Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19907 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19907 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
Visto conformitàSanzioni-Competenza della Direzione regionale
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5711/2024 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME come da procura speciale in atti;
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis ;
-resistente – nonché
AGENZIA DELLE ENTRATE- RISCOSSIONE
-intimata –
per la cassazione della sentenza n. 4701/2023 resa dalla Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio depositata il 2 agosto 2023, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/06/2025 dal relatore consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME nella qualità di responsabile dell’assistenza fiscale, quale professionista abilitato a tale incombente, su incarico del Centro autorizzato di assistenza fiscale (CAAF) RAGIONE_SOCIALE, appose il proprio visto di conformità sui documenti allegati alla dichiarazione Modello 730/2015 (relative all’annualità d’imposta 2014) di un contribuente avente domicilio fiscale nel territorio di competenza dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Roma, ufficio territoriale di Frascati.
La Direzione provinciale di Roma dell’Agenzia delle entrate sottopose a controllo formale, ex art. 36ter d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la dichiarazione del contribuente assistito ed all’esito, ritenendo che il visto apposto fosse infedele, iscrisse a ruolo a carico di NOME COGNOME ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, l’imposta (Irpef), la sanzione (pari al 30 per cento dell’imposta) e gli interessi «che sarebbero stati richiesti al contribuente».
Notificata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione la relativa cartella di pagamento allo stesso dott. COGNOME quest’ultimo l’ha impugnata innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, assumendo, tra l’altro, che a seguito della modifica dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997, operata dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 (che ha convertito in legge, con modifiche, il d.l. 28 gennaio 2019, n. 4), la quale costituirebbe lex mitior , anche colui che ha apposto il visto infedele a dichiarazioni presentate per l’anno 2014 e fino all’entrata in vigore della
legge n. 26 del 2019, non avrebbe dovuto comunque rispondere dell’imposta, della sanzione e degli interessi che, secondo le risultanze del controllo formale, sarebbero stati richiesti al contribuente, ma solo del 30 per cento della maggiore imposta riscontrata. Infatti, il novellato art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. n. 241 del 1997, prevede, con riferimento alla medesima fattispecie, che coloro che abbiano apposto il visto di conformità siano tenuti al «pagamento di una somma pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata», e non più «di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente», come nella versione previgente della medesima norma. Inoltre, secondo il ricorrente, sulla base del dato letterale dell’art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241 del 1997, in parte qua rimasto invariato, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente ad azionare la pretesa delle somme in questione e nel caso di specie a provvedere alla formazione del ruolo, presupposto della cartella di pagamento notificata dall’agente della riscossione ed impugnata- avrebbe dovuto essere la «direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore anche sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia» (ovvero la Direzione regionale di Roma), e non l’ufficio provinciale competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente assistito che si era rivolto al CAF.
La Commissione tributaria provinciale di Roma ha accolto il ricorso, ritenendo la natura sanzionatoria della misura ed applicando di conseguenza la lex mitior , e ha quindi annullato la cartella.
2. L’Ufficio ha proposto appello che l a Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio ha accolto; in particolare ha escluso la natura sanzionatoria delle somme ingiunte e di conseguenza l ‘ applicabilità delle nuove disposizioni; esaminando le ulteriori doglianze di NOME COGNOME riproposte in appello, le ha rigettate; in particolare ha ritenuto
che la competenza all’iscrizione a ruolo fosse determinata in ragione del domicilio fiscale del contribuente e non operasse la previsione di competenza della Direzione regionale non essendo stato emesso alcun atto di contestazione.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione NOME COGNOME con tre motivi.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto al fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
R imane intimata l’Agenzia delle entrate -Riscossione.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza del 20/06/2025, per la quale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dall’art 39, comma 1, lettera a) e a -bis) del d.lgs. n. 241/1997 e dall’art 3 d.lgs. n. 472/1997 nonchè dell’art. 7 CEDU e degli artt. 3, 23 e 53 Costituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per non aver i giudici del gravame riconosciuto, in applicazione del favor rei , la diversa quantificazione della sanzione nella misura più favorevole al ricorrente, come risultante dall’art. 39, comma 1, lett a), d.lgs. n. 241 del 1997, modificato dal d.l. n. 4 del 2019, ovvero nella minor somma, epurata dalle imposte e dagli interessi.
Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art . 39, primo comma, lettera a), e secondo comma, d.lgs. n. 241/1997 in relazione all’art . 360, primo comma, n. 3 c.p.c., assumendo il ricorrente che la Corte di giustizia avrebbe errato nel negare che la cartella di pagamento, formata a seguito dell’iscrizione a ruolo effettuata dalla direzione provinciale di Roma all’esito del controllo ex art. 36ter d.P.R. n. 600 del 1973 della dichiarazione del contribuente assistito, fosse viziata dal dedotto difetto di incompetenza
del soggetto che ha effettuato l’iscrizione a ruolo, atteso che il comma 2 del ridetto art. 39, vigente ratione temporis , dispone invece che «Le violazioni dei commi 1 e 3 del presente articolo e dell’articolo 7-bis sono contestate e le relative sanzioni sono irrogate dalla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore anche sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia», configurando così, anche rispetto alla fattispecie del rilascio di visto infedele relativo alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’art. 13 del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164 (ovvero, nel caso di specie, ad un CAAF-dipendenti), la competenza funzionale e territoriale della direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore, per tale dovendosi necessariamente intendere non il contribuente ma lo stesso professionista che ha apposto il visto. Inoltre, secondo il ricorrente, l’ipotizzata incompetenza funzionale da parte di un ufficio dell’Amministrazione finanziaria integrerebbe una causa di annullabilità dell’atto impugnato, secondo la conclusione cui è già pervenuta la giurisprudenza di legittimità.
Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art . 360, primo comma, n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia sui motivi di merito.
Occorre per ragioni logiche esaminare preliminarmente il secondo motivo che è fondato con conseguente assorbimento degli altri due.
Infatti, con riferimento alla medesima fattispecie, pronunziando tra le stesse parti, questa Corte ha già chiarito che la responsabilità, prevista dall’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, del d.lgs. n. 241 del 1997 ( ratione temporis applicabile), dei soggetti che rilasciano il visto di conformità o l’asseverazione infedeli, relativamente alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’art. 13 del
d.m. n. 164 del 1999, ha una funzione anche punitiva; ne consegue che, ai sensi del comma 2 del citato art. 39, la competenza all’iscrizione a ruolo, nei confronti dei medesimi soggetti, di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, appartiene alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, individuata in ragione del domicilio fiscale del trasgressore, e non può essere derogata, pena l’illegittimità dell’atto compiuto in violazione di tale attribuzione (Cass. n. 11660/2024; conformi, tra le stesse parti, ex multis , Cass. n. 14796/2024; Cass. n. 14792/2024; Cass. n. 14787/2024; Cass. n. 14785/2024; Cass. n. 14779/2024; Cass. n.14750/2024; Cass. n. 14749/2024; Cass. n. 14745/2024; Cass. n. 14699/2024; Cass. n. 14578/2024; Cass. n. 11818/2024; Cass. n. 11806/2024; Cass. n. 11799/2024; Cass. n. 11790/2024; ancora di recente Cass. n. 5025/2025; Cass. n. 7761/2025; Cass. n. 13291/2025).
Si è in particolare ritenuto c he il comma 2 dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997 risulta norma attributiva di una competenza funzionale alle direzioni regionali dell’Agenzia, individuat e in relazione al domicilio fiscale del trasgressore, anche con riferimento alla fattispecie nella quale l’Amministrazione proceda direttamente all’iscrizione a ruolo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, segnalando, ad ulteriore conforto di tale soluzione, che essa è in linea con la ratio complessiva della norma, che è quella di accentrare, su base regionale, la competenza sui rapporti dell’Agenzia con i soggetti deputati a rilasciare visti di conformità .
Ratio coerente, del resto, con quanto già disposto dal d.m. Finanze 12 luglio 1999, intitolato «Individuazione degli uffici competenti per le attività e gli adempimenti di cui ai capi II e IV del regolamento recante norme per l’assistenza fiscale resa dai centri di assistenza fiscale per le imprese e per i dipendenti, dai sostituti di imposta e dai professionisti,
adottato con decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164.», che (visto l’art. 28 del regolamento recante norme per l’assistenza fiscale, adottato con decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, che attribuisce al Dipartimento delle entrate la individuazione, con propri provvedimenti organizzativi, degli uffici competenti per le attività e gli adempimenti di cui ai capi II e IV del citato regolamento) ha attribuito tra l’altro alle direzioni regionali delle entrate la competenza all’autorizzazione all’attività di assistenza fiscale, la funzione di tramite con l’ organo del Ministero obbligato alla tenuta degli albi dei C.A.A.F., alcune competenze procedurali in merito alla richiesta di autorizzazione all’esercizio della facoltà di rilasciare il visto di conformità o l’asseverazione, nonché l’esercizio della funzione di vigilanza di cui agli artt. 10 e 25.
Il Collegio, non ravvisando nelle difese delle parti argomenti per discostarsi da tale orientamento – cui intende dare ulteriore continuità, richiamando le motivazioni degli arresti precedenti già citati- ritiene pertanto di accogliere il secondo motivo di ricorso, poiché la decisione resa dal giudice d’appello non è conforme ai principi emergenti dai richiamati e consolidati precedenti di legittimità.
Per l’effetto, va cassata la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va accolto, nei termini sinora evidenziati (ovvero per la nullità, a causa dell’incompetenza dell’ufficio che ha provveduto, dell’atto impugnato in primo grado), il ricorso introduttivo del dott. COGNOME
Restano assorbiti, per effetto dell’accoglimento del secondo motivo e dell’accertata invalidità, a monte, dell’iscrizione a ruolo e della conseguente cartella di pagamento, gli ulteriori motivi del ricorso.
In considerazione della novità della questione e della conseguente recente formazione di un pur nutrito orientamento di
legittimità in materia, le spese del merito e quelle di legittimità si compensano.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo di NOME COGNOME nei termini di cui in motivazione; compensa le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2025.