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Visto di conformità infedele: competenza territoriale

In un caso di visto di conformità infedele, la Corte di Cassazione ha annullato una cartella di pagamento perché emessa da un ufficio territorialmente incompetente. La Corte ha stabilito che la competenza a sanzionare il professionista spetta esclusivamente alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del luogo di domicilio fiscale del professionista stesso, e non a quella del contribuente assistito.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di Conformità Infedele: La Competenza Territoriale è Decisiva

L’apposizione del visto di conformità infedele su una dichiarazione dei redditi comporta precise responsabilità per il professionista, ma quali sono i limiti procedurali che l’Amministrazione Finanziaria deve rispettare per sanzionarlo? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale sulla competenza territoriale, annullando un atto impositivo perché emesso dall’ufficio sbagliato. Questa decisione sottolinea l’importanza dei vizi procedurali come motivo di impugnazione e offre un’importante tutela per i professionisti del settore.

I Fatti del Caso

Un professionista abilitato, responsabile dell’assistenza fiscale per un Centro di Assistenza Fiscale (CAF), aveva apposto il visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi (Modello 730) di un contribuente per l’annualità 2014. A seguito di un controllo formale, l’Agenzia delle Entrate di Palermo, competente per il domicilio fiscale del contribuente, ha contestato l’infedeltà del visto. Di conseguenza, ha iscritto a ruolo a carico del professionista l’imposta, gli interessi e una sanzione pari al 30% dell’imposta, notificandogli la relativa cartella di pagamento.

Il professionista ha impugnato l’atto, sostenendo, tra le altre cose, che una modifica normativa successiva (lex mitior) avrebbe dovuto limitare la sua responsabilità al solo pagamento di una somma pari al 30% della maggiore imposta, e non all’intero importo. I giudici di primo e secondo grado hanno parzialmente accolto questa tesi. Tuttavia, la questione cruciale è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Competenza Territoriale e il Visto di Conformità Infedele

Davanti alla Suprema Corte, il professionista ha sollevato una questione procedurale determinante: l’incompetenza territoriale dell’ufficio che aveva emesso l’atto. Secondo la sua difesa, l’atto sanzionatorio non doveva essere emesso dalla Direzione Provinciale di Palermo (domicilio del contribuente), bensì dalla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate competente per il domicilio fiscale del professionista stesso (il ‘trasgressore’), che nel caso specifico era Roma.

Questo argomento si basa sull’interpretazione dell’art. 39, comma 2, del D.Lgs. n. 241/1997, che individua la competenza a contestare le violazioni e irrogare le sanzioni relative al visto di conformità nella Direzione Regionale del domicilio fiscale del trasgressore. La difesa ha sostenuto che tale competenza è funzionale e non derogabile, e la sua violazione determina l’illegittimità dell’atto.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il motivo di ricorso del professionista, ritenendolo fondato e assorbente rispetto a tutte le altre questioni, inclusa quella sul merito della sanzione sollevata dall’Agenzia delle Entrate.

Richiamando un suo consolidato orientamento giurisprudenziale, la Corte ha chiarito che la responsabilità del professionista per il rilascio di un visto infedele ha anche una funzione punitiva. Di conseguenza, la competenza per l’iscrizione a ruolo delle somme dovute è attribuita inderogabilmente alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in base al domicilio fiscale del professionista che ha commesso la violazione.

L’atto emesso dalla Direzione Provinciale di Palermo era, pertanto, viziato da incompetenza. Questo vizio, ha sottolineato la Corte, non è una mera irregolarità, ma una causa di illegittimità che invalida l’atto ab origine. Per questo motivo, la Corte ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha accolto il ricorso originario del professionista, annullando la cartella di pagamento.

Le Conclusioni

La decisione consolida un principio di garanzia fondamentale per i professionisti. La competenza territoriale degli uffici fiscali non è un dettaglio formale, ma un presupposto di validità dell’azione amministrativa. Un atto impositivo o sanzionatorio emesso da un ufficio territorialmente incompetente è nullo e può essere annullato in sede giudiziaria. I professionisti devono quindi prestare la massima attenzione non solo al merito delle contestazioni, ma anche alla correttezza procedurale con cui vengono avanzate, verificando sempre che l’ufficio procedente sia quello designato per legge. Questa ordinanza serve da monito per l’Amministrazione Finanziaria affinché rispetti scrupolosamente le norme sulla competenza, pena l’inefficacia della sua pretesa.

Chi è competente a sanzionare un professionista per un visto di conformità infedele?
Secondo la Corte di Cassazione, la competenza esclusiva e inderogabile spetta alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui il professionista (il ‘trasgressore’) ha il proprio domicilio fiscale, non quella del contribuente.

Qual è la conseguenza se un atto fiscale è emesso da un ufficio incompetente?
L’atto è illegittimo e deve essere annullato. L’incompetenza territoriale è un vizio procedurale che invalida l’atto fin dalla sua origine, rendendo illegittima la pretesa fiscale.

La Corte si è pronunciata sulla corretta applicazione della sanzione (lex mitior)?
No. La Corte ha ritenuto che la questione dell’incompetenza dell’ufficio fosse prioritaria e assorbente. Accogliendo questo motivo, ha annullato l’atto senza dover decidere le altre questioni, inclusa quella relativa alla misura della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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