Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16699 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16699 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14098/2021 R.G. proposto da NOME COGNOME e COGNOME nella qualità di eredi del defunto COGNOME NOMECOGNOME rappresentate e difese dall’avv. COGNOME NOME (domicilio digitaleEMAIL
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL PIEMONTE n. 704/20 depositata il 19 novembre 2020
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 3 aprile 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME presentava alla Direzione Provinciale di Vercelli dell’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso di parte delle somme versate nell’àmbito della procedura di collaborazione volontaria di
cui all’art. 5 -quater del D.L. n. 167 del 1990, convertito in L. n. 227 del 1990, alla quale aveva aderito per sanare le violazioni dell’obbligo di dichiarazione di attività patrimoniali detenute in Svizzera, costituite dalla quota del 20% di un immobile ubicato in Ginevra; violazioni da lui commesse negli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 e rilevanti ai fini dell’IRPEF e dell’IVIE.
A sostegno dell’avanzata richiesta lamentava che in seno alla procedura anzidetta gli fosse stato illegittimamente negato il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero a titolo definitivo sull’investimento immobiliare spontaneamente dichiarato al Fisco nazionale.
Formatosi il silenzio-rifiuto, il COGNOME impugnava il diniego tacito opposto dall’Amministrazione Finanziaria spiegando quattro autonomi ricorsi, uno per ogni periodo d’imposta, dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Vercelli, la quale, riuniti i procedimenti, riconosceva la fondatezza delle sue ragioni.
La pronuncia veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che con sentenza n. 704/20 del 19 novembre 2020, in accoglimento dell’appello erariale, respingeva l’originario ricorso del contribuente, nel frattempo deceduto, al quale erano subentrate le eredi NOME COGNOME e NOME COGNOME.
I giudici di secondo grado così argomentavano la decisione assunta: l’adesione del COGNOME alla procedura di collaborazione volontaria aveva «reso immodificabile e non più impugnabile l’accettazione della proposta erariale» , in quanto «l’accertamento con adesione… non è soggetto a impugnazione e non è integrabile o modificabile» ; -«l’istanza di rimborso avanzata dal contribuente sul presupposto di un erroneo mancato riconoscimento delle imposte estere in sede di collaborazione volontaria, oltre che inammissibile per esaurimento e definitività del rapporto … e (ra) , altresì, infondata» , non essendo state «rispettat (e) le disposizioni
di cui al c. 8 dell’articolo 165 TUIR, che subordinano il riconoscimento del credito d’imposta all’avvenuta presentazione della dichiarazione annuale con espressa indicazione dei redditi esteri al suo interno» .
Contro questa sentenza le sunnominate NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 5 -quater , del D.L. n. 167 del 1990, convertito in L. n. 227 del 1990, introdotto dall’art. 1, comma 1, della L. n. 186 del 2014, e degli artt. 2 e 5 del D. Lgs. n. 218 del 1997.
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente equiparato la procedura di collaborazione volontaria (cd. ) disciplinata dal menzionato art. 5quater del D.L. n. 167 del 1990 all’accertamento con adesione, facendone derivare la duplice conseguenza della definitività e inoppugnabilità della pretesa tributaria e dell’irripetibilità delle somme versate per la definizione della detta procedura.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 165 e 169 D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), dell’art. 24 della Convenzione bilaterale Italia-Svizzera contro le doppie imposizioni, dell’art. 19, comma 16, del D.L. n. 201 del 2011, convertito in L. n. 214 del 2011, e degli artt. 53 e 117, comma 1, Cost..
2.1 Si rimprovera alla CTR di aver a torto ritenuto che, ai fini del riconoscimento del diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero, a titolo definitivo, sui redditi che avevano formato
oggetto di , si rendesse necessaria la previa indicazione di tali redditi nella dichiarazione presentata in Italia.
I due motivi, suscettibili di esame congiunto per la loro intima connessione, sono fondati.
3.1 Per una migliore intelligenza delle questioni che essi pongono giova riportare qui di sèguito il testo delle disposizioni normative rilevanti ai fini del decidere.
