Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11806 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 11806 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 31990/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresento e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO, come da procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale presso quest’ultima in Roma, INDIRIZZO.
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore -intimata- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1813/2021, depositata il 13 maggio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 aprile 2024 dal Presidente e relatore Consigliere NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del primo motivo del ricorso , l’ accoglimento del secondo e l’assorbimento del terzo e del quarto;
udita per il ricorrente l’AVV_NOTAIO, delegata dall’ AVV_NOTAIO; udito per l’Avvocatura generale dello RAGIONE_SOCIALE l’AVV_NOTAIO
FATTI DI CAUSA
1. Il AVV_NOTAIO NOME COGNOME, nella qualità di responsabile dell’RAGIONE_SOCIALE Fiscale, quale professionista abilitato a tale incombente, su incarico del RAGIONE_SOCIALE, appose il proprio visto di conformità sui documenti allegati alla dichiarazione NUMERO_DOCUMENTO (relativa all’ annualità d’imposta 2014) di un contribuente avente domicilio RAGIONE_SOCIALE nel territorio di competenza dell’Ufficio dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
La RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE sottopose a controllo formale ex art. 36ter d.P .R. 29 settembre 1973, n. 600, la dichiarazione del contribuente assistito ed all’esito, ritenendo che il visto apposto fosse infedele, iscrisse a ruolo a carico del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, l’imposta (Irpef), la sanzione (pari al 30 per cento dell’imposta) e gli interessi «che sarebbero stati richiesti al contribuente».
Notificata dall’RAGIONE_SOCIALE la relativa cartella di pagamento allo stesso AVV_NOTAIO COGNOME, quest’ultimo l’ha impugnata innanzi alla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, assumendo, tra l’altro, che a seguito della modifica dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997, operata dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 (che ha convertito in legge, con modifiche, il d.l. 28 gennaio 2019, n. 4), la quale costituirebbe lex mitior , anche colui che ha apposto il visto infedele a dichiarazioni presentate per l’anno 2014 e fino all’entrata in vigore della legge n. 26 del 2019, non avrebbe dovuto comunque rispondere dell’imposta, della sanzione e degli interessi che, secondo le risultanze del controllo formale, sarebbero stati richiesti al contribuente, ma solo del 30 per cento
della maggiore imposta riscontrata. Infatti, il novellato art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. n. 241 del 1997, prevede, con riferimento alla medesima fattispecie, che coloro che abbiano apposto il visto di conformità siano tenuti al « pagamento di una somma pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata», e non più « di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente», come nella versione previgente della medesima norma.
Inoltre, secondo il ricorrente, sulla base del dato letterale dell’art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241 del 1997, in parte qua rimasto invariato, l’ufficio dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE competente ad azionare la pretesa RAGIONE_SOCIALE somme in questione – e nel caso di specie a provvedere alla formazione del ruolo, presupposto della cartella di pagamento notificata dall’agente della RAGIONE_SOCIALE ed impugnata- avrebbe dovuto essere la «RAGIONE_SOCIALE regionale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE competente in ragione del domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore anche sulla base RAGIONE_SOCIALE segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima RAGIONE_SOCIALE» (ovvero la RAGIONE_SOCIALE regionale di Roma), e non l’ufficio (la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) competente in relazione al domicilio RAGIONE_SOCIALE del contribuente assistito che si era rivolto al CAF.
La Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE adita (come risulta dalla sentenza qui impugnata) ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la cartella quanto alla debenza di una somma pari all’imposta ed ai relativi interessi, in applicazione del principio del favor rei . L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello principale avverso la sentenza di primo grado, mentre il AVV_NOTAIO COGNOME ha proposto appello incidentale.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello principale erariale ed ha rigettato quello incidentale della parte privata, confermando integralmente la cartella impugnata.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi e supportato da memoria, il AVV_NOTAIO. COGNOME.
L’RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi inammissibile il primo motivo, accogliersi il secondo e dichiararsi assorbito il terzo ed il quarto.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia « Errore in iudicando. Violazione e/o
falsa applicazione dell’art 39, primo comma lettera a-bis) e secondo comma del d.lgs. 241/1997 in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3 c.p.c.».
Assume il ricorrente che la CTR avrebbe errato nel negare che la cartella di pagamento, formata a seguito dell’iscrizione a ruolo effettuata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE all’esito del controllo ex art 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973 della dichiarazione del contribuente assistito, fosse viziata dal deAVV_NOTAIOo difetto di incompetenza del soggetto che ha effettuato l’iscrizione a ruolo, atteso che il comma 2 del ridetto art 39, vigente ratione temporis , dispone invece che «Le violazioni dei commi 1 e 3 del presente articolo e dell’articolo 7-bis sono contestate e le relative sanzioni sono irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE regionale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE competente in ragione del domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore anche sulla base RAGIONE_SOCIALE segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima RAGIONE_SOCIALE», configurando così, anche rispetto alla fattispecie del rilascio di visto di infedele relativo alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’articolo 13, del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164 (ovvero, nel caso di specie, ad un RAGIONE_SOCIALEdipendenti), la competenza funzionale e territoriale della RAGIONE_SOCIALE regionale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE competente in ragione del domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore, ovvero dello stesso professionista che ha apposto il visto.
La sentenza impugnata, inoltre, avrebbe ulteriormente errato nell’affermare che, in ogni caso, l’ipotizzata incompetenza territoriale da parte di un ufficio dell’Amministrazione finanziaria, non costituisce, in assenza di un’espressa previsione legislativa, causa di nullità o annullabilità dell’atto impugnato. Tale tesi, secondo il ricorrente, sarebbe in contrasto con l’opposta conclusione cui è già pervenuta la giurisprudenza di legittimità.
1.1. Il motivo è innanzitutto ammissibile, non potendosi condividere l’eccezione del P .G. di inammissibilità per difetto di autosufficienza, relativamente al domicilio RAGIONE_SOCIALE in Roma del AVV_NOTAIO COGNOME. Infatti, la censura, sostenendo la competenza ‘verticale’ funzionale della RAGIONE_SOCIALE regionale dell’RAGIONE_SOCIALE, piuttosto che di quella RAGIONE_SOCIALE, è comunque rilevante, potendo da sola determinare eventualmente l’eccepita incompetenza, anche a prescindere dall’ulteriore profilo relativo all’incompetenza (anche) ‘orizzontale’ territoriale.
Inoltre, nel ricorso sono richiamati gli atti introduttivi del primo e del secondo grado dell’attuale ricorrente, con localizzazione RAGIONE_SOCIALE relative allegazioni in materia d’incompetenza, e comunque il domicilio RAGIONE_SOCIALE in Roma (o comunque al di fuori dell’area territoriale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) del ricorrente non risulta controverso in fatto né dalla sentenza impugnata (che peraltro dà conto della sede l in
Roma del RAGIONE_SOCIALE in questione), né dalle deduzioni della controricorrente, che anzi né dà atto anche a pag. 4 del controricorso. Pertanto, anche sotto il profilo della competenza territoriale, la censura evidenzia comunque a sufficienza gli elementi di critica in diritto al criterio utilizzato dalla CTR.
1.2. Data quindi l’ammissibilità del mezzo, giova premettere alla sua trattazione la riproduzione RAGIONE_SOCIALE parti qui più rilevanti della formulazione legislativa dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997 – rubricato con il titolo «Sanzioni»- nella versione modificata dall’art. 6 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, concordemente ritenuta vigente ratione temporis dall’Amministrazione (che l’ha posta infatti a fondamento della sua pretesa) e dal ricorrente.
Il comma 1, lett. a), secondo periodo, per quanto qui interessa, dispone che:
« Salvo che il fatto costituisca reato e ferma restando l’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni per le violazioni di norme tributarie:
ai soggetti indicati nell’articolo 35 che rilasciano il visto di conformità, ovvero l’asseverazione, infedele si applica, la sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2.582. Salvo il caso di presentazione di dichiarazione rettificativa, se il visto infedele è relativo alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’articolo 13, del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164, i soggetti indicati nell’articolo 35 sono tenuti nei confronti dello RAGIONE_SOCIALE o del diverso ente impositore al pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente ai sensi dell’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sempre che il visto infedele non sia stato inAVV_NOTAIOo dalla conAVV_NOTAIOa dolosa o gravemente colposa del contribuente. Costituiscono titolo per la RAGIONE_SOCIALE mediante ruolo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, le comunicazioni con le quali sono richieste le somme di cui al periodo precedente. Eventuali controversie sono devolute alla giurisdizione tributaria. Se entro il 10 novembre dell’anno in cui la violazione è stata commessa il CAF o il professionista trasmette una dichiarazione rettificativa del contribuente ovvero, se il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione, trasmette una comunicazione dei dati relativi alla rettifica il cui contenuto è definito con provvedimento del Direttore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la somma dovuta è pari all’importo della sola sanzione. La sanzione è riAVV_NOTAIOa nella misura prevista dall’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, se il versamento è effettuato entro la stessa data del 10 novembre. La violazione è punibile in caso di liquidazione RAGIONE_SOCIALE
imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni, di cui all’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e in caso di controllo ai sensi degli articoli 36-ter e seguenti del medesimo decreto, nonché’ in caso di liquidazione dell’imposta dovuta in base alle dichiarazioni e di controllo di cui agli articoli 54 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. La violazione è punibile a condizione che non trovi applicazione l’articolo 12-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. In caso di ripetute violazioni, ovvero di violazioni particolarmente gravi, è disposta a carico dei predetti soggetti la sospensione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità e l’asseverazione, per un periodo da uno a tre anni. In caso di ripetute violazioni commesse successivamente al periodo di sospensione, è disposta l’inibizione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità e l’asseverazione. Si considera violazione particolarmente grave il mancato pagamento della suddetta sanzione;».
