Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10388 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10388 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/04/2025
Oggetto: Euroritenuta dal 2012 al 2014 -Voluntary disclosure e ravvedimento operoso – Istanza di rimborso – Regime – Principio di diritto.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5688/2023 R.G. proposto da
COGNOME, elettivamente domiciliata in Milano, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, in virtù di procura speciale allegata al ricorso.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO – controricorrente – avverso la sentenza della C.T.R. del Piemonte, n. 804/2022, depositata il 25.7.2022 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Torino, COGNOME Margherita impugnava il silenzio rifiuto opposto dall’amministrazione all’istanza volta ad ottenere il rimborso delle
somme pagate a titolo di euroritenuta, relativa ad interessi per conti correnti e deposito titoli detenuti in Svizzera e regolarizzati mediante adesione alla procedura di collaborazione volontaria, ai sensi del d.l. n. 167 del 1990, conv. dalla l. n. 227 del 1990, e della successiva l. n. 186 del 2014. In particolare, la contribuente deduceva la violazione del divieto di doppia imposizione, nonché degli accordi internazionali al riguardo.
In primo grado, la C.t.p. accoglieva integralmente l’impugnazione della contribuente .
Avverso tale decisione, proponeva appello l’Agenzia delle entrate, sostenendo, tra l’altro, che il rimborso dell’euroritenuta spettava esclusivamente nel caso di presentazione della relativa dichiarazione dei redditi, poiché l’art. 10 del d.lgs. n. 84 del 2005 consentiva il rimborso anche a fronte di violazione di obblighi dichiarativi, giacché, con specifico riferimento alla fattispecie prospettata, non era applicabile l’art. 165 del t.u.i.r.
L’appello dell’Agenzia delle entrate veniva integralmente accolto dalla C.t.r., secondo cui il diritto allo scomputo dell’euroritenuta presupponeva che, ab origine , fosse stato regolarmente dichiarato il reddito prodotto all’estero nella dichiarazione annuale dei redditi. Affermava, inoltre, che l’adesione al procedimento di voluntary disclosure era equivalente all’accertamento con adesione, con conseguente esclusione della facoltà di impugnazione, non essendo più integrabile o modificabile.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la contribuente, sulla base di due motivi, ai quali resisteva l ‘Agenzia delle entrate, depositando controricorso con ricorso incidentale condizionato, cui replicava la contribuente con una memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, COGNOME Margherita deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 e 14 della direttiva 48/2003/CE, dell’art. 9 dell’accordo tra la UE e la Confederazione svizzera del 26 ottobre 2004, dell’art. 10 del d.lgs. n. 84 del 2005,
dell’art. 53 Cost., degli artt. 165 e 169 del d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo errato la C.t.r. ad escludere il diritto al rimborso dell’euroritenuta in quanto assente ab origine la dichiarazione del reddito estero, ritenendo insufficiente l’adesione alla procedura di collaborazione volontaria . Sostiene, infatti, che la d irettiva 2003/48/CE e l’art. 10 del d.lgs. n. 84 del 2005 ne prevederebbero l’intero rimborso, ove non applicabile l’art. 165 del t.u.i.r. e, pertanto, anche qualora non siano stati rispettati gli obblighi dichiarativi di cui al comma 8 della medesima disposizione.
Con il secondo motivo di doglianza, COGNOME Margherita deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 del d.lgs. n. 218 del 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo errato la C.t.r. ad equiparare la procedura di volutary disclosure con quella dell’accertamento con adesione, trattandosi di istituti diversi e con effetti non sovrapponibili, in quanto l’irretrattabilità, nel caso della voluntary disclosure , riguarderebbe solo il contenuto della dichiarazione confessoria, cioè l’indicazione degli investimenti e delle attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, nei periodi d’im posta oggetto di regolarizzazione, unitamente ai documenti ed elementi necessari alla ricostruzione dei redditi connessi, ciò non precludendo la possibilità di chiedere il rimborso dell’euroritenuta .
