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Visto di conformità infedele: Ufficio Competente

Un professionista ha contestato una cartella di pagamento ricevuta per un visto di conformità infedele. La Corte di Cassazione ha annullato l’atto, stabilendo che la competenza a sanzionare non è dell’ufficio del domicilio del contribuente, ma di quello del professionista che ha commesso la violazione. Questa regola sulla competenza territoriale è inderogabile e la sua violazione rende l’atto nullo.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di Conformità Infedele: La Cassazione Annulla l’Atto per Incompetenza Territoriale

La gestione delle responsabilità derivanti da un visto di conformità infedele è un tema cruciale per tutti i professionisti del settore fiscale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia: la competenza a irrogare le sanzioni spetta all’ufficio del domicilio fiscale del professionista e non a quello del contribuente. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Responsabilità del Professionista

Un professionista abilitato all’assistenza fiscale, operante per conto di un Centro di Assistenza Fiscale (CAF), aveva apposto il proprio visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi (Modello 730/2015) di una contribuente. A seguito di un controllo formale, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto il visto ‘infedele’ e ha iscritto a ruolo, a carico del professionista, l’imposta, le sanzioni e gli interessi che sarebbero stati richiesti alla contribuente.

Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha notificato al professionista una cartella di pagamento, che è stata immediatamente impugnata. Il professionista ha sollevato due questioni principali: l’incompetenza territoriale dell’ufficio che aveva emesso l’atto e l’applicazione di una normativa successiva più favorevole (lex mitior).

L’Iter Giudiziario e le Diverse Decisioni

Il percorso giudiziario è stato altalenante. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale ha accolto parzialmente il ricorso, applicando il principio dello ius superveniens e rideterminando la sanzione nella misura più mite del 30% della maggiore imposta, come previsto da una modifica legislativa del 2019. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in appello, ha riformato completamente la decisione, confermando la piena legittimità della cartella di pagamento originale.

Il caso è quindi giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, con il professionista che ha insistito sul vizio di incompetenza dell’ufficio accertatore.

Visto di Conformità Infedele e Competenza: le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto a tutti gli altri. Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 39, comma 2, del D.Lgs. n. 241/1997. Secondo la Corte, questa norma stabilisce una competenza funzionale e territoriale inderogabile.

La responsabilità del professionista che rilascia un visto di conformità infedele ha una natura anche punitiva. Per questa ragione, la legge individua l’organo competente a contestare la violazione e a irrogare la sanzione nella direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in base al domicilio fiscale del trasgressore (cioè del professionista), non del contribuente assistito.

Nel caso specifico, l’iscrizione a ruolo era stata effettuata dalla direzione provinciale di Milano, competente per il domicilio fiscale della contribuente, anziché dalla direzione regionale competente per il domicilio del professionista. La Corte ha affermato che questa violazione delle norme sulla competenza determina l’illegittimità dell’atto impugnato. Citando un consolidato orientamento giurisprudenziale, la Cassazione ha ribadito che tale attribuzione di competenza non può essere derogata, pena la nullità dell’atto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Corte di Cassazione è di notevole importanza. Accogliendo il ricorso, la Corte ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo direttamente nel merito, ha annullato la cartella di pagamento. L’atto è stato dichiarato nullo a causa dell’incompetenza dell’ufficio che lo aveva emesso.

Questa pronuncia rafforza un principio di garanzia fondamentale per i professionisti: gli atti sanzionatori devono essere emessi esclusivamente dall’ufficio territorialmente competente, individuato secondo criteri normativi precisi e inderogabili. Per i professionisti e i CAF, ciò significa che è essenziale verificare sempre la competenza dell’ufficio che emette un atto di contestazione, poiché un vizio di questo tipo può portare all’annullamento totale della pretesa fiscale.

Qual è l’ufficio competente a sanzionare un professionista per un visto di conformità infedele?
L’ufficio competente è la direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui il professionista (il trasgressore) ha il proprio domicilio fiscale, non quella competente per il domicilio del contribuente assistito.

Perché la competenza è legata al domicilio fiscale del professionista?
Poiché la responsabilità del professionista per il visto infedele ha una funzione anche punitiva, la legge (art. 39, comma 2, d.lgs. 241/1997) stabilisce una regola di competenza funzionale e territoriale specifica, basata sul domicilio del soggetto che ha commesso la violazione, e tale regola non può essere derogata.

Cosa succede se l’atto sanzionatorio viene emesso da un ufficio incompetente?
L’atto emesso da un ufficio territorialmente incompetente è illegittimo e deve essere annullato. Come stabilito in questo caso dalla Corte di Cassazione, la violazione delle norme sulla competenza è una causa di nullità dell’atto impugnato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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