Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7796 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7796 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3398/2024 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente – contro
Agenzia delle entrate-riscossione, in persona del Direttore pro tempore ,
-intimata-
nonché contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME come da procura speciale in atti
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Sicilia, n. 5472/07/23, depositata il 27 giugno 2023.
FATTI DI CAUSA
1. Il dott. NOME COGNOME nella qualità di responsabile dell’assistenza fiscale, quale professionista abilitato a tale incombente, su incarico del Centro autorizzato di assistenza fiscale (CAAF) RAGIONE_SOCIALE, appose il proprio visto di conformità sui documenti allegati alla dichiarazione Modello 730/2015 (relativa all’ annualità d’imposta 2014) di un contribuente avente domicilio fiscale nel territorio di competenza dell’Ufficio dell’Agenzia delle entrate di Enna.
La direzione provinciale di Enna dell’Agenzia delle entrate sottopose a controllo formale ex art. 36ter d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la dichiarazione del contribuente assistito ed all’esito, ritenendo che il visto apposto fosse infedele, iscrisse a ruolo a carico del dott. NOME COGNOME ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, l’imposta (Irpef), la sanzione (pari al 30 per cento dell’imposta) e gli interessi «che sarebbero stati richiesti al contribuente».
Notificata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione la relativa cartella di pagamento allo stesso dott. COGNOME quest’ultimo l’ ha impugnata innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Enna, assumendo, tra l’altro, che a seguito della modifica dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997, operata dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 (che ha convertito in legge, con modifiche, il d.l. 28 gennaio 2019, n. 4), la quale costituirebbe lex mitior , anche colui che ha apposto il visto infedele a dichiarazioni presentate per l’anno 2014 e fino all’entrata in vigore della legge n. 26 del 2019, non avrebbe dovuto comunque rispondere dell’imposta, della sanzione e degli interessi che, secondo le risultanze del controllo formale, sarebbero stati richiesti al contribuente, ma solo del 30 per cento della maggiore imposta riscontrata. Infatti, il novellato art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. n. 241 del 1997, prevede, con riferimento alla medesima fattispecie, che coloro che abbiano apposto il visto di conformità siano tenuti al « pagamento di una somma pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata», e non più « di una somma pari all’importo dell’imposta, della
sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente», come nella versione previgente della medesima norma.
Inoltre, secondo il ricorrente, sulla base del dato letterale dell’art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241 del 1997, in parte qua rimasto invariato, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente ad azionare la pretesa delle somme in questione – e nel caso di specie a provvedere alla formazione del ruolo, presupposto della cartella di pagamento notificata dall’agente della riscossione ed impugnata- avrebbe dovuto essere la «direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore anche sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia» (ovvero la direzione regionale di Roma), e non l’ufficio (la direzione provinciale di Enna) competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente assistito che si era rivolto al CAF.
La Commissione tributaria provinciale adita ha accolto il ricorso, riconoscendo il difetto di competenza della direzione provinciale di Enna dell’Agenzia delle Entrate rispetto all’iscrizione a ruolo nei confronti del responsabile del CAF che ha apposto il visto infedele. Inoltre, la CTP ha considerato che ‘in aggiunta al profilo dell’incompetenza, pertanto, deve evidenziarsi che la mancanza dell’atto di contestazione richiesto dal comma secondo dell’art. 39 d.lgs. 241/97 incide sul grado di completezza ed adeguatezza della motivazione della cartella di pagamento impugnata, motivo d’impugnazione espressamente fatto valere’.
L’Agenzia delle entrate ha proposto appello.
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Sicilia, con la sentenza qui impugnata, ha dichiarato l’inammissibilità del gravame sul presupposto che, non avendo l’Agenzia delle entrate contestato il capo relativo al difetto di motivazione della cartella, ma solo quello dell’incompetenza territoriale, l’accoglimento anche di quest’ultimo motivo non gioverebbe all’Ufficio, essendo immodificabile la statuizione giudiziale in ordine all’illegittimità dell’atto per difetto di motivazione. Inoltre, il giudice a quo ha comunque ritenuto l’appello infondato, ritenendo che « ha ragione l’appellato ad affermare che a contestare le violazioni al RAF, e ad applicare la sanzione, avrebbe dovuto essere la Direzione Regionale di Roma, ove ha sede la RAGIONE_SOCIALE, a cui l’Ufficio di Enna avrebbe potuto segnalare la
violazione commessa dal RAF. In nessuna, poi, delle disposizioni citate dall’Ufficio, e tantomeno nell’art. 39, si fa cenno alla competenza dell’Ufficio Provinciale, territorialmente competente in base al domicilio del contribuente, per contestare anche le violazioni al RAF che ha apposto il visto infedele.».
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, l’Agenzia delle entrate.
Il dott. COGNOME si è difeso con controricorso, successivamente depositando memoria.
L’Agenzia delle entrate-riscossione è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce « Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 d.lgs. 543/1992 in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.», assumendo che la sentenza impugnata erroneamente avrebbe dichiarato l’inammissibilità dell’appello erariale, poiché «alla lettura dell’atto di appello non vi è dubbio che l’Agenzia abbia puntualmente contestato la statuizione giudiziaria di prime cure in merito al difetto di motivazione della cartella.».
2. Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce « Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 39, comma 1 lett. a) e comma 2 del D.lgs. n. 241/1997 in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. a) del D.lgs. n. 241/97 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, rigettando nel merito l’appello erariale, ha affermato che «lo stesso Ufficio di Enna, tuttavia, non era competente a effettuare l’scrizione a ruolo delle somme richieste al CAF che ha apposto il visto infedele».
Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce « Violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 39 del D.lgs. n. 241/1997 e 3 comma 3 d.lgs. n. 472/97 in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, «ha riconosciuto l’applicabilità nel caso di specie del principio del favor rei , con conseguente applicazione ai fatti di cui è causa dell’art. 39 d.lgs. 241/97 come
riformulato dal d.l. 26/19 anziché della medesima norma secondo la formulazione antecedente alla novella.».
4. Giova premettere alla trattazione dei motivi di ricorso che, in disparte le formule utilizzate nelle relative statuizioni, tanto la sentenza di primo grado, così come riprodotta nella sentenza d’appello qui impugnata, quanto quella di appello, hanno deciso nel merito la controversia attingendo ed accogliendo la questione della eccepita incompetenza funzionale e territoriale della direzione provinciale che ha provveduto all’iscrizione a ruolo nei confronti del dott. COGNOME Ed infatti, tanto l’appello, quanto il ricorso per cassazione dell’Agenzia, hanno investito le rispettive decisioni (anche) in ordine a tale questione. La quale, invero, si rivela, nella sostanza giuridica e nell’ordine logico che ne discende, preliminare ed assorbente, giacché, ove si dovesse confermare che l’atto impugnato è affetto da un vizio d’incompetenza sostanziale e che quest’ultimo determina, a prescindere dal contenuto dello stesso atto, l’illegittimità della sua emissione, l’accertamento di ulteriori eventuali vizi attinenti la forma ed il merito del medesimo rimarrebbe assorbito, in quanto concretamente irrilevante sulla sua sorte.
5. Tanto premesso, risulta allora evidente l’opportunità della previa trattazione del secondo motivo di ricorso, per la sua potenziale capacità di decisione dell’intera controversia, con assorbimento degli ulteriori mezzi.
Il motivo è fondato. Infatti, con riferimento alla medesima fattispecie, pronunziando tra le stesse parti, questa Corte ha già chiarito che la responsabilità, prevista dall’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, del d.lgs. n. 241 del 1997 ( ratione temporis applicabile), dei soggetti che rilasciano il visto di conformità o l’asseverazione infedeli, relativamente alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’art. 13 del d.m. n. 164 del 1999, ha una funzione anche punitiva; ne consegue che, ai sensi del comma 2 del citato art. 39, la competenza all’iscrizione a ruolo, nei confronti dei medesimi soggetti, di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, appartiene alla direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, individuata in ragione del domicilio fiscale del
trasgressore e non può essere derogata, pena l’illegittimità dell’atto compiuto in violazione di tale attribuzione (Cass. n. 11660/2024; conformi, tra le stesse parti, ex multis , Cass. n. 14796/2024; Cass. n. 14792/2024; Cass. n. 14787/2024; Cass. n. 14785/2024; Cass. n. 14779/2024; Cass. n.14750/2024; Cass. n. 14749/2024; Cass. n. 14745/2024; Cass. n. 14699/2024; Cass. n. 14578/2024; Cass. n. 11818/2024; Cass. n. 11806/2024; Cass. n. 11799/2024; Cass. n. 11790/2024).
Il Collegio, non ravvisando nelle difese delle parti argomenti per discostarsi da tale orientamento – cui intende dare ulteriore continuità, richiamando le motivazioni degli arresti precedenti già citati- ritiene pertanto di rigettare il secondo motivo di ricorso, poiché la decisione è conforme ai principi emergenti dai richiamati e consolidati precedenti di legittimità.
6. Resta quindi assorbito, per effetto del rigetto del secondo motivo di ricorso, il primo, atteso che anche qualora esso venisse eventualmente accolto, si dovesse riconoscere che l’Agenzia aveva impugnato la decisione di primo grado pure in ordine al difetto di motivazione della cartella impugnata e si ritenesse in ipotesi l’insussistenza nel merito di tale difetto, in ogni caso l’accertata incompetenza sostanziale, di cui al secondo motivo rigettato, determinerebbe comunque la caducazione dell’atto impugnato.
Deve poi aggiungersi che in ogni caso la sentenza impugnata, nonostante la formale rilevazione dell’inammissibilità dell’appello erariale, lo ha comunque diffusamente ed espressamente deciso anche nel merito, in particolare statuendo proprio sulla questione della competenza sostanziale rispetto all’iscrizione a ruolo. Pertanto, la preventiva rilevazione dell’inammissibilità dell’appello appare, nel complesso della motivazione della decisione, nella sostanza una sorta di obiter dictum .
7. Resta pure assorbito, per effetto del rigetto del secondo motivo di ricorso, che incide a monte sulla legittimità dell’atto impugnato, il terzo motivo.
8. In considerazione della novità della questione e della conseguente recente formazione di un pur nutrito orientamento di legittimità in materia, le spese di
legittimità si compensano.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2025