Nel controricorso , l’Agenzia delle entrate contesta le doglianze della contribuente, sostenendo che il comma 8 dell’art. 165 del t.u.i.r., nell’escludere il diritto al credito d’imposta in caso di omessa presentazione della dichiarazione od omessa indicazione del reddito prodotto all’estero , precluderebbe il rimborso anche n ell’ipotesi di collaborazione volontaria , avente, peraltro, l’effetto di rendere definitivo l’accertamento .
L’agenzia delle entrate propone, altresì, ricorso incidentale condizionato , deducendo la v iolazione e falsa applicazione dell’art.
112 c.p.c. e dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione a ll’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., avendo omesso la C.t.r. di pronunciarsi sul primo motivo di appello dell’Agenzia , relativo alla omessa motivazione della sentenza di primo grado in ordine all’inammissibilità dell’istanza, nonché in relazione alla parziale carenza di legittimazione a chiedere il rimborso ed in ordine alla quantificazione dell’importo richiesto .
I due motivi di ricorso principale possono essere trattati congiuntamente e sono fondati, tenuto conto del recente orientamento espresso da questa Corte.
In particolare, è stato affermato che, in applicazione dell’art. 14 della direttiva 2003/48/CE, recepito nell’ordinamento italiano dall’art. 10 del d.lgs. n. 84 del 2005, integrante disciplina normativa speciale prevalente su quella interna, il contribuente fiscalmente residente in Italia ha diritto al rimborso dell’euroritenuta, pagata all’estero sugli interessi relativi a disponibilità finanziarie detenute su conto corrente presso una banca svizzera, ove abbia aderito alla procedura di “collaborazione volontaria”, la quale consente, mediante una dichiarazione confessoria spontanea, di regolarizzare plurimi anni di imposta relativamente a tali interessi, usufruendo di un trattamento sanzionatorio più favorevole (Cass. n. 738/2023, Rv. 66707001). Nello stesso senso, Cass. n. 798/2023 (non massimata), secondo cui le fonti comunitarie, convenzionali e attuative interne, impongono un’applicazione delle norme interne (d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e disciplina della collaborazione volontaria) comunitariamente e convenzionalmente orientata.
Il complesso quadro normativo è stato esaustivamente ricostruito dalla successiva ordinanza di questa Corte n. 33282/2023 (non massimata), che può integralmente richiamarsi.
In particolare, nella suindicata pronuncia si è osservato che l ‘introduzione di una disciplina speciale in materia di voluntary disclosure risponde alla necessità di prevedere un meccanismo di regolarizzazione per gli attivi detenuti all’estero, come raccomandato
dall’OCSE nel 2010 in attuazione di una politica di contrasto alle evasioni fiscali internazionali.
La voluntary disclosure o collaborazione volontaria è una procedura che consente ai soggetti residenti in Italia, che detengono anche indirettamente o per interposta persona attività patrimoniali o finanziarie all’estero e che abbiano omesso di dichiararle, la possibilità di sanare la propria posizione fiscale presentando apposita istanza nominativa e versando, senza possibilità di compensazione, le dovute imposte e le sanzioni, rideterminate (queste ultime) in misura ridotta.
6.1. I benefici derivanti dall’adesione alla procedura, con riferimento agli aspetti di natura amministrativa, riguardavano la riduzione delle sanzioni e la riduzione degli anni accertabili. Una volta inviata l’istanza, dunque, il contribuente poteva scegliere di prestare acquiescenza all’invito a comparire previsto dall’art. 5, co mma 1, d.lgs. 19.6.1997, n. 218, recante gli imponibili, le imposte, gli interessi e le sanzioni, ovvero avviare una separata procedura di accertamento con adesione. Il perfezionamento della voluntary disclosure avveniva in ogni caso in virtù del versamento, anche rateale ma effettivo, di quanto dovuto a seguito delle attività svolte dall’ufficio.
