Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13292 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13292 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14827/2022 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME come da procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentate e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato
– resistente-
Agenzia delle entrate-riscossione, in persona del Direttore pro tempore
– intimata-
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Umbria, n. 75/1/22, depositata il 3 febbraio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Il dott. NOME COGNOME nella qualità di responsabile dell’assistenza fiscale, quale professionista abilitato a tale incombente, su incarico del Centro autorizzato di assistenza fiscale (CAAF) RAGIONE_SOCIALE, appose il proprio visto di conformità sui documenti allegati alla dichiarazione Modello 730/2015 (relativa all’ annualità d’imposta 2014) di un contribuente avente domicilio fiscale nel territorio di competenza dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Perugia.
La direzione provinciale di Perugia dell’Agenzia delle entrate sottopose a controllo formale ex art. 36ter d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la dichiarazione del contribuente assistito ed all’esito, ritenendo che il visto apposto fosse infedele, iscrisse a ruolo a carico del dott. NOME COGNOME ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, l’imposta (Irpef), la sanzione (pari al 30 per cento dell’imposta) e gli interessi «che sarebbero stati richiesti al contribuente».
Notificata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione la relativa cartella di pagamento allo stesso dott. COGNOME quest’ultimo l’ ha impugnata innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Perugia, assumendo, tra l’altro, che a seguito della modifica dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997, operata dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 (che ha convertito in legge, con modifiche, il d.l. 28 gennaio 2019, n. 4), la quale costituirebbe lex mitior , anche colui che ha apposto il visto infedele a dichiarazioni presentate per l’anno 2014 e fino all’entrata in vigore della legge n. 26 del 2019, non avrebbe dovuto comunque rispondere dell’imposta, della sanzione e degli interessi che, secondo le risultanze del controllo formale, sarebbero stati richiesti al contribuente, ma solo del 30 per cento della maggiore imposta riscontrata. Infatti, il novellato art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. n. 241 del 1997, prevede, con riferimento alla medesima fattispecie, che coloro che abbiano apposto il visto di conformità siano tenuti al
« pagamento di una somma pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata», e non più « di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente», come nella versione previgente della medesima norma.
Inoltre, secondo il ricorrente, sulla base del dato letterale dell’art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241 del 1997, in parte qua rimasto invariato, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente ad azionare la pretesa delle somme in questione – e nel caso di specie a provvedere alla formazione del ruolo, presupposto della cartella di pagamento notificata dall’agente della riscossione ed impugnata- avrebbe dovuto essere la «direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore anche sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia» (ovvero la direzione regionale di Roma), e non l’ufficio (la direzione provinciale di Perugia) competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente assistito che si era rivolto al CAF.
La Commissione tributaria provinciale adita ha rigettato il ricorso.
Il dott. COGNOME ha proposto appello avverso tale sentenza.
La Commissione tributaria regionale dell’Umbria ha rigettato l’appello incidentale del dott. COGNOME
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, il dott. COGNOME
L’Agenzia delle entrate ha resistito senza elaborare difese, al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
L’Agenzia delle entrate-riscossione è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce « Errore in judicando. Violazione e/o falsa applicazione dell’art 39, primo comma lettera a) e secondo comma, DLgs 241/1997 in relazione all’art 360, primo comma, n 3 cpc.».
Assume il ricorrente che la CTR avrebbe errato nel negare che la cartella di pagamento, formata a seguito dell’ iscrizioni a ruolo effettuate dalla direzione provinciale di Perugia all’esito del controllo ex art 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973 della dichiarazione del contribuente assistito, fosse viziata dal dedotto difetto di
incompetenza del soggetto che ha effettuato l’iscrizione a ruolo, atteso che il comma 2 del ridetto art 39, vigente ratione temporis , dispone invece che «Le violazioni dei commi 1 e 3 del presente articolo e dell’articolo 7-bis sono contestate e le relative sanzioni sono irrogate dalla direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore anche sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia», configurando così, anche rispetto alla fattispecie del rilascio di visto di infedele relativo alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’articolo 13, del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164 (ovvero, nel caso di specie, ad un CAAF-dipendenti), la competenza funzionale e territoriale della direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore, ovvero dello stesso professionista che ha apposto il visto.
