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Visto di conformità infedele: la competenza dell’Agenzia

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 14699/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di visto di conformità infedele. In caso di errore da parte del professionista, la competenza per l’irrogazione delle sanzioni e il recupero delle somme non è dell’ufficio locale del contribuente, ma spetta esclusivamente alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui il professionista ha il proprio domicilio fiscale. Di conseguenza, un atto emesso da un ufficio incompetente è da considerarsi illegittimo e nullo.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di conformità infedele: la Cassazione stabilisce la competenza territoriale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione cruciale per tutti i professionisti fiscali e i Centri di Assistenza Fiscale (CAF): in caso di visto di conformità infedele, quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate è competente a contestare la violazione e a richiedere il pagamento delle somme dovute? La risposta fornita dai giudici è netta e rappresenta un’importante garanzia procedurale: la competenza è funzionale ed esclusiva della Direzione Regionale del domicilio fiscale del professionista, e non dell’ufficio locale del contribuente assistito.

I Fatti del Caso: Il visto e la pretesa del Fisco

La vicenda trae origine dal controllo formale effettuato dall’Agenzia delle Entrate sulla dichiarazione dei redditi di un contribuente. L’Amministrazione Finanziaria rilevava delle irregolarità e, di conseguenza, riteneva ‘infedele’ il visto di conformità apposto da un professionista, responsabile di un CAF.

In base alla normativa vigente al momento dei fatti, l’ufficio provinciale dell’Agenzia, competente per il domicilio del contribuente, procedeva a iscrivere a ruolo a carico del professionista l’intera somma dovuta: imposta, sanzioni e interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente. Il professionista impugnava l’atto, sollevando una questione pregiudiziale di fondamentale importanza: l’incompetenza territoriale dell’ufficio che aveva emesso la cartella. Sosteneva, infatti, che la legge individuasse unicamente la Direzione Regionale del proprio domicilio fiscale come organo competente a procedere nei suoi confronti.

La questione della competenza per il visto di conformità infedele

Il cuore del dibattito legale ruotava attorno all’interpretazione dell’art. 39 del D.Lgs. 241/1997. Mentre il primo comma di tale articolo disciplina le conseguenze patrimoniali per chi rilascia un visto infedele, il secondo comma stabilisce in modo specifico le regole di competenza. Esso affida la contestazione delle violazioni e l’irrogazione delle relative sanzioni alla ‘direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore’.

L’Agenzia delle Entrate e i giudici di merito avevano ritenuto che, poiché il debito scaturiva dal controllo sulla dichiarazione di un contribuente, la competenza dovesse seguire quella generale, radicata presso l’ufficio locale del contribuente stesso. La Corte di Cassazione, però, ha ribaltato questa interpretazione, accogliendo pienamente la tesi del professionista.

Le motivazioni della Cassazione: una competenza funzionale e inderogabile

La Suprema Corte ha chiarito che la norma sulla competenza contenuta nell’art. 39, comma 2, è una norma speciale e, come tale, prevale sulle regole generali. Il legislatore ha volutamente accentrare la gestione dei rapporti con i soggetti abilitati al rilascio del visto di conformità (professionisti e CAF) presso le Direzioni Regionali.

Questa scelta risponde a una logica di efficienza e di garanzia:
1. Centralizzazione: Si evita che un professionista che assiste clienti in tutta Italia possa essere chiamato a difendersi in innumerevoli fori diversi, corrispondenti ai domicili fiscali di ciascun cliente.
2. Specializzazione: Si concentra la competenza presso un organo di livello superiore, la Direzione Regionale, per garantire un approccio uniforme e specializzato nella gestione di queste particolari violazioni.

La Corte ha inoltre sottolineato che questa regola di competenza non è venuta meno neanche a seguito delle modifiche normative che hanno aggravato la responsabilità del professionista, estendendola al pagamento dell’imposta oltre che delle sanzioni. La ‘violazione’ resta l’apposizione del visto infedele, e per essa la legge prevede un unico giudice naturale, individuato in base al domicilio del ‘trasgressore’, ovvero del professionista.

La responsabilità per il visto di conformità infedele, precisa la Corte, ha una chiara funzione punitiva. Non si tratta di un mero risarcimento, ma di una reazione dell’ordinamento a un comportamento illecito. Questa natura sanzionatoria rafforza ulteriormente la necessità di rispettare scrupolosamente le norme sulla competenza, che sono poste anche a garanzia del diritto di difesa.

Conclusioni: l’atto dell’ufficio incompetente è nullo

La decisione della Cassazione ha un impatto pratico di enorme rilevanza. Un atto emesso da un ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente incompetente è viziato da illegittimità e deve essere annullato. La distribuzione della competenza tra i vari uffici non è una mera questione organizzativa interna, ma una regola con valenza esterna, che vincola l’Amministrazione e tutela il cittadino.

Per i professionisti, questa sentenza rappresenta una vittoria significativa. Viene sancito il principio che qualsiasi contestazione relativa a un visto di conformità dovrà essere gestita dalla Direzione Regionale del proprio domicilio, garantendo un interlocutore unico e specializzato e fornendo una solida base per contestare in giudizio gli atti emessi da uffici locali incompetenti.

In caso di visto di conformità infedele, quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate può agire nei confronti del professionista?
La competenza esclusiva appartiene alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in base al domicilio fiscale del professionista (o del CAF) che ha rilasciato il visto, e non all’ufficio provinciale competente per il contribuente assistito.

Cosa succede se l’atto di recupero viene emesso da un ufficio incompetente?
Secondo la Corte di Cassazione, l’atto emesso da un ufficio territorialmente incompetente è illegittimo e, di conseguenza, nullo. Tale vizio, se dedotto dal ricorrente, porta all’annullamento dell’atto impugnato.

La responsabilità del professionista per il visto infedele ha una natura risarcitoria o punitiva?
La Suprema Corte afferma che la responsabilità prevista dalla legge ha una funzione anche punitiva. Non si tratta di un semplice risarcimento del danno, ma di una sanzione per un comportamento illecito, il che rafforza l’importanza del rispetto delle regole di competenza stabilite per i procedimenti sanzionatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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