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Controllo a distanza dell’attività dei lavoratori

Controllo a distanza, uso di impianti audiovisivi dai quali derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

Pubblicato il 12 January 2017 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Penale

Resta fermo il principio, da tempo affermato dalla giurisprudenza di legittimità e non smentito dalla novella ex lege n. 151 del 2015 che ha mantenuto integra la disciplina sanzionatoria, secondo il quale l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, la cui violazione è penalmente sanzionata ai sensi dell’art. 38, stessa legge, fa parte di quella complessa normativa diretta a contenere in vario modo le manifestazioni del potere organizzativo e direttivo del datore del lavoro che, per le modalità di attuazione incidenti nella sfera della persona, si ritengono lesive della dignità e della riservatezza del lavoratore, tanto sul presupposto – espressamente precisato nella “Relazione ministeriale” – che la vigilanza sul lavoro, ancorché necessaria nell’organizzazione produttiva, vada mantenuta in una dimensione umana, e cioè non esasperata dall’uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua e anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro.

Ne consegue che, con la rimodulazione dell’art. 4 dello Statuto del Lavoratori, è solo apparentemente venuto meno il divieto esplicito di controlli a distanza, nel senso che il superamento del divieto generale di detto controllo non può essere predicato sulla base della mancanza, nel nuovo articolo 4, di una indicazione espressa (com’era nel comma 1 del previgente art. 4) di un divieto generale di controllo a distanza sull’attività del lavoratore, avendo la nuova formulazione solamente adeguato l’impianto normativo alle sopravvenute innovazioni tecnologiche e, quindi, mantenuto fermo il divieto di controllare la sola prestazione lavorativa dei dipendenti, posto che l’uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo può essere giustificato esclusivamente a determinati fini, che sono numerus clausus, (cioè per esigenze organizzative e produttive; per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale) e alle condizioni normativamente indicate, sicché residua un regime protezionistico diretto a salvaguardare la dignità e la riservatezza dei lavoratori, la cui tutela rimane primaria nell’assetto ordinamentale e costituzionale, seppur bilanciabile sotto il profilo degli interessi giuridicamente rilevanti con le esigenze produttive ed organizzative e della sicurezza del lavoro.

Da ciò deriva che sussiste continuità di tipo d’illecito tra la previgente formulazione dell’art. 4 della legge n. 300 del 1970 e la rimodulazione del precetto intervenuta a seguito del d.lgs. n. 151 del 2015, nel senso che costituisce reato l’uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, avendo la normativa sopravvenuta mantenuto integra la disciplina sanzionatoria per la quale la violazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori è penalmente sanzionata ai sensi dell’art. 38 stessa legge.

Corte di Cassazione, Sezione Terza, Sentenza n. 51897 ud. 08/09/2016 – deposito del 06/12/2016

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