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Visto di conformità infedele: competenza e sanzioni

In un caso riguardante un visto di conformità infedele, la Corte di Cassazione ha stabilito che la competenza per irrogare la sanzione al professionista spetta alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del domicilio fiscale del professionista stesso, e non all’ufficio territoriale del contribuente. La Corte ha ribadito che questa competenza è inderogabile, data la natura punitiva della sanzione. Di conseguenza, l’atto emesso dall’ufficio incompetente è stato dichiarato nullo.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di Conformità Infedele: La Cassazione Fa Chiarezza sulla Competenza dell’Ufficio Sanzionatore

L’apposizione del visto di conformità infedele su una dichiarazione dei redditi comporta serie responsabilità per il professionista. Ma quale ufficio dell’Agenzia delle Entrate ha il potere di contestare l’irregolarità e irrogare la relativa sanzione? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha consolidato un principio fondamentale: la competenza non segue il contribuente, ma il professionista. Analizziamo questa importante decisione che offre certezze agli operatori del settore.

I Fatti di Causa

Un professionista, responsabile dell’assistenza fiscale per un Centro autorizzato (CAAF), apponeva il visto di conformità sulla dichiarazione modello 730 di un contribuente. A seguito di un controllo formale, l’Agenzia delle Entrate riteneva il visto ‘infedele’ e iscriveva a ruolo, a carico del professionista, l’imposta, gli interessi e una sanzione pari al 30% dell’imposta stessa, come previsto dalla normativa all’epoca vigente. La cartella di pagamento veniva emessa dall’ufficio provinciale dell’Agenzia, competente per il domicilio fiscale del contribuente assistito.

Il professionista impugnava la cartella sollevando due questioni principali:
1. L’applicazione del principio della lex mitior, in quanto una nuova legge aveva nel frattempo modificato la sanzione, limitandola al solo pagamento di una somma pari al 30% della maggiore imposta, escludendo quindi l’imposta stessa e gli interessi.
2. L’incompetenza territoriale dell’ufficio che aveva emesso l’atto, sostenendo che, secondo la legge, la competenza spettasse alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui il professionista (il ‘trasgressore’) aveva il proprio domicilio fiscale.

La questione della competenza per il visto di conformità infedele

Mentre il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso basandosi sulla lex mitior, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha spostato il focus sulla questione pregiudiziale e assorbente dell’incompetenza. I giudici d’appello hanno ritenuto fondato questo motivo, stabilendo che l’ufficio provinciale non avesse il potere di emettere l’atto sanzionatorio. La competenza, infatti, era radicata presso la Direzione Regionale del domicilio fiscale del professionista, non del suo cliente. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione contro questa decisione.

La Decisione della Suprema Corte e la Ratio Decidendi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione di secondo grado e consolidando un importante orientamento giurisprudenziale. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 39, comma 2, del D.Lgs. n. 241/1997.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che la responsabilità del professionista per il rilascio di un visto infedele ha una funzione anche punitiva. Per questa ragione, la norma individua una competenza specifica e inderogabile. La legge stabilisce che l’atto sanzionatorio deve essere emesso dalla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate ‘individuata in ragione del domicilio fiscale del trasgressore’.

Il ‘trasgressore’, in questa fattispecie, non è il contribuente che ha presentato una dichiarazione con errori, ma il soggetto che ha attestato infedelmente la conformità dei dati. Pertanto, la competenza si radica nel luogo del domicilio fiscale del professionista o del CAAF, non in quello del contribuente. Un atto emesso da un ufficio territorialmente incompetente è, di conseguenza, illegittimo e deve essere annullato.

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia, relativo alla non applicabilità del favor rei. La ratio decidendi della sentenza impugnata, infatti, era interamente basata sull’incompetenza dell’ufficio. Questo vizio, essendo pregiudiziale, assorbiva ogni altra questione, inclusa quella relativa all’ammontare della sanzione. In pratica, una volta accertato che l’atto era stato emesso da chi non ne aveva il potere, diventava irrilevante discutere del ‘quantum’ della pretesa.

Le Conclusioni

Questa ordinanza fornisce un’indicazione chiara e vincolante per tutti i professionisti fiscali. In caso di contestazione per un visto di conformità infedele, il primo controllo da effettuare è sulla competenza dell’ufficio che ha emesso l’atto. La competenza spetta esclusivamente alla Direzione Regionale del domicilio fiscale del professionista. Qualsiasi atto emesso da un ufficio diverso (ad esempio, la direzione provinciale del luogo di residenza del contribuente) è viziato da incompetenza funzionale e territoriale e, come tale, può essere annullato dal giudice tributario. Si tratta di un baluardo di garanzia procedurale che tutela il professionista da atti emessi da uffici privi del potere conferito loro dalla legge.

Chi è competente a sanzionare un professionista per un visto di conformità infedele?
Secondo la Corte di Cassazione, la competenza esclusiva spetta alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in base al domicilio fiscale del professionista (o del CAF) che ha rilasciato il visto, definito ‘trasgressore’.

Perché l’ufficio del domicilio del contribuente non è competente in questi casi?
La norma (art. 39, comma 2, d.lgs. n. 241/1997) attribuisce una competenza specifica e inderogabile basata sul domicilio del soggetto che commette la violazione, ovvero il professionista che appone il visto. La sanzione ha natura punitiva verso il professionista, e la competenza segue quest’ultimo, non il suo assistito.

Cosa succede se l’atto di sanzione viene emesso da un ufficio incompetente?
L’atto emesso da un ufficio territorialmente e funzionalmente incompetente è illegittimo e deve essere annullato. Il vizio di incompetenza è un motivo di nullità che assorbe ogni altra questione di merito, come l’entità della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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