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Visto infedele: incompetenza e nullità dell’atto

Un professionista fiscale è stato ritenuto responsabile per un visto di conformità infedele. La Corte di Cassazione ha annullato l’atto sanzionatorio perché emesso da un ufficio territorialmente incompetente. La competenza, in questi casi, spetta esclusivamente alla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate del domicilio fiscale del professionista e non a quella del contribuente assistito. Questa violazione procedurale determina la nullità dell’atto.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di Conformità Infedele: La Cassazione Annulla l’Atto per Incompetenza Territoriale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale per i professionisti fiscali, stabilendo che un atto sanzionatorio per visto di conformità infedele è nullo se emesso da un ufficio territorialmente incompetente. Questa decisione sottolinea l’importanza del rispetto delle regole procedurali da parte dell’Amministrazione Finanziaria e offre un’importante tutela ai professionisti del settore.

I Fatti del Caso

Un professionista abilitato all’assistenza fiscale, operante tramite un Centro Autorizzato di Assistenza Fiscale (CAAF), aveva apposto il proprio visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi di un contribuente. A seguito di un controllo formale, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto il visto ‘infedele’ e ha iscritto a ruolo, a carico del professionista, una somma pari all’imposta, alle sanzioni e agli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, in base alla normativa allora vigente.

Il professionista ha impugnato la cartella di pagamento sostenendo due argomentazioni principali:
1. L’applicazione del principio della lex mitior, dato che una legge successiva (L. n. 26/2019) aveva ridotto la sanzione a una somma pari al 30% della maggiore imposta, invece dell’intero importo.
2. Il difetto di competenza territoriale dell’ufficio che aveva emesso l’atto, sostenendo che la competenza spettasse alla direzione regionale del proprio domicilio fiscale e non a quella del contribuente.

I giudici di primo e secondo grado avevano parzialmente accolto le ragioni del professionista, applicando la sanzione più mite, ma rigettando l’eccezione di incompetenza. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione sulla competenza per il visto di conformità infedele

La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni dei giudici di merito, ha accolto il ricorso incidentale del professionista incentrato sulla questione di competenza. I giudici supremi hanno stabilito che l’eccezione di incompetenza era fondata e, di conseguenza, assorbiva ogni altra questione, inclusa quella relativa all’applicazione della lex mitior.

La Corte ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo direttamente nel merito, ha annullato l’atto originario, accogliendo il ricorso introduttivo del professionista. Questo significa che la pretesa fiscale nei confronti del professionista è stata interamente cancellata a causa del vizio procedurale.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si basa su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. La responsabilità del professionista che rilascia un visto di conformità infedele ha una natura non solo risarcitoria ma anche punitiva. Per questa ragione, le norme che individuano l’organo competente a irrogare la sanzione devono essere interpretate e applicate con rigore.

L’articolo 39, comma 2, del D.Lgs. n. 241/1997 stabilisce chiaramente che la competenza per contestare le violazioni e irrogare le sanzioni relative al visto infedele appartiene alla ‘direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore’. Il ‘trasgressore’ in questo contesto è il professionista che ha apposto il visto, non il contribuente.

Di conseguenza, l’atto emesso dall’ufficio provinciale del luogo di domicilio del contribuente è stato emesso da un organo privo di competenza funzionale e territoriale. Questa incompetenza, secondo la Corte, non è una mera irregolarità, ma un vizio che determina l’illegittimità e la conseguente nullità dell’atto impugnato.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: il rispetto delle regole procedurali è fondamentale per la validità degli atti fiscali. Per i professionisti, ciò significa che un atto sanzionatorio per un visto di conformità infedele deve provenire tassativamente dalla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente per il loro domicilio fiscale. Qualsiasi atto emesso da un ufficio diverso è illegittimo e può essere annullato. È quindi essenziale, in caso di contestazione, verificare non solo il merito della pretesa, ma anche la competenza dell’ufficio che l’ha avanzata, poiché un vizio di questo tipo può essere decisivo per l’esito del contenzioso.

Quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate è competente a sanzionare un professionista per un visto di conformità infedele?
La competenza esclusiva spetta alla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in base al domicilio fiscale del professionista (il ‘trasgressore’) che ha apposto il visto, e non a quella del contribuente assistito.

Cosa succede se l’atto di accertamento viene emesso da un ufficio territorialmente incompetente?
L’atto è illegittimo e nullo. La violazione delle norme sulla competenza territoriale e funzionale costituisce un vizio insanabile che porta all’annullamento dell’atto impugnato.

La responsabilità del professionista per il visto infedele ha natura solo risarcitoria o anche punitiva?
Secondo la Corte di Cassazione, la responsabilità prevista per chi rilascia un visto di conformità infedele ha una funzione anche punitiva. Questa natura sanzionatoria impone una stretta osservanza delle norme procedurali, inclusa quella sulla competenza dell’organo che irroga la sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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