Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8028 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8028 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19911/2023 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME come da procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
Agenzia delle entrate ed Agenzia delle entrate-riscossione , ciascuna in persona del Direttore pro tempore e rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato
– resistenti- avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di 2° grado della Sicilia, n. 2875/2023, depositata il 29 marzo 2023.
FATTI DI CAUSA
1. Il dott. NOME COGNOME nella qualità di responsabile dell’assistenza fiscale, quale professionista abilitato a tale incombente, su incarico del Centro autorizzato di assistenza fiscale (CAAF) RAGIONE_SOCIALE, appose il proprio visto di conformità sui documenti allegati alle dichiarazioni Modello 730/2015 (relative all’ annualità d’imposta 2014) di un contribuente aventi domicilio fiscale nel territorio di competenza dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Trapani.
La direzione provinciale di Trapani dell’Agenzia delle entrate sottopose a controllo formale ex art. 36ter d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la dichiarazione del contribuente assistito ed all’esito, ritenendo che il visto apposto fosse infedele, iscrisse a ruolo a carico del dott. NOME COGNOME ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, l’imposta (Irpef), la sanzione (pari al 30 per cento dell’imposta) e gli interessi «che sarebbero stati richiesti al contribuente».
Notificata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione la relativa cartella di pagamento allo stesso dott. COGNOME quest’ultimo l’ ha impugnata innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Trapani, assumendo, tra l’altro, che a seguito della modifica dell’art. 39 d.lgs. n. 241 del 1997, operata dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 (che ha convertito in legge, con modifiche, il d.l. 28 gennaio 2019, n. 4), la quale costituirebbe lex mitior , anche colui che ha apposto il visto infedele a dichiarazioni presentate per l’anno 2014 e fino all’entrata in vigore della legge n. 26 del 2019, non avrebbe dovuto comunque rispondere dell’imposta, della sanzione e degli interessi che, secondo le risultanze del controllo formale, sarebbero stati richiesti al contribuente, ma solo del 30 per cento della maggiore imposta riscontrata. Infatti, il novellato art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, d.lgs. n. 241 del 1997, prevede, con riferimento alla medesima fattispecie, che coloro che abbiano apposto il visto di conformità siano tenuti al « pagamento di una somma pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata», e non più « di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente», come
nella versione previgente della medesima norma.
Inoltre, secondo il ricorrente, sulla base del dato letterale dell’art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241 del 1997, in parte qua rimasto invariato, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente ad azionare la pretesa delle somme in questione – e nel caso di specie a provvedere alla formazione del ruolo, presupposto della cartella di pagamento notificata dall’agente della riscossione ed impugnata- avrebbe dovuto essere la «direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore anche sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia» (ovvero la direzione regionale di Roma), e non l’ufficio (la direzione provinciale di Trapani) competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente assistito che si era rivolto al CAF.
La Commissione tributaria provinciale adita ha accolto parzialmente il ricorso, in ragione del criterio della ragione più liquida, applicando il favor rei e riconoscendo come dovute le sole sanzioni tributarie irrogate, nei limiti del 30% delle imposte dovute.
L’Agenzia delle entrate ha proposto appello e la Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Sicilia, con la sentenza qui impugnata, lo ha accolto, riformando la sentenza impugnata e rigettando integralmente il ricorso introduttivo del dott. COGNOME
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, il dott. COGNOME successivamente depositando memoria.
L’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-riscossione hanno prodotto nota finalizzata esclusivamente alla partecipazione all’eventuale udienza di discussione, senza elaborare difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce « Errore in judicando. Violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 39, comma 1, lettera a) e a-bis) del D.Lgs. 241/1997 e dall’art 3 D.Lgs 472/1997 nonché dell’art 7 CEDU e degli artt 3, 23 e 53 Costituzione in relazione all’art 360, comma 1, n 3 cpc.», per non aver i giudici del gravame riconosciuto, in applicazione del favor rei , la diversa quantificazione della sanzione nella misura più favorevole al ricorrente,
come risultante dall’art 39, comma 1, lett a), d.lgs n. 241 del 1997, modificato dal d.l. n. 4 del 2019, ovvero nella minor somma, epurata dalle imposte e dagli interessi.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce « Errore in procedendo. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 primo comma, n. 5 c.p.c.», lamentando nella sostanza che il giudice a quo non abbia emesso alcuna decisione in ordine alla questione dell’incompetenza dell’Ufficio che ha provveduto all’iscrizione a ruolo, sebbene essa fosse stata oggetto già del ricorso introduttivo dello stesso dott. COGNOME che pure l’aveva espressamente riproposta in appello.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce «Errore in judicando. Violazione e/o falsa applicazione dell’art 39, primo comma lettera a) e secondo comma, DLgs 241/1997 e dell’art 15 Preleggi cc in relazione all’art 360, primo comma, n. 3 cpc.».
