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Visto di conformità infedele: competenza territoriale

Un professionista è stato sanzionato per un visto di conformità infedele. La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento della sanzione perché emessa da un ufficio territorialmente incompetente. La sentenza chiarisce che la competenza spetta alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui ha domicilio fiscale il professionista, data la natura punitiva della sua responsabilità, e non quella del contribuente.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di Conformità Infedele: La Competenza Territoriale è del Domicilio del Professionista

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha consolidato un principio fondamentale in materia di responsabilità per visto di conformità infedele. La pronuncia stabilisce in modo chiaro quale sia l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente a irrogare le sanzioni al professionista o al responsabile del CAF: non quello del domicilio del contribuente, ma quello del domicilio del professionista stesso. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: un Visto Sotto Esame

Un professionista, in qualità di responsabile dell’assistenza fiscale per un Centro autorizzato (CAAF), aveva apposto il visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi (Modello 730) di un contribuente. A seguito di un controllo formale, l’ufficio provinciale dell’Agenzia delle Entrate, competente per il territorio del contribuente, ha ritenuto che il visto fosse ‘infedele’, ovvero non veritiero. Di conseguenza, ha iscritto a ruolo e notificato al professionista una cartella di pagamento con cui gli veniva richiesto il pagamento dell’imposta, delle sanzioni e degli interessi che sarebbero stati dovuti dal contribuente.

Il professionista ha impugnato l’atto, sollevando due questioni principali: la prima, relativa all’applicazione di una nuova legge più favorevole (lex mitior), e la seconda, un’eccezione pregiudiziale sull’incompetenza territoriale dell’ufficio che aveva emesso l’atto.

La Questione della Competenza per il Visto di Conformità Infedele

Il cuore della controversia legale si è concentrato sulla corretta interpretazione dell’art. 39 del D.Lgs. n. 241/1997. La norma, al comma 2, stabilisce che l’ufficio competente a contestare le violazioni è la ‘direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore’.

Il punto cruciale era quindi stabilire chi fosse il ‘trasgressore’: il contribuente che ha presentato una dichiarazione con dati errati o il professionista che ha apposto un visto non corretto?

I giudici di merito avevano accolto la tesi del professionista, ritenendo che l’ufficio provinciale del luogo di residenza del contribuente non avesse il potere di emettere l’atto sanzionatorio. La questione è quindi approdata in Cassazione.

L’Analisi della Corte: la Natura Punitiva della Sanzione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione di secondo grado e fornendo una motivazione chiara e lineare. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento ormai consolidato: la responsabilità posta a carico del professionista per il rilascio di un visto di conformità infedele ha una ‘funzione anche punitiva’.

Questa natura sanzionatoria è determinante per individuare la competenza. Poiché si tratta di punire la condotta del professionista, è a lui che bisogna guardare come ‘trasgressore’ ai sensi della norma. Di conseguenza, l’unico ufficio legittimato ad agire è la Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate nel cui ambito territoriale si trova il domicilio fiscale del professionista stesso.

le motivazioni

La Suprema Corte ha stabilito che la responsabilità per un visto di conformità infedele ha una chiara natura punitiva nei confronti del professionista che lo ha rilasciato. Questa qualificazione è decisiva perché attiva l’applicazione della regola di competenza specifica prevista dall’art. 39, comma 2, del D.Lgs. 241/1997. Tale norma assegna in via esclusiva la competenza ad agire alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del territorio in cui ha il domicilio fiscale il ‘trasgressore’, ovvero il professionista. Un atto emesso da un ufficio diverso, come l’ufficio provinciale del domicilio del contribuente, è viziato da incompetenza e, pertanto, illegittimo. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia, relativo alla mancata applicazione del principio del favor rei, poiché la decisione d’appello si fondava interamente e in modo assorbente sulla questione pregiudiziale dell’incompetenza, rendendo irrilevante ogni altra valutazione sul merito della sanzione.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di garanzia per tutti i professionisti e i responsabili dei CAF. Stabilisce un criterio di competenza territoriale certo e inequivocabile: qualsiasi contestazione relativa a un visto di conformità deve provenire dalla Direzione Regionale del domicilio fiscale del professionista. Questo evita che intermediari fiscali si trovino a dover affrontare contenziosi in fori sparsi per l’Italia, a seconda di dove risiedano i loro clienti. La sentenza sottolinea l’importanza strategica di sollevare, sin dal primo grado di giudizio, l’eccezione di incompetenza, un vizio che, se accertato, porta all’annullamento totale dell’atto impositivo, a prescindere dal merito della violazione contestata.

Chi è l’ufficio competente a sanzionare un professionista per un visto di conformità infedele?
L’ufficio competente è la direzione regionale dell’Agenzia delle entrate individuata in base al domicilio fiscale del professionista (il trasgressore) e non quella del contribuente assistito.

Perché la competenza è legata al domicilio fiscale del professionista e non del contribuente?
Perché la responsabilità del professionista ha una funzione anche punitiva. Di conseguenza, si applica la norma specifica (art. 39, comma 2, d.lgs. 241/1997) che radica la competenza presso il domicilio del trasgressore.

Cosa succede se la sanzione viene emessa da un ufficio territorialmente incompetente?
L’atto emesso dall’ufficio incompetente, come la cartella di pagamento in questo caso, è illegittimo e deve essere annullato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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