(A) D.L. n. 167 del 1990, convertito in L. n. 227 del 1990 Art. 5quater , introdotto dall’art. 1, comma 1, della L. n. 186 del 2014:
«1. L’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, commessa fino al 30 settembre 2014, può avvalersi della procedura di collaborazione volontaria di cui al presente articolo per l’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato, per la definizione delle sanzioni per le eventuali violazioni di tali obblighi e per la definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui alla lettera b) per le violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale sulle attività produttive e di imposta sul valore aggiunto, nonché per le eventuali violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta. A tal fine deve:
a)indicare spontaneamente all’Amministrazione finanziaria, mediante la presentazione di apposita richiesta, tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona, fornendo i relativi documenti e le informazioni per la determinazione dei redditi che servirono per costituirli o acquistarli, nonché dei redditi che derivano dalla loro dismissione o utilizzazione a qualunque titolo, unitamente ai documenti e alle informazioni per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili agli effetti delle imposte sui redditi e relative addizionali,
delle imposte sostitutive, dell’imposta regionale sulle attività produttive, dei contributi previdenziali, dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute, non connessi con le attività costituite o detenute all’estero, relativamente a tutti i periodi d’imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono scaduti i termini per l’accertamento o la contestazione della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1;
b)versare le somme dovute in base all’invito di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, e successive modificazioni, entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione e secondo le ulteriori modalità indicate nel comma 1bis del medesimo articolo per l’adesione ai contenuti dell’invito, ovvero le somme dovute in base all’accertamento con adesione entro venti giorni dalla redazione dell’atto, oltre alle somme dovute in base all’atto di contestazione o al provvedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, del presente decreto entro il termine per la proposizione del ricorso, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, senza avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni. Il versamento può essere eseguito in unica soluzione ovvero essere ripartito, su richiesta dell’autore della violazione, in tre rate mensili di pari importo. Il pagamento della prima rata deve essere effettuato nei termini e con le modalità di cui alla presente lettera. Il mancato pagamento di una delle rate comporta il venir meno degli effetti della procedura (…)».
(B) Convenzione bilaterale fra la Repubblica Italiana e la Confederazione elvetica per evitare le doppie imposizioni, firmata a Roma il 9 marzo 1976, e relativo protocollo modificativo ivi firmato il 28 aprile 1978, ratificati e resi esecutivi con L. n. 943 del 1978
(B1) Art. 2:
«1. La presente Convenzione si applica alle imposte sul reddito e sul patrimonio prelevate per conto di ciascuno degli Stati contraenti, delle sue suddivisioni politiche o amministrative e dei suoi enti locali, qualunque sia il sistema di prelevamento.
Sono considerate imposte sul reddito e sul patrimonio le imposte prelevate sul reddito complessivo, sul patrimonio complessivo, o su elementi del reddito o del patrimonio, comprese le imposte sugli utili derivanti dall’alienazione di beni mobili o immobili, le imposte sull’ammontare complessivo degli stipendi e dei salari corrisposti dalle imprese, nonché le imposte sui plusvalori.
Le imposte attuali cui si applica la Convenzione sono in particolare:
a)per quanto concerne l’Italia:
1)l’imposta sul reddito delle persone fisiche;
2)l’imposta sul reddito delle persone giuridiche; e
3)l’imposta locale sui redditi;
ancorché riscosse mediante ritenuta alla fonte
(qui di sèguito indicate quali «imposta italiana»);
b)per quanto concerne la Svizzera:
le imposte federali, cantonali e comunali
1)sul reddito (reddito complessivo, proventi di lavoro, reddito del patrimonio, utili industriali e commerciali, guadagni di capitale ed altri redditi);
2)sul patrimonio (patrimonio complessivo, patrimonio mobiliare e immobiliare, patrimonio industriale e commerciale, capitale e riserve ed altri elementi del patrimonio);
(qui di sèguito indicate quali «imposta svizzera»).
La Convenzione si applicherà anche alle imposte future di natura identica o analoga che verranno istituite dopo la firma della Convenzione in aggiunta o in sostituzione delle imposte di cui al paragrafo 3 (…)».