Assume il ricorrente che la CTR avrebbe comunque errato nel non affermare che la cartelle di pagamento, formata a seguito dell’ iscrizioni a ruolo effettuate dalla direzione provinciale di Trapani all’esito del controllo ex art 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973 della dichiarazione del contribuente assistito, fosse viziata dal dedotto difetto di incompetenza del soggetto che ha effettuato l’iscrizione a ruolo, atteso che il comma 2 del ridetto art 39, vigente ratione temporis , dispone invece che «Le violazioni dei commi 1 e 3 del presente articolo e dell’articolo 7-bis sono contestate e le relative sanzioni sono irrogate dalla direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore anche sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia», configurando così, anche rispetto alla fattispecie del rilascio di visto di infedele relativo alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’articolo 13, del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164 (ovvero, nel caso di specie, ad un CAAF-dipendenti), la competenza funzionale e territoriale della direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore, ovvero dello stesso professionista
che ha apposto il visto.
Inoltre, secondo il ricorrente, l’ipotizzata incompetenza territoriale da parte di un ufficio dell’Amministrazione finanziaria integrerebbe una causa di annullabilità dell’atto impugnato, secondo la conclusione cui è già pervenuta la giurisprudenza di legittimità.
4.Preliminarmente, appare opportuno trattare in anticipo il secondo ed il terzo motivo di ricorso, per la loro potenziale capacità di assorbimento del primo.
Sempre preliminarmente, il secondo ed il terzo motivo vanno trattati congiuntamente, attingendo la medesima questione, ovvero l’assunta incompetenza, funzionale e territoriale, della direzione provinciale di Trapani rispetto all’iscrizione a ruolo della pretesa oggetto della cartella.
Deve invero rilevarsi che, a prescindere dalla sua formale rubricazione, il secondo motivo evidenzia univocamente, nel suo corpo, la censura di omessa pronuncia del giudice d’appello sul punto dell’incompetenza sostanziale.
Risulta dagli atti di causa che la relativa questione era stata oggetto già del punto 4 del ricorso introduttivo. Su di essa, la CTP non si pronunziò, accogliendo, parzialmente, il ricorso in ragione della applicazione del favor rei , dichiaratamente classificata quale ‘ragione più liquida’.
La pronunzia in questione non configurava pertanto un rigetto implicito della relativa eccezione (arg. da Cass., Sez. Un., n. 13195 del 25/05/2018), non sottintendendo, chiaramente ed inequivocabilmente, alcuna valutazione di infondatezza della stessa. Del resto, la questione dell’incompetenza sostanziale non era assorbita logicamente dall’accoglimento parziale del ricorso introduttivo, atteso che l’eventuale fondatezza della dedotta incompetenza avrebbe comportato piuttosto l’illegittimità radicale dell’atto impugnato. Non vi è pertanto alcuna implicazione logica necessaria tra la decisione di primo grado e l’ipotetico rigetto implicito dell’eccepita incompetenza sostanziale.
In difetto, pertanto, di una statuizione, fosse pure implicita, di rigetto sul punto, il dott. COGNOME poteva limitarsi a riproporre la questione nelle controdeduzioni in appello, così come ha fatto, a pag. 26 ss. del relativo atto di costituzione nel secondo grado, lamentando che «i giudici di primo grado avrebbero dovuto
dichiarare l’illegittimità dell’atto impo-esattivo» (pag. 31) e chiedendo l’annullamento di quest’ultimo.
