è correttamente proposta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. quale error in iudicando de iure procedendi .
3. Il motivo di ricorso è infondato.
L’art. 37 del d.lgs. n. 149 del 2022 ha disposto l’abrogazione dell’art. 1, commi da 47 a 69, della legge n. 92 del 2012, disciplinante il rito cd. Fornero.
L’art. 35 del medesimo decreto legislativo, come modificato dall’art. 1, comma 380, della legge 197 del 2022 (che ha anticipato dal 30 giugno 2023 al 28 febbraio 2023 l’entrata in vigore della riforma), nel dettare la disciplina transitoria rispetto alle modifiche del codice di procedura civile introdotte, ha stabilito al primo comma, in linea generale, che ‘Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio si applicano le disposizioni anteriormente vigenti’.
Al successivo quarto comma l’art. 35 ha specificamente previsto che ‘le norme dei capi I e II del titolo III del libro secondo e quelle degli articoli 283, 434, 436-bis, 437 e 438 del codice di procedura civile, come modificati dal presente
decreto, si applicano alle impugnazioni proposte successivamente al 28 febbraio 2023′.
Come emerge dall’inequivoco tenore letterale, l’applicazione delle nuove disposizioni alle impugnazioni proposte dopo il 28 febbraio 2023 è limitata a quelle regolate dal rito ordinario civile (di cui ai ‘capi I e II del titolo III del libro secondo’) e a quelle riguardanti la generalità delle cause di lavoro sottoposte al rito (ordinario) del lavoro (artt. 434, 436 bis, 437 e 438 c.p.c.); l’art. 35, quarto comma, non estende la sua sfera di applicazione al reclamo, quale specifica forma di impugnazione nel l’ambito del rito cd. Fornero, di cui all’art. 1, commi 58 e ss., della legge 92 del 2012, normativa a cui l’art. 35 citato non fa alcun riferimento.
Da tali premesse discende che i procedimenti sottoposti al rito cd. Fornero, pendenti alla data del 28 febbraio 2023, sono ancora disciplinati, anche nella fase di impugnazione, dalle disposizioni dettate dall’art. 1, commi 47 e ss. della legge 92 del 2012, la cui abrogazione (art. 37, d.lgs. 149 del 2022) ha effetto per i procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023.
Tale interpretazione si salda con le previsioni degli artt. 441 bis e ss. c.p.c., introdotte dall’art. 3, comma 32, d.lgs. 149 del 2022, che disciplinano le ‘controversie relative ai licenziamenti’ e che, ai sensi dell’art. 35, primo comma, si applicano ai procedimenti instaurati dopo il 28.2.2023.
Come rilevato da questa S.C., l’art. 35, comma 1, del d.lgs. n. 149 del 2022, nel disporre che il citato decreto si applica ai procedimenti instaurati dal 28 febbraio 2023, è esplicazione del principio generale della perpetuatio iurisdictionis , secondo cui il processo civile è regolato nella sua interezza dal rito vigente al momento della proposizione della domanda, poiché il principio del tempus regit actum , in forza del quale lo ius superveniens trova immediata
applicazione in materia processuale, si riferisce ai singoli atti da compiere, isolatamente considerati, e non all’insieme delle regole sistematicamente organizzate in vista della statuizione giudiziale, altrimenti violandosi il principio di irretroattività della legge contenuto nell’art. 11 disp. prel. c.c., di cui lo stesso art. 5 c.p.c. è espressione (Cass. n. 32365 del 2024).
La sentenza d’appello ha correttamente interpretato le disposizioni del d.lgs. 149 del 2022 e, sul presupposto della permanente applicabilità al procedimento in esame del rito ex lege n. 92 del 2012, ha rilevato l’inammissibilità dell’impugnazione avverso la sentenza di primo grado in quanto proposta nelle forme e nei termini dell’appello, anziché attraverso il reclamo da depositare nel termine di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza, ai sensi dell’art. 1, comma 58, della legge 92 del 2012.
Le ragioni esposte conducono al rigetto del ricorso.
L’assoluta novità della questione trattata, su cui non risultano precedenti pronunce di questa Corte, consiglia, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, c.p.c., l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della pubblica udienza