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Infortunio in itinere, causa violenta, terzo

L’aggressione va, dunque, ricompresa nell’occasione di lavoro ogni qualvolta vi sia il nesso di occasionalità con l’attività tutelata e il tragitto protetto, anche se attività e tragitto non ne siano stati la causa ma abbiano quanto meno reso possibile o agevolato il perpetrarsi dell’azione violenta e criminosa.

Pubblicato il 22 November 2021 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

E’ esclusa la tutela assicurativa, previdenziale e solidaristica, nel caso in cui la causa violenta dell’evento occorso al lavoratore, sul luogo o sulle vie del lavoro, sia stata integrata dal comportamento doloso del terzo riconducibile ai rapporti personali tra l’aggressore e la vittima e, pertanto, del tutto estranei all’attività lavorativa, nel qual caso il collegamento tra evento lesivo e attività lavorativa, comprensiva del percorso da e per il lavoro, risulta basato su una mera coincidenza cronologica e topografica, tale da escludere la possibilità di ritenere configurata l’occasione di lavoro.

Vale anche ricordare che, con la menzionata decisione, le Sezioni Unite, misurandosi con l’espressa introduzione dell’ipotesi legislativa dell’infortunio in itinere – il Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 12, che ha disciplinato l’infortunio in itinere nell’ambito della nozione di occasione di lavoro di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 2, – ne hanno chiarito la portata non derogatoria della norma fondamentale che prevede la necessità non solo della causa violenta ma anche della occasione di lavoro, con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, la tutela è esclusa al venir meno dell’occasione di lavoro in quanto il collegamento tra evento e normale tragitto casa-lavoro diventa marginale e basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica, come nel caso in cui il fatto criminoso sia riconducibile a rapporti personali, tra aggressore e vittima, estranei all’attività lavorativa.

Si evince, dunque, dalla decisione del 2015 delle Sezioni Unite della Corte, che il fatto doloso del terzo esclude l’infortunio indennizzabile soltanto se la finalità dell’azione delittuosa sia estranea al lavoro, per essersi ingenerate situazioni di pericolo individuale alle quali la sola vittima è, di fatto, esposta ovunque si rechi o si trovi, indipendentemente dal percorso seguito per recarsi al lavoro, mentre non lo esclude se persiste tra comportamento del terzo ed evento un collegamento funzionale con l’attività di lavoro, anche a prescindere da qualsiasi coincidenza cronologica e topografica.

Vale la pena di puntualizzare che per le aggressioni subite dal lavoratore, e dalla lavoratrice, durante il tragitto casa-lavoro, il comportamento del terzo costituisce una delle componenti causali dell’infortunio e l’aggressione non fa venire meno l’occasione di lavoro in quanto essa costituisce il fattore causale dell’infortunio reso possibile o comunque agevolato dal fatto che la vittima si trovi a percorrere il tragitto naturale, vale a dire obbligato per raggiungere la sede lavorativa e, come tale, appunto, protetto dalla tutela assicurativa apprestata dall’ordinamento.

L’aggressione va, dunque, ricompresa nell’occasione di lavoro ogni qualvolta vi sia il nesso di occasionalità con l’attività tutelata e il tragitto protetto, anche se attività e tragitto non ne siano stati la causa ma abbiano quanto meno reso possibile o agevolato il perpetrarsi dell’azione violenta e criminosa.

La direzione intenzionale dell’atto doloso del terzo verso la vittima predeterminata, come per l’intento omicida del convivente della lavoratrice dettato da ragioni passionali estranee a qualsiasi causa lavorativa e preso in esame nella più volte richiamata decisione delle Sezioni Unite del 2015, spezza il nesso di occasionalità indispensabile ai fini della tutela, perché lo spostamento per motivi di lavoro rappresenta una mera coincidenza per essere la vittima esposta, di fatto, all’intento criminoso, ovunque si rechi o si trovi.

Il discrimine per la protezione assicurativa del lavoratore aggredito nel percorso obbligato tra casa e sede lavorativa è dunque che il tragitto per o dalla sede lavorativa abbia semplicemente costituito il nesso di occasionalità necessaria con comportamenti del terzo sfociati in episodi delittuosi diretti a colpire vittime di un intento criminoso scelte a caso, agevolandoli o rendendoli possibili, mentre non costituisce evento protetto, meritevole della protezione assicurativa e solidaristica, la situazione di pericolo individuale che abbia esposto all’azione delittuosa dell’aggressore la sola vittima, per effetto dei rapporti interpersonali e, dunque, extralavorativi.

Il percorso che separa l’abitazione della lavoratrice dal luogo di lavoro, il normale percorso obbligato per svolgere la prestazione, rientra nella protezione riconosciuta dalla legge che estende la tutela a tutti gli eventi in qualche modo collegati con la necessità del lavoratore, e della lavoratrice, di trovarsi nella situazione di rischio per obblighi nascenti dal contratto di lavoro coesistendo, dunque, la causa violenta e l’occasione di lavoro come fattore causale dell’infortunio, reso possibile o agevolato dalla presenza della vittima malcapitata, in un determinato posto, per ragioni lavorative.

Il tragitto, da e per il lavoro, e i mezzi di locomozione adoperati presentano sempre un nesso di occasionalità necessaria con eventuali azioni delittuose dirette a colpire vittime casuali e la lavoratrice vittima occasionale, e casualmente prescelta, è dunque protetta dalla legislazione previdenziale allorché fatti criminosi in suo danno avvengano in assenza di un movente personale che colleghi la vittima all’autore e in ragione del nesso di occasionalità necessario tra itinerario protetto e fatto delittuoso.

In conclusione, agli effetti della protezione assicurativa l’aggressione è sempre ricompresa nell’occasione di lavoro anche quando non possa essere ricollegata, neppure indirettamente all’attività lavorativa svolta dall’assicurata, con l’unico limite dell’ipotesi in cui l’aggressione sia da ricollegarsi a ragioni extraprofessionali o a particolari rapporti tra vittima e aggressore, nel qual caso le circostanze lavorative costituiscono solo una delle possibili opportunità per porre in atto il movente delittuoso e perpetrare l’azione criminosa e tanto esclude che l’aggressione possa costituire evento protetto.

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza n. 31485 del 3 novembre 2021

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