Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4618 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5   Num. 4618  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2025
IRPEF ACCERTAMENTO
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17229/2017 R.G. proposto da:
COGNOME  NOME ,  rappresentata  e  difesa,  per procura  speciale  in  calce  al  ricorso, dall’AVV_NOTAIO, nonché, per procura speciale allegata alla comparsa di costituzione  di  nuovo  difensore,  dall’AVV_NOTAIO, elettivamente  domiciliata  presso  l’indirizzo  di  posta  elettronica certificata di quest’ultimo;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avv ocatura Generale AVV_NOTAIO  AVV_NOTAIO  presso  la  quale  è  domiciliata  in  ROMA,  INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 48/2017, depositata il 17 gennaio 2017; udita  la  relazione  svolta  dal  AVV_NOTAIO  NOME  COGNOME nella pubblica udienza del 5 febbraio 2025; sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso; NOME  COGNOME  per  i  ricorrenti  e  l’AvvAVV_NOTAIO
sentiti l’AVV_NOTAIO per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Il 30 luglio 2014 l’RAGIONE_SOCIALE Entrate notificò l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO a NOME COGNOME, rettificandone il reddito ai fini Irpef per l’anno 2009 in conseguenza del rilievo, per il medesimo periodo di imposta, di un maggior reddito d’impresa (a fini Irap e Iva) a  carico  di  RAGIONE_SOCIALE, società estinta della quale la contribuente era socia accomandataria.
La COGNOME impugnò l’avviso innanzi alla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che respinse il ricorso.
Anche il successivo appello della contribuente fu respinto.
Con la sentenza indicata in epigrafe, in particolare, la RAGIONE_SOCIALE.T.RRAGIONE_SOCIALE ritenne in premessa la competenza della RAGIONE_SOCIALE ad emettere l’atto impositivo, invece contestata dalla contribuente; nel merito, poi, fece rinvio alla decisione emessa in pari data in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE, osservando che
tutti  i  motivi  di  gravame  afferivano,  in  realtà,  alla  posizione  di quest’ultima.
La sentenza d’appello è stata impugnata da NOME COGNOME con ricorso per cassazione affidato a nove motivi, illustrati da successiva memoria.
L ‘Amministrazione finanziaria ha depositato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Con  il  primo  motivo  la  ricorrente  denunzia  «nullità  della sentenza  per  violazione  degli  artt.  14,  19  e  59  del  decreto legislativo n. 546 del 1992, degli artt. 101 e 102 del codice di procedura civile e dell’art. 111 Cost., anche nel relativo combinato disposto».
La  censura  ha  ad  oggetto  la  mancata  integrazione  del contraddittorio,  da  parte  della  RAGIONE_SOCIALE,  nei  confronti  «di  tutti  i litisconsorti necessari».
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia nullità della sentenza per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, «in combinazione con l’art. 132, num. 4), cod. proc. civ. e l’art. 118 disp.att. cod. proc. civ.».
La sentenza d’appello è censurata nella parte in cui ha reso una motivazione per relationem mediante integrale rinvio ad altra sentenza,  peraltro  pubblicata  con  numero  successivo,  senza alcuna possibilità che della stessa potessero individuarsi le ragioni di fatto e di diritto.
Il terzo mezzo deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 2312 e 2495 cod. civ., nonché dell’art. 10 della l. 22 luglio 2000, n. 212.
La  ricorrente  contesta  la  legittimità  della  notificazione  del questionario ex art. 32, comma 4, del d.P.R. 29 settembre 1973, n.  600, che aveva preceduto l’accertamento nei confronti della
società, in quanto effettuata dopo la cancellazione di quest’ultima dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese; ne deduce, infatti, la sussistenza di una fattispecie di nullità assoluta, non sanabile dal fatto che essa ne era stata comunque messa a conoscenza.
4. Il quarto motivo denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 24 e 53 Cost. e dell’art. 10 della l. n. 212/2000.
La ricorrente -riferendosi, evidentemente, alla sentenza resa dalla  RAGIONE_SOCIALE  nei  confronti  della  società  alla  quale  fa  rinvio  la decisione appellata in questa sede -si  duole  del fatto che non siano stati presi in considerazione i documenti prodotti nel corso del giudizio di primo grado.
Evidenzia, al riguardo, le ragioni per le quali il ritardo nella produzione non le sarebbe imputabile e richiama, in ogni caso, la giurisprudenza  che  ha  ritenuto  legittime  le  produzioni  tardive, sulla base del principio affermato dall’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992 e del diritto alla difesa.
