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Concordato fallimentare, voto

Sono escluse dal voto sulla proposta di concordato fallimentare e dal calcolo delle maggioranze le società che controllano la società proponente o sono da essa controllate o sono sottoposte a comune controllo. 177, comma quarto, prevede espressamente, per il concordato preventivo, l’esclusione dal voto delle società correlate alla società fallita).

Sono escluse dal voto sulla proposta di concordato fallimentare e dal calcolo delle maggioranze le società che controllano la società proponente o sono da essa controllate o sono sottoposte a comune controllo.

 

L’art. 127 L.F. sesto comma, nel disciplinare il voto nel concordato, prevede, in particolare, al quinto comma, che i creditori che siano coniuge o parenti o affini entro il quarto grado del debitore, nonché i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento, sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze.

Al comma successivo – il sesto, appunto, aggiunge: La stessa disciplina si applica ai crediti delle società controllanti o controllate o sottoposte a comune controllo.

Deve ritenersi preferibile una interpretazione estensiva della regola di cui al sesto comma, che ne consenta l’applicazione non soltanto alle ipotesi di conflitto di interessi menzionate al comma precedente, ma anche a tutte le ipotesi di esclusione dal voto per conflitto di interessi.

Una tale interpretazione, invero, non solo non trova ostacoli nel testo normativo, che colloca la regola in un comma a sé stante e dunque non la collega espressamente alle sole fattispecie di cui al comma precedente, ma è raccomandata da persuasive ragioni di carattere logico-sistematico.

L’estensione dell’esclusione dal voto alle società correlate, infatti, si giustifica per la considerazione che la loro volontà (voto) è efficacemente condizionata o condizionabile dai soggetti che direttamente versano in situazione di conflitto, e non vi è alcuna ragione per ritenere che tale logica valga esclusivamente quanto al conflitto d’interesse dei creditori congiunti del fallito, e non anche quanto a quello del creditore proponente.

A ben guardare, inoltre, quella regola vale non soltanto per le società correlate a società creditrici, ma anche per tutte le società creditrici correlate a società che versano in conflitto d’interesse senza essere creditrici.

E’ il caso, evidente ancorché non espressamente considerato dall’art. 127, della società fallita: le società ad essa correlate non possono non essere – anzi devono, a maggior ragione, essere – soggette alla stessa regola di esclusione dal voto valevole, in base all’espresso disposto dei commi quinto e sesto, per le società correlate ai congiunti del fallito (non a caso l’art. 177, comma quarto, prevede espressamente, per il concordato preventivo, l’esclusione dal voto delle società correlate alla società fallita).

Ed è anche il caso, del pari non espressamente previsto, ma ugualmente evidente (se è esatto quanto sopra osservato sull’immanente conflitto d’interesse tra proponente e accettante anche nel concordato fallimentare) della società che propone il concordato e delle società ad esse correlate.

Propendere, diversamente, per un’interpretazione non estensiva del sesto comma dell’art. 127 L.F. comporterebbe dunque ingiustificabili lacune e contraddizioni nella disciplina del conflitto d’interesse nel voto concordatario.

Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza n. 17186 del 28/06/2018

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