6.2. La procedura originava, quindi, da un’autodenuncia a carattere spontaneo ed esaustivo, esperibile in totale trasparenza una sola volta, per la regolarizzazione della consistenza patrimoniale o reddituale a fronte di violazioni tributarie commesse in anni ancora suscettibili di accertamento.
In tal senso la procedura di voluntary disclosure si distingue dal ravvedimento operoso che, riformulato dalla l. 23.12.1990, n. 190, si articola mediante presentazione di una dichiarazione integrativa ed un’autoliquidazione d’imposta. Nella voluntary disclosure rilevavano: a) gli investimenti e le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, in violazione degli obblighi di dichiarazione in materia di
monitoraggio fiscale; b) i redditi connessi, ovverosia i redditi che servirono per costituire o acquistare tali investimenti e attività finanziarie, e quelli derivanti dalla loro dismissione o utilizzazione a qualunque titolo; c) i maggiori imponibili non associati agli investimenti e alle attività illecitamente costituite o detenute all’estero, agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive, dei contributi previdenz iali dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute.
Il problema che si pone è quello relativo alla possibilità per i contribuenti di scomputare dall’imposta dovuta le eventuali imposte pagate all’estero sugli stessi redditi oggetto della procedura di ‘collaborazione volontaria’.
Nel nostro ordinamento, per evitare le doppie imposizioni sui rediti prodotti all’estero da soggetti residenti, il primo comma dell’art. 165 del t.u.i.r. riconosce il credito d’imposta qualora ricorrano congiuntamente le tre seguenti condizioni: la produzione di un reddito all’estero, il concorso del reddito prodotto all’estero alla formazione del reddito complessivo in Italia e, infine, il pagamento di imposte estere a titolo definitivo. Sono escluse dalla formazione della base imponibile ed esonerate dall’obbligo di dichiarazione alcune ipotesi reddituali tassativamente previste, tra cui i redditi sottoposti a ritenuta d’imposta o imposta sostitutiva, per i quali gli obblighi tributari risultino già assolti al momento della dichiarazione.
In relazione ai redditi esteri, assoggettati in Italia a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o d’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, pertanto, viene esclusa la spettanza del credito d’imposta per le imposte assolte. In tali ipotesi può verificarsi una doppia imposizione del reddito transnazionale, alla quale il contribuente può sottrarsi quando gli è concessa la facoltà di rinunciare al regime di tassazione sostitutiva, facendo concorrere il reddito estero alla formazione del proprio reddito imponibile (come nel caso dei redditi
di capitale erogati da soggetti non residenti e percepiti all’estero, ai sensi dell’art. 18, comma 1, t.u.i.r.).
La necessità del concorso del reddito estero alla formazione del reddito complessivo trova riscontro nel comma 8 dell’art. 165 del t.u.i.r., il quale prevede che «la detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata».
7.1. Nel caso della voluntary disclosure , l’ amministrazione finanziaria esclude la possibilità di recupero degli esborsi sostenuti all’estero dai contribuenti, rilevando che i rimedi alla doppia imposizione seguirebbero i modelli della esenzione e del credito d’imposta previsti dall’art. 165 t.u.i.r. e, dunque, non sarebbero compatibili con la specifica procedura della collaborazione volontaria, poiché il modello del credito d’imposta si paleserebbe ostacolato dal fatto che le imposte sostitutive e le riten ute assolte all’estero non risulterebbero correlate a redditi esposti in una dichiarazione fiscale, come richiesto dall’art. 165, comma 8, t.u.i.r.
Nel caso di specie, la contribuente, che ha effettuato la voluntary disclosure , chiede il rimborso dell’euroritenuta, che era già stata in precedenza versata e certificata dall’Istituto di credito estero, quale sostituto d’imposta, per le annualità oggetto della procedura di collaborazione volontaria.
La specifica normativa in tema di voluntary disclosure e la previsione dell’art. 165 del t.u.i.r., dunque, vanno coordinati con la direttiva 2003/48/CE del Consiglio dell’Unione Europea del 3 giugno 2003, recepita in Italia dal d.lgs. 18 aprile 2005, n. 84, che ha disciplinato l’euroritenuta. Quest’ultima era un’imposta riscossa attraverso l’applicazione di una ritenuta alla fonte, calcolata sul risparmio percepito sotto forma di interessi.