5. Con il quinto mezzo di impugnazione è dedotta violazione dell’art. 267 TFUE e dell’art. 24 della l. 7 gennaio 1929, n. 4.
Anche detto motivo inerisce alla sentenza d’appello concernente la società, che viene criticata nella parte in cui non ha  affermato  che  non  sussisteva  la  necessità  di  rispettare  le prescrizioni  normative  poste  a  tutela  del  contraddittorio  nel procedimento accertativo, pur vertendosi in tema di Iva.
6. Il sesto motivo denunzia violazione degli artt. 53 Cost. e 39,  comma  2,  del  d.P.R.  n.  600/1973,  «come  recepiti  dalla circolare n. 32/E del 2006».
La  ricorrente  assume  che  la  determinazione  del  credito erariale  sarebbe  addivenuta  ad  una  «iperbolica  percentuale  di ricarico globale […] che non ha riscontri nell’economia reale».
Contesta,  in  tal  senso,  la  sentenza  resa  nei  confronti  della società, nella quale l’operato dell’Ufficio è stato ritenuto legittimo poiché  è  consistito  nel  recupero  a  tassazione  di  costi  non documentati e, quindi, non deducibili.
Con il settimo mezzo, denunziando violazione dell’art. 2313 cod. civ., la contribuente si duole del fatto che l’Amministrazione abbia notificato l’atto  impositivo  relativo  alla  società  estinta  ad entrambi i soci del sodalizio, senza operare distinzione in ordine alle rispettive «classi di responsabilità», ovvero fra socio accomandante e socio accomandatario.
Con l’ottavo motivo, denunziando «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. 600/73», la ricorrente contesta nuovamente la sentenza relativa alla società nella parte in cui ha ritenuto legittimo l’atto impositivo relativo benché sottoscritto da funzionario privo di delega; rileva, in proposito, che la delega prodotta dall’Ufficio sarebbe «priva dei requisiti minimi per essere ritenuta valida», in quanto priva di motivazione, non conferita per il singolo atto ma per la totalità degli accertamenti concernenti un maggiore imponibile compreso fra 50.001,00 e 300.000,00 euro e priva della data di scadenza.
Infine, con il nono motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte concernente la competenza RAGIONE_SOCIALE diverse direzioni territoriali che hanno provveduto alla notifica degli atti impositivi.
La  decisione  sarebbe  errata  e  contraddittoria  laddove  ha ritenuto che, in relazione al medesimo anno d’imposta, sarebbero competenti  due  diverse  direzioni  pur  in  presenza  di  un  unico domicilio del destinatario; in particolare, i giudici d’appello avrebbero dovuto rilevare «il vizio sostanziale e radicale
dell’avviso di accertamento» conseguente alla carenza di potere dell’organo accertativo.
10. Occorre preliminarmente dar conto del fatto che, nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, la ricorrente ha chiesto a questa Corte di rilevare che «i principali capisaldi del ricorso rimangono acquisiti in base al principio di non contestazione», in quanto l’RAGIONE_SOCIALE controricorrente non li avrebbe espressamente confutati, avendo anzi espressamente concluso per « l’accoglimento della sentenza impugnata»; la stessa ricorrente, in ogni caso, ha sostenuto che «sui medesimi temi si sono già formati i giudicati per i ricorsi-fotocopia in risposta ad altrettanti accertamentifotocopia concernenti l’annualità precedente».
Entrambi gli assunti sono immeritevoli di àdito.
Quanto, infatti, all’affermata «non contestazione» dei motivi di  ricorso,  è  appena  il  caso  di  osservare  che,  al  contrario, l’Amministrazione ne ha dedotto l’inammissibilità o l’infondatezza sotto distinti e specifici profili.
La richiesta di annullamento -anziché di conferma -della sentenza impugnata, contenuta nelle conclusioni del controricorso, è verosimilmente riconducibile ad errore materiale e non può incidere sulla valutazione del contenuto dell’atto, che non va limitata al dato letterale RAGIONE_SOCIALE conclusioni, ma va svolta con riferimento ai profili sostanziali della richiesta rivolta al giudice (cfr. Cass. Sez. U, n. 3041/2007; successive conformi, fra le numerose altre, Cass. n. 4302/2023; Cass. n. 11631/2018; Cass. n. 22893/2008).
Quanto, poi, all’affermata sussistenza di un giudicato esterno, formatosi in seguito al rigetto della pretesa erariale concernente
l’anno di imposta 2008, l’assunto della contribuente non è munito di un sufficiente grado di specificità.