Il successivo comma 2 recita: « Le violazioni dei commi 1 e 3 del presente articolo e dell’articolo 7-bis sono contestate e le relative sanzioni sono irrogate dalla RAGIONE_SOCIALE regionale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE competente in ragione del domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore anche sulla base RAGIONE_SOCIALE segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima RAGIONE_SOCIALE. L’atto di contestazione è unico per ciascun anno solare di riferimento e, fino al compimento dei termini di decadenza, può essere integrato o modificato dalla medesima RAGIONE_SOCIALE regionale. I provvedimenti ivi previsti sono trasmessi agli ordini di appartenenza dei soggetti che hanno commesso la violazione per l’eventuale adozione di ulteriori provvedimenti.».
1.3. Il motivo è fondato.
Occorre muovere dal dato testuale del già riproAVV_NOTAIOo comma 2 dell’art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241 del 1997. Invero, già nella originaria versione di tale disposizione era previsto che le «sanzioni» previste dalle lettere a) e b) del comma 1 fossero « irrogate con provvedimento della RAGIONE_SOCIALE regionale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE competente in ragione del domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore». Successivamente, l’ attuale versione del medesimo comma 2 è stata inserita nel corpo dell’art 39 dall’art. 1 legge 27 dicembre 2006, n. 296, ovvero prima ancora che l’art. 6 d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, a sua volta, introducesse nel comma 1, lett. a), la previsione che colui che ha rilasciato il visto di conformità infedele è tenuto, nei confronti dello RAGIONE_SOCIALE o del diverso ente impositore, (anche) al pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta, della
sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente.
All’esordio del comma 2 dell’art. 39 nel testo attualmente vigente, la prassi non aveva avuto alcun dubbio nel rilevare che « il citato articolo 1, comma 33, della legge finanziaria ha attratto espressamente alla competenza della Direzione Regionale anche la fase della contestazione della violazione. Peraltro, in mancanza di una disciplina transitoria ed in base al dato testuale dell’articolo 1, comma 33, lettera d), della legge finanziaria, dal 1° gennaio 2007 l’attività di contestazione e la successiva irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni per le violazioni di cui sopra devono essere effettuate esclusivamente dalle Direzioni Regionali ed in base alle regole del d.lgs. n. 472 del 1997 La citata disposizione, collega, infatti, le attività di contestazione ed irrogazione al domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore » (circolare n. N. 52/E del 27 settembre 2007).
Successivamente il legislatore, con l’art. 6 d.lgs. n. 175 del 2014, ha modificato il comma 1, lett. a), dell’art. 39, ma pur innovando ed ampliando le ‘conseguenze’ (‘sanzionatorie’ o meno, come infra si dirà) del rilascio del visto infedele con riferimento ad alcune fattispecie, ha mantenuto comunque sostanzialmente inalterato il comportamento illecito cui attribuisce disvalore, ovvero la ‘violazione’, che continua ad essere integrata dall’infedeltà del visto. Ed è la ‘violazione’ che, ai sensi del ridetto comma 2, contribuisce a determinare la regola di competenza applicabile. Pertanto, il riferimento, nel comma 2, alle ‘violazioni’ dei commi 1 continua ad essere riferibile alla violazione commessa apponendo il visto infedele, a prescindere dalle diverse ed ulteriori conseguenze ‘punitive’ che da essa possano derivare anche per effetto della novella del 2014.
Tanto meno, poi, il legislatore nel 2014, in parallelo alla modifica del comma 1, lett. a), dell’art. 39, ha variato il ridetto comma 2, relativo alla competenza funzionale della RAGIONE_SOCIALE regionale. Competenza che, peraltro, può configurarsi come speciale solo per quanto riguarda l’attribuzione ‘verticale’ della materia alle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; mentre, riguardo alla distribuzione ‘orizzontale’ per territorio tra queste ultime, appare conciliabile con i principi generali in materia d’imposte. Infatti, il criterio territoriale del domicilio RAGIONE_SOCIALE del soggetto sottoposto alla potestà dell’ufficio, aAVV_NOTAIOato dall’art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241 del 1997, non è difforme dal criterio generale vigente nella materia dell’accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte, basato (ai sensi degli artt. 31, ratione temporis secondo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 e 40, primo comma, d.P.R. n. 633 del 1972) sul domicilio RAGIONE_SOCIALE del contribuente ed esteso (per effetto dell’art. 12, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) anche alla legittimazione a procedere alla
conseguente eventuale iscrizione a ruolo (cfr., ex plurimis , Cass. 20/02/2020, n. 4412) e di riflesso, a mezzo dell’art. 16, comma 1, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, al procedimento sanzionatorio.
Non pare, peraltro, determinante che le richiamate disposizioni facciano riferimento al domicilio RAGIONE_SOCIALE del «soggetto obbligato alla dichiarazione» o del «contribuente». Infatti, la pacifica natura non tributaria dell’obbligazione in questione (affermata già dalla relazione allo schema del d.lgs. n. 175 del 2014, sulla quale infra ; nonché dalla prassi erariale, cfr . circolare n. 12/E del 24/05/2019; oltre che dalla stessa sentenza impugnata), e comunque la circostanza che il trasgressore sia tenuto al pagamento non dell’imposta, ma ‘di una somma pari all’importo’ di quest’ultima, giustifica la declinazione del criterio generale di collegamento territoriale con l’ufficio, ai fini dell’iscrizione a ruolo e della conseguente cartella di pagamento, in ragione del domicilio RAGIONE_SOCIALE del soggetto che ha apposto il visto infedele, ovvero del trasgressore, sul quale, nel caso di specie, si esercita in concreto la potestà coattiva erariale.
