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Visto di conformità infedele: ufficio incompetente

La Corte di Cassazione ha annullato una cartella di pagamento emessa nei confronti di un professionista per un visto di conformità infedele. La decisione si fonda sul principio di incompetenza territoriale: l’atto sanzionatorio doveva essere emesso dalla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate del domicilio fiscale del professionista e non da quella del contribuente. L’atto emesso dall’ufficio incompetente è stato dichiarato illegittimo e nullo.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di Conformità Infedele: La Cassazione Annulla l’Atto per Incompetenza Territoriale

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di responsabilità dei professionisti che appongono il visto di conformità infedele sulle dichiarazioni fiscali. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno chiarito definitivamente quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate sia competente a irrogare le sanzioni, dichiarando nullo l’atto emesso da un ufficio territorialmente incompetente. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per tutti gli intermediari fiscali.

I Fatti del Caso: Il Professionista e l’Agenzia delle Entrate

La vicenda ha origine dal controllo formale di una dichiarazione dei redditi (Modello 730) relativa all’annualità 2014, per la quale un dottore commercialista, in qualità di responsabile di un Centro di Assistenza Fiscale (CAF), aveva apposto il proprio visto di conformità. L’Agenzia delle Entrate, attraverso la sua direzione provinciale di Palermo (domicilio fiscale del contribuente), ha riscontrato delle irregolarità, ritenendo il visto apposto come ‘infedele’.

Di conseguenza, l’ufficio di Palermo ha iscritto a ruolo, a carico del professionista, non solo la sanzione prevista, ma anche l’intera imposta (IRPEF) e gli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, in applicazione della normativa vigente all’epoca dei fatti (art. 39, d.lgs. 241/1997). Il professionista ha impugnato la cartella di pagamento sollevando due questioni principali: l’applicazione di una legge successiva più favorevole (lex mitior) e, soprattutto, l’incompetenza territoriale dell’ufficio di Palermo.

La Questione della Competenza Territoriale

Il punto centrale del ricorso del professionista, e quello decisivo per la Cassazione, riguardava l’individuazione dell’ufficio legittimato ad agire. Secondo la sua difesa, l’art. 39, comma 2, del d.lgs. 241/1997 stabilisce chiaramente che la competenza per contestare le violazioni e irrogare le sanzioni relative al visto di conformità spetta alla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore, ovvero del professionista stesso. Nel caso di specie, il professionista aveva domicilio fiscale a Roma, non a Palermo. Pertanto, l’atto emesso dall’ufficio siciliano sarebbe stato viziato da un’incompetenza funzionale e territoriale, causa di annullabilità.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Visto di conformità infedele

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso del professionista relativo all’incompetenza territoriale, ritenendolo fondato e assorbente rispetto a tutte le altre questioni, inclusa quella sulla lex mitior. La decisione si basa su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e ribadito in numerose pronunce recenti.

Le Motivazioni

I giudici hanno spiegato che la responsabilità del professionista per il rilascio di un visto infedele ha una funzione anche punitiva. Per questa ragione, la norma (art. 39, comma 2) individua in modo specifico e inderogabile la competenza a procedere. La competenza è attribuita alla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui il professionista (il ‘trasgressore’) ha il proprio domicilio fiscale.

Questa regola non ammette deroghe. Qualsiasi atto compiuto in violazione di tale attribuzione di competenza è illegittimo. Di conseguenza, l’iscrizione a ruolo effettuata dalla direzione provinciale di Palermo, basata sul domicilio del contribuente assistito, è stata ritenuta viziata da incompetenza. La Corte ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo direttamente nel merito, ha annullato l’atto impositivo originario, accogliendo il ricorso introduttivo del professionista.

Le Conclusioni

Questa ordinanza stabilisce un punto fermo a tutela dei professionisti e della corretta procedura amministrativa. La conseguenza pratica è netta: un atto impositivo o sanzionatorio emesso da un ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente incompetente è nullo. I professionisti che ricevono una contestazione per un visto di conformità infedele devono verificare immediatamente non solo il merito della contestazione, ma anche la competenza dell’ufficio che l’ha emessa. La competenza è radicata nel domicilio fiscale del professionista e non può essere spostata in base a quello del suo cliente. L’accoglimento di questo motivo procedurale ha portato all’annullamento completo della pretesa erariale, senza nemmeno entrare nel merito della correttezza del visto.

Quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate è competente a sanzionare un professionista per un visto di conformità infedele?
Secondo la Corte di Cassazione, la competenza esclusiva e inderogabile spetta alla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate del territorio in cui si trova il domicilio fiscale del professionista (il trasgressore), non quello del contribuente.

Cosa succede se un atto sanzionatorio viene emesso da un ufficio territorialmente incompetente?
L’atto emesso da un ufficio incompetente è illegittimo e, di conseguenza, nullo. Può essere annullato in sede di ricorso, come avvenuto nel caso esaminato.

La responsabilità del professionista per il visto infedele ha natura solo risarcitoria o anche punitiva?
La Corte chiarisce che la responsabilità prevista dall’art. 39 del D.Lgs. 241/1997 ha anche una funzione punitiva. Proprio per questa natura, le regole sulla competenza per irrogare la sanzione sono particolarmente rigorose e non derogabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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