Questa Corte, infatti, ha affermato in più occasioni (v. ad es. Cass. n. 36741/2022; Cass. n. 19199/2022; Cass. n. 9710/2018; Cass. n. 21395/2017) che in questi casi l’ efficacia esterna del giudicato richiede che l ‘ accertamento compiuto nel giudizio definito con decisione irrevocabile abbia ad oggetto elementi costitutivi della fattispecie, i quali, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere «tendenzialmente permanente»; esso, per contro, non può avere alcuna efficacia vincolante laddove l’ accertamento relativo ai diversi anni di imposta si fondi su presupposti di fatto potenzialmente mutevoli.
Ed invero, la ricorrente non ha fornito elementi significativi della sussistenza di tale indefettibile presupposto per l’invocata operatività del giudicato esterno; essa, infatti, si è limitata a indicare l’ordinanza di questa Corte n. 11139/2019, con la quale è stato respinto il ricorso erariale avverso la sentenza d’appello favorevole ai soci sul rilievo del fatto che era divenuto medio tempore definitivo l’accertamento nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, ma che non contiene alcuna indicazione circa la tipologia di accertamento compiuta nel giudizio definito.
Ciò premesso, e venendo all’esame del ricorso, il primo motivo è inammissibile per carenza di interesse.
11.1.  Secondo  la  prospettazione  della  ricorrente,  i  giudici d’appello avrebbero errato nel non rilevare la sussistenza di una fattispecie di litisconsorzio necessario, adottando ogni conseguente  provvedimento  per  la  ricostituzione  del  corretto rapporto processuale.
La  censura  appare  dunque  riferita  alla  pendenza,  oltre  al presente, del giudizio relativo alla società RAGIONE_SOCIALE ( recte : ai
soci della stessa, succedutile dopo l’estinzione) , in relazione alla ripresa a tassazione a fini Irap.
11.2. In questo senso, va anzitutto osservato che il motivo non ricostruisce  correttamente  i  dati  processuali,  omettendo  di riportare che il presente giudizio e quello relativo alla società sono stati oggetto di trattazione e decisione contestuali, sia in primo grado che in grado d’appello.
Al riguardo, è ben vero che questa Corte, con la nota pronunzia n. 14815/2008 resa a Sezioni Unite, ha affermato il principio secondo cui, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi RAGIONE_SOCIALE società di persone e dei relativi soci, ai quali tali redditi sono automaticamente imputati in misura proporzionale alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguardi inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo che questi prospettino questioni personali, sicché tutti questi soggetti devono essere parte AVV_NOTAIO stesso procedimento e la controversia non può essere definita limitatamente ad alcuni di essi.
Nondimeno,  sul  medesimo  tema  questa  stessa  Corte  ha affermato (dapprima con Cass. n. 3830/2010; in seguito, fra le numerose altre, con Cass. n. 10270/2024; Cass. n. 19402/2022; Cass. n. 36001/2021; Cass. n. 6135/2020) che la dichiarazione di nullità dei giudizi non va disposta laddove emerga  la sussistenza di una  complessiva  fattispecie che in ciò  non determini  un  pregiudizio  effettivo  per  i  litisconsorti,  in  quanto caratterizzata:
(a) dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e RAGIONE_SOCIALE difese processuali svolte dalle stesse;
(b) da ll’ identità oggettiva, quanto a causa petendi , dei ricorsi;
(c)  dalla  loro  simultanea  proposizione  avverso l’ avviso  di accertamento,  sostanzialmente  unitario,  che  fonda  la  rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni della società e di tutti i soci (con conseguente identità di difese);
(d) dalla loro simultanea trattazione e della identità sostanziale della decisione adottata dai giudici.
Tutti gli elementi di tale complessiva fattispecie sono rinvenibili nella presente vicenda, nella quale la posizione della società  RAGIONE_SOCIALE, quanto alla ripresa ai fini Irap per l’anno 2009,  e  quella  dei  soci, in ordine  ai rispettivi redditi  per imputazione, sono state trattate contestualmente, nelle medesime udienze, dallo stesso collegio e con decisioni coincidenti, rese sulla base di identiche argomentazioni difensive.
11.3. In proposito, non sfugge al Collegio che la richiamata giurisprudenza, nell’escludere la nullità come conseguenza della mancata integrazione del contraddittorio ab origine , ha comunque attribuito  una  sorta  di  efficacia  sanante  alla  circostanza  della successiva riunione dei giudizi innanzi al giudice di legittimità.