Inoltre, secondo il ricorrente, l’ipotizzata incompetenza territoriale da parte di un ufficio dell’Amministrazione finanziaria integrerebbe una causa di annullabilità dell’atto impugnato, secondo la conclusione cui è già pervenuta la giurisprudenza di legittimità.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce « Errore in judicando. Violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dall’art. 39, comma 1, lettera a) e lettera a-bis) del DLgs 241/1997 e dall’art 3 DLgs 472/1997 nonché dell’art 7 CEDU e degli artt 3, 23 e 53 Costituzione in relazione all’art 360, primo comma, n 3 cpc.», per non aver i giudici del gravame riconosciuto, in applicazione del favor rei , la diversa quantificazione della sanzione nella misura più favorevole al ricorrente, come risultante dall’art 39, comma 1, lett a), d.lgs n. 241 del 1997, modificato dal d.l. n. 4 del 2019, ovvero nella minor somma, epurata dalle imposte e dagli interessi.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce « Error in procedendo. Violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dall’art 112 e 132 cpc in relazione all’art 360, primo comma, n 3 cpc», per non avere il giudice a quo ritenuto la sentenza di primo grado affetta da vizio assoluto di motivazione.
3.1. Il primo motivo di ricorso ha potenziale capacità di assorbimento dei
restanti.
Il mezzo è fondato.
Infatti, con riferimento alla medesima fattispecie, pronunziando tra le stesse parti, questa Corte ha già chiarito che la responsabilità, prevista dall’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, del d.lgs. n. 241 del 1997 ( ratione temporis applicabile), dei soggetti che rilasciano il visto di conformità o l’asseverazione infedeli, relativamente alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’art. 13 del d.m. n. 164 del 1999, ha una funzione anche punitiva; ne consegue che, ai sensi del comma 2 del citato art. 39, la competenza all’iscrizione a ruolo, nei confronti dei medesimi soggetti, di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, appartiene alla direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, individuata in ragione del domicilio fiscale del trasgressore e non può essere derogata, pena l’illegittimità dell’atto compiuto in violazione di tale attribuzione (Cass. n. 11660/2024; conformi, tra le stesse parti, ex multis , Cass. n. 14796/2024; Cass. n. 14792/2024; Cass. n. 14787/2024; Cass. n. 14785/2024; Cass. n. 14779/2024; Cass. n.14750/2024; Cass. n. 14749/2024; Cass. n. 14745/2024; Cass. n. 14699/2024; Cass. n. 14578/2024; Cass. n. 11818/2024; Cass. n. 11806/2024; Cass. n. 11799/2024; Cass. n. 11790/2024). Il Collegio, non ravvisando nelle difese delle parti argomenti per discostarsi da tale orientamento – cui intende dare ulteriore continuità, richiamando le motivazioni degli arresti precedenti già citati- ritiene pertanto di accogliere il secondo motivo di ricorso, poiché la decisione resa dal giudice d’appello non è conforme ai principi emergenti dai richiamati e consolidati precedenti di legittimità. Per l’effetto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va cassata la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, va accolto, nei termini sinora evidenziati (ovvero per la nullità, a causa dell’ incompetenza dell’ufficio che ha provveduto, dell’atto impugnato in primo grado), il ricorso introduttivo del dott. COGNOME.
4. Restano assorbiti, per effetto dell’accoglimento del primo motivo e dell’accertata invalidità, a monte, dell’iscrizione a ruolo e della conseguente
cartella di pagamento, gli ulteriori motivi del ricorso.
5. In considerazione della novità della questione e della conseguente recente formazione di un pur nutrito orientamento di legittimità in materia, le spese del merito e quelle di legittimità si compensano.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo di NOME COGNOME nei termini di cui in motivazione e compensa le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025