In sintesi, quindi, il comma 2, richiamando le «violazioni dei commi 1 e 3 del presente articolo» si riferiva alla medesima ‘violazione’, comunque già ab origine prevista nel comma 1, consistente nel rilascio di un visto infedele, ed a questa continua a riferirsi, pur quando essa dia luogo, per effetto dell’art. 6 d.lgs. n. 175 del 2014, alla conseguenza anche del pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente. Il che attrae anche tale ipotesi alla competenza funzionale esclusiva RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE competenti rispetto al domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore, ovvero di colui che ha rilasciato il visto infedele.
Non potrebbe ritenersi d’ostacolo a tale conclusione la circostanza che mentre il ridetto comma 2 parla di contestazione RAGIONE_SOCIALE violazioni e di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, invece il comma 1, lett. a), dopo aver previsto nel secondo periodo che i soggetti indicati nell’articolo 35 sono tenuti nei confronti dello RAGIONE_SOCIALE o del diverso ente impositore al pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente ai sensi dell’articolo 36ter d.P.R. n. 600 del 1973, stabilisce nel terzo e nel quarto periodo che costituiscono titolo per la RAGIONE_SOCIALE mediante ruolo di cui al d.P.R. n. 602 del 1973, le comunicazioni con le quali sono richieste le somme di cui al periodo precedente.
L’ipotesi di un diverso iter procedimentale non pare, invero, determinante al fine di escludere ogni rilevanza della competenza attribuita dal ridetto comma 2, atteso che il
precedente comma 1-bis dello stesso art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997 dispone che nei casi di violazioni commesse ai sensi dei commi 1 e 3 del presente articolo e dell’articolo 7bis , « si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.». Sicché la circostanza che la richiesta al trasgressore RAGIONE_SOCIALE somme in questione avvenga con l’immediata iscrizione a ruolo, di cui all’art. 39, comma 1, piuttosto che con il diverso procedimento di cui al d.lgs. n. 472 del 1997, n. 472, non appare dirimente per escludere, sulla base di una possibile differenza procedimentale, già prevista dallo stesso legislatore, la rilevanza dell’attribuzione della competenza, dettata dal ridetto comma 2 con riferimento appunto alle violazioni commesse ai sensi dei commi 1 e 3, a prescindere dalle modalità procedimentali.
Neppure si rinviene, ai fini che qui rilevano, la sistematica necessità di una coincidenza di competenza tra l’ufficio che ha sottoposto a controllo il contribuente assistito e quello che deve iscrivere a ruolo la pretesa nei confronti del trasgressore che ha rilasciato il visto rivelatosi infedele.
Infatti, a prescindere dalle modifiche operate successivamente dal d.lgs. n. 175 del 2014 in ordine alle conseguenze della violazione integrata con l’apposizione del visto infedele, l’esito del controllo formale ex art. 36ter del d.P.R. n. 600 del 1973 sulla dichiarazione del contribuente assistito, e la relativa comunicazione al centro di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e al responsabile dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE o al professionista, si ponevano egualmente a monte della responsabilità del trasgressore, anche quando la violazione era punita con la sola sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2.582. Nonostante ciò, tuttavia, il legislatore, con riferimento alla reazione nei confronti del trasgressore, aveva comunque già previsto la competenza esclusiva RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE territorialmente competenti rispetto al domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore, benché non coincidessero necessariamente con gli uffici territoriali competenti a controllare le dichiarazioni dei contribuenti assistiti. Non a caso, del resto, lo stesso legislatore ha previsto all’uopo, nel medesimo comma 2 dell’art. 39, uno specifico flusso di comunicazioni dagli uffici locali alle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dell’ RAGIONE_SOCIALE, affinché queste ultime provvedano (« anche sulla base RAGIONE_SOCIALE segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima RAGIONE_SOCIALE»). Non vi sarebbe invero necessità di tale strumento, ove gli uffici locali, in caso di violazioni, potessero provvedere in ogni caso direttamente.
Pertanto, il riferimento del comma 1, lett. a), secondo periodo, dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997 ( e dello stesso art. 26, in particolare commi da 3 a 3quater , d.m. Finanze 31 maggio 1999, n.164) al controllo formale ex art 36ter d.P.R. n. 600 del 1973 ed
alla RAGIONE_SOCIALE mediante ruolo ai sensi del d.P.R. n. 602 del 1973, certamente concorre ad individuare la fattispecie procedimentale che generi le comunicazioni di rettifica della dichiarazione del contribuente vistata, presupposto dell’infedeltà del visto e della responsabilità di chi lo ha apposto; dall’altro vale ad estendere ex lege , nei confronti del trasgressore, l’efficacia soggettiva, quali titoli per la RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE medesime comunicazioni, con le quali sono richieste le somme in questione.
Tuttavia, dal complesso RAGIONE_SOCIALE disposizioni in esame non si ricava anche una specifica attribuzione di competenza, per l’iscrizione a ruolo, ad un determinato ufficio dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che possa porsi come eccezione rispetto alla competenza funzionale espressamente dettata dal ridetto comma 2 dell’art. 39 (né, invero, che sia derogatoria della competenza territoriale ‘orizzontale’ generale, riconducibile, come detto, al domicilio RAGIONE_SOCIALE del soggetto- non il contribuente, nel caso di specie- in concreto destinatario della pretesa impositiva azionata mediante l’iscrizione a ruolo).
1.4. Tirando le fila di quanto sinora argomentato, deve concludersi innanzitutto che il comma 2 dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997 risulta norma attributiva di una competenza funzionale alla RAGIONE_SOCIALE regionale dell’RAGIONE_SOCIALE, individuata in relazione al domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore, anche con riferimento alla fattispecie nella quale l’Amministrazione proceda direttamente all’iscrizione a ruolo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente.
Ad ulteriore conforto di tale soluzione, deve aggiungersi che essa è in linea con la ratio complessiva della norma, che è quella di accentrare, su base regionale, la competenza sui rapporti dell’RAGIONE_SOCIALE con i soggetti deputati a rilasciare visti di conformità.
Ratio coerente, del resto, con quanto già disposto dal d.m. Finanze 12 luglio 1999, intitolato «Individuazione degli uffici competenti per le attività e gli adempimenti di cui ai capi II e IV del regolamento recante norme per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE resa dai centri RAGIONE_SOCIALE e per i dipendenti, dai sostituti di imposta e dai professionisti, aAVV_NOTAIOato con decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze 31 maggio 1999, n. 164.», che (visto l’art. 28 del regolamento recante norme per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, aAVV_NOTAIOato con decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze 31 maggio 1999, n. 164, che attribuisce al RAGIONE_SOCIALE la individuazione, con propri provvedimenti organizzativi, degli uffici competenti per le attività e gli adempimenti di cui ai capi II e IV del citato regolamento) ha attribuito tra l’altro alle RAGIONE_SOCIALE la competenza all’autorizzazione all’attività di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la funzione di tramite con l’ o rgano del Ministero obbligato alla tenuta degli albi dei C.ARAGIONE_SOCIALEA.F., alcune competenze procedurali in
merito alla richiesta di autorizzazione all’esercizio della facoltà di rilasciare il visto di conformità o l’asseverazione, nonché l’esercizio della funzione di vigilanza di cui agli artt. 10 e 25 i professionisti comunicano preventivamente all’RAGIONE_SOCIALE.
Date tali premesse, non gioverebbe alle esigenze di concentrazione, e comunque di efficienza e buon andamento dell’amministrazione finanziaria, un’interpretazione dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997 che, all’interno del medesimo rapporto tra il soggetto legittimato all’apposizione del visto e l’Amministrazione e nell’ambito della disciplina RAGIONE_SOCIALE possibili reazioni all’apposizione di un visto infedele, diversificasse la competenza degli uffici locali di quest’ultima in ragione dell’applicazione, o meno, del procedimento di cui al d.lgs. n. 472 del 1997, che lo stesso art. 39 prevede del resto sia applicabile nei limiti di compatibilità.
Né, peraltro, può ritenersi che la concentrazione della legittimazione presso le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE possa ostacolare l’esercizio efficace dell’azione amministrativa, avendo il legislatore previsto appositamente, nello stesso comma 2 dell’art. 39, la comunicazione di informazioni dagli uffici locali alle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della medesima RAGIONE_SOCIALE.
Contemporaneamente, la concentrazione evita all’unico soggetto legittimato a rilasciare il visto il possibile aggravio di poter essere chiamato a difendersi, in fase amministrativa e di conseguenza in giudizio, in una miriade di sedi diverse, riconducibili al domicilio RAGIONE_SOCIALE dei molteplici contribuenti assistiti, ma potenzialmente estranee a quella naturale del suo domicilio RAGIONE_SOCIALE. E si tratta, anche in questo caso, di un’esigenza che lo stesso legislatore ha mostrato di apprezzare quando, nell’ipotesi specifica in cui si proceda con atto di contestazione, ha previsto non solo che esso sia unico per ciascun anno solare di riferimento, ma anche che fino al compimento dei termini di decadenza, la sua integrazione o la sua modifica possa essere effettuata dalla «medesima RAGIONE_SOCIALE regionale», evidentemente quella « competente in ragione del domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore», individuata nel medesimo comma.
1.5. Giova peraltro precisare che nel ricorso, nel controricorso e nella stessa sentenza impugnata, così come accaduto altre volte nella giurisprudenza di merito in materia, anche la natura sanzionatoria, o meno, della fattispecie introAVV_NOTAIOa nel ridetto comma 1 dell’art. 39 dall’ art. 6 d.lgs. n. 175 del 2014, viene utilizzata quale ulteriore argomentazione di supporto rispetto al problema dell’applicabilità della regola di competenza di cui all’art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241 del 1997.
Invero, come già rilevato, la riconducibilità, quanto meno ai fini dell’individuazione dell’ufficio dell’RAGIONE_SOCIALE competente, della fattispecie di responsabilità introAVV_NOTAIOa nel
ridetto comma 1 dell’art. 39 dall’ art. 6 d.lgs. n. 175 del 2014, valorizzando il persistente riferimento del comma 2 dello stesso art. 39 alle ‘violazioni’ commesse ai sensi dei precedenti commi 1 e 2, può finanche prescindere dalla qualificazione, in termini sanzionatori o meno, della ‘conseguenza’ (il pagamento di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente) dell’apposizione del visto infedele.
Fermo quanto sinora premesso, è opportuno comunque sottolineare che è vero che nella relazione allo schema del d.lgs. n. 175 del 2014 si legge che l’obbligazione prevista dalla disposizione in capo al CAF o al professionista, «cui è peraltro riconosciuto un compenso a carico dell’amministrazione RAGIONE_SOCIALE a fronte dell’attività di controllo svolta», «non ha natura tributaria ma civilistica».
Tuttavia, occorre in ogni caso verificare come le intenzioni espresse nei lavori preparatori si siano poi traAVV_NOTAIOe nella norma positiva, anche per effetto della sua sistematica collocazione nell’ordinamento.
Nel caso di specie, l’esclusone della natura tributaria dell’obbligazione de qua trova corrispondenza sia nella clausola di apertura dell’art. 39 ( «ferma restando l’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni per le violazioni di norme tributarie», sicché non sono ‘tributarie’ quelle di seguito tipizzate nella medesima norma), comune a tutte le fattispecie di cui allo stesso articolo; sia nell’espressa riconduzione (altrimenti pleonastica) della fattispecie alla giurisdizione tributaria, di cui al quarto periodo della lettera a) del primo comma.
La negazione della natura tributaria dell’obbligazione, tuttavia, non equivale necessariamente ad escludere la qualità sanzionatoria della fattispecie, che trova anzi conferma, come rilevato anche dalla memoria del P.G., innanzitutto dal suo inserimento in una disposizione rubricata come «Sanzioni» e contenente comunque plurimi riferimenti alla materia RAGIONE_SOCIALE sanzioni; oltre che dalla circostanza che la richiesta di pagamento è una reazione dell’ordinamento correlata espressamente ad una specifica violazione, ovvero all’ infedeltà del visto, che determina la responsabilità del trasgressore per l’ imposta altrui, rispetto alla quale egli sarebbe altrimenti estraneo, anche per evidente difetto di capacità contributiva ex art. 53 Cost.
Sostiene poi la prassi erariale (circolare n. 12/E del 24/05/2019, cit.) che la «funzione risarcitoria e non anche sanzionatoria» della fattispecie in questione, emergerebbe dalla circostanza che « In sostanza, tenuto conto dell’impegno assunto dai CAF e dai professionisti abilitati nei confronti dei contribuenti per una corretta predisposizione della dichiarazione e del conseguente affidamento di quest’ultimi circa la definitività del
rapporto tributario relativo alla medesima dichiarazione, il legislatore aveva posto in capo ai medesimi, in caso di errore, l’onere di corrispondere in ‘sostituzione’ dell’originario debitore (il contribuente), un importo dato dall’imposta e dagli interessi, nonché dalla corrispondente sanzione applicabile alla violazione. La scelta era stata, quindi, quella di punire con una sorta di sostanziale corresponsabilità il CAF o il professionista che, chiamati a svolgere un ruolo essenziale di mediazione tra amministrazione e contribuenti, fossero risultati inadempienti.»
Invero, già l’uso del termine ‘punire’ (come l’espressione ‘una sorta di corresponsabilità’ ) tradiscono l’incertezza di fondo della medesima tesi erariale, in ordine alla pretesa funzione esclusivamente risarcitoria della fattispecie riconosciuta come ‘punitiva’, e quindi non estranea ad una ratio sanzionatoria, quanto meno concorrente.
Se poi, come la circolare pare voler ritenere (e come sostiene la sentenza qui impugnata), la ratio esclusivamente risarcitoria dovesse intendersi funzionale a riparare, o meglio ad evitare, un danno al contribuente, in conseguenza della lesione del legittimo affidamento che quest’ultimo ha riposto nei confronti di chi lo ha assistito apponendo il visto, se ne dovrebbe logicamente ricavare la qualificazione della maggiore imposta altrimenti dovuta alla stregua di un danno, conclusione ovviamente non accettabile, trattandosi piuttosto del dovere, di matrice anche costituzionale, di contribuzione, che scaturisce direttamente (non dalla dichiarazione o dall’accertamento tributario, ma) dall’integrazione RAGIONE_SOCIALE fattispecie legali impositive.
In sintesi, non può condividersi la tesi che chi sia in ipotesi tenuto a pagare le imposte nella misura effettivamente dovuta (per quanto maggiore di quella dichiarata) possa subire un danno ingiusto dal quale un terzo debba manlevarlo e tenerlo indenne. E lo stesso deve dirsi per gli interessi sull’imposta, che riequilibrano sostanzialmente tra le parti le conseguenze finanziarie della dilazione temporale tra scadenza ed effettivo adempimento del debito verso l’erario. Al più, solo la sanzione tributaria potrebbe essere possibile oggetto di un ipotetico risarcimento per responsabilità professionale.
Per le medesime ragioni, del resto, con riferimento all’obbligazione del contribuente che trova fonte direttamente nella fattispecie legale impositiva, mancherebbe, oltre al danno ingiusto, anche il nesso eziologico con la conAVV_NOTAIOa dell’assistente, non essendo quest’ultima, con l’apposizione del visto infedele, a determinare l’ an ed il quantum dell’imposizione.
Senza voler qui approfondire ulteriori argomenti (ad esempio in tema di obbligazione di
risultato e non di mezzi) che rendono dubbio l’inquadramento della fattispecie in questione nei termini di una ipotesi di tutela risarcitoria dei danni derivati da responsabilità professionale, deve infine evidenziarsi che dal contesto della norma in esame (a differenza dello schema di d.lgs. oggetto della citata relazione illustrativa) non risulta esplicito né che l’ Amministrazione non possa richiedere, nel termine di decadenza, il pagamento dell’imposta del cliente (salvo in ipotesi interpretare in tal senso il condizionale riferito alla somma « che sarebbe stata richiesta al contribuente»); né che sia precluso a colui che ha apposto il visto infedele un’azione civile di rivalsa o di ingiustificato arricchimento, nei confronti del contribuente del quale ha adempiuto sostanzialmente un debito tributario effettivo, risultante come dovuto anche all’esito del controllo espletato dall’Amministrazione.
Nessuna di tali ultime questioni interessa l’oggetto specifico di questo giudizio, ma la consapevolezza di entrambe evidenzia i limiti di un’apodittica attribuzione di una natura solo risarcitoria alla fattispecie in esame.
In generale, poi, anche il riconoscimento di una ipotetica funzione risarcitoria, fosse pure nei confronti dell’erario, della fattispecie de qua non la renderebbe comunque necessariamente incompatibile, nel nostro ordinamento, con una concorrente funzione di deterrenza e sanzionatoria del responsabile civile (cfr. Cass., Sez. U., 05/07/2017, n. 16601). Così come, anche nella giurisprudenza sovranazionale e costituzionale, una misura che faccia seguito alla commissione di un illecito, ove anche presenti un contenuto e RAGIONE_SOCIALE finalità non punitive in senso stretto, ma ripristinatorie e di cura in concreto dell’interesse pubblico, non può per ciò solo ritenersi non sanzionatoria, ove sia afflittiva in maniera significativa (sulla compatibilità tra sanzione e perseguimento in concreto dell’interesse pubblico v. ad es. CEDU, 9 febbraio 1995, caso n. 17440/90, Welch v. The United Kingdom , § 30: « Invero, gli scopi di prevenzione e ripristino sono compatibili con uno scopo punitivo e possono essere visti come elementi costitutivi della nozione stessa di pena»; CEDU,30 maggio 2006, caso n. 38184/03, INDIRIZZO v. INDIRIZZO , § 58; cfr. altresì Corte cost., sentenza n. 63 del 2019, § 6.3).
Pertanto, per quanto qui rileva, ovvero ai fini della eccepita incompetenza dell’ufficio che ha proceduto, neppure l’argomento relativo alla pretesa natura risarcitoria della responsabilità del ricorrente si pone come necessariamente preclusivo al riconoscimento di una funzione punitiva della stessa e, comunque, all’applicazione della regola di competenza ricavabile dal comma 2 dell’art. 39.
1.6. Deve dunque ritenersi che la sentenza qui censurata, nella parte in cui non ha
ritenuto la cartella impugnata affetta dal denunziato vizio di incompetenza, non ha fatto buon governo di tali principi. Non osta a tale conclusione neppure il criptico riferimento, valorizzato dal giudice a quo , alla « lettera a-bis del 1° co. dell’art. 39 cit.», la quale disporrebbe, «per il caso in cui debba comminarsi una sanzione», che « la competenza a contestare la violazione per il visto infedele al responsabile del CAF spetta allo stesso Ufficio che ha proceduto a controllare la dichiarazione del contribuente». Infatti, la norma citata dalla CTR ha per oggetto tutt’altra questione («abis ) se il visto infedele è relativo alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’articolo 13, del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164, non si applica la sanzione amministrativa di cui al primo periodo della lettera a);»).
Quanto alle conseguenze di tale patologia sullo stesso atto, questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che « La distribuzione della competenza tra le varie articolazioni dell’Amministrazione sul territorio disposta invece, come nella specie, attraverso una legge – che è atto generale ed astratto, come tale rivolto anche a soggetti diversi dall’amministrazione – ha, per ciò solo, e prescindendo da altre possibili considerazioni, valenza esterna, con le seguenti, non trascurabili conseguenze: vincola allo stesso modo l’amministrazione e i soggetti che con essa vengono in contatto; non può, salvo diverse esplicite previsioni legislative, essere derogata da un atto unilaterale dell’amministrazione, ma solo modificata da una legge successiva di livello pari o superiore nella gerarchia RAGIONE_SOCIALE fonti; deve, salvo previsione contraria, ritenersi prevista non solo a garanzia del migliore funzionamento della Pubblica Amministrazione ma anche a garanzia dei soggetti che con questa vengono in contatto», non essendo ammissibile che l’Amministrazione possa scegliere diversamente l’ufficio che deve procedere, così in pratica “scegliendo” anche li giudice competente per una eventuale impugnazione dell’atto (Cass. n. 14805/2011 e Cass. n. 14786/2011, entrambi in motivazione; cfr. altresì, Cass. n. 25087/2019; Cass. n. 4065/2019; Cass. 15/07/2020, n. 14985, con riferimento proprio all’scrizione a ruolo).
