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Visto infedele: competenza territoriale dell’Agenzia

Un professionista è stato ritenuto responsabile per un visto infedele su una dichiarazione dei redditi. La Corte di Cassazione ha annullato la sanzione, stabilendo che la competenza territoriale per l’irrogazione spetta alla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate del domicilio del professionista, e non a quella del contribuente. L’atto emesso da un ufficio incompetente è stato dichiarato nullo.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto Infedele: La Cassazione Annulla l’Atto per Incompetenza Territoriale

La responsabilità del professionista che appone un visto infedele su una dichiarazione dei redditi è una questione delicata, con importanti conseguenze economiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha però ribadito un principio procedurale cruciale che può portare all’annullamento dell’atto sanzionatorio: la competenza territoriale dell’Agenzia delle Entrate. La Suprema Corte ha chiarito che non un ufficio qualsiasi può agire, ma solo quello specificamente individuato dalla legge.

I Fatti del Caso: Un Visto di Conformità Controverso

Un professionista abilitato, responsabile dell’assistenza fiscale per un CAAF, aveva apposto il visto di conformità sulla dichiarazione Modello 730/2015 (relativa all’anno d’imposta 2014) di un contribuente. A seguito di un controllo formale, la direzione provinciale di Perugia dell’Agenzia delle Entrate riteneva il visto apposto come ‘infedele’.

Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria iscriveva a ruolo, a carico del professionista, una somma pari all’imposta, alla sanzione (30% dell’imposta) e agli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, come previsto dalla versione della norma all’epoca vigente. La relativa cartella di pagamento veniva notificata, ma il professionista decideva di impugnarla.

I Motivi del Ricorso: Incompetenza e Legge più Favorevole

Il professionista ha basato il suo ricorso in Cassazione su tre motivi principali, ma uno in particolare si è rivelato decisivo. Egli ha sostenuto l’incompetenza territoriale dell’ufficio che aveva emesso l’atto. Secondo la sua difesa, l’art. 39, comma 2, del D.Lgs. 241/1997 stabilisce chiaramente che l’autorità competente a contestare la violazione e a irrogare la sanzione non è l’ufficio locale del contribuente (in questo caso Perugia), ma la direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in base al domicilio fiscale del trasgressore, ovvero del professionista stesso (in questo caso Roma). L’atto emesso dall’ufficio di Perugia era, quindi, viziato da incompetenza.

In secondo luogo, il ricorrente invocava l’applicazione del principio della lex mitior, sostenendo che una modifica normativa successiva (legge n. 26/2019) aveva reso la sanzione meno gravosa, limitandola al solo 30% della maggiore imposta riscontrata, escludendo l’imposta stessa e gli interessi.

La Decisione della Corte: la Competenza Territoriale per il Visto Infedele è Inderogabile

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo assorbente rispetto agli altri. Gli Ermellini hanno confermato un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, citando numerose sentenze precedenti conformi. La Corte ha stabilito che la responsabilità prevista per chi rilascia un visto infedele ha una funzione anche punitiva.

Questa natura punitiva impone un’interpretazione rigorosa delle norme procedurali, inclusa quella sulla competenza. Pertanto, la competenza a iscrivere a ruolo le somme dovute spetta esclusivamente alla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in base al domicilio fiscale del professionista. Questa regola non può essere derogata, pena l’illegittimità dell’atto. Di conseguenza, poiché l’atto era stato emesso dall’ufficio di Perugia invece che dalla direzione regionale di Roma, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha annullato l’atto originario per incompetenza.

Le Motivazioni

La chiave di volta della decisione risiede nella qualificazione della responsabilità del professionista come avente natura punitiva. Non si tratta di una mera obbligazione di recupero del tributo, ma di una vera e propria sanzione per un comportamento professionale non corretto. Questa qualificazione attrae la disciplina sulla competenza verso il soggetto che ha commesso la violazione, cioè il professionista, e non verso il soggetto a cui la dichiarazione si riferiva, cioè il contribuente. La norma individua un’autorità specifica (la direzione regionale del domicilio del trasgressore) e questa attribuzione di competenza è funzionale e inderogabile. Un atto compiuto in violazione di tale attribuzione è, perciò, irrimediabilmente illegittimo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per tutti i professionisti fiscali e i CAAF. In caso di contestazione per un visto di conformità ritenuto infedele, il primo controllo da effettuare è sulla competenza territoriale dell’ufficio che ha emesso l’atto. Se l’atto proviene dall’ufficio del contribuente anziché dalla direzione regionale del domicilio del professionista, sussiste un valido motivo di impugnazione per incompetenza, che può portare all’annullamento totale della pretesa fiscale. La sentenza rafforza un principio di garanzia procedurale, fornendo certezza giuridica e una chiara via di difesa per gli intermediari fiscali.

Chi è responsabile in caso di visto di conformità infedele?
Il professionista che ha apposto il visto è ritenuto responsabile. Secondo la normativa applicabile al caso, la sua responsabilità si estendeva all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi. Una normativa successiva ha poi modificato tale responsabilità, riducendola a una somma pari al 30% della maggiore imposta riscontrata.

Quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate è competente a sanzionare il professionista per un visto infedele?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la competenza spetta inderogabilmente alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui il professionista (il ‘trasgressore’) ha il proprio domicilio fiscale, e non all’ufficio competente per il domicilio del contribuente assistito.

Cosa succede se l’atto sanzionatorio è emesso da un ufficio territorialmente incompetente?
Se l’atto è emesso da un ufficio diverso da quello territorialmente competente secondo la legge, esso è illegittimo. Come deciso dalla Corte, tale vizio di incompetenza comporta l’annullamento dell’atto impugnato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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