Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27756 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 27756 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2337/2023 R.G.,
proposto da
REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore , rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO, come da procura speciale in calce al ricorso, ex lege domiciliata come da domicilio digitale;
-ricorrente –
nei confronti di
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, come da procura speciale in calce al
CC 24 giugno 2025
Ric. 2337 del 2023
Pres. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE COGNOME
contro
ricorso, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio di quest’ultimo e come da domicilio digitale;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 984/2022 della Corte d’ appello di Bari pubblicata in data 16 giugno 2022; udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 24 giugno 2025 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del sostituto procuratore generale della Corte di cassazione dr. NOME COGNOME; ocato NOME COGNOME per la RAGIONE_SOCIALE ricorrente uditi i Difensori delle parti , l’AVV_NOTAIO e gli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME per il controricorrente.
Fatti di causa
Il Tribunale penale di Bari con la sentenza n.406/2013 assolveva NOME COGNOME, all’epoca Presidente della RAGIONE_SOCIALE Puglia, ‘perché il fatto non costituisce reato’ ai sensi dell’art. 530 cpv. c.p.p. per alcuni reati, tra cui quelli di cui al capo ’88E’ , con cui si contestava all’imputato il reato di peculato in concorso con due funzionarie regionali, COGNOME e COGNOME, queste ultime prosciolte in sede di udienza preliminare.
La Corte d ‘ appello di Bari, con la sentenza n.2620/2015, previa riqualificazione del fatto in abuso d’ufficio, dichiarava non doversi procedere perché il reato di cui al capo ’88E’ era estinto, per intervenuta prescrizione, e condannava l’odierno controricorrente al risarcimento del danno in favore della RAGIONE_SOCIALE, da liquidarsi in separata sede.
Avverso la sentenza della Corte di appello, proponevano ricorso sia la Procura Generale sia l’ imputato.
La Corte di cassazione con la sentenza n.41768/2017 disponeva l’annullamento con rinvio della sentenza di appello limitatamente all’imputazione sub capo ‘ 88E ‘ per nuovo esame, sulla base della seguente motivazione: «La sentenza impugnata, quindi, deve essere annullata nella parte in cui esclude la configurabilità del delitto di peculato con riferimento
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all’erogazione delle somme in favore di privati mediante l’utilizzo di denaro disponibile per spese di rappresentanza del presidente della Giunta della RAGIONE_SOCIALE Puglia per complessivi euro 187.300,00 per nuovo giudizio sul punto. Il giudice di rinvio accerterà, alla luce dei principi precedentemente evidenziati, se le erogazioni in questione, in tutto o in parte, siano state effettuate esclusivamente per indebite finalità private o, invece, anche per realizzare interessi pubblici obiettivamente esistenti e per i quali sia ammissibile un ordinativo di pagamento o l’adozione di un impegno di spesa da parte dell’ente al quale appartiene il pubblico agente. La mancanza di tali specifiche circostanze non può che rendere incontrovertibile la corretta configurazione del delitto di peculato.».
La Corte di appello di Bari, in sede di rinvio, con la sentenza n.1375/2018, riteneva la sussistenza di un’ipotesi di abuso d’ufficio , estinto per prescrizione, motivando che: «Le erogazioni in questione, dunque, né in tutto né in parte sono state effettuate esclusivamente, ovvero soltanto per indebite finalità private, quelle elettoralistiche proprie dell’imputato, ma anche per realizzare interessi pubblici obiettivamente annoverabili tra quelli astrattamente configurati dalla norma regolamentare in questione, strumentalizzando la finalizzazione pubblica di quelle erogazioni anche per la realizzazione dello scopo elettorale perseguito dal COGNOME, quello appunto del tornaconto elettorale; erogazioni per le quali, dunque, era ammissibile l’emissione di un ordinativo di pagamento o l’adozione di un impegno di spesa da parte dell’ Ente. E questo per le ragioni sopra esposte, integra gli estremi del delitto di cui all’art. 323 c.p. ». La stessa Corte dichiarava, inoltre, inammissibile la domanda risarcitoria della parte civile RAGIONE_SOCIALE Puglia, che non aveva mai depositato motivi di impugnazione autonomi avverso i vari provvedimenti susseguitisi e rilevando come «illegittima la condanna dell’imputato al risarcimento del danno in favore della parte civile pronunciata in sede di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, dichiari la sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione, in riforma della sentenza di assoluzione di primo grado, in quanto la decisione sulle restituzioni e sul risarcimento del danno può essere adottata
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solo nel caso in cui nel precedente grado di giudizio sia stata affermata, con la sentenza di condanna, la responsabilità dell’imputato.» (pagg. 25/26 della sentenza n.1375/2018).
Avverso la sentenza della Corte d’appello proponevano ricorso per cassazione tutte le parti processuali: imputato, Procura Generale e parte civile.
La Corte di cassazione, con la sentenza n.27843/2018, dopo aver premesso che «la questione ha perso di sostanziale rilevanza ai fini del presente procedimento in quanto, anche se fosse configurabile nella cRAGIONE_SOCIALEtta del COGNOME il reato di peculato in luogo di quello di abuso d’ufficio, anche il primo dei due reati ad oggi si sarebbe estinto per intervenuto decorso del termine di prescrizione», ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili, di fatto, ripristinando la condanna generica contenuta nella sentenza penale n. 2620/2015, con rinvio ai sensi dell’art. 6 22 c.p.p. al giudice civile competente per valore e grado in appello.
Con atto di citazione in riassunzione, la RAGIONE_SOCIALE Puglia conveniva in giudizio dinanzi la Corte d’appello di Bari, NOME AVV_NOTAIO, per sentire: accertare e dichiarare, incidenter tantum ed ai soli fini risarcitori, comunque, la illiceità e dannosità della cRAGIONE_SOCIALEtta come accertata in sede penale e condannare al risarcimento per danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti, quantificati quanto ai primi in misura pari ad € 189.700,00 e , quanto ai secondi, in misura pari ad € 70.000,00, fatta salva la di versa quantificazione che sarà ritenuta dovuta ed equa, con interessi, rivalutazione e spese di lite.
Si costituiva il convenuto, chiedendo il rigetto di ogni richiesta risarcitoria (sia nell’ an sia nel quantum ) riferita al richiesto danno patrimoniale e non patrimoniale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in quanto infondata in fatto ed in diritto.
2.1 . La Corte d’appello di Bari, quale giudice di rinvio, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato la domanda e dichiarato integralmente compensate le spese del giudizio.
Avverso la sentenza della Corte d’appello quale giudice del rinvio, ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE Puglia sorretto da cinque motivi di impugnazione. Ha resistito con controricorso NOME COGNOME.
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Il ricorso è stato fissato e trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art.380 bis .1 c.p.c. in data 1 aprile 2025 e, a seguito dell’ ordinanza interlocutoria n. 9408 del 2025, rinviato all’udienza pubblica in considerazione della questione di diritto di particolare rilevanza posta nel complesso dal ricorso della RAGIONE_SOCIALE ricorrente e, nuovamente rifissato ai sensi dell’art. 375 c.p.c. per essere trattato in udienza pubblica in data 24 giugno 2025.
Il AVV_NOTAIO generale ha depositato note scritte invocando l’accoglimento del secRAGIONE_SOCIALE (in parte), del terzo e del quarto motivo del ricorso, rigettati i restanti.
Entrambe le parti hanno depositato nuovamente rispettive memorie.
Ragioni della decisione
La RAGIONE_SOCIALE ricorrente con il primo motivo di ricorso così rubricato lamenta la ‘ Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1 n. 3), c.p.c. dell’art. 11 disp. prel. c.c. e dell’art. 2 c.p. nonché degli artt. 2043 c.c. e 185 c.p. per avere la Corte territoriale ritenuto rilevante ed applicato retroattivamente, ai fini risarcitori, lo ius superveniens e, in particolare, la modifica dell’art. 323 c.p. introdotta dalla legge 11 settembre 2020 n. 120.’ .
Censura con il secRAGIONE_SOCIALE motivo di ricorso, così rubricato, la ‘ Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1 n. 3), c.p.c., degli artt. 2043 c.c. e 97 Cost. per non avere la Corte territoriale ravvisato un fatto ingiusto nell’indebita realizzazione, da parte dell’AVV_NOTAIO COGNOME, di interessi privati elettoralistici insieme a quelli pubblici. ‘ .
Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato, denuncia la ‘ Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1 n. 3), c.p.c., degli artt. 2043, 2056, 1223 e 2697 cod. civ. per aver la Corte territoriale ritenuto non provata la causazione di un danno patrimoniale risarcibile. ‘.
La ricorrente denuncia con il quarto motivo di ricorso, così rubricato, la ‘ Violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2 n. 4), c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4), c.p.c. e conseguente nullità della sentenza e del procedimento per motivazione apparente in ordine alla insussistenza del danno non patrimoniale .’.
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Con il quinto motivo di ricorso, , così rubricato, la RAGIONE_SOCIALE ricorrente censura la ‘ Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1 n. 3), c.p.c., dell’art. 2 c.p. in relazione all’art. 323 c.p., come modificato dall’art. 23 della legge n. 120 del 2020, e degli artt. 665 e 673 c.p.p. per avere la Corte territoriale erroneamente valu tato che il fatto commesso dall’AVV_NOTAIO COGNOME non è più previsto dalla legge come reato, sostituendosi al Giudice dell’esecuzione penale, già adito a mezzo di incidente di esecuzione. ‘.
Giova ai fini della decisione trascrivere i punti salienti di quanto affermato dall a Corte d’appello con la sentenza impugnata .
In primo luogo, richiamando i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità (per tutte, Cass. Sez. 3, 13/11/2009 n. 24030), la Corte barese ha osservato che « con l’ abolitio criminis cessano l’esecuzione della pena e gli effetti penali (art.2 cpv c.p.), ma non gli altri effetti. Sicché, anche se successivamente depenalizzato, un comportamento di cui si sia definitivamente accertata l’illiceità penale può rimanere disciplinarmente o contabilmente scorretto e, soprattutto, costituire fonte di risarcimento civile, purché in esso possa ravvisarsi un fatto ingiusto: nel caso esaminato da Cass. nr. 457/2021, la cRAGIONE_SOCIALEtta del magistrato che favorisca o danneggi un consulente appariva senza dubbio fatto illecito anche se non più qualificabile come reato. Nella specie, dopo la sopravvenuta eliminazione dalla cRAGIONE_SOCIALEtta dell’AVV_NOTAIO. COGNOME dell’illiceità penale, appare dubbia l’individuazione di un residuo fatto ingiusto rilevante ex art.2043 c.c., non potendo ritenersi che l’indebita realizzazione di interessi privati (elettoralistici) insieme a quelli pubblici costituisca, di per sé sola, un illecito civile» (pag. 8 della sentenza impugnata).
In secRAGIONE_SOCIALE luogo, la Corte d’appello in ordine alla «questione del danno» ha soggiunto che «il tema in esame non può trovare soluzione in astratto, attraverso la decisione sull’alternativa secca rilevanza/irrilevanza dell’ abolitio criminis sopravvenuta, ma soltanto in concreto, alla luce della prospettazione e prova di specifici danni ingiusti, che siano configurabili al di là della valutazione penale» (pag. 9 della sentenza impugnata).
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La Corte ha poi riassunto il contenuto delle deduzioni della RAGIONE_SOCIALE secRAGIONE_SOCIALE la quale « il danno patrimoniale sarebbe costituito dalla somma di € 189.700,00 pari al totale delle 68 elargizioni di cui al capo di imputazione 88E» mentre «il danno non patrimoniale (da quantificarsi in via equitativa ma comunque non inferiore ad € 70.000,00) deriverebbe dal fatto che ‘la cRAGIONE_SOCIALEtta illecita veniva posta in essere da chi rivestiva la carica di Presidente della RAGIONE_SOCIALE, ed anziché tutelare gli interessi dell’Ente rappresentato, approfittava di tale posizione di vertice e di potere per agire consapevolmente contro quegli interessi, sperperando denaro pubblico a fini palesemente extraistituzionali. Inoltre, detta cRAGIONE_SOCIALEtta illecita veniva posta in essere all’evidente fine di alterare, in favore suo e della sua parte politica, le regole di sana competizione democratica tra i partiti in vista delle imminenti elezioni regionali, arrecando per tale via un grave danno anche di immagine alla RAGIONE_SOCIALE Puglia, sia quale Ente destinatario di quelle elezioni, sia in vis ta di Ente rappresentativo dell’intero elettorato attivo pugliese (alle elezioni del 2005 votarono circa 2.500.000 persone). Si aggiunga il clamore mediatico che ne è conseguito e la particolare odiosità della cRAGIONE_SOCIALEtta, soprattutto in un notorio contesto di scarsità di risorse pubbliche che avrebbero dovuto imporre scelte diametralmente opposte a quelle poste in essere dal RAGIONE_SOCIALE ‘ » (pag. 9 della sentenza impugnata).
Tanto sintetizzato , la Corte d’appello «quanto al danno patrimoniale» ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE abbia desunto «automaticamente il pregiudizio per l’amministrazione dalla sussistenza del reato (che oggi sarebbe quanto meno dubbia) e, più in generale, dal carattere scorretto o interessato delle elargizioni ormai accertato dal giudice penale», aggiungendo che tale scorrettezza, tuttavia, non dimostra di per sé sola la causazione di un danno «perché occorrerebbe provare specificamente che le attività finanziate attraverso la cRAGIONE_SOCIALEtta dell’AVV_NOTAIOCOGNOME riguardassero, ad es., delle spese inutili o comunque non prioritarie rispetto a spese più urgenti, oppure non equilibrate quanto ai profili del rapporto costibenefici o qualità-prezzo o disponibilità di migliori soluzioni alternative, ecc.: nessuno di tali profili è stato allegato, o tanto meno dimostrato, dall’ente» (pag. 9-10 della sentenza impugnata).
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Quanto al «danno non patrimoniale» e «alla prospettata finalità del COGNOME di alterare, in favore suo e della sua parte politica, le regole della sana competizione democratica in vista delle imminenti elezioni regionali, arrecando per tale via un grave danno anche di immagine alla RAGIONE_SOCIALE sia quale Ente destinatario di quelle elezioni, sia quale Ente rappresentativo dell’intero elettorato attivo pugliese», la Corte barese ha richiamato le medesime considerazioni già espresse nella propria sentenza n. 661/2022, emessa in un altro giudizio di rinvio ex art.622 c.p.p. tra le stesse parti, anch’esso relativo ad azione di risarcimento danni da reato, secRAGIONE_SOCIALE cui : ‘La tipologia di danno, individuata dal Tribunale penale e confermata dalla sentenza di appello (pagg. 67-68), si riferiva dunque ad un danno effettivo (l’alterazione della campagna elettorale, e quindi dei suoi risultati, derivata dall’opaca sperequazione dei mezzi dei candidati), provocato se del caso anche all’immagine o al prestigio dell’ente, e non a una mera potenzialità lesiva. E tale è rimasta la natura del danno lamentato dalla RAGIONE_SOCIALE in sede di riassunzione ex art. 622 c.p.p. (…). Sotto tale profilo, tuttavia, non si può, però ignorare che manca la prova di tale danno effettivo perché, nonostante il finanziamento illecito di cui si è detto, le elezioni regionali del 2005 furono vinte dal candidato del centrosinistra, NOME COGNOME (detto COGNOME), il quale, facendo riferimento a un partito alquanto marginale ed estremo (RAGIONE_SOCIALE), attraverso il metodo innovativo e democratico delle primarie, si affermò nella propria coalizione e sconfessò un candidato certamente autorevole come COGNOME, già da 10 anni presidente della RAGIONE_SOCIALE, così rendendo evidente il fatto che la sperequazione di mezzi non abbia svolto alcun ruolo inquinante della competizione, e tanto meno del suo risultato elettorale’ .» (pag. 10 della sentenza impugnata).
Alla luce delle argomentazioni della sentenza impugnata sopra trascritte, il primo, il secRAGIONE_SOCIALE, il terzo e il quarto motivi di ricorso, che per motivi di evidente connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati nei limiti e in ragione delle seguenti considerazioni.
7.1. Anzitutto, la Corte d’appello nella fattispecie in esame non si è posta in linea con le regole che governano l’azione civile risarcitoria innestata in quella
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penale, per come enunciate da questa Corte, una volta che ‘gli effetti penali’ della pronuncia si siano definitivamente dissolti.
Al riguardo, va richiamato il principio già più volte affermato da questa Corte, secRAGIONE_SOCIALE cui le intervenute modifiche degli elementi costituivi del reato e la successiva intervenuta abolitio criminis del reato di abuso d’ufficio previsto dall’ art. 323 c.p. non comportano «il venir meno della natura di illecito civile del fatto medesimo, conseguendone che non deve essere revocata la sentenza relativamente alle statuizioni civili derivanti dal reato, le quali continuano a dar vita ad obbligazioni pienamente efficaci nei confronti della parte danneggiata; nè al giudice dell’esecuzione, chiamato a pronunziarsi sulla revoca della sentenza di condanna, per sopravvenuta ” abolitio criminis ” a norma dell’art. 673 cod. proc. pen. è consentito di ricostruire la vicenda per cui vi è stata condanna in termini diversi da quelli definiti con la sentenza irrevocabile, né di valutare i fatti in modo difforme da quanto ritenuto dal giudice della cognizione (Cass. penale 20 maggio 2002 n. 23243)» (v. Cass. Sez. 3, 27/07/1965 n. 1770; in senso conforme, Cass. Sez. 3, 19/02/1998 n. 1761).
Principio affermato, anche di recente, ove la sentenza di assoluzione “perché il fatto non costituisce più reato” pronunciata in appello a seguito dell’abrogazione della norma incriminatrice (nella specie, si trattava del’abrogazione del reato di ingiuria ai sensi del d.lgs. n.7 del 2016) non ha per effetto la completa eliminazione dell’illiceità del fatto, la quale va, pertanto, accertata dal giudice civile con pienezza di cognizione e sulla base di una adeguata valutazione, quantomeno indiziaria, delle acquisizioni fattuali e probatorie già compiute innanzi al giudice del dibattimento penale, onde evitare un’indebita dispersione delle stesse (in tal senso, Cass. Sez. 3, 12/12/2023 n. 34621; in senso conforme, da ultimo, riguardo al reato di falso in scrittura privata di cui all’art. 485 c.p., v. Cass. Sez. 3, 16/09/2025 n. 25387).
I principi richiamati sono tanto consolidati nella giurisprudenza di questa Corte che la Corte d’appello di Bari in sede di esecuzione penale con ordinanza n. 253 del 2023 (prodotta dallo stesso controricorrente in allegato alla memoria) ha revocato la sentenza di non doversi procedere nei suoi confronti per il reato
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ex art. 323 c.p. di cui al capo 88E perché estinto per prescrizione, assolvendolo ‘ perché il fatto non è più previsto come reato ‘, ma tenendo ferme le statuizioni civili; nello specifico , il Giudice dell’esecuzione penale, pronunciando l’assoluzione perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato , ha contemporaneamente rigettato la richiesta di revoca delle statuizioni civili correlate alla commissione del delitto di cui al capo 88E della rubrica e affermato testualmente che «se vi è stata costituzione di parte civile, con conseguente condanna al risarcimento dei danni a carico dell’imputato o del responsabile civile, questa statuizione resta ferma. Infatti, se l’art. 2 codice penale disciplina espressamente la sola cessazione dell’esecuzione e degli effetti penali della condanna, ne deriva, attraverso un’argomentazione a contrario, che le obbligazioni civili derivanti dal reato abrogato non cessano, in quanto per il diritto del danneggiato al risarcimento dei danni trovano applicazione i principi generali sulla successione delle leggi stabiliti dall’articolo 11 delle preleggi, piuttosto che quelli contenuti nel citato art. 2 cod. pen.» (cfr. pag. 9 della ordinanza n. 253 del 2023).
Come veduto, quindi, sebbene la Corte barese con la sentenza impugnata abbia dapprima correttamente richiamato il dettato di cui all’art. 2, comma 2, c.p. (che nel disciplinare le conseguenze della abolitio criminis prevede che con l’entrata in vigore della nuova norma, cessino la esecuzione e gli ‘ effetti penali ‘ della condanna, con la conseguente non modificabilità delle pronunzie di carattere civile secRAGIONE_SOCIALE il principio di cui all’art. 11 disp. gen., che esclude la retroattività della legge, salvi i casi espressamente previsti), tuttavia, poi, ha erroneamente escluso la rilevanza sul piano civile della cRAGIONE_SOCIALEtta contestata all’odierno controricorrente , ritenendo con un ‘ asserzione meramente tautologica che appare «dubbia l’individuazione di un residuo fatto ingiusto rilevante ex art.2043 c.c., non potendo ritenersi che l’indebita realizzazione di interessi privati (elettoralistici) insieme a quelli pubblici costituisca, di per sé sola, un illecito civile».
Con tale asserzione la Corte d’appello barese non si è posta in linea con l’indirizzo di legittimità, che pure ha soltanto formalmente richiamato,
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mostrando di non tenere conto della circostanza che qualora il giudice penale, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, pronunci condanna generica dell’imputato al risarcimento del danno in favore della parte civile, a tale statuizione deve riconoscersi efficacia vincolante, in ordine all’affermata responsabilità del danneggiante, nel successivo giudizio civile risarcitorio, che resta l’unico deputato all’accertamento dell’esistenza ed entità in concreto di un pregiudizio risarcibile ex art. 1223 c.c., e ciò, a maggior ragione, ove sopravvenga come, nel caso di specie, l’ abolitio criminis (Cass. Sez. 3, 18/10/2024 n. 27055).
In proposito, il Collegio intende dare continuità all’indirizzo espresso da questa Corte con riferimento alla fattispecie di estinzione del reato per prescrizione, dichiarata nella fattispecie in sede di appello, con conferma della condanna generica al risarcimento del danno in favore della parte civile. Ebbene qualora, in sede penale, sia stata pronunciata in primo o in secRAGIONE_SOCIALE grado la condanna, anche generica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, e la Corte di cassazione, nell’annullare senza rinvio la pronuncia per essere il reato estinto per prescrizione, tenga “ferme le statuizioni civili, attesa la sentenza di condanna in primo grado e l’assenza di impugnazione sul punto”, una tale decisione dà luogo alla formazione del giudicato sulla statuizione resa dal giudice penale, a norma dell’art. 578 c.p.p., sulla domanda civile portata nella sede penale, come tale vincolante in ogni altro giudizio tra le stesse parti in cui si verta sulle conseguenze, anche diverse dalle restituzioni o dal risarcimento, derivanti dal fatto (Cass. Sez. 2, 15/06/2020 n. 11467; Cass. Sez. 3, 18/10/2024 n. 27055).
Alla stessa stregua, la sentenza del giudice penale che nel dichiarare estinto per amnistia il reato abbia altresì pronunciato condanna definitiva dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine all’affermata responsabilità dell’imputato che, pur prosciolto dal reato, non può più contestare in sede civile i presupposti per l’affermazione della sua responsabilità, quali, in particolare, l’accertamento
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della sussistenza del fatto reato e l’insussistenza di esimenti ad esso riferibili, nonché la declaratoria iuris di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, ma può contestare soltanto l’esistenza e l’entità in concreto di un pregiudizio risarcibile (Cass. Sez. 3, 29/01/2013 n. 2083).
Il richiamato indirizzo va applicato anche al caso di specie, atteso che nel giudizio in esame la seconda sentenza rescindente di questa Corte in sede penale ha accolto il motivo di ricorso della costituita parte civile RAGIONE_SOCIALE Puglia (con cui aveva dedotto l’ illegittim ità della pronuncia della Corte d’appello che , in sede di rinvio, aveva eliminato le statuizioni civili che, invece, erano state riconosciute dalla precedente decisione della Corte di appello, annullata una prima volta, ma non sotto tale profilo in relazione al quale neppure l’imputato aveva presentato gravame), annullando la sentenza impugnata «limitatamente alle statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello». La stessa sentenza affermò in particolare che «(Se, infatti, è ben vero che la sentenza di assoluzione del COGNOME in primo grado era stata impugnata dal solo Pubblico Ministero, è altrettanto vero che vige il principio secRAGIONE_SOCIALE il quale «Il giudice di appello che, a seguito dell’impugnazione del solo pubblico ministero, condanni l’imputato assolto nel giudizio di primo grado, deve provvedere anche sulla domanda della parte civile che non abbia impugnato la decisione assolutoria» ( ex ceteris : Sez. 3, n. 15902 del 03/03/2016, T., Rv. 266637; Sez. 5, n. 20343 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 264076 e numerose altre in senso conforme a Sez. U, n. 30327 del 10/07/2002, COGNOME, Rv. 222001). Del resto, la parte civile RAGIONE_SOCIALE Puglia è stata presente in tutti i gradi del giudizio qui in esame» (così, Cass. pen. 27843/2019).
Pertanto, nella fattispecie in esame, resta confermata la declaratoria iuris di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, di tal che la parte, odierna controricorrente, può contestare soltanto l’esistenza e l’entità in concreto di un pregiudizio risarcibile.
Alla luce dell’orientamento richiamato , correttamente la RAGIONE_SOCIALE ricorrente ha lamentato la violazione di legge degli artt. 11 disp. prel. c.c., 2 c.p. nonché degli artt. 2043 c.c. e 185 c.p. e in relazione a tale doglianza, il Collegio non
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condivide quanto argomentato dal AVV_NOTAIO Generale in ordine al fatto ‘che non basti certo un mero accertamento incidentale con successiva declaratoria di prescrizione del reato ‘ (cfr. pag. 3 delle note) posto che, nonostante la declaratoria di non doversi procedere per sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione, il giudice (penale o civile, cui è rinviato il giudizio ai sensi dell’ art. 622 c.p.p.) è tenuto a svolgere, sia pure in via incidentale e al fine di provvedere sul gravame proposto dalla parte civile ai soli effetti della domanda risarcitoria o restitutoria, un nuovo accertamento in merito all’illecito civile che dovrà essere contenuto entro i canoni sostanziali e processuali della responsabilità aquiliana, in considerazione del fatto che l’impugnazione della parte civile, avente ad oggetto il proscioglimento dell’imputato , di regola, non ha ad oggetto alcuna condanna agli effetti civili (vedi in proposito, Cass. Sez. U pen., 4/06/2021 n. 22065, COGNOME, con specifico riguardo alla impugnazione della parte civile ai sensi dell’ art. 576 c.p.p.; cfr. inoltre, Corte Cost. n. 182 del 2021, con cui è stata pronunciata sentenza interpretativa di rigetto sulla questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione all’art. 578 c.p.p. e, infine, Corte cost. n. 173 del 2022 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 538 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131bis c.p., decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile, a norma degli artt. 74 e seguenti c.p.p.).
Sono, viceversa, del tutto condivisibili le affermazioni del AVV_NOTAIO Generale in ordine a quanto, ormai da tempo, affermato da questa Corte e cioè che il giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. rimette l’intero giudizio relativo alle statuizioni civili al competente giudice civile e cioè ‘nella sua sede propria’ e ciò in ragione della separazione del rapporto penale da quello civile e dell’autonomia di questo rispetto a quello svoltosi in sede penale (Cass. Sez. 3, 12/04/2017 n. 9358, Cass. Sez. 3, 12/06/2019 n. 15859, Cass. Sez. 3, 15/01/2020 n. 517, Cass. Sez. 3, 3/02/2023 n. 3368, Cass. Sez. 3, 8/07/2024 n. 18502).
Vale aggiungere, per completezza, al riguardo, che la natura autonoma del giudizio civile comporta conseguenze anche con riferimento all’individuazione
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delle regole processuali applicabili in tema di nesso causale e di prove, in ragione della diversa funzione della responsabilità civile e della responsabilità penale e dei diversi valori in gioco dei due sistemi di responsabilità. Il giudizio penale, difatti, mette al centro dell’osservazione la figura dell’imputato e il suo status libertatis , quello civile provilegia quella del danneggiato e le sue posizioni soggettive giuridicamente protette. Ne consegue, in particolare, che, la valutazione del nesso causale si differenzia quanto al regime probatorio applicabile in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi, vigendo, nell’accertamento del nesso causale in materia civile, la regola della «preponderanza dell’evidenza», nella sua duplice accezione «del più probabile che non» e «della probabilità prevalente» (Cass. 25886/2022), mentre nel processo penale vige la regola della prova «oltre il ragionevole dubbio»; pure le questioni attinenti al diritto di difesa delle parti possono essere risolte alla luce dei principi che governano l’istruzione probatoria nel processo civile e, cioè, il principio di disponibilità delle prove (art. 115 cod. proc. civ.) e quello del libero convincimento (art. 116 cod. proc. civ.) che giustificano il potere del giudice civile di apprezzare le prove, anche cd. atipiche, ovvero tutti quegli strumenti probatori che, seppure non tipizzati nell’elencazione codicistica, siano astrattamente idonei a concorrere all’accertamento dei fatti di causa. Va, infine, rimarcato che il mutamento delle regole probatorie a seguito dell’annullamento ex art. 622 c.p.c. non pone problemi sotto il profilo delle esigenze difensive delle parti, danneggiato e danneggiante, che fino a quel momento hanno scelto e commisurato la loro attività difensiva secRAGIONE_SOCIALE regole probatorie diverse; difatti, la giurisprudenza civile di legittimità riconosce al giudice civile, adito per il risarcimento del danno, la facoltà dell’autonomo riesame dei fatti emersi nel procedimento penale, pur conclusosi con sentenza assolutoria (cfr. di recente, Cass. Sez. 3, 13/03/2025 n. 6644).
7.2. Sussiste altresì il denunciato vizio di violazione degli artt. 1226, 2043 e 2056 c.c. e, in proposito, il Collegio condivide quanto sostenuto dal AVV_NOTAIO Generale nelle note.
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Invero, la Corte d’appello ha escluso la risarcibilità del danno patrimoniale per difetto di «prospettazione e prova di specifici danni ingiusti, che siano configurabili al di là della valutazione penale», nonostante aver dato conto del fatto che il danno patrimoniale fosse « costituito dalla somma di € 189.700,00 pari al totale delle 68 elargizioni di cui al capo di imputazione 88E» e dal «carattere scorretto e interessato delle elargizioni ormai accertato dal giudice penale»; nello specifico, affermando che tale scorrettezza «non dimostra di per sé sola la causazione di un danno, perché occorrerebbe provare specificamente che le attività finanziate attraverso la cRAGIONE_SOCIALEtta dell’AVV_NOTAIO COGNOME riguardassero, ad es., delle spese inutili o comunque non prioritarie rispetto a spese più urgenti, oppure non equilibrate quanto ai profili del rapporto costi-benefici o qualitàprezzo o disponibilità di migliori soluzioni alternative, ecc.: nessuno di tali profili è stato allegato, o tanto meno dimostrato, dall’ente» (pag. 10 della sentenza impugnata), la Corte pugliese ha del tutto obliterato il carattere illecito della cRAGIONE_SOCIALEtta costituita dallo sviamento parziale dalla destinazione solo pubblica delle dotazioni del ‘FRAGIONE_SOCIALE di rappresentanza’ (di cui era dotato il Presidente della RAGIONE_SOCIALE) che produce un danno ingiusto; danno che, una volta accertato, non può essere escluso.
Inoltre, pur sussistendo dunque un problema di quantificazione del danno, l a Corte d’appello , nel caso in esame, non si è confrontata con la possibilità di procedere ad una liquidazione equitativa, a fronte di un accertato uso parzialmente indebito dell’importo di € 189.700,00 ; al riguardo, come più volte affermato da questa Corte, qualora esistano degli elementi di prova del danno che, tuttavia non possa essere provato nel suo preciso ammontare ovvero quando la determinazione di esso, in relazione alle peculiarità del caso concreto, si presenti particolarmente difficoltosa, il giudice è tenuto ad effettuarne la valutazione equitativa, alla stregua degli artt. 2056 e 1226 c.c. (Cass. Sez. 2, 17/05/2000 n. 6414; in senso conforme, Cass. Sez. 3, 04/04/2019 n. 9339).
7.3. Infine, del tutto condivisibile quanto affermato dal AVV_NOTAIO generale in ordine al fatto che del tutto apparente risulta la motivazione della Corte territoriale nella parte in cui ha escluso il risarcimento del danno non
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patrimoniale, rinviando per relationem alle argomentazioni tratte da una sentenza emessa dalla stessa Corte d’appello in altra causa fra le stesse parti, nella quale tale danno fu escluso per mancanza di prova del danno effettivo in quanto «nonostante il finanziamento illecito di cui si è detto, le elezioni regionali del 2005 furono vinte dal candidato del centrosinistra, (…) , il quale, facendo riferimento a un partito alquanto marginale ed estremo ( … ), attraverso il metodo innovativo e democratico delle primarie, si affermò nella propria coalizione e sconfessò un candidato certamente autorevole come (…) , già da 10 anni presidente della RAGIONE_SOCIALE, così rendendo evidente il fatto che la sperequazione di mezzi non abbia svolto alcun ruolo inquinante della competizione, e tanto meno del suo risultato elettorale».
L’ apparenza del rinvio a questa motivazione è evidente, non si comprende quale incidenza decisiva abbia l’esito elettorale rispetto al danno da immagine e alla reputazione che subisce un ente regionale a fronte della cRAGIONE_SOCIALEtta del suo presidente che utilizzi indebitamente, per scopi anche elettorali, le dotazioni del ‘ F RAGIONE_SOCIALE di rappresentanza’ a lui dedicato.
Gli argomenti usati per relationem dai giudici del rinvio per rigettare la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, in questa ottica, appaiono avulsi dalla stessa causa petendi rappresentata, appunto, dalla dedotta lesione dell’immagine e della reputazione dell’ente regionale e l ‘esito elettorale è un fatto del tutto estraneo a tale causa petendi . Effettivamente, l’eccentricità degli argomenti spesi dà vita invero ad una sostanziale apparenza della motivazione che sussiste soltanto solo formalmente, mancandone la sostanza.
In particolare le argomentazioni rese per relationem ad altra pronuncia della stessa Corte d’appello si rivelano apparenti, obiettivamente assertive e non rispettose del c.d. ‘minimo costituzionale’; in proposito, è stato già ripetutamente affermato da questa Corte che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di
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motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione’ (cfr. Cass. Sez. U, 7/04/2014 n. 8053 e, più di recente, Cass. Sez. 3, 14/11/2019, n. 29495; Cass. Sez. 1, 30/06/2020, n. 13248; Cass. Sez. 3, 15/02/2024 n. 4166).
Il ricorso va accolto quanto ai motivi primo, secRAGIONE_SOCIALE, terzo e quarto, assorbito il quinto.
La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte d’appello di Bari , che in diversa composizione, procederà al rinnovato scrutinio attenendosi ai principi sopra ricordati e provvederà sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Per questi motivi
La Corte accoglie il ricorso quanto ai motivi primo, secRAGIONE_SOCIALE, terzo e quarto, assorbito il quinto. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa a diversa Sezione della Corte d’appello di Bari che , comunque, in diversa composizione personale, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 24 giugno 2025.
La Consigliera est. NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME