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Giurisprudenza Penale

Bis in idem cautelare: quando è legittima una nuova misura

La Cass. Pen., Sez. 6, n. 52113/2019, analizza il principio del bis in idem cautelare. La Corte rigetta il ricorso contro una custodia cautelare, stabilendo che non c’è preclusione se la prima decisione non è definitiva. Si chiarisce anche la competenza territoriale per i reati associativi legati alla ‘ndrangheta.

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Pericolo di reiterazione: la Cassazione annulla misura

Con la sentenza n. 52114/2019, la Corte di Cassazione, Sez. 6 Penale, ha annullato con rinvio un’ordinanza di arresti domiciliari. La Corte ha ritenuto contraddittoria la motivazione sul pericolo di reiterazione criminosa. Sebbene vi fossero gravi indizi di partecipazione a un’associazione a delinquere, il rischio di recidiva non può basarsi su una generica ‘riorganizzazione’ dell’attività, ma deve fondarsi su elementi concreti e attuali, specie se i vertici del gruppo criminale sono stati arrestati.

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Concordato in appello e pena illegale: la Cassazione

La Cass. Pen., Sez. 6, n. 52110/2019, stabilisce che la sopravvenuta illegalità della pena, a seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale, travolge l’intero accordo basato sul concordato in appello. La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ritenendo l’accordo sulla pena inscindibile dalla rinuncia ai motivi di appello, e ha rinviato gli atti alla Corte d’Appello per una nuova valutazione alla luce dei nuovi e più favorevoli parametri edittali.

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Ingiusta Detenzione: quando la colpa grave la esclude

Con la sentenza n. 52104/2019, la Cassazione Penale, Sez. 4, ha stabilito che la riparazione per ingiusta detenzione non è dovuta se l’interessato ha contribuito con ‘colpa grave’ a creare una situazione di apparente colpevolezza. Nel caso specifico, un uomo, assolto per furto per insufficienza di prove, si è visto negare l’indennizzo perché non aveva giustificato il possesso di utenze telefoniche, usate da coimputati, attive vicino al luogo del reato, un comportamento che ha contribuito a fondare i gravi indizi di colpevolezza che hanno portato alla sua carcerazione.

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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 52111/2019, chiarisce i limiti di impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. In questo caso, il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile perché basato su motivi non consentiti dalla legge, come la contestazione sulla durata della pena accessoria (fissata per legge a 5 anni e non parametrata alla pena principale) e sulla valutazione del merito del fatto. La Corte sottolinea che il ricorso patteggiamento è limitato a vizi specifici, escludendo censure sulla motivazione.

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Ricorso in Cassazione inammissibile: i limiti del giudizio

Con la sentenza n. 52146/2019, la Corte di Cassazione Penale, Sez. II, ha dichiarato un ricorso in Cassazione inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: la Suprema Corte non può riesaminare i fatti o le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità). Il caso riguardava una condanna per rapina, ma i motivi del ricorso miravano a una ‘rilettura’ delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte ha inoltre confermato che la valutazione della pena è una prerogativa del giudice di merito.

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Ricorso Inammissibile: motivi non specifici e generici

La Corte di Cassazione, con la sentenza Penale, Sez. II, n. 52147 del 12/07/2019, dichiara inammissibile il ricorso di un amministratore di condominio condannato per appropriazione indebita. La Corte sottolinea che il ricorso è inammissibile quando i motivi sono generici e non si confrontano specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, limitandosi a riproporre tesi difensive già respinte per mancanza di prove. Questo caso evidenzia la differenza tra un riesame del merito, non consentito in Cassazione, e la denuncia di vizi specifici della decisione.

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Impugnazione parte civile: quando è inammissibile

La sentenza Cass. Pen., Sez. II, n. 52145/2019 analizza un caso di impugnazione parte civile avverso una sentenza di assoluzione per il reato di truffa. Un soggetto era stato assolto in appello dall’accusa di aver venduto un veicolo con fermo amministrativo. La Corte di Cassazione, pur riconoscendo l’interesse della parte civile ad impugnare per evitare un nuovo giudizio civile, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione risiede nel fatto che le censure sollevate miravano a una rilettura dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità, e non a evidenziare un vizio di motivazione logico-giuridico.

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Attualità esigenze cautelari: la Cassazione decide

Con la sentenza n. 52142/2019, la Corte di Cassazione, Sez. 4 Penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro la custodia cautelare in carcere. L’indagato, accusato di essere a capo di un’associazione a delinquere dedita a furti a sportelli ATM, sosteneva la mancanza del requisito dell’attualità delle esigenze cautelari, dato il tempo trascorso dall’ultimo reato. La Corte ha stabilito che il mero lasso temporale non è sufficiente a escludere il pericolo di recidiva se altri elementi, come la profonda radicalizzazione criminale e la disponibilità a commettere nuovi illeciti, dimostrano che il pericolo è ancora concreto e attuale.

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Permesso premio ostativo: la Cassazione decide

Con la sentenza n. 52139 del 11/12/2019, la Cassazione Penale, Sez. 1, ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che negava un permesso premio a un detenuto in regime ostativo per mancata collaborazione. Applicando la storica sentenza della Corte Costituzionale n. 253/2019, la Corte ha affermato che la presunzione assoluta di pericolosità per il non collaborante è incostituzionale. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione sulla sussistenza di legami con la criminalità, aprendo la via al beneficio anche senza collaborazione, in un’ottica di valorizzazione del percorso rieducativo. La decisione è cruciale per il tema del permesso premio ostativo.