Peraltro, la riproposizione, da parte dell’appellato, della questione nelle controdeduzioni può, comunque, pure essere riqualificata, in applicazione del principio dell’idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo, quale impugnazione incidentale, tenuto anche conto che, nel contenzioso tributario, l’appello incidentale non deve essere notificato, ma è contenuto nelle controdeduzioni, depositate nel termine di costituzione dell’appellato, venendo così ad affievolirsi la distinzione tra appello incidentale, riproposizione dei motivi e difesa del resistente (cfr. Cass. n. 18119 del 24/06/2021).
Sussistevano dunque i presupposti necessari affinché il giudice d’appello si pronunciasse sul punto, ciò che non è accaduto nel caso di specie, avendo la Corte di Giustizia Tributaria di 2° grado della Sicilia obliterato la questione, della quale non è traccia né nell’esposizione degli antefatti processuali, né nella motivazione e nella decisione, concentrate esclusivamente sul «gravame che deve essere accolto», ovvero sull’appello erariale, al quale soltanto si riferisce l’assorbimento di «tutti gli altri motivi» di cui parla la sentenza qui impugnata.
In sintesi, quindi, la questione dell’incompetenza sostanziale non è stata oggetto di alcuna decisione (né esplicita, né implicita, né di assorbimento) da parte del giudice d’appello, per cui sussiste la denunziata omissione di pronuncia.
Alla relativa cassazione della decisione impugnata può seguire, in questa sede, per evidenti ragioni di economia processuale, la decisione nel merito sulla medesima questione in questa sede. Invero, in punto di fatto, non necessitano accertamenti ulteriori rispetto a quanto emerge dagli atti di causa e, per quanto qui rileva, non risulta contestato già nel merito. In punto di diritto, sulla questione si è formato un consolidato orientamento di questa Corte, che conduce a soluzione non difforme da quella prospettata dal ricorrente nel terzo motivo.
Infatti, con riferimento alla medesima fattispecie, pronunziando tra le stesse parti, questa Corte ha già chiarito che la responsabilità, prevista dall’art. 39, comma 1, lett. a), secondo periodo, del d.lgs. n. 241 del 1997 ( ratione temporis applicabile), dei soggetti che rilasciano il visto di conformità o l’asseverazione
infedeli, relativamente alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all’art. 13 del d.m. n. 164 del 1999, ha una funzione anche punitiva; ne consegue che, ai sensi del comma 2 del citato art. 39, la competenza all’iscrizione a ruolo, nei confronti dei medesimi soggetti, di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, appartiene alla direzione regionale dell’Agenzia delle entrate, individuata in ragione del domicilio fiscale del trasgressore e non può essere derogata, pena l’illegittimità dell’atto compiuto in violazione di tale attribuzione (Cass. n. 11660/2024; conformi, tra le stesse parti, ex multis , Cass. n. 14796/2024; Cass. n. 14792/2024; Cass. n. 14787/2024; Cass. n. 14785/2024; Cass. n. 14779/2024; Cass. n.14750/2024; Cass. n. 14749/2024; Cass. n. 14745/2024; Cass. n. 14699/2024; Cass. n. 14578/2024; Cass. n. 11818/2024; Cass. n. 11806/2024; Cass. n. 11799/2024; Cass. n. 11790/2024). Il Collegio, non ravvisando nelle difese delle parti argomenti per discostarsi da tale orientamento – cui intende dare ulteriore continuità, richiamando le motivazioni degli arresti precedenti già citati- ritiene pertanto di accogliere il secondo ed il terzo motivo di ricorso, poiché la decisione resa dal giudice d’appello non è conforme ai principi emergenti dai richiamati e consolidati precedenti di legittimità. Per l’effetto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va cassata la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, va accolto, nei termini sinora evidenziati (ovvero per la nullità, a causa dell’ incompetenza dell’ufficio che ha provveduto, dell’atto impugnato in primo grado), il ricorso introduttivo del dott. COGNOME
5.Resta assorbito, per effetto dell’accoglimento del secondo e del terzo motivo e dell’accertata invalidità, a monte, dell’iscrizione a ruolo e della conseguente cartella di pagamento, il primo motivo del ricorso.
6.In considerazione della novità della questione e della conseguente recente formazione di un pur nutrito orientamento di legittimità in materia, le spese del merito e quelle di legittimità si compensano.
P.Q.M.
Accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa
la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo di NOME COGNOME nei termini di cui in motivazione e compensa le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 18 marzo 2025