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Visto di conformità infedele: competenza territoriale

Un professionista ha apposto un visto di conformità infedele su una dichiarazione fiscale. La Corte di Cassazione ha annullato la sanzione irrogata, stabilendo che la competenza territoriale per emettere l’atto non appartiene all’ufficio del domicilio del contribuente, ma alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate competente per il domicilio fiscale del professionista stesso. Questa ordinanza rafforza un principio cruciale sulla competenza in materia di sanzioni per visto di conformità infedele.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di Conformità Infedele: La Cassazione Stabilisce la Competenza Territoriale

Il visto di conformità è uno strumento fondamentale nel sistema fiscale italiano, delegando a professionisti abilitati il controllo preliminare sulla correttezza delle dichiarazioni dei contribuenti. Ma cosa succede quando questo controllo si rivela errato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto procedurale cruciale: quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate ha il potere di sanzionare il professionista per un visto di conformità infedele? La risposta fornita dalla Suprema Corte è netta e consolida un orientamento giurisprudenziale a tutela della certezza del diritto.

I Fatti del Caso: Il Visto Conteso

La vicenda ha origine quando un professionista, responsabile di un Centro di Assistenza Fiscale (CAF), appone il proprio visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi (Modello 730) di un contribuente per l’annualità d’imposta 2014. A seguito di un controllo formale, l’ufficio provinciale dell’Agenzia delle Entrate, competente per il domicilio fiscale del contribuente, riscontra delle irregolarità. Ritenendo il visto apposto ‘infedele’, l’Amministrazione Finanziaria iscrive a ruolo, a carico del professionista, una somma pari all’imposta, alla sanzione e agli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente, notificandogli la relativa cartella di pagamento.

Il Contenzioso Fiscale e la Questione del Visto di Conformità Infedele

Il professionista impugna la cartella di pagamento sollevando due questioni principali. In primo luogo, l’applicazione della lex mitior, una normativa più favorevole sopravvenuta che limitava la sua responsabilità al solo 30% della maggiore imposta. In secondo luogo, e in via pregiudiziale, eccepisce il difetto di competenza territoriale dell’ufficio che ha emesso l’atto. Sostiene, infatti, che la competenza non fosse dell’ufficio provinciale legato al contribuente, ma della Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del proprio domicilio fiscale.

Nei primi due gradi di giudizio, i giudici tributari accolgono parzialmente le sue ragioni, applicando il principio del favor rei ma rigettando l’eccezione di incompetenza. L’Agenzia delle Entrate, insoddisfatta, ricorre per cassazione, e il professionista risponde con un controricorso, proponendo a sua volta un ricorso incidentale per ribadire, tra gli altri motivi, la questione della competenza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, investita della questione, decide di esaminare con priorità il motivo del ricorso incidentale relativo al difetto di competenza, in quanto potenzialmente risolutivo dell’intera controversia. E così è stato.

La Corte ha accolto il motivo, affermando un principio di diritto ormai consolidato: la responsabilità del professionista per l’apposizione di un visto infedele ha una funzione anche punitiva. Di conseguenza, la competenza a contestare la violazione e a irrogare le relative sanzioni è attribuita in via esclusiva alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in base al domicilio fiscale del professionista trasgressore. L’atto emesso dall’ufficio provinciale del contribuente è, pertanto, viziato da incompetenza e deve essere annullato.

Le Motivazioni dell’Ordinanza sul Visto di Conformità Infedele

Le motivazioni della Corte si fondano sull’interpretazione letterale dell’art. 39, comma 2, del D.Lgs. n. 241/1997. Questa norma stabilisce in modo specifico quale sia l’organo competente, creando una regola di competenza funzionale e territoriale che non ammette deroghe. La Corte ha richiamato una lunga serie di propri precedenti conformi, sottolineando come tale attribuzione di competenza sia inderogabile, pena l’illegittimità dell’atto compiuto. L’aver agito in violazione di questa norma procedurale rende l’atto di accertamento nullo, a prescindere dal fatto che la pretesa fiscale fosse o meno fondata nel merito. L’accoglimento di questo motivo ha reso superfluo l’esame degli altri, compreso quello principale dell’Agenzia delle Entrate, che sono stati dichiarati assorbiti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Professionisti

Questa ordinanza offre un’importante garanzia per tutti i professionisti fiscali. Stabilisce che qualsiasi atto sanzionatorio per un visto di conformità infedele deve provenire tassativamente dalla Direzione Regionale del loro domicilio fiscale. Un atto emesso da un ufficio diverso, come quello competente per il contribuente assistito, è illegittimo e può essere annullato con successo. Questo non solo chiarisce le regole del gioco, ma evidenzia anche l’importanza di verificare sempre la competenza dell’organo che emette un atto, poiché un vizio formale di questo tipo può essere decisivo per l’esito di un contenzioso.

Chi è responsabile in caso di visto di conformità infedele?
Secondo la normativa, il professionista che appone il visto è ritenuto responsabile. La sua responsabilità, originariamente pari all’intera imposta, sanzioni e interessi dovuti dal contribuente, è stata successivamente mitigata da una legge più favorevole (lex mitior).

Quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate è competente a sanzionare il professionista per un visto di conformità infedele?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la competenza esclusiva appartiene alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in base al domicilio fiscale del professionista che ha commesso la violazione, e non all’ufficio territoriale competente per il contribuente.

Cosa succede se l’atto di accertamento viene emesso da un ufficio incompetente?
L’atto emesso da un ufficio territorialmente o funzionalmente incompetente è illegittimo. Come dimostra questa ordinanza, tale vizio comporta l’annullamento dell’atto, con conseguente estinzione della pretesa fiscale, indipendentemente dalla fondatezza nel merito della violazione contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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