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Visto di conformità infedele: competenza e nullità

La Corte di Cassazione ha annullato una cartella di pagamento emessa nei confronti di un professionista per un visto di conformità infedele. La decisione si fonda sul principio della competenza territoriale: l’atto sanzionatorio doveva essere emesso dalla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate del domicilio fiscale del professionista e non dall’ufficio locale del contribuente assistito. L’emissione da parte di un ufficio incompetente ha reso l’atto nullo, assorbendo ogni altra questione, inclusa quella sulla misura della sanzione.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Visto di conformità infedele: la competenza territoriale è decisiva

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale in materia di sanzioni per visto di conformità infedele: la competenza a irrogare la sanzione al professionista spetta inderogabilmente alla direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate del suo domicilio fiscale. Un atto emesso da un ufficio diverso è illegittimo e deve essere annullato. Questa decisione chiarisce un aspetto procedurale cruciale, con importanti conseguenze pratiche per i professionisti del settore.

Il caso in esame

Un professionista, responsabile dell’assistenza fiscale per un Centro di Assistenza Fiscale (CAF), aveva apposto il proprio visto di conformità sulla dichiarazione dei redditi di un contribuente. A seguito di un controllo formale, l’Agenzia delle Entrate riscontrava un’irregolarità, qualificando il visto come “infedele”.

Di conseguenza, l’ufficio provinciale dell’Agenzia, competente per il domicilio del contribuente, iscriveva a ruolo a carico del professionista l’imposta, gli interessi e una sanzione pari al 30% dell’imposta stessa. Il professionista impugnava la cartella di pagamento eccependo, tra le altre cose, l’incompetenza territoriale dell’ufficio che aveva emesso l’atto. Sosteneva, infatti, che la competenza fosse della direzione regionale del proprio domicilio fiscale (Roma) e non di quella del contribuente (Palermo).

La questione della competenza territoriale nel visto di conformità infedele

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 39 del D.Lgs. n. 241/1997. Questa norma stabilisce che le sanzioni per le violazioni relative al visto di conformità sono irrogate dalla “direzione regionale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore”.

Il professionista ha sostenuto che il “trasgressore” fosse lui stesso, in quanto autore della violazione (l’apposizione del visto infedele), e non il contribuente assistito. Pertanto, l’ufficio competente a procedere nei suoi confronti doveva essere individuato in base al suo domicilio fiscale.

Il percorso processuale e l’intervento della Cassazione

Nei primi gradi di giudizio, la questione era stata parzialmente accolta, con i giudici che avevano ridotto la sanzione in applicazione del principio del favor rei, ma non avevano annullato l’atto per incompetenza. L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso in Cassazione, e il professionista rispondeva con un ricorso incidentale, insistendo sul vizio di incompetenza.

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del professionista, ha cassato la sentenza impugnata e annullato l’atto originario. La decisione si fonda su un orientamento ormai consolidato della stessa Corte.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha chiarito che la responsabilità del professionista per il visto di conformità infedele ha una natura non solo risarcitoria ma anche punitiva. Questa natura sanzionatoria impone un’applicazione rigorosa delle norme sulla competenza.

Secondo gli Ermellini, l’art. 39, comma 2, del D.Lgs. n. 241/1997 individua in modo inequivocabile la competenza funzionale e territoriale nella direzione regionale del domicilio fiscale del trasgressore, cioè del professionista che ha commesso la violazione. Questa regola non può essere derogata.

L’ufficio provinciale, competente per la posizione del contribuente, non ha il potere di iscrivere a ruolo sanzioni a carico del professionista. L’atto emesso da un ufficio territorialmente incompetente è, pertanto, viziato da illegittimità e deve essere annullato. L’accoglimento di questo motivo, che riguarda la validità stessa dell’atto a monte, ha reso superfluo l’esame delle altre questioni, compresa quella relativa all’ammontare della sanzione, che sono state dichiarate assorbite.

Conclusioni

La pronuncia consolida un principio di garanzia per i professionisti. Stabilisce chiaramente che l’Amministrazione finanziaria deve rispettare scrupolosamente le norme sulla competenza territoriale quando agisce nei loro confronti per violazioni legate al visto di conformità. Un errore procedurale di questo tipo invalida l’intero atto sanzionatorio, a prescindere dal merito della violazione contestata. Per i professionisti, ciò significa avere un’arma difensiva molto forte in caso di contestazioni, potendo verificare immediatamente se l’ufficio procedente sia quello legalmente competente.

Chi è competente a sanzionare il professionista per un visto di conformità infedele?
L’organo competente è esclusivamente la direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate individuata in base al domicilio fiscale del professionista che ha commesso la violazione (il trasgressore), e non l’ufficio competente per il contribuente assistito.

Qual è la conseguenza se l’atto sanzionatorio viene emesso da un ufficio incompetente?
L’atto emesso da un ufficio territorialmente incompetente è illegittimo e deve essere annullato. Questo vizio procedurale invalida l’atto fin dall’origine, rendendo superfluo l’esame del merito della violazione.

La responsabilità del professionista che appone il visto ha natura solo risarcitoria?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che la responsabilità prevista dalla legge ha anche una funzione punitiva. Proprio per questa natura sanzionatoria, le regole sulla competenza territoriale, poste a garanzia del trasgressore, non possono essere derogate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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