(B2) Art. 24, paragrafo 2:
«Se un residente dell’Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili in Svizzera, l’Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito specificate nell’articolo 2 della presente Convenzione, può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente.
In tal caso, l’Italia deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata in Svizzera, ma l’ammontare della deduzione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo».
(C) D.L. n. 201 del 2011, convertito in L. n. 214 del 2011 Art. 19:
«13. A decorrere dal 2011 è istituita un’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, a qualsiasi uso destinati dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (…).
16. Dall’imposta di cui al comma 13 si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile».
(D) D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR)
Art. 165, nel testo applicabile «ratione temporis» :
«1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.
I redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli
prodotti nel territorio dello Stato. (…)
La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta cui appartiene il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta di cui allo stesso comma 1, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Nel caso in cui il pagamento a titolo definitivo avvenga successivamente si applica quanto previsto dal comma 7. (…)
La detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata».
3.2 Ricostruito nei suoi tratti essenziali il quadro normativo al cui interno si colloca la fattispecie di causa, va anzitutto osservato che con l’art. 24 della menzionata Convenzione bilaterale l’Italia ha consentito in condizioni di parità, ai sensi dell’art. 11 Cost., a una limitazione della propria sovranità in tema di imposizione fiscale, obbligandosi nei confronti della Svizzera ad evitare che i redditi inclusi nella base imponibile dei tributi nazionali e già tassabili nello Stato elvetico siano assoggettati a doppia imposizione.
3.3 Il meccanismo in concreto prescelto per evitare detto fenomeno consiste nella «deduzione» -termine utilizzato in senso atecnico per indicare la «detrazione» di cui all’art. 165 del TUIR -l’imposta assolta all’estero da quella dovuta sul «reddito complessivo» tassato in Italia.
3.4 Tale obbligo, in quanto non sottoposto a condizioni, non può essere subordinato nell’ordinamento interno all’osservanza di adempimenti non concordati fra i Paesi contraenti, giacchè altrimenti il nostro Stato incorrerebbe in violazione del diritto internazionale pattizio.
3.5 Nel descritto contesto, deve, pertanto, escludersi che l’Amministrazione Finanziaria italiana possa legittimamente opporre l’inadempimento degli oneri formali prescritti dall’art. 165, comma
8, del TUIR innanzi citato e cioè l’omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata in Italia -al contribuente che intenda far valere nei confronti del Fisco nazionale il credito d’imposta riconosciutogli dalla detta Convenzione.
3.6 D’altronde, l’art. 75 del D.P.R. n. 600 del 1973 espressamente stabilisce che nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia.
3.7 Inoltre, l’art. 169 del TUIR, nell’attribuire generale prevalenza agli accordi internazionali contro la doppia imposizione, fa salva l’applicazione delle norme dello stesso testo unico soltanto se concretamente più favorevoli al contribuente.
3.8 Da una lettura d’insieme delle previsioni normative innanzi richiamate si ricava, allora, che le limitazioni imposte dall’art. 165, comma 8, del TUIR possono trovare applicazione nel solo caso in cui i redditi concorrenti alla formazione del reddito complessivo imponibile in Italia siano stati in parte prodotti e già tassati in uno Stato con il quale il nostro Paese non ha concluso un’apposita Convenzione contro la doppia imposizione, oppure in uno Stato nei cui confronti esso non ha comunque assunto l’obbligo giuridico di neutralizzare il fenomeno della doppia imposizione a carico del contribuente residente nel territorio italiano.
3.9 Alla luce di quanto precede, va quindi nell’odierna sede ribadito il seguente principio di diritto già affermato da questa Corte con sentenza n. 24205/2024, attinente ad analoga fattispecie in cui si discuteva dell’interpretazione della norma recata dall’art. 22, paragrafo 2, della Convenzione bilaterale in materia di doppie imposizioni fra l’Italia e il Portogallo, con relativo protocollo aggiuntivo, firmata a Roma il 14 maggio 1980, ratificata e resa esecutiva con L. n. 562 del 1982, identica nel testo a quella contenuta nell’art. 24, paragrafo 2, della Convenzione italo -svizzera ora in esame: «L’obbligo incondizionato, previsto dalle Convenzioni
internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi, di detrarre, entro determinati limiti, dall’imposta da versare al fisco italiano l’imposta versata al fisco estero, si applica anche nel caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata, in quanto la norma interna (art. 165, comma 8, Tuir) non può legittimamente limitare l’efficacia precettiva delle norme internazionali pattizie o porsi in contrasto con esse (art. 117, comma 1, Cost.), premurandosi lo stesso ordinamento nazionale, tramite le disposizioni di cui all’art. 75 del D.P.R. n. 600 del 1973 e all’art. 169 del D.P.R. n. 917 del 1986 (quest’ultima nella parte in cui afferma implicitamente la prevalenza degli accordi internazionali nel caso in cui siano più favorevoli al contribuente), di attribuire alle norme interne il carattere della cedevolezza rispetto a quelle internazionali pattizie più favorevoli al contribuente» .
3.10 Riguardo, poi, alla «ratio decidendi» incentrata sulla definitività e immodificabilità della pretesa erariale asseritamente derivanti dall’adesione alla procedura di collaborazione volontaria (cd. «voluntary disclosure» ) prevista dall’art. 5 -quater del D.L. n. 167 del 1990 e sulla preclusione del diritto al rimborso conseguente alla sua definizione, questa stessa Corte ha avuto modo di precisare che la suddetta procedura, quantunque si perfezioni nelle forme dell’accertamento con adesione mediante il versamento delle somme dovute in base all’invito di cui all’art. 5, comma 1, del D. Lgs. n. 218 del 1997, costituisce istituto autonomo e diversamente conformato, atteso che: non presuppone una contestazione dell’Amministrazione; non ha scopo deflattivo; si concretizza nell’esposizione volontaria al Fisco, da parte del contribuente, della propria situazione debitoria, con instaurazione solo eventuale del contraddittorio; presenta peculiari modalità di pagamento (cfr. Cass. n. 2964/2023).
3.11 Per quel che qui particolarmente interessa, è stato
evidenziato nella succitata sentenza n. 24205/2024 che, «contrariamente a quanto accade nell’accertamento con adesione di cui al D. Lgs. n. 218 del 1997, nell’accertamento con adesione ‘incastonato’ nell’àmbito della procedura di collaborazione volontaria di cui alla legge n. 186 del 2014 l’iniziativa procedimentale appartiene inderogabilmente al contribuente, il quale, mentre nell’accertamento con adesione tout court di cui al D. Lgs. n. 218 del 1997, subendo un atto impositivo del Fisco, definisce bonariamente con quest’ultimo una pretesa erariale con effetti premiali sull’ammontare delle sanzioni, ma con lo ‘svantaggio’ della irretrattabilità della definizione, nell’àmbito della procedura di collaborazione volontaria mette a conoscenza il Fisco di attività finanziarie e patrimoniali di cui quest’ultimo era completamente all’oscuro e, qualora egli sia stato leale in tale attività di disclosure, conserva il diritto ad una imposizione secondo legge (e secondo le norme di diritto internazionale pattizio) delle attività disvelate, con la conseguenza che, dopo aver corrisposto all’Erario, in sèguito all’accertamento con adesione, per godere dei benefici premiali assicurati dall’istituto della collaborazione volontaria, quanto liquidato dall’Amministrazione a definizione della procedura, non gli è precluso il diritto al rimborso delle somme eventualmente corrisposte in eccesso o per un titolo non dovuto» .
3.12 Nel medesimo senso si era anteriormente pronunciata la sentenza n. 738/2023, seppure con specifico riferimento al tema della cd. ‘euroritenuta’.
Alla stregua delle considerazioni fin qui svolte, appaiono, quindi, configurabili nella fattispecie in esame gli «errores in iudicando» denunciati dalle ricorrenti.
4.1 Va, conseguentemente, disposta, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa
composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi.
4.2 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione