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Visto di conformità infedele: competenza ufficio

Un professionista è stato sanzionato per un visto di conformità infedele apposto sulla dichiarazione di un contribuente. Il caso è giunto in Cassazione per decidere quale ufficio fiscale fosse competente ad emettere l’atto sanzionatorio. La Corte Suprema ha stabilito che la competenza non è dell’ufficio locale del contribuente, ma della Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del domicilio fiscale del professionista stesso. Di conseguenza, l’atto sanzionatorio emesso dall’ufficio incompetente è stato annullato, evidenziando come un vizio di competenza renda l’atto illegittimo.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di Conformità Infedele: la Sanzione è Nulla se dall’Ufficio Sbagliato

L’apposizione del visto di conformità infedele su una dichiarazione dei redditi comporta serie responsabilità per il professionista. Tuttavia, la validità della sanzione dipende non solo dal merito della contestazione, ma anche dal rispetto di precise regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: la competenza territoriale per irrogare la sanzione, annullando un atto emesso da un ufficio non legittimato.

Il Caso: Un Professionista Sanzionato per Visto Infedele

Un professionista, responsabile dell’assistenza fiscale per un CAAF, aveva apposto il proprio visto di conformità sulla dichiarazione modello 730 di un contribuente per l’anno d’imposta 2014. A seguito di un controllo formale, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto il visto infedele e ha iscritto a ruolo, a carico del professionista, una somma pari all’imposta, alla sanzione (30%) e agli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente.

Il professionista ha impugnato la cartella di pagamento sollevando due questioni principali:
1. L’applicazione del principio del favor rei: una normativa successiva (lex mitior) aveva modificato la sanzione, riducendola al solo 30% della maggiore imposta riscontrata, senza includere l’imposta e gli interessi.
2. L’incompetenza territoriale dell’ufficio: sosteneva che l’atto sanzionatorio fosse stato emesso da un ufficio territorialmente incompetente.

La Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto parzialmente il ricorso sulla base del favor rei, mentre la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, in appello, aveva ribaltato la decisione, dando piena ragione all’Agenzia fiscale.

La Questione Giuridica sulla Competenza dell’Ufficio per il Visto di Conformità Infedele

Il cuore della controversia portata dinanzi alla Corte di Cassazione era stabilire quale fosse l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate legittimato a contestare la violazione e a irrogare la relativa sanzione al professionista.

Secondo il ricorrente, l’art. 39, comma 2, del D.Lgs. 241/1997, stabilisce che la competenza spetta alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle entrate del domicilio fiscale del trasgressore (cioè il professionista), non alla direzione provinciale del domicilio fiscale del contribuente assistito, che aveva invece emesso l’atto. Si trattava quindi di un vizio di incompetenza funzionale e territoriale, che avrebbe dovuto portare all’annullamento dell’atto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso relativi all’incompetenza, assorbendo la questione sul favor rei. In primo luogo, i giudici hanno rilevato che la corte d’appello aveva commesso un errore di omissione di pronuncia, non avendo esaminato l’eccezione di incompetenza sollevata dal professionista.

Entrando nel merito della questione, la Corte ha confermato l’orientamento già consolidato della propria giurisprudenza. Ha stabilito che la responsabilità per il rilascio di un visto di conformità infedele ha una funzione anche punitiva. Di conseguenza, le norme sulla competenza devono essere interpretate rigorosamente.

Ai sensi dell’art. 39, comma 2, del D.Lgs. 241/1997, la competenza per l’iscrizione a ruolo della somma dovuta dal professionista appartiene alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in base al domicilio fiscale del trasgressore stesso. Questa attribuzione di competenza non può essere derogata. L’atto compiuto da un ufficio diverso, come la direzione provinciale del contribuente, è emesso in violazione di legge ed è, pertanto, illegittimo.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto il ricorso originario del professionista, annullando la cartella di pagamento.

Le Conclusioni

La decisione rafforza un principio di garanzia fondamentale per i professionisti: gli atti sanzionatori devono provenire esclusivamente dall’organo che la legge designa come competente. Un errore nella individuazione dell’ufficio non è una mera irregolarità formale, ma un vizio che invalida radicalmente l’atto, portando al suo annullamento. Per i professionisti che si trovano a fronteggiare una contestazione per visto di conformità infedele, è quindi essenziale verificare, come primo passo, che l’atto provenga dalla Direzione Regionale competente per il proprio domicilio fiscale. In caso contrario, l’atto è nullo.

Quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate è competente a sanzionare un professionista per un visto di conformità infedele?
Secondo la sentenza, la competenza appartiene alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in ragione del domicilio fiscale del professionista (il trasgressore), e non all’ufficio locale del contribuente assistito.

Un atto emesso da un ufficio fiscalmente incompetente è valido?
No, l’ordinanza chiarisce che l’atto emesso da un ufficio incompetente è illegittimo e deve essere annullato. La violazione delle norme sulla competenza costituisce un vizio che inficia la validità dell’atto impugnato.

Cosa succede se un giudice d’appello non si pronuncia su un motivo di ricorso?
Si verifica un vizio di “omissione di pronuncia”. In tal caso, la Corte di Cassazione può annullare la sentenza e, qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, può decidere la causa direttamente nel merito, come avvenuto in questa vicenda, per ragioni di economia processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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