L’obiettivo dichiarato della direttiva (art. 1) era quello di garantire che i redditi da risparmio fossero imponibili secondo la legislazione dello Stato di residenza dei soggetti beneficiari, anche se corrisposti in un altro Stato membro, al fine di applicare una
tassazione uniforme dei redditi da risparmio in ambito europeo e di evitare la fuga dei capitali all’estero, sottraendoli all’imposizione nazionale. In particolare, l’art. 11, comma 4, della citata direttiva prevedeva che «l’applicazione della ritenuta alla fonte da parte dello Stato membro dell’agente pagatore non impedisce allo Stato membro di residenza fiscale del beneficiario effettivo di tassare i redditi secondo la sua legislazione nazionale, fatta salva l’osservanza del trattato» e il successivo art. 14 imponeva agli Stati membri di eliminare tutte le doppie imposizioni che potevano derivare dall’applicazione della ritenuta in questione, anche mediante il meccanismo del credito d’imposta.
Alla luce della normativa richiamata, deve ritenersi che, in caso di voluntary disclosure , escludere la possibilità della detrazione del credito di imposta a causa dell’omessa indicazione del reddito estero nelle dichiarazioni presentate per ogni singolo anno di imposta, non comporti automaticamente la negazione del diritto al rimborso dell’euroritenuta pagata all’estero. Invero, la direttiva del 2003, in particolare con gli articoli 11 e 14, mira all’armonizzazione fiscale, sia pure molto settoriale in tema d’imposte dirette, rendendo neutrali i passaggi trans-frontalieri di redditi.
Sicché, la mera circostanza che la dichiarazione contra se del contribuente avvenga nell’ambito di una procedura di collaborazione volontaria, prevista da una normativa speciale ed agevolativa, che consente al contribuente di regolarizzare plurimi anni di imposta, usufruendo di un trattamento sanzionatorio più favorevole, non esclude a priori il rimborso della ritenuta pagata all’estero.
Ed infatti, i l richiamo dell’art. 10 del d.lgs. 18 aprile 2005, n. 84, attuativo della direttiva istitutiva dell’euroritenuta, all’art. 165 t.u.i.r. appare rivolto alle sole modalità di determinazione del credito d’imposta. Inoltre, lo stesso art. 10, al secondo comma, consente al contribuente di presentare l’istanza di rimborso nel caso in cui l’importo della ritenuta ecceda quella del credito d’imposta , determinato ai sensi dell’art. 165 t.u.i.r. oppure nei casi in cui tale
ultimo articolo non risulti applicabile, all’evidente fine di consentire pienamente, oltre i limiti della disposizione predetta, il rimborso dell’euroritenuta.
10. Pertanto, le fonti comunitarie, convenzionali e attuative interne, impongono un’applicazione delle norme interne (art. 165 T.u.i.r., e disciplina della collaborazione volontaria) comunitariamente e convenzionalmente orientata. Ed infatti, l ‘inderogabilità della direttiva del 2003 ( self executing nei suoi principi generali e comunque attuata nel diritto interno senza rilevanti differenze), degli Accordi e delle Convenzioni, che rivestono, in questa materia, un ruolo di specificità e quindi di prevalenza logico-giuridica sulle norme fiscali interne, trova conferma persino nei dettati espliciti dell’art. 75 del d.P.R. n. 600 del 1973 («nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi, sono fatti salvi accordi internazionali resi esecutivi in Italia») e dell’art. 169 t.u.i.r. (per il quale le disposizioni dello stesso testo unico «si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione»).