Ciò, tuttavia, non osta a che in questo caso possa comunque addivenirsi a una pronunzia sul merito dell’impugnazione anche senza dar corso a detto incombente; e ciò in continuità con l’ orientamento di questa Corte secondo cui, laddove il ricorso per cassazione appaia inammissibile o prima facie infondato (ipotesi che, per le ragioni che si esporranno nel prosieguo, ricorre nella specie), occorre evitare comportamenti che si concretino in aggravio di attività processuali e inconcludenti formalità, senza
comportare  alcun  beneficio  per  la  garanzia  dell ‘ effettività  dei diritti  processuali  RAGIONE_SOCIALE  parti  (in  tal  senso,  da  ultimo,  Cass.  n. 1692/2025;  in  precedenza,  fra  le  altre,  Cass.  n.  18890/2021; Cass. n. 11287/2018).
12. Il secondo motivo è infondato.
Questa Corte, chiamata a scrutinare la validità della sentenza con motivazione redatta mediante richiamo di un provvedimento giudiziario reso in altro processo, ha in effetti ritenuto necessario che la sentenza resti ‘ autosufficiente ‘ , riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logicogiuridica; ne è derivata la dichiarazione di nullità, ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE sentenze che si limitavano alla mera indicazione dell’esistenza del provvedimento richiamato, senza esposizione del contenuto e senza apprezzamento RAGIONE_SOCIALE argomentazioni assunte nell’altro giudizio, in specie quanto alla loro pertinenza e decisività rispetto ai temi dibattuti dalle parti (cfr., fra le altre, Cass. n. 21443/2022; Cass. n. 459/2022; Cass. n. 22562/2016).
E tuttavia, una tale impostazione è finalizzata al rispetto della necessità -anch’essa  più  volte  affermata  da  questa  Corte  in riferimento all’obbligo di motivazione dei provvedimenti che la decisione consenta «l’individuazione RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a fondamento del dispositivo» (così, espressamente, la menzionata Cass. n. 459/2022).
Per tale ragione, ad esempio, è stata esclusa la nullità della sentenza motivata mediante rinvio ad altro precedente dell’ ufficio reso tra le stesse parti, «in quanto il riferimento ai ‘ precedenti conformi ‘ contenuto  nell’art.  118  disp.  att.  cod.  proc.  civ.  non
deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di  identiche  questioni,  nell’ambito  di  un  più  ampio  disegno  di riduzione dei tempi del processo civile» (così Cass. n. 29017/2021).
In questi casi, continua peraltro l’ultima pronunzia citata , la motivazione  del  precedente  costituisce  parte  integrante  della decisione, sicché la parte che intenda impugnarla ha l’onere di compiere una precisa analisi anche RAGIONE_SOCIALE argomentazioni che vi sono inserite mediante l’operazione inclusiva del precedente, alla stregua  dei  requisiti  di  specificità  propri  di  ciascun  moAVV_NOTAIO  di gravame, previo esame preliminare della sovrapponibilità del caso richiamato alla fattispecie in discussione.
Ed  invero,  che  tale  ultima  fattispecie  sia  integrata  dalla presente vicenda processuale è confermato dal fatto che i motivi di  ricorso  si  riferiscono  ampiamente  e  dettagliatamente  alla sentenza  d’appello  resa  dalla  RAGIONE_SOCIALE  nel  giudizio  relativo  alla società  poi  estinta;  il  che  conduce  a  escludere  che  l’odierna ricorrente possa dolersi della mancata conoscenza RAGIONE_SOCIALE ragioni della decisione.
13. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Se,  infatti,  la  notifica  di  un  atto  impositivo  effettuata  nei confronti di una società già cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese è nulla, poiché l’estinzione impedisce che la società sia munita di autonoma  legittimazione  processuale,  altrettanto  non  può  dirsi per l’invio del questionario di cui all’art. 32, comma 4, d.P.R. n. 600/1973.
Quest’ultimo, per vero, non è previsto quale presupposto o momento  necessario  e  indefettibile  della  serie  procedimentale
finalizzata alla rettifica che caratterizza l’accertamento tributario, ma costituisce una mera facoltà discrezionale dell’Amministrazione finanziaria, tant’è che, se viene omesso, non si determina alcuna invalidità dell’accertamento medesimo (v., fra le altre, Cass. n. 38060/2021; Cass. n. 27851/2018).
 Il  quarto  e  il  quinto  mezzo  di  impugnazione  appaiono connessi, poiché concernono entrambi il tema del contraddittorio endoprocedimentale.
Essi,  pertanto,  possono essere esaminati congiuntamente e vanno dichiarati infondati.
