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Visto di conformità infedele: l’ufficio competente

Un professionista ha contestato una cartella di pagamento per un visto di conformità infedele. La Corte di Cassazione ha annullato l’atto, stabilendo che la competenza a procedere contro il professionista spetta esclusivamente alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate e non all’ufficio provinciale, dichiarando quest’ultimo incompetente.

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Pubblicato il 27 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di Conformità Infedele: la Cassazione stabilisce la Competenza Esclusiva della Direzione Regionale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito un aspetto procedurale cruciale in materia di visto di conformità infedele, stabilendo che solo la Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate è competente a irrogare le sanzioni a carico del professionista responsabile. Questa decisione sottolinea l’importanza del rispetto delle regole di competenza e offre un’importante tutela per i professionisti del settore.

I Fatti del Caso

Un professionista abilitato, in qualità di responsabile dell’assistenza fiscale per un Centro di Assistenza Fiscale (CAF), aveva apposto il visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi (Modello 730) di un contribuente per l’annualità 2014. A seguito di un controllo formale, l’Agenzia delle Entrate, tramite la propria Direzione Provinciale, riteneva il visto apposto come ‘infedele’.

Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria iscriveva a ruolo a carico del professionista l’imposta, le sanzioni e gli interessi che sarebbero stati altrimenti richiesti al contribuente. La pretesa veniva notificata tramite una cartella di pagamento, che il professionista impugnava tempestivamente.

Le Questioni Giuridiche

Il professionista basava la sua difesa su due argomenti principali:
1. L’applicazione della lex mitior: Sosteneva che dovesse applicarsi una normativa successiva più favorevole, che limitava la sua responsabilità al pagamento di una somma pari al solo 30% della maggiore imposta, escludendo imposte e interessi.
2. L’incompetenza dell’ufficio: Eccepiva un vizio procedurale fondamentale, affermando che la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate non fosse l’organo competente ad accertare la violazione e a formare il ruolo. Secondo la sua tesi, la legge (art. 39, comma 2, d.lgs. 241/1997) riserva tale competenza in via esclusiva alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate, individuata in base al domicilio fiscale del professionista trasgressore.

Mentre la Commissione Tributaria di primo grado aveva accolto il ricorso, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado aveva ribaltato la decisione, respingendo le argomentazioni del professionista.

La Decisione della Cassazione sul Visto di Conformità Infedele

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha ritenuto fondato e decisivo il secondo motivo di ricorso, quello relativo all’incompetenza funzionale. Gli Ermellini hanno stabilito che l’atto impugnato era illegittimo perché emesso da un ufficio privo del potere di farlo.

Il ricorso è stato quindi accolto su questo punto, con ‘assorbimento’ degli altri motivi, incluso quello sulla natura della sanzione e l’applicazione della lex mitior. La Corte ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha annullato l’atto impositivo originario.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione chiara dell’art. 39, comma 2, del d.lgs. n. 241/1997. Questa norma attribuisce una competenza funzionale e inderogabile alle Direzioni Regionali dell’Agenzia delle Entrate per la gestione delle violazioni commesse dai professionisti che rilasciano il visto di conformità.

La ratio di questa scelta legislativa, come evidenziato dalla Corte, è quella di accentrare su base regionale la gestione dei rapporti con i soggetti abilitati all’assistenza fiscale. Questo approccio garantisce uniformità di trattamento e un livello di specializzazione adeguato, evitando che la competenza sia frammentata tra i numerosi uffici provinciali legati al domicilio dei singoli contribuenti assistiti.

La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, citando numerose sentenze conformi. L’iscrizione a ruolo effettuata dalla Direzione Provinciale, anziché da quella Regionale, costituisce una violazione delle norme sull’attribuzione della competenza, che determina l’illegittimità insanabile dell’atto e della conseguente cartella di pagamento.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che un atto emesso da un ufficio amministrativo incompetente è viziato e può essere annullato. Per i professionisti e i loro difensori, ciò significa che la prima verifica da effettuare di fronte a un atto impositivo è proprio quella sulla competenza dell’organo che lo ha emesso. In secondo luogo, la decisione rafforza il principio di legalità dell’azione amministrativa, secondo cui la Pubblica Amministrazione può esercitare i propri poteri solo nei modi e nelle forme previste dalla legge. L’assorbimento degli altri motivi, sebbene non abbia permesso di ottenere un chiarimento sulla natura della sanzione, ha comunque portato all’annullamento totale della pretesa fiscale, dimostrando l’efficacia di una solida difesa basata su vizi procedurali.

Chi è competente a sanzionare un professionista per un visto di conformità infedele?
Secondo la Corte di Cassazione, la competenza esclusiva spetta alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate, individuata in base al domicilio fiscale del professionista, e non all’ufficio provinciale competente per il contribuente.

Qual è la conseguenza di un atto emesso da un ufficio incompetente in materia di visto di conformità infedele?
L’atto emesso da un ufficio incompetente è illegittimo e deve essere annullato. L’incompetenza funzionale è un vizio procedurale che invalida il provvedimento impositivo e la relativa cartella di pagamento.

La responsabilità del professionista per visto di conformità infedele è una sanzione a cui si applica il principio del favor rei?
In questa specifica ordinanza, la Corte di Cassazione non si è pronunciata su questo punto. Ha risolto il caso annullando l’atto per il vizio di incompetenza, ritenendo assorbita e quindi non necessaria la disamina delle altre questioni, inclusa quella sulla natura della responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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