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Visto di conformità infedele: l’ufficio competente

Un professionista ha apposto un visto di conformità infedele su una dichiarazione dei redditi. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5014/2025, ha confermato che la competenza a sanzionare non spetta all’ufficio locale del contribuente, bensì alla Direzione Regionale del domicilio fiscale del professionista stesso. La cartella di pagamento è stata quindi annullata per incompetenza.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di Conformità Infedele: La Cassazione Stabilisce la Competenza Territoriale

La questione della responsabilità dei professionisti e dei CAF per un visto di conformità infedele è un tema di grande rilevanza nel diritto tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale non sul merito della sanzione, ma su un aspetto procedurale fondamentale: quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate ha il potere di irrogare la sanzione? La risposta a questa domanda può determinare la validità stessa dell’atto impositivo.

Il caso analizzato riguarda un professionista sanzionato per aver apposto un visto non corretto sulla dichiarazione dei redditi di un contribuente. La Corte Suprema ha annullato la cartella di pagamento, non perché la sanzione non fosse dovuta, ma perché è stata emessa da un ufficio territorialmente incompetente.

I Fatti di Causa: Un Visto e le Sue Conseguenze

Un professionista, in qualità di responsabile dell’assistenza fiscale per un CAF, ha apposto il visto di conformità sulla dichiarazione modello 730/2015 (relativa all’anno d’imposta 2014) di un contribuente. A seguito di un controllo formale, l’ufficio provinciale dell’Agenzia delle Entrate ha ritenuto il visto infedele e ha iscritto a ruolo, a carico del professionista, l’imposta, gli interessi e una sanzione pari al 30% dell’imposta, notificandogli la relativa cartella di pagamento.

Il professionista ha impugnato l’atto, sollevando due questioni principali:
1. L’applicazione della legge più favorevole (lex mitior): Una modifica normativa successiva (legge n. 26/2019) aveva ridotto la responsabilità del professionista al solo pagamento di una somma pari al 30% della maggiore imposta, escludendo l’imposta stessa e gli interessi.
2. L’incompetenza territoriale dell’ufficio: Secondo la difesa, l’atto sanzionatorio avrebbe dovuto essere emesso dalla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate competente per il domicilio fiscale del professionista (trasgressore), e non dall’ufficio locale competente per il domicilio del contribuente assistito.

Mentre il giudice di primo grado aveva accolto la prima doglianza, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha riformato la decisione, basando l’annullamento della cartella sulla seconda eccezione, ritenendola assorbente e pregiudiziale: l’incompetenza dell’ufficio.

La Decisione della Cassazione sul Visto di conformità infedele

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione d’appello. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, confermando in toto la sentenza di secondo grado e consolidando un importante orientamento giurisprudenziale.

La Corte ha stabilito che la questione della competenza territoriale è un vizio procedurale che invalida l’atto a monte, rendendo superfluo l’esame di altre questioni, come quella relativa all’importo della sanzione.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 39 del D.Lgs. n. 241/1997. La Cassazione ha ribadito che la responsabilità del professionista per il rilascio di un visto di conformità infedele ha una funzione anche punitiva. Di conseguenza, la competenza per l’iscrizione a ruolo e l’irrogazione della sanzione spetta, ai sensi del comma 2 del citato articolo, alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in base al domicilio fiscale del trasgressore (il professionista o il CAF), e non a quella del contribuente.

L’ufficio provinciale che ha effettuato il controllo sul contribuente può e deve segnalare la violazione alla Direzione Regionale competente, ma non può agire direttamente nei confronti del professionista. L’averlo fatto costituisce un vizio di incompetenza funzionale e territoriale che rende l’atto nullo.

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia, relativo alla non applicabilità del favor rei. La ratio decidendi della sentenza d’appello era unicamente l’incompetenza dell’ufficio. Poiché tale motivo era stato ritenuto assorbente, la questione della legge più favorevole non era stata decisa. Pertanto, l’Agenzia non poteva contestare in Cassazione una motivazione che, di fatto, non esisteva nella sentenza impugnata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Per i professionisti e i CAF, essa rafforza una garanzia procedurale fondamentale: solo l’organo amministrativo specificamente designato dalla legge ha il potere di sanzionarli. Ogni atto emesso da un ufficio incompetente è illegittimo e può essere annullato. Ciò impone all’Amministrazione Finanziaria un rigoroso rispetto delle norme sulla competenza, pena la vanificazione della propria azione accertatrice nei confronti degli intermediari. La decisione sottolinea come il rispetto delle regole procedurali non sia una mera formalità, ma un presidio essenziale dei diritti del contribuente e del professionista.

Chi è competente a sanzionare un professionista per un visto di conformità infedele?
La competenza appartiene alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in ragione del domicilio fiscale del professionista (il trasgressore), e non all’ufficio locale del contribuente assistito.

Perché il motivo di ricorso relativo alla legge più favorevole (favor rei) è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché la decisione della corte d’appello si basava esclusivamente sul vizio di incompetenza dell’ufficio che ha emesso l’atto. Tale motivo è stato ritenuto assorbente, quindi la corte non si è pronunciata sulla questione del favor rei. Di conseguenza, non era possibile impugnare in Cassazione una motivazione non presente nella sentenza di secondo grado.

Qual è la natura della responsabilità del professionista che appone un visto infedele?
Secondo la Corte, la responsabilità prevista dall’art. 39 del d.lgs. n. 241/1997 ha una funzione anche punitiva. Questa natura giustifica l’applicazione della norma sulla competenza territoriale basata sul domicilio del trasgressore, come avviene tipicamente per le sanzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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