Sul punto, infatti, la C.T.R. si è conformata ai principi più volte affermati al riguardo da questa Corte; in particolare, va condiviso il rilievo circa il fatto che, per il segmento accertativo riferito all’Iva, la doglianza della contribuente avrebbe potuto trovare conforto ove costei avesse assolto all’onere di allegazione specifica RAGIONE_SOCIALE ragioni concrete che potevano esser fatte valere ove il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, in quanto, per la loro serietà e pertinenza, tali ragioni avrebbero potuto incidere sul ‘se’ e sul contenuto dell’atto (v. Cass. n. 26068/2023; Cass. n. 37234/2022).
In proposito, e con specifico riguardo al quarto motivo, conviene ribadire che l’onere non assolto concerne il piano RAGIONE_SOCIALE allegazioni, non già quello RAGIONE_SOCIALE produzioni che ad esse siano, eventualmente, riferite; in proposito, la sentenza d’appello relativa alla società ha affermato -in termini che la censura non scalfisce minimamente -che né il ricorso introduttivo, né l’atto di appello recavano in alcun modo l’indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni che la società contribuente avrebbe potuto far valere nell’ipotesi di tempestiva attivazione del contraddittorio (pag. 7).
15. Il sesto motivo non coglie la ratio decidendi .
La ricorrente assume, infatti, che l’Ufficio avrebbe operato un abnorme ‘ricarico globale’ RAGIONE_SOCIALE imposte dovute, denunziando la contrarietà  della  quantificazione  al  principio  costituzionale  di capacità contributiva.
Tale assunto non si confronta con l’affermazione contenuta nella pronunzia richiamata dai giudici d’appello (pag. 8) circa il fatto che l’importo indicato «non è il ricarico operato dall’Ufficio, bensì semplicemente la conseguenza (in termini economici) del fatto che […], non avendo i ricorrenti prodotto documentazione giustificativa e distinta analitica dei cos ti […] pari complessivamente ad € 82.929,00» di tali ultimi è stato legittimamente recuperato a tassazione l’intero ammontare, trattandosi di costi dedotti in assenza dei presupposti.
Tale assunto non si confronta con l’affermazione contenuta in sentenza (pag. 8) circa il fatto che l’importo indicato «non è il ricarico operato dall’Ufficio, bensì semplicemente la conseguenza (in termini economici) del fatto che […], non avendo i ricorre nti prodotto documentazione giustificativa e distinta analitica dei costi […] pari complessivamente ad € 82.929,00», di tali ultimi è stato legittimamente recuperato a tassazione l’intero ammontare, trattandosi di costi dedotti in assenza dei presupposti.
In proposito, non è pertinente il richiamo operato dalla contribuente alla circolare n. n. 32/E del 2006 dell’RAGIONE_SOCIALE, secondo la quale (peraltro in conformità al consolidato orientamento di questa Corte, v. ad es. Cass. n. 2444/2024) nel caso, qui ricorrente, di accertamento induttivo ‘ puro ‘ deve riconoscersi la deduzione dei costi di produzione, determinata anche in misura percentuale forfettaria; tale indicazione opera, infatti, nel caso in cui l’Amministrazione abbia provveduto alla rideterminazione dei ricavi del contribuente, non certo, come
avvenuto nella specie, al mero rilievo della mancata deduzione di costi.
16. Il settimo motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Non  v’è infatti  spazio  per  le  doglianze  della  ricorrente,  in relazione al proprio reddito di partecipazione, in ragione del fatto che l’avviso relativo alla società è stato notificato ad entrambi i soci, senza distinzione concernente il regime di responsabilità.
È infondato, poi, anche l’ottavo motivo, concernente un asserito difetto di delega in capo al firmatario degli atti impositivi che sarebbe stato trascurato dalla C.T.R. nella sentenza richiamata.
Detta ultima appare invece conforme ai dettami di questa Corte sul punto, laddove, in particolare, ha statuito che la delega non deve essere conferita per il singolo atto e munita di un termine di scadenza (Cass. n. 21972/2024), che essa non va allegata all’atto impositivo, in quanto provvista di mera rilevanza interna (Cass. n. 5826/2023), e che l’atto è comunque valido ove, come nella specie, sia stato sottoscritto da un funzionario delegato di carriera direttiva (Cass. n. 5177/2020).
Resta  l’esame  del  nono  motivo,  che  è  inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi .
In punto alla competenza territoriale ad emanare l’avviso di accertamento,  infatti,  la  sentenza  appellata  ha  motivato  con chiarezza,  ritenendola  radicata  in  relazione  alla  residenza  della COGNOME.
Ogni altra considerazione, come svolta in seno alla censura, esula dal percorso argomentativo adottato dai giudici d’appello.
 Il  ricorso  è  dunque  complessivamente  meritevole  di rigetto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente al pagamento di un importo pari al doppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese, che liquida in € 3.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis AVV_NOTAIO stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di