Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22699 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22699 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
Oggetto: Tributi – IVA – Visto di conformità – Istanza di compensazione del credito infrannuale
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17919/2023 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in calce al controricorso (PEC: EMAIL
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania n. 1396/07/2023, depositata il 24 febbraio 2023. Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del 13.05.2025;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Sentiti, per l ‘ Agenzia delle entrate, l’avvocato dello Stato NOME COGNOME e, per la controricorrente , l’avvocato NOME COGNOME per delega dell’avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La CTP di Napoli rigettava il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di recupero del credito IVA, indebitamente utilizzato in compensazione nell’anno 2017 in sede di dichiarazione IVA infrannuale, per mancata apposizione del visto di conformità sulla medesima dichiarazione, relativa al primo trimestre del 2017 e presentata in data 29.04.2017.
Secondo l’Agenzia delle entrate , l’art. 3 del d.l. n. 50 del 2017, che aveva modificato l’art. 10 del d.l. n. 78 del 2009, conv. nella l. n. 102 del 2009, prevedendo la necessità del visto di conformità, trovava applicazione in relazione a tutte le condotte realizzate dopo la sua entrata in vigore (24.04.2017) e, quindi, in relazione alle dichiarazioni presentata dopo tale data;
Con la sentenza indicata in epigrafe, la CGT-2 della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall a contribuente, osservando, per quanto qui ancora rileva, che:
-l’obbligo del visto di conformità cd. ‘leggero’ per le compensazioni IVA infrannuali è stato introdotto solo in sede di modifiche introdotte al d.l. n. 50 del 2017 dalla legge di conversione n. 96/2017, entrata in vigore il 24.06.2017, in quanto solo con quest’ultima è stato aggiunto al termine ‘dichiarazioni’ (riferibile evidentemente a quelle annuali) , il termine ‘istanze’, riguardante le compensazioni IVA trimestrali, con la volontà di ampliare l’ambito di operatività dell’obbligo di previa apposizione del visto di conformità;
-poiché l’istanza di compensazione del credito infrannuale Mod. IVA TR, facente riferimento al primo trimestre 2017, è stata presentata dalla contribuente in data 29.04.2017 e, quindi, prima dell’entrata in
vigore della suddetta legge di conversione, la mancata apposizione del visto di conformità doveva ritenersi immune da censure.
Contro la suddetta decisione l ‘A genzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo.
La società contribuente resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente Agenzia deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 3 del d.l. n. 50 del 2017, 7 della l. n. 212 del 2000 e 3 della l. n. 241 del 1990, per avere la CTR errato nel ritenere che prima della l. n. 96/2017, di conversione del d.l. n. 50 del 2017, l’obbligo di apposizione del visto di conformità per procedere alla utilizzazione del credito d’imposta in compensazione in misura superiore al limite di legge, doveva ritenersi circoscritto alle dichiarazioni annuali, senza considerare che già prima delle modifiche introdotte dal d.l. n. 50 del 2017, l’art. 10 del d.l. n. 78 del 2009 prevedeva l’obbligo del visto di conformità e non distingueva tra dichiarazioni annuali e dichiarazioni trimestrali; le modifiche introdotte dal d.l. n. 50 del 2017 erano finalizzate a riconoscere all’Amministrazione finanziaria, con decorrenza dal 24.04.2017 (data di entrata in vigore del d.l. n. 50 del 2017), in caso di utilizzo di un credito in compensazione in misura superiore a 5.000,00 euro, senza l’apposizione del visto di conformità, il potere di recupero dell’intera imposta indebitamente fruita in compensazione, oltre interessi e sanzioni; aggiunge che tale interpretazione viene confermata sia dal l’utilizzo del termine ‘dichiarazioni’ al plurale e, quindi, in senso generale ed onnicomprensivo, riferito a tutti i tipi di dichiarazioni IVA, sia annuali che trimestrali, sia dal fatto che lo stesso modello IVA TR, a prescindere dalla sua denominazione formale, assume il valore di dichiarazione, alla pari di quella annuale, qualora viene presentato per effettuare la
compensazione, essendo questa effettuata direttamente dal contribuente senza l’intervento dell’Ufficio, mentre si presenta come istanza, se serve per richiedere un rimborso.
Il motivo è infondato.
2.1 La CTR ha ritenuto illegittimo l’atto di recupero dell’IVA, emesso dall’Agenzia delle entrate a seguito dell’utilizzo in compensazione dei crediti IVA relativi all’anno 2017, effettuato dalla contribuente con l’istanza presentata mediante il Modello IVA TR trimestrale.
2.2 L’annullamento dell’atto impugnato si fonda sull’interpretazione dell’art. 10, comma 1, lett. a) n. 7 del d.l. n. 78 del 2009, conv. in l. n. 102 del 2009, come modificato dal d.l. n. 50 del 2017 e poi dalla legge di conversione n. 96 del 2017.
Per quanto riguarda il quadro normativo, occorre evidenziare che, prima delle modifiche apportante dal d.l. n. 50 del 2017, la richiamata disposizione prevedeva, nella prima parte del n. 7, per quanto qui rileva, che: ‘ 7. i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 15.000 euro annui, hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito .’
3.1 La norma è stata modificata dall’art. 3 del d.l. n. 50 del 2017, che ha stabilito che : ‘7. i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 5.000 euro annui, hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito’.
3.2 In sede di conversione del d.l. n. 50 del 2017, sono state apportate ulteriori modifiche dalla l. n. 96/2017, essendo stato previsto
che: ‘ 7. I contribuenti che intendono utilizzare in compensazione il credito annuale o infrannuale dell’imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 5.000 euro annui hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sulla dichiarazione o sull’istanza da cui emerge il credito. ‘
Ora, a prescindere dalla disciplina normativa ratione temporis applicabile, occorre evidenziare che il suindicato visto di conformità è finalizzato ad assicurare un controllo anticipato della esistenza e della spettanza del credito compensabile mediante l’attribuzione della relativa verifica ad un professionista abilitato.
4.1 Come è stato più volte precisato da questa Corte ( ex plurimis , Cass. n. 25736 del 2022), la mancata apposizione di tale visto di conformità, oltre a non costituire condotta fraudolenta, non arreca alcun pregiudizio per le casse erariali, proprio perché serve unicamente ad assicurare detto controllo anticipato. L’inosservanza di siffatto adempimento costituisce, quindi, una violazione meramente formale, in quanto è comunque inidonea a pregiudicare l’esercizio delle attività di controllo e di verifica della sussistenza del credito da parte dell’Ente accertatore.
4.2 Sul punto appare utile richiamare brevemente la distinzione tra le diverse tipologie di violazioni in materia tributaria, già oggetto di diversi interventi di questa Corte ( ex multis Cass. n. 16450 del 10/06/2021); le violazioni sono sostanziali se incidono sulla base imponibile o sull’imposta o sul versamento, sono formali se pregiudicano l’esercizio delle azioni di controllo, pur non incidendo sulla base imponibile, sull’imposta o sul versamento, e sono meramente formali se non influiscono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo, né arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo.
4.3 In particolare, ai fini della distinzione tra violazioni formali e violazioni meramente formali, è stato affermato che la valutazione « deve essere eseguita alla stregua dell’idoneità ex ante della condotta a recare il detto pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo, previo inquadramento della condotta stessa nel paradigma normativo di riferimento » (Cass. n. 28938 del 17/12/2020) e, dunque, deve essere operato un giudizio in astratto che pone in relazione il bene giuridico tutelato e la fattispecie giuridica alla quale va ricondotta la specifica trasgressione.
4.4 La disciplina sanzionatoria prevista per la mancata apposizione del visto di conformità di cui si discute rientra fra le violazioni meramente formali proprio perché ha la funzione di un mero controllo anticipato che non pregiudica quello successivo dell’Amministrazione finanziaria.
4.5 Poiché è inidonea ad incidere in danno del fisco sia sulla base imponibile dell’imposta, sia sul versamento del tributo, una volta accertata sul piano sostanziale l’esistenza del credito IVA e il conseguente diritto del contribuente di portarlo in compensazione, la mancata apposizione del visto si risolve in una infrazione puramente formale che non determina il venir meno di tale diritto (Cass. n. 25736 del 2022 cit.; Cass. n. 5289 del 2020; Cass. n. 7160 del 2015; Cass. n. 7154 del 2025).
4.6 Va ribadito, pertanto, il principio secondo il quale l’utilizzo in compensazione del credito IVA senza l’apposizione, sulla dichiarazione del contribuente, del visto di conformità del professionista abilitato, previsto dall’art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, del d.l. n. 78 del 2009, convertito nella l. n. 102 del 2009, configura una violazione puramente formale che non determina il venir meno del diritto del contribuente di portare in compensazione il credito IVA una volta accertata (o non
contestata), sul piano sostanziale, l’esistenza dello stesso (Cass. n. 7154 del 2025 cit.).
Peraltro, come ha precisato anche la decisione impugnata, dal confronto fra la modifica apportata dal d.l. n. 50 del 2017 e quella introdotta dalla legge di conversione n. 96 del 2017 si evince un ampliamento del l’ambito di operatività dell’ obbligo di apposizione del visto di conformità cd. ‘leggero’, posto che solo con la legge di conversione è stato espressamente previsto che tale visto si doveva apporre anche sulle ‘istanze’, con ciò dovendosi intendere le istanze di utilizzo in compensazione del credito IVA trimestrale, posto che le dichiarazioni sono solo quelle annuali.
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente Agenzia va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 7.6 00,00 per compenso, € 200,00 per esborsi, oltre al 15% sul compenso per rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge;
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2025