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Visto infedele: la competenza dell’ufficio è cruciale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5013/2025, ha annullato una cartella di pagamento emessa nei confronti di un professionista per l’apposizione di un visto infedele. Il motivo della decisione risiede nell’incompetenza territoriale dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha emesso l’atto. La Corte ha stabilito che la competenza non si basa sul domicilio del contribuente, ma su quello del professionista che ha commesso la violazione, confermando un orientamento consolidato.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto infedele: la Cassazione ribadisce la nullità dell’atto emesso dall’ufficio incompetente

L’apposizione del visto infedele su una dichiarazione dei redditi comporta gravi responsabilità per il professionista abilitato. Tuttavia, la pretesa sanzionatoria dell’amministrazione finanziaria deve rispettare precise regole procedurali, prima fra tutte quella sulla competenza territoriale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, confermando che l’atto emesso da un ufficio territorialmente incompetente è nullo, a prescindere dal merito della violazione contestata.

I fatti del caso

Un professionista, responsabile dell’assistenza fiscale per un Centro autorizzato (CAAF), aveva apposto il visto di conformità sulla dichiarazione modello 730 di un contribuente. A seguito di un controllo formale, l’Agenzia delle Entrate riteneva il visto ‘infedele’ e iscriveva a ruolo, a carico del solo professionista, l’imposta, gli interessi e una sanzione pari al 30% dell’imposta, notificandogli la relativa cartella di pagamento. L’ufficio che procedeva era la direzione provinciale competente per il domicilio fiscale del contribuente assistito.

Il professionista impugnava la cartella sostenendo, tra i vari motivi, l’incompetenza dell’ufficio che aveva emesso l’atto. Secondo la sua difesa, la competenza a sanzionare la violazione non spettava all’ufficio locale del contribuente, ma alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui aveva domicilio fiscale il trasgressore, ovvero il professionista stesso.

Il percorso giudiziario e la questione della competenza

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado davano ragione al professionista. In particolare, i giudici d’appello hanno ritenuto fondato e ‘assorbente’ il motivo relativo all’incompetenza dell’ufficio. Hanno stabilito che, in base all’art. 39, comma 2, del d.lgs. n. 241/1997, l’autorità competente a contestare le violazioni e ad applicare le sanzioni al responsabile del visto è la Direzione Regionale del domicilio fiscale del trasgressore (il professionista/CAF). Di conseguenza, l’atto emesso dall’ufficio provinciale del contribuente era illegittimo e doveva essere annullato.

Le motivazioni della Cassazione sul visto infedele

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte lo ha rigettato, confermando la decisione d’appello. La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato, citando numerose sentenze conformi. La responsabilità del professionista per visto infedele, secondo i giudici, ha una funzione anche punitiva. Per questa ragione, la norma individua specificamente la competenza per l’iscrizione a ruolo nella Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate, individuata in base al domicilio fiscale del professionista ‘trasgressore’.

Questa regola sulla competenza non può essere derogata. L’atto compiuto da un ufficio diverso da quello indicato dalla legge è viziato da illegittimità per incompetenza funzionale e territoriale, e tale vizio ne determina la nullità. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia, relativo alla mancata applicazione di una legge più favorevole (favor rei), poiché la decisione dei giudici di merito si era fondata interamente sulla questione pregiudiziale e assorbente dell’incompetenza, senza mai entrare nel merito del quantum della sanzione.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale a garanzia dei professionisti e dei contribuenti: la validità di un atto impositivo dipende non solo dalla fondatezza della pretesa, ma anche dal rigoroso rispetto delle norme procedurali, inclusa la competenza dell’organo che lo emette. Per i professionisti che appongono il visto di conformità, ciò significa che qualsiasi contestazione per un presunto visto infedele deve provenire esclusivamente dalla Direzione Regionale del proprio domicilio fiscale. Un atto emesso da un qualsiasi altro ufficio, come quello del domicilio del cliente, è radicalmente nullo e può essere impugnato con successo.

Chi è responsabile in caso di visto di conformità infedele?
Secondo la normativa applicabile al caso (art. 39, d.lgs. n. 241/1997, nella versione antecedente alla modifica del 2019), il soggetto che rilascia il visto di conformità infedele è tenuto al pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente.

Quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate è competente a sanzionare il professionista per un visto infedele?
La competenza appartiene alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in ragione del domicilio fiscale del trasgressore (cioè del professionista o del CAF che ha apposto il visto), e non alla direzione provinciale o territoriale del domicilio fiscale del contribuente.

Cosa succede se la cartella di pagamento viene emessa da un ufficio incompetente?
Se l’atto di contestazione o la cartella di pagamento viene emesso da un ufficio territorialmente e funzionalmente incompetente, l’atto è illegittimo e, di conseguenza, nullo. Tale nullità può essere fatta valere impugnando l’atto davanti al giudice tributario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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