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Recidiva: la Cassazione annulla condanna per spaccio

Con la sentenza Penale, Sez. 4, n. 52140 del 2019, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della recidiva. Un individuo, condannato in primo e secondo grado per spaccio di eroina, ha fatto ricorso in Cassazione lamentando, tra l’altro, l’errata applicazione dell’aggravante della recidiva. La Suprema Corte, pur confermando la responsabilità penale per il reato di spaccio, ha annullato la sentenza d’appello limitatamente al punto sulla recidiva. La motivazione centrale è che l’applicazione della recidiva non può essere un automatismo basato solo sui precedenti penali, ma richiede una valutazione concreta e motivata da parte del giudice sulla maggiore colpevolezza e pericolosità sociale dell’imputato, che nel caso di specie era mancata.

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Custodia cautelare: quando è legittima in carcere

Con la sentenza n. 52141/2019, la Cassazione Penale, Sez. 4, ha stabilito che la custodia cautelare in carcere è legittima anche per un giovane incensurato se il rischio di reiterazione del reato è concreto e attuale, come dimostrato da ripetute evasioni e furti. La Corte ha chiarito che il limite di pena per l’applicazione della misura si calcola sul cumulo dei reati contestati e ha distinto nettamente la finalità della custodia cautelare da quella della sospensione dell’esecuzione della pena, rigettando la questione di legittimità costituzionale.

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Competenza giudice esecuzione: il momento decisivo

Con la sentenza Cass. Pen., Sez. 1, n. 52135 del 22/11/2019, la Corte di Cassazione risolve un conflitto tra corti stabilendo un principio cruciale sulla competenza del giudice dell’esecuzione. La Corte afferma che la competenza a decidere su un’istanza di reato continuato si radica al momento del deposito della domanda, in base a quale giudice ha emesso l’ultima sentenza divenuta irrevocabile a quella data, secondo il principio di ‘perpetuatio jurisdictionis’, rendendo irrilevanti i mutamenti successivi.

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Competenza magistrato militare: la Cassazione decide

Con la sentenza Penale, Sez. 1, Num. 52136 del 22/11/2019, la Corte di Cassazione ha risolto un conflitto di competenza tra il Tribunale di Trento e quello di Verona. Il caso riguardava un procedimento penale in cui la persona offesa era un magistrato militare. La Suprema Corte ha stabilito che la norma sulla competenza magistrato militare non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 11 c.p.p. Tale articolo, che prevede lo spostamento del processo in un altro distretto per garantire l’imparzialità, si applica solo ai magistrati ordinari. La Corte ha chiarito che l’ordinamento militare e quello ordinario sono distinti e autonomi, pertanto non sussiste il rischio di parzialità che la norma intende prevenire. Di conseguenza, è stata dichiarata la competenza del Tribunale di Verona.

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Competenza giudice penale: Cassazione chiarisce

La sentenza Penale, Sez. 1, n. 52138 del 2019 della Corte di Cassazione risolve un conflitto di competenza tra il Tribunale e il Giudice di Pace di Udine. Il caso riguarda la corretta procedura da seguire quando un illecito amministrativo (violazione del Codice della Strada) è connesso a un reato. La Corte stabilisce che la competenza del giudice penale si estende anche all’illecito amministrativo per connessione oggettiva, ai sensi dell’art. 24 della L. 689/1981. Di conseguenza, il Giudice di Pace, una volta rilevata la connessione, deve limitarsi a trasmettere gli atti al giudice penale, senza dover preventivamente annullare l’ordinanza ingiunzione già emessa. La competenza del giudice penale diventa esclusiva e la sua decisione prevale sull’atto amministrativo.

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Infortunio sul lavoro e obbligo di fornire adeguata formazione

L’obbligo di fornire adeguata formazione ai lavoratori è uno dei principali gravanti sul datore di lavoro, ed in generale sui soggetti preposti alla sicurezza del lavoro. Il datore di lavoro risponde dell’infortunio occorso al lavoratore, in caso di violazione degli obblighi, di portata generale, relativi alla valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali siano chiamati ad operare i dipendenti, e della formazione dei lavoratori in ordine ai rischi connessi alle mansioni, anche in correlazione al luogo in cui devono essere svolte. Ove egli non adempia a tale fondamentale obbligo, sarà chiamato a rispondere dell’infortunio occorso al lavoratore, laddove l’omessa formazione possa dirsi causalmente legata alla verificazione dell’evento, ovvero laddove sia accertato che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto.

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Conflitto d’interessi nella società a responsabilità limitata

Responsabilità 231, è fondamentale che le società si dotino preventivamente di adeguate previsioni nel modello organizzativo per gestire queste situazioni, al fine di garantire una efficace tutela degli interessi dell’ente nel procedimento penale.

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Confisca per equivalente nei confronti del legale rappresentante

Se è indubbio che la confisca possa essere disposta anche nei confronti di un soggetto che non ha conseguito alcun profitto e che, perciò, possa portare a un depauperamento netto del patrimonio di tale soggetto, nondimeno la stessa è pacificamente subordinata all’impossibilità di operare una confisca diretta nei confronti della società.

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Accesso non autorizzato ad un sistema informatico aziendale

Viola le direttive del datore di lavoro il dipendente che, pur in posizione gerarchicamente sovraordinata rispetto al titolare delle credenziali di accesso ad un sistema informatico aziendale, se le faccia rivelare per farvi ingresso senza averne specifica autorizzazione.

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Deleghe e responsabilità del consiglio di amministrazione

Nelle società di capitali, gli obblighi a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia. Il consiglio di amministrazione, stanti, nel caso di delega gestoria, il dovere di vigilanza sull’andamento della gestione e il potere sostitutivo finalizzato all’esercizio della facoltà d’intervento in funzione sostitutiva, e, nel caso di delega di funzioni, il dovere di vigilanza, è gravato dall’obbligo inerente la gestione del rischio essendo il titolare del fascio di poteri in grado di incidere su esso perché su esso influente tramite l’adottata politica aziendale.

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