Del resto, la circostanza che la disciplina della nuova voluntary disclosure faccia salvo lo scomputo di talune ritenute estere costituisce indice rivelatore della situazione di potenziale doppia imposizione pregiudizievole che viene a crearsi. Ciò è ancor più ragionevole, se si pensi che al contribuente, una volta presentata l’istanza introduttiva della procedura di collaborazione volontaria, non rimane che aderire incondizionatamente agli atti dell’Agenzia delle entrate come unica modalità per ottenere i benefici premiali in termini di riduzione delle sanzioni, previste dalla normativa in questione , in quanto l’attivazione del contraddittorio con l’Amministrazione finanziaria comporta l’impossibilità di usufruire della procedura agevolativa.
11. Né può equipararsi il procedimento in esame con quello dell’accertamento con adesione, attesa la profonda diversità dei due istituti (tenuto conto, innanzitutto, che l’accertamento con adesione
prevede una fase di contraddittorio e presuppone una verifica delle violazioni a carico del contribuente, elementi assenti nel caso della voluntary disclosure ).
L’irretrattabilità, nel caso della volountary disclosure , riguarda il contenuto della dichiarazione confessoria, cioè l’indicazione degli investimenti e delle attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, nei periodi d’imposta oggetto di regolarizzazione, unitamente ai documenti ed elementi necessari alla ricostruzione dei redditi connessi. Tuttavia, essa non preclude al dichiarante di richiedere il rimborso dell’euroritenuta precedentemente versata, in conformità con quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia, così come attuata nell’ordinamento italiano (art. 10 del d.lgs. n. 84 del 2005).
È vero, infatti, che l’art. 5 quater, comma 1, lett. b), del d.l. n. 167 del 1990 richiama l’art. 5 del d.lgs. n. 218 del 1997 sull’invito al contraddittorio in tema di accertamento con adesione e, per espressa previsione normativa, il perfezionamento della voluntary disclosure è legato al pagamento delle imposte dovute. Tale richiamo, tuttavia, ha la sola finalità di individuare la procedura attraverso cui gli uffici dell’ amministrazione finanziaria gestiscono gli atti conseguenti alla collaborazione volontaria, senza che il legislatore abbia inteso ricondurre gli effetti di quest’ultima a quelli del d.lgs. n. 218 del 1997, attesa la profonda diversità dei due istituti.
Quanto al motivo di ricorso incidentale , la CRAGIONE_SOCIALE ha volutamente omesso di esaminare la doglianza relativa alla tardività dell’istanza di rimborso, poiché, in applicazione del principio della ragione più liquida, ha ritenuto fondato altro motivo di appello, afferente al merito, ed ha, pertanto, esaminato esclusivamente quello, con conseguente accoglimento nel merito dell’appello.
Tale motivo, quindi, risulta assorbito dall’accoglimento dei due motivi di ricorso principale, atteso che il rinvio al giudice di merito comporta necessariamente il riesame di tutti i motivi di appello,
anche quelli non esaminati a seguito dell’applicazione del principio della ragione più liquida.
13. In conclusione, dunque, in accoglimento di entrambi i motivi di ricorso principale, assorbito il motivo di ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo , affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, in applicazione del seguente principio di diritto : «In tema di divieto di doppie imposizioni, il contribuente fiscalmente residente in Italia ha diritto , secondo un’interpretazione delle norme interne comunitariamente e convenzionalmente orientata, al rimborso dell’euroritenuta, pagata all’estero sugli interessi relativi a disponibilità finanziarie detenute presso banche straniere, anche se ab origine non ha adempiuto agli obblighi dichiarativi di cui all’art. 165 del t.u.i.r., purché successivamente abbia aderito alla procedura di voluntary disclosure , la cui irretrattabilità riguarda solo il contenuto della dichiarazione confessoria spontanea, afferente all’indicazione de l reddito estero, ed essendo istituto differente da ll’a ccertamento con adesione, che prevede una fase di contraddittorio e presuppone una verifica delle violazioni a carico del contribuente».
Il giudice del rinvio dovrà provvedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento di entrambi i motivi di ricorso principale, assorbito il motivo di ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione tributaria della Corte, in data 20.12.2024.
Il Presidente NOME COGNOME