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Voluntary disclosure: credito per tasse estere garantito

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16699/2025, ha stabilito un principio cruciale in materia di voluntary disclosure. Un contribuente che aderisce a tale procedura per regolarizzare capitali esteri non perde il diritto al credito per le imposte già pagate all’estero, anche se ha omesso di indicare tali redditi nella dichiarazione italiana. La Corte ha affermato la prevalenza dei trattati internazionali contro la doppia imposizione sulla normativa nazionale, specificando che la voluntary disclosure non è un accertamento definitivo che preclude il diritto al rimborso di somme versate in eccesso.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Voluntary disclosure: sì al credito per le tasse estere anche senza dichiarazione

Con una recente e significativa ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della voluntary disclosure e il diritto al credito per le imposte pagate all’estero. La decisione stabilisce che aderire alla procedura di collaborazione volontaria non fa perdere al contribuente il diritto di detrarre le tasse già versate in un altro Paese, anche in caso di precedente omissione dichiarativa. Questo principio riafferma la superiorità dei trattati internazionali sulla normativa interna, offrendo importanti tutele ai contribuenti.

Il caso in esame: la richiesta di rimborso dopo la regolarizzazione

La vicenda trae origine dalla richiesta di rimborso presentata da un contribuente, poi deceduto e rappresentato in giudizio dalle sue eredi. Il contribuente aveva aderito alla procedura di voluntary disclosure per regolarizzare la sua posizione fiscale relativa a un immobile detenuto in Svizzera. Nell’ambito di questa procedura, aveva versato le imposte dovute in Italia.

Successivamente, aveva richiesto il rimborso di parte di tali somme, sostenendo di aver diritto a un credito d’imposta per le tasse già pagate a titolo definitivo in Svizzera sullo stesso immobile. L’Amministrazione Finanziaria aveva respinto tacitamente la richiesta. Mentre la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione al contribuente, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, affermando che l’adesione alla procedura di collaborazione volontaria rendeva la pretesa fiscale definitiva e non più modificabile, precludendo ogni diritto al rimborso.

La voluntary disclosure e la prevalenza dei trattati internazionali

La questione centrale portata all’attenzione della Cassazione era duplice. In primo luogo, si doveva stabilire se la procedura di voluntary disclosure fosse equiparabile a un ‘accertamento con adesione’, rendendo così la definizione del rapporto tributario intangibile. In secondo luogo, bisognava chiarire se l’omessa indicazione dei redditi esteri nella dichiarazione annuale, un requisito formale previsto dalla legge italiana (art. 165 del TUIR), potesse impedire il riconoscimento del credito d’imposta garantito dalla Convenzione Italia-Svizzera contro la doppia imposizione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del contribuente, cassando la sentenza regionale e affermando principi di diritto fondamentali.

Le motivazioni

La Corte ha innanzitutto chiarito la natura della voluntary disclosure. A differenza dell’accertamento con adesione, che nasce da una contestazione del Fisco, la collaborazione volontaria è un’iniziativa del contribuente, che spontaneamente rivela attività fino a quel momento sconosciute all’erario. Aderire a questa procedura per ottenere benefici sanzionatori non significa rinunciare al diritto a una tassazione conforme alla legge e, soprattutto, alle norme di diritto internazionale pattizio. Di conseguenza, non è precluso al contribuente il diritto di chiedere il rimborso di somme versate in eccesso o non dovute.

Il punto cruciale della motivazione riguarda però il rapporto tra la normativa interna e le convenzioni internazionali. La Cassazione ha ribadito con forza che l’obbligo, previsto dalla Convenzione Italia-Svizzera, di evitare la doppia imposizione tramite il meccanismo del credito d’imposta è incondizionato. La norma interna (art. 165, comma 8, del TUIR), che nega la detrazione in caso di omessa dichiarazione dei redditi esteri, non può limitare o annullare un diritto derivante da un trattato internazionale. In base all’art. 117 della Costituzione e all’art. 169 del TUIR (che sancisce la prevalenza delle norme pattizie se più favorevoli al contribuente), la legge nazionale deve cedere il passo (‘cedevolezza’) di fronte alla norma internazionale.

Le conclusioni

L’ordinanza stabilisce che l’obbligo di concedere il credito per le imposte estere, previsto dai trattati contro le doppie imposizioni, si applica anche quando il contribuente abbia omesso di indicare i relativi redditi nella dichiarazione presentata in Italia. La procedura di voluntary disclosure, pur perfezionandosi con un atto simile all’adesione, non cristallizza la pretesa fiscale al punto da negare il diritto al rimborso per imposte non dovute. Questa decisione rafforza la posizione del contribuente e la certezza del diritto nei rapporti fiscali internazionali, confermando che gli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale devono essere rispettati, anche a fronte di inadempimenti formali interni.

Aderire alla voluntary disclosure impedisce di chiedere un rimborso per tasse pagate in eccesso?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la procedura di collaborazione volontaria non preclude il diritto del contribuente al rimborso delle somme eventualmente corrisposte in eccesso o per un titolo non dovuto, poiché non rende la pretesa fiscale irretrattabile come un accertamento con adesione classico.

È possibile ottenere il credito per le imposte pagate all’estero se non si sono indicati i redditi esteri nella dichiarazione dei redditi italiana?
Sì. La Corte ha stabilito che l’obbligo incondizionato, previsto dalle convenzioni internazionali contro la doppia imposizione, di riconoscere un credito per le imposte estere prevale sulla norma interna. Pertanto, il credito spetta anche in caso di omessa indicazione dei redditi esteri nella dichiarazione.

In caso di conflitto, prevale la legge italiana o un trattato internazionale contro la doppia imposizione?
Prevale il trattato internazionale. La Corte ha affermato che la normativa interna (nello specifico, l’art. 165, comma 8, del TUIR) non può legittimamente limitare l’efficacia di una norma internazionale pattizia e deve cedere il passo, specialmente quando le norme internazionali sono più favorevoli al contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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