Nella medesima prospettiva, recentemente, si è affermato (Cass. n. 21399/2020, in motivazione) che « se il sistema ha la finalità̀ di garantire, nella ripartizione RAGIONE_SOCIALE competenze dell’RAGIONE_SOCIALE, la miglior qualità̀ possibile degli accertamenti è chiaro che in via generale, appunto, sono anche stabilite le sopra dette regole per la determinazione dell’Ufficio competente; dette regole non possono essere derogate pena l’illegittimità̀ dell’avviso di accertamento confezionato in loro violazione.» e «da tale principio discende la nullità̀ assoluta dell’accertamento eseguito dall’ ufficio
incompetente», «il cui vizio deve pur sempre essere deAVV_NOTAIOo dalla parte ricorrente tra i motivi di impugnazione dello stesso, senza che possa essere rilevato d’ufficio dal giudice».
Anche in ordine alla conseguenza dell’incompetenza dell’ufficio dell’Amministrazione la RAGIONE_SOCIALE ha quindi errato, non uniformandosi ai principi appena illustrati.
1.7. Sintetizzando, deve quindi ritenersi che:
la responsabilità – prevista dall’art. 39, co. 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. n. 241/1997, vigente ratione temporis – dei soggetti che rilasciano il visto di conformità o l’asseverazione infedeli relativamente alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’art. 13 d.m. n. 164/1999, ha una funzione anche punitiva e, ex art. 39, co.2, d.lgs. n. 241/1997, la competenza all’iscrizione a ruolo, nei confronti dei medesimi soggetti, di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, appartiene alla RAGIONE_SOCIALE regionale dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE individuata in ragione del domicilio RAGIONE_SOCIALE del trasgressore e non può essere derogata, pena l’illegittimità dell’atto compiuto in violazione di tale attribuzione.
Va quindi accolto il primo motivo di ricorso e, per l’effetto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va cassata la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, va accolto, nei termini sinora evidenziati (ovvero per la nullità, a causa dell’ incompetenza dell’ufficio che ha provveduto, dell’atto impugnato in primo grado), il ricorso introduttivo.
2. Resta assorbito, per effetto dell’accoglimento del primo motivo e dell’invalidità a monte dell’iscrizione a ruolo e della conseguente cartella di pagamento, il secondo motivo, con il quale il ricorrente deduce ««Errore in judicando. violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dell’ art 39, comma 1, lettera a) del d.lgs. 241/1997 e dell’ art 3 d.lgs. 472/1997 nonché dell’art. 7 Cedu e degli artt. 3, 23 e 53 costituzione in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.», lamentando che la sentenza impugnata non abbia accolto la tesi che sosteneva, in applicazione del favor rei , la diversa quantificazione della sanzione nella misura più favorevole risultante nell’art 39, comma 1, lett a), d.lgs. n. 241 del 1997, come modificato dalla legge n. 26 del 2019, che ha convertito, con modifiche, il d.l. n. 4 del 2019. La specifica rilevanza di tale ultima questione presuppone, a monte, che l’atto impugnato sia stato validamente emesso dall’ ufficio competente, ipotesi che, nel caso di specie, per le
ragioni già rilevate, non ricorre, sicché il secondo motivo, è destinato all’assorbimento.
Per le medesime ragioni resta assorbito il terzo motivo, con il quale il ricorrente deduce « V iolazione e/o falsa applicazione dell’art 92, secondo comma, cpc.», in merito alla mancata compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite in grado d’appello.».
Il quarto motivo, con il quale il ricorrente ha deAVV_NOTAIOo « Error in procedendo. violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dagli artt 112 e 132 cpc», è infondato nella parte in cui lamenta una mancata pronunzia, e comunque un difetto di motivazione, in ordine all’eccezione del ricorrente relativa alla pretesa inammissibilità dell’appello erariale, in quanto generico. La decisione nel merito dell’impugnazione proposta dall’Ufficio ed il rilievo, da parte della CTR, che essa censurava la sentenza ivi impugnata «con articolata motivazione», ripercorsa poi dal giudice a quo nel decidere sulle relative censure erariali, configurano un rigetto, sufficientemente motivato, dell’eccezione in esame.
Lo stesso quarto motivo è invece assorbito nella parte in cui censura la mancata pronunzia su questioni relative al merito della pretesa controversa.
5. In considerazione della novità della questione, in assenza di specifici precedenti di legittimità, le spese del merito e quelle di legittimità si compensano.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo, il terzo ed il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo di NOME COGNOME e compensa le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 19 aprile 2024