Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5020 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5020 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24782/2023 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
Agenzia delle entrate-riscossione, in persona del Direttore pro tempore ,
-intimata-
nonché contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME come da procura speciale in atti
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di 2° grado della Sicilia, n. 3823/23, depositata il 26 aprile 2023.
FATTI DI CAUSA
1. Il dott. NOME COGNOME nella qualità di responsabile dell’assistenza Fiscale, quale professionista abilitato a tale incombente, su incarico del Centro autorizzato di assistenza fiscale (CAAF) RAGIONE_SOCIALE, appose il proprio visto di conformità sui documenti allegati alla dichiarazione Modello 730/2015 (relativa all’ annualità d’imposta 2014) di un contribuente avente domicilio fiscale nel territorio di competenza dell’Ufficio dell’Agenzia delle entrate di Agrigento.
La direzione provinciale di Agrigento dell’Agenzia delle entrate sottopose a controllo formale ex art. 36ter d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la dichiarazione del contribuente assistito ed all’esito, ritenendo che il visto apposto fosse infedele, iscrisse a ruolo a carico del dott. NOME COGNOME ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, l’imposta (Irpef), la sanzione (pari al 30 per cento dell’imposta) e gli interessi «che sarebbero stati richiesti al contribuente».
Notificata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione la relativa cartella di pagamento allo stesso dott. COGNOME quest’ultimo l’ha impugnata innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Agrigento, assumendo, tra l’altro, che a seguito della modifica dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997, operata dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 (che ha convertito in legge, con modifiche, il d.l. 28 gennaio 2019, n. 4), la quale costituirebbe lex mitior , anche colui che ha apposto il visto infedele a dichiarazioni presentate per l’anno 2014 e fino all’entrata in vigore della legge n. 26 del 2019, non avrebbe dovuto comunque rispondere dell’imposta, della sanzione e degli interessi che, secondo le risultanze del controllo formale, sarebbero stati richiesti al contribuente, ma solo del 30 per cento della maggiore imposta riscontrata. Infatti, il novellato art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. n. 241 del 1997, prevede, con riferimento alla medesima fattispecie, che coloro che abbiano apposto il visto di conformità siano tenuti al « pagamento di una somma pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata», e non più « di una somma pari all’importo dell’imposta, della
sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente», come nella versione previgente della medesima norma.
Inoltre, secondo il ricorrente, sulla base del dato letterale dell’art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241 del 1997, in parte qua rimasto invariato, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente ad azionare la pretesa delle somme in questione – e nel caso di specie a provvedere alla formazione del ruolo, presupposto della cartella di pagamento notificata dall’agente della riscossione ed impugnata- avrebbe dovuto essere la «direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore anche sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia» (ovvero la direzione regionale di Roma), e non l’ufficio (la direzione provinciale di Agrigento) competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente assistito che si era rivolto al CAF.
La Commissione tributaria provinciale adita ha accolto il ricorso, accertando la denunciata incompetenza funzionale e territoriale dell’Ufficio che ha formato l’iscrizione a ruolo di cui alla cartella, con assorbimento degli altri motivi di impugnazione.
L’Agenzia delle entrate ha proposto appello, che la Corte di Giustizia Tributaria di 2° grado della Sicilia, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, l’Agenzia delle entrate.
Il dott. COGNOME si è difeso con controricorso, depositando altresì memoria.
L’Agenzia delle entrate-riscossione è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso principale, l’Agenzia delle entrate deduce « Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39, comma 2 del D.lgs. n. 241/97 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, rigettando l’appello erariale, ha confermato l’incompetenza funzionale e territoriale dell’ ufficio che ha emesso il ruolo, poiché le trasgressioni di cui è causa andavano contestate dalla competente Direzione Regionale, in ragione del domicilio fiscale del trasgressore, con conseguente nullità della
cartella impugnata.
Il motivo è infondato.
Infatti, con riferimento alla medesima fattispecie, pronunziando tra le stesse parti, questa Corte ha già chiarito che la responsabilità, prevista dall’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, del d.lgs. n. 241 del 1997 ( ratione temporis applicabile), dei soggetti che rilasciano il visto di conformità o l’asseverazione infedeli, relativamente alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’art. 13 del d.m. n. 164 del 1999, ha una funzione anche punitiva; ne consegue che, ai sensi del comma 2 del citato art. 39, la competenza all’iscrizione a ruolo, nei confronti dei medesimi soggetti, di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, appartiene alla direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, individuata in ragione del domicilio fiscale del trasgressore e non può essere derogata, pena l’illegittimità dell’atto compiuto in violazione di tale attribuzione (Cass. n. 11660/2024; conformi, tra le stesse parti, Cass. n. 14796/ 2024; Cass. n. 14792/2024; Cass. n. 14787/2024; Cass. n. 14785/2024; Cass. n. 14779/2024; Cass. n.14750/2024; Cass. n. 14749/2024; Cass. n. 14745/2024; Cass. n. 14699/2024; Cass. n. 14578/2024; Cass. n. 11818/2024; Cass. n. 11806/2024; Cass. n. 11799/2024; Cass. n. 11790/2024).11660/2024). Il Collegio, non ravvisando nelle difese delle parti argomenti per discostarsi da tale orientamento – cui intende dare ulteriore continuità, richiamando le motivazioni degli arresti precedenti già citati- ritiene pertanto di rigettare il motivo.
2. In considerazione della novità della questione e della conseguente recente formazione di un pur nutrito orientamento di legittimità in materia, le spese di legittimità si compensano.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1quater ,
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2025