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Leasing, liceità della clausola penale

La Suprema Corte ha più volte confermato la piena liceità di clausole che prevedano l’irripetibilità dei canoni versati al concedente e la non eccessività di clausole penali, laddove consentano alla società di leasing di ottenere lo stesso utile che avrebbe conseguito se il contratto fosse stato adempiuto regolarmente. Sul piano risarcitorio, l’articolo 1382 c. c. , consente alle parti di predeterminare la quantificazione del danno: e in astratto nulla vieta che il danno sia quantificato in misura pari ai canoni ancora dovuti al momento della risoluzione.

Pubblicato il 13 March 2022 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

La Suprema Corte ha più volte confermato la piena liceità di clausole che prevedano l’irripetibilità dei canoni versati al concedente e la non eccessività di clausole penali, laddove consentano alla società di leasing di ottenere lo stesso utile che avrebbe conseguito se il contratto fosse stato adempiuto regolarmente.

Una utile ricostruzione del quadro normativo è stata da ultimo operata dalla sentenza n. 28022/2021 della Corte di Cassazione, nei termini seguenti:

La risoluzione del contratto ha fatto venir meno le obbligazioni scaturenti da esso, le quali sono state rimpiazzate da obblighi restitutori e risarcitori.

La legge consente alle parti disciplinare ex ante, con apposito atto, sia gli uni che gli altri.

In particolare, sul piano restitutorio, l’articolo 1526 c.c., comma 2,…. consente alle parti di prevedere che i canoni già pagati dall’utilizzatore restino acquisiti al concedente, a titolo di equo indennizzo per il godimento della cosa…..

Sul piano risarcitorio, l’articolo 1382 c.c., consente alle parti di predeterminare la quantificazione del danno: e in astratto nulla vieta che il danno sia quantificato in misura pari ai canoni ancora dovuti al momento della risoluzione.

Sul piano più strettamente economico, poi, una simile pattuizione è perfettamente coerente con la natura del contratto di leasing.

Infatti, in caso di puntuale adempimento da parte dell’utilizzatore, il concedente avrebbe realizzato un lucro pari al coacervo dei canoni concordati.

Poiché in caso di risoluzione del contratto una delle poste del risarcimento dovuto al contraente fedele è il quantum lucrari potui, è coerente con tale principio che la penale sia parametrata al lucro che il concedente avrebbe realizzato, se il contratto avesse avuto puntuale esecuzione.

Infine, la previsione secondo cui il concedente, tornato in possesso del bene oggetto del contratto, aveva facoltà di venderlo o reimpiegarlo, defalcando dal proprio credito il ricavato della vendita del reimpiego, lungi dal costituire una pattuizione nulla, è anzi puntualmente conforme a principi già da tempo affermati dalla giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui legittimamente la clausola penale attribuisce al concedente, nel caso di inadempimento dell’utilizzatore, l’intero importo del finanziamento.

Alla luce di tali considerazioni, corretta deve dunque considerarsi, la valutazione di liceità della clausola penale che prevede l’obbligo per l’utilizzatore di pagare senza dilazione i corrispettivi periodici non ancora maturati attualizzati ed il prezzo pattuito, dedotto quanto ottenuto dalla ricollocazione del bene sul mercato.

A tal riguardo si impone, però, una precisazione, già operata da Cass. n. 28022 del 2021, cit., e che va qui ribadita:

il c. d. patto di deduzione, in virtù del quale nei contratti di leasing traslativo si stabilisce che il concedente, nel caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, ha diritto a titolo di penale al pagamento dei canoni scaduti e di quelli futuri, attualizzati al momento della risoluzione, previo diffalco di quanto ricavato dalla vendita del bene, deve essere interpretato ed applicato secondo correttezza e buona fede, con la conseguenza che:

a) se al momento in cui il concedente esige il proprio credito (restitutorio e/o risarcitorio) nei confronti dell’utilizzatore il bene è stato già rivenduto, il concedente dovrà portare in diffalco il ricavato, salva la responsabilità del concedente ex articolo 1227 c.c., comma 2, nel caso di vendita ad un prezzo vile per propria negligenza;

b) se al momento in cui esige il proprio credito nei confronti dell’utilizzatore il bene non è stato ancora rivenduto, il concedente dovrà portare in diffalco il valore commerciale del bene, stimato col criterio del valore equo di mercato.

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 5754 del 22 febbraio 2022

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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