Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23083 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23083 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21533/2023 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dal l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni: EMAIL, giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Regione Lazio, con sede in Roma, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore ;
INTIMATA
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 5 aprile 2023, n. 1988/05/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del l’11 luglio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di
COMPENSAZIONE DELLE SPESE GIUDIZIALI RAGIONI
secondo grado del Lazio il 5 aprile 2023, n. 1988/05/2023, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di varie cartelle di pagamento per tassa automobilistica da parte della Regione Lazio, ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti della Regione Lazio avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 2 marzo 2021, n. 2250/29/2021, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure -che aveva dichiarato la parziale cessazione della materia del contendere con riguardo ad una cartella di pagamento per la quale c’ era stato lo sgravio ed aveva accolto il ricorso originario della contribuente per le restanti cartelle di pagamento, condannando l’ente impositore alla rifusione delle spese giudiziali in misura di € 300,00 -sulla statuizione relativa alle spese giudiziali per presunta violazione dei minimi tariffari, ritenendo che il giudice di prime cure avesse, in realtà, parzialmente compensato le spese del primo grado di giudizio e compensando, altresì, le spese del secondo grado di giudizio per l’« alterno andamento della vicenda giudiziaria ».
La Regione Lazio è rimasta intimata.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, si denuncia « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento alla pronuncia di riforma della sentenza di primo grado in assenza dello svolgimento di una domanda in tal senso in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. ».
2.1 Il predetto motivo è fondato.
2.2 Secondo la ricorrente: « La CGT di II grado capitolina ha erroneamente ritenuto di poter, sostanzialmente, riformare d’ufficio la sentenza di primo grado nella parte in cui,
per effetto dell’integrale accoglimento del ricorso di primo grado, al netto della parziale declaratoria di cessazione della materia del contendere;
della sua consequenziale condanna (in integrale applicazione del principio di soccombenza) al pagamento delle spese processuali in favore della parte vittoriosa in danno della Regione Lazio nella misura di € 300,00 ;
ancorché il gravame interposto (unicamente dalla parte contribuente vittoriosa sul merito della lite in primo grado) vertesse esclusivamente sulla ritenuta violazione dei cd. Minimi tariffari contenuta nella statuizione di condanna della Regione Lazio nella misura di € 300,00;
d) ancorché la Regione Lazio, costituitasi nel giudizio di secondo grado, avesse concluso affinché ‘Piaccia all’adita Onorevole Commissione Tributaria Regionale del Lazio, rigettare integralmente l’appello di controparte e per l’effetto confermare l’impugnata sentenz a n. 2250/21 della CTP di Roma, con condanna dell’appellante alla refusione delle spese di lite del presente grado di giudizio, quantificate in € 702,00 (in base al valore della causa di € 300,00 dichiarato da controparte), in applicazione dei parametri medi della vigente tariffa professionale forense, con le previste maggiorazioni e con la riduzione del 20%, ex art. 15, 2sexies del D.lgs. n. 546/92’ (pag. 4-5 controdeduzioni in appello -doc.C4 fascicolo di cortesia), omettendo, pertanto, di interporre gravame incidentale;
ha sostanzialmente, ed illegittimamente, modificato la statuizione assunta dalla CTP capitolina attraverso una
rimodulazione della statuizione in punto di spese, rilevando espressamente che ‘la parziale compensazione delle spese’ (mai statuita dal Giudice di prime cure, aggiunto da noi), ‘ancorch é non esplicitata nelle motivazioni della sentenza (e nemmeno nella parte dispositiva, aggiunto da noi), è chiaramente dovuta alla parziale cessazione della materia del contendere’.
In altri termini, la CGT di II grado capitolina ha riformato, d’ufficio, la sentenza di primo grado adottando una statuizione che, ancorché con il veicolo del passaggio motivazionale, nel ritenere che ‘la parziale compensazione delle spese, ancorch é non esplicitata nelle motivazioni della sentenza, è chiaramente dovuta alla parziale cessazione della materia del contendere per una delle cartelle contestate con conseguente riduzione rispetto al minimo calcolato sul valore della lite’, la ‘interpretava’ d’uffi cio (di fatto adottando una nuova statuizione) rilevando che la CTP capitolina non intendeva applicare integralmente il principio di soccombenza in danno della Regione Lazio, ma intendeva derogarvi parzialmente (e quindi disporre la parziale compensazione), ‘con conseguente riduzione al minimo calcolato sul valore della lite’.
Ebbene, detto passaggio motivazionale va interpretato nel senso che la CGT di II grado ha ancorché nella parte motiva, ‘di fatto’ riformato la sentenza di primo grado, sostituendo:
a) la statuizione della CTP capitolina ‘condanna la Regione Lazio al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 300’ b) con la statuizione (per effetto della nuova interpretazione) ‘condanna la Regione Lazio al pagamento delle spese processuali che, per effetto della parziale compensazione, sono liquidate per la parte non compensate in € 300’ .
In tal modo la CGT di II grado capitolina, ha violato:
a) sotto un primo profilo violando l’art. 2909 c.c. -324 c.p.c. ed in particolare il giudicato formatosi sull’applicazione integrale del principio di soccombenza statuita dalla CTP capitolina e non gravata, in sfavore della parte vittoriosa, dalla parte soccombente all’esito del primo grado di giudizio.
A tal riguardo, la CGT di II grado capitolina articola una motivazione che:
aa) nonostante il Giudice di prime cure nella sentenza di primo grado, espressamente avesse rilevato, nella parte motiva, che le spese, ‘in ragione della prevalente soccombenza, devo essere poste (integralmente, aggiunto da noi) a carico della Regione Lazio’ (pag. 3 sentenza di primo grado), e cioè nella misura di € 300.
sostituisce in termini assoluti la dichiarata scelta della CTP capitolina di applicare integralmente il principio di soccombenza in danno della Regione Lazio con quella di disporre una non meglio precisata (nella sua misura) compensazione parziale delle spese di lite con l’effetto di addivenire alla conclusione che l’importo di € 300 fosse da considerarsi non già la risultante della integrale applicazione del principio di soccombenza, bensì l’importo risultante dall’avvenuta compensazione (e come tale legit timamente, a dire del Giudice del gravame), inferiore al minimo tariffario, considerato nella sua integrità, in tal modo violando il giudicato formatosi sul punto;
sotto un secondo profilo violando l’art. 112 c.p.c nella parte in cui ha, di fatto, rilevato officiosamente (e quindi deciso) su una domanda non svolta da alcuna delle parti nel secondo grado di giudizio ».
2.3 A ben vedere, il giudice di appello ha errato nel ritenere che vi fosse stata una compensazione parziale delle spese
giudiziali a fronte della parziale cessazione della materia del contendere, laddove, in base ai principi della c.d. ‘ soccombenza virtuale ‘, il giudice di prima istanza aveva soltanto apprezzato la ‘ prevalente soccombenza ‘ dell’ente impositore, che era stato condannato, perciò, alla rifusione integrale delle spese giudiziali. La compensazione, anche parziale, richiedeva una specifica pronuncia, che non c’è stata e non può essere presuntivamente e automaticamente desunta dalla parziale cessazione della materia del contendere. Dunque, la sentenza impugnata è incorsa in extra petizione, in difetto di appello incidentale da parte dell’ente impositore.
2.4 Ciò in coerenza alla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui è ravvisabile il vizio di extra petizione soltanto allorquando il giudice di appello pronunci oltre i limiti delle richieste e delle eccezioni fatte valere dalle parti, oppure su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; non è, invece, precluso al giudice del gravame l’esercizio del potere-dovere di qualificare diversamente i fatti, con il solo limite di non esorbitare dalle richieste contenute nell’atto di impugnazione e di non introdurre nuovi elementi di fatto nell’ambito delle questioni sottoposte al proprio esame (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 28 luglio 2017, n. 18830; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2021, n. 8716; Cass., Sez. 5^, 22 luglio 2021, n. 21057; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, n. 10897; Cass., Sez. 6^-5, 18 maggio 2022, n. 15992; Cass., Sez. Trib., 15 maggio 2023, n. 13265; Cass., Sez. Trib., 24 giugno 2024, nn. 17319, 17330 e 17341; Cass., Sez. Trib., 15 febbraio 2025, n. 3850). In particolare, il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della
contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi , sostanziandosi nel divieto d’introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di ” ultra ” o ” extra ” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum o causa petendi ), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ( petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ( petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 11 aprile 2018, n. 9002; Cass., Sez. 5^, 23 ottobre 2020, n. 23229; Cass., Sez. 5^, 6 maggio 2021, n. 11984; Cass., Sez. 6^-5, 3 novembre 2021, n. 31258; Cass., Sez. 5^, 5 aprile 2022, nn. 10897 e 10905; Cass., Sez. 6^-5, 18 maggio 2022, n. 15992; Cass., Sez. Trib., 6 agosto 2024, n. 22234; Cass., Sez. Trib., 21 febbraio 2025, n. 4625).
Con il secondo motivo, si denuncia: « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. ».
3.1 Il predetto motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo, rispetto al quale è stato proposto in via subordinata, rendendosene superfluo ed ultroneo lo scrutinio.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento del secondo motivo, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione la motivo accolto con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e dichiara l’assorbimento del secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio dell ’11 luglio