Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22207 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22207 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 3205/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato telematicamente al ricorso per cassazione.
Pec:
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO .
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del VENETO n. 790/01/21, depositata in data 17 giugno 2021, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE), esercente l’attività di commercio all’ingrosso di abbigliamento ed RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto i tre ricorsi, riuniti, aventi ad oggetto l’avviso di accertamento e due provvedimenti d i irrogazione sanzioni emessi, in relazione alle annualità 2014 e 2015, con i quali erano stati contestati l’omessa dichiarazione di componenti positivi di reddito relativi a fatture di vendita non contabilizzate aventi ad oggetto cessioni di beni, la deducibilità di elementi negativi indeducibili, violazioni formali e sostanziali ai fini Iva e venivano applicate le sanzioni ex art. 8, comma 2, del decreto legge n. 16 del 2012, per la deduzioni di costi relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti, in presenza di componenti positivi di reddito dichiarati direttamente afferenti a tali costi.
I giudici di secondo grado, per quel che rileva in questa sede e specificamente il rilievo relativo alle presunte vendite «in nero» per euro 1.685.672,00, hanno affermato che « la perizia di parte in cui si afferma che nel 2014 la RAGIONE_SOCIALE non ha percepito somme dai clienti, appare evidentemente inverosimile. Infatti, pur tenendo conto della particolare procedura messa in atto dalla società contribuente per finanziarsi, in un momento di difficoltà, mediante l’emissione di fatture pro-forma scontate progressivamente “a cascata” presso gli istituti di credito, i dati contabili dell’annualità in esame, come pure i bonifici dei clienti che riportano espressamente data e numero RAGIONE_SOCIALE fatture pagate, evidenziati
dall’Ufficio, smentiscono le affermazioni peritali. Del resto è lecito chiedersi come avrebbe fatto la RAGIONE_SOCIALE ad onorare i finanziamenti bancari in totale mancanza di ricavi ».
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il primo ed unico mezzo deduce il vizio di omessa pronuncia sull’eccezione sollevata dal contribuente circa l’assenza di pagamenti, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. In particolare, la società ricorrente, con riferimento specifico alle fatture che erano state presentate agli Istituti di credito per ottenere degli anticipi aveva eccepito che i clienti non avevano mai corrisposto le somme oggetto RAGIONE_SOCIALE fatture e che nessun pagamento era avvenuto in favore della stessa società, come riscontrato anche dalla perizia di parte che, per l’anno 2014, aveva accertato che non vi fosse stato pagamento RAGIONE_SOCIALE fatture proforma emesse, né dagli atti di causa era emersa l’e sistenza dei relativi bonifici. Laddove i giudici di secondo grado avessero correttamente rilevato che i pagamenti dele fatture non esistevano, allora avrebbero confermato che le fatture emesse pro-forma non nascondevano cessioni non registrate.
1.1 . Il motivo è inammissibile perché non si confronta con il contenuto della sentenza impugnata, che, contrariamente a quanto ha affermato la società ricorrente, ha ritenuto, con un accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, che le fatture erano state pagate dai fornitori e che sussistevano anche i bonifici dei clienti che riportavano espressamente la data e il numero RAGIONE_SOCIALE fatture pagate; i giudici di secondo grado, a fronte di ciò, hanno dunque affermato che appariva inverosimile il contenuto della perizia di parte sulla mancata percezione di somme da parte dei propri clienti e che, pur tenendo conto che le
fatture erano state emesse dalla società contribuente per finanziarsi in un momento di difficoltà, i dati contabili relativi all’anno smentivano le affermazioni peritali; inoltre, in mancanza di ricavi la società non avrebbe potuto onorare i finanziamenti bancari (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata). La Commissione tributaria regionale ha, dunque, ritenuto condivisibile la prospettazione erariale, laddove aveva affermato che si era in presenza di reali operazioni commerciali, seguiti da pagamenti non registrati in contabilità, come riscontrato anche dal controllo eseguito sui bonifici bancari effettuati dai clienti che, per l’appunto, all’atto del pagamento, indicavano nella causale gli estremi della fattura e la natura del pagamento (acconto e saldo) e come comprovato anche dalla circostanza che la maggior parte dei finanziamenti erogati dagli Istituti di credito sulla base RAGIONE_SOCIALE fatture presentate erano stati estinti attraverso l’utilizzo RAGIONE_SOCIALE disponibilità finanziarie derivanti dai bonifici effettuati dal clienti (cfr. pag. 11 e 12 del controricorso).
1.2 Si tratta, dunque, con evidenza, di una doglianza diretta a censurare una erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie di causa, che non costituiscono vizio di violazione di legge (Cass., 19 agosto 2020, n. 17313), con riferimento alla quale rileva, peraltro, un ulteriore profilo di inammissibilità ai sensi dell’art. 348 ter cod. proc. civ., vertendosi in fattispecie nella quale la società ricorrente è risultata soccombente in entrambi i giