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Abolitio criminis: illecito civile e risarcimento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27756/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di risarcimento del danno. Anche quando un reato viene cancellato dalla legge (abolitio criminis), l’obbligazione di risarcire il danno non viene meno se la condotta costituisce un illecito civile. Nel caso di specie, un ex presidente di Regione, pur non più perseguibile penalmente per abuso d’ufficio a seguito di una modifica normativa, è stato ritenuto civilmente responsabile per aver utilizzato fondi pubblici per scopi elettorali privati. La Corte ha chiarito che una precedente condanna generica al risarcimento, emessa in sede penale, mantiene la sua efficacia vincolante sulla responsabilità, lasciando al giudice civile solo il compito di quantificare il danno.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Abolitio Criminis e Risarcimento: Quando il Danno Civile Sopravvive al Reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 27756/2025 affronta una questione di grande rilevanza: quali sono le sorti di una richiesta di risarcimento danni quando il reato da cui origina viene cancellato per abolitio criminis? La Corte ha stabilito un principio di fondamentale importanza, confermando la piena autonomia tra il giudizio penale e quello civile e garantendo tutela alla parte danneggiata anche a fronte di modifiche legislative favorevoli al reo. Questo pronunciamento chiarisce che la decriminalizzazione di una condotta non estingue automaticamente l’obbligazione civile se il fatto, in sé, costituisce un illecito secondo le norme civilistiche.

I Fatti: Una Lunga e Complessa Vicenda Processuale

Il caso trae origine da una complessa vicenda giudiziaria che ha coinvolto un ex Presidente di una Regione italiana. L’accusa iniziale, in sede penale, era di peculato per aver utilizzato fondi pubblici, destinati a spese di rappresentanza, per finanziare attività legate alla propria campagna elettorale, realizzando così interessi privati anziché pubblici.

Il percorso processuale è stato tortuoso:
1. In primo grado, il Tribunale penale aveva assolto l’imputato.
2. La Corte d’Appello penale aveva riqualificato il fatto come abuso d’ufficio, dichiarando il reato estinto per prescrizione ma condannando l’imputato a un risarcimento generico del danno in favore della Regione.
3. A seguito di vari ricorsi e rinvii, la questione è approdata al giudice civile per la quantificazione del danno.
4. Nel frattempo, una modifica legislativa (la legge n. 120 del 2020) ha ristretto l’ambito di applicazione del reato di abuso d’ufficio, determinando una abolitio criminis per la condotta specifica contestata.
5. La Corte d’Appello civile, chiamata a decidere sul risarcimento, ha rigettato la domanda della Regione, ritenendo che, venuta meno la rilevanza penale del fatto, non sussistesse più un “fatto ingiusto” risarcibile civilmente e che, in ogni caso, il danno non fosse stato provato.

È contro quest’ultima decisione che la Regione ha proposto ricorso in Cassazione.

L’impatto dell’Abolitio Criminis sul Giudizio Civile

Il nucleo della decisione della Cassazione risiede nella netta separazione tra gli effetti penali e quelli civili di una condotta illecita. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’abolitio criminis, ai sensi dell’art. 2 del codice penale, comporta la cessazione dell’esecuzione della pena e degli effetti penali della condanna, ma non incide sugli altri effetti.

Le obbligazioni civili derivanti dal reato abrogato non cessano, poiché esse sono regolate dai principi generali sulla successione delle leggi nel tempo (art. 11 delle preleggi), che non prevedono retroattività. In altre parole, un comportamento che al momento della sua commissione era illecito rimane tale ai fini civili, anche se una legge successiva lo decriminalizza.

Il Valore Vincolante della Condanna Generica

Un punto cruciale è il valore della condanna generica al risarcimento del danno pronunciata in sede penale. La Cassazione ha affermato che tale statuizione, una volta passata in giudicato, ha un’efficacia vincolante nel successivo giudizio civile. Questo significa che la responsabilità del danneggiante (an debeatur) è stata accertata in modo definitivo. Al giudice civile spetta unicamente il compito di determinare l’esistenza concreta e l’ammontare del danno (quantum debeatur), ma non può più rimettere in discussione la responsabilità dell’autore del fatto.

La Prova del Danno Patrimoniale e Non Patrimoniale

La Suprema Corte ha censurato la decisione della Corte d’Appello anche per quanto riguarda la valutazione del danno.

Danno Patrimoniale

La Corte d’Appello aveva escluso il danno patrimoniale sostenendo che la Regione non avesse provato che le spese finanziate fossero inutili o non prioritarie. La Cassazione ha ritenuto questo ragionamento errato, affermando che lo sviamento di fondi pubblici dalla loro destinazione istituzionale per perseguire interessi privati costituisce di per sé un danno ingiusto. L’ente pubblico subisce un pregiudizio per il solo fatto che risorse pubbliche siano state utilizzate per fini diversi da quelli previsti. Di fronte a un accertato uso indebito di una somma, il giudice ha il dovere di quantificare il danno, ricorrendo anche a una valutazione equitativa (art. 1226 e 2056 c.c.) se la prova del suo preciso ammontare risulta difficile, ma non può negarne l’esistenza.

Danno Non Patrimoniale

Per quanto riguarda il danno all’immagine e alla reputazione dell’ente, la Corte d’Appello aveva rigettato la domanda facendo riferimento a un’altra sentenza in cui si negava il danno perché le elezioni erano state comunque vinte da un altro candidato. La Cassazione ha definito questa motivazione “apparente”, in quanto l’esito elettorale è un fatto del tutto estraneo e irrilevante rispetto alla lesione della reputazione che un ente pubblico subisce a causa della condotta illecita del suo massimo rappresentante. Utilizzare fondi pubblici per scopi elettorali personali lede l’immagine di imparzialità e correttezza dell’istituzione, a prescindere da chi vinca le elezioni.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta autonomia tra ordinamento penale e civile. La abolitio criminis opera esclusivamente sul piano penale, lasciando intatte le conseguenze civili dell’illecito. La responsabilità civile, basata sull’art. 2043 c.c., richiede un “fatto ingiusto” che cagioni un danno, e un fatto può essere considerato ingiusto anche se non costituisce reato. La condanna generica ottenuta in sede penale cristallizza l’accertamento della responsabilità, vincolando il giudice civile. Inoltre, la motivazione del giudice di merito deve essere logica e pertinente alla causa petendi, senza fare ricorso ad argomenti estranei o palesemente incongruenti, come l’esito di una competizione elettorale per valutare un danno all’immagine istituzionale.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza la tutela delle parti danneggiate da condotte illecite, anche quando queste, per vicende legislative, perdono la loro rilevanza penale. Le conclusioni principali sono:
1. L’abolitio criminis non cancella l’illecito civile.
2. La condanna generica al risarcimento pronunciata in sede penale forma un giudicato sulla responsabilità che vincola il giudice civile.
3. Lo sviamento di fondi pubblici per fini privati è di per sé un danno patrimoniale per l’ente, che deve essere quantificato dal giudice, anche in via equitativa.
4. Il danno all’immagine di un ente pubblico non può essere escluso sulla base di argomenti illogici ed estranei alla lesione della reputazione, come il risultato di un’elezione.

Se un reato viene cancellato dalla legge (abolitio criminis), il danneggiato perde il diritto al risarcimento?
No, la cancellazione del reato non estingue automaticamente l’obbligazione civile. Il giudice civile deve valutare se il fatto, pur non essendo più reato, costituisca un illecito civile ai sensi dell’art. 2043 del codice civile.

Una condanna generica al risarcimento emessa in sede penale ha ancora valore se il reato viene poi dichiarato prescritto o cancellato?
Sì. Secondo la Corte, tale sentenza stabilisce in modo definitivo (giudicato) la responsabilità dell’imputato. Il successivo giudizio civile riguarderà solo la quantificazione (il quantum) del danno, ma non più l’esistenza della responsabilità (l’an).

L’uso di fondi pubblici per scopi privati costituisce sempre un danno patrimoniale per l’ente pubblico?
Sì. La Corte ha chiarito che lo sviamento di fondi dalla loro destinazione pubblica per perseguire interessi privati produce un danno ingiusto. Il giudice deve procedere alla sua quantificazione, anche in via equitativa se la prova del preciso ammontare è difficile, ma non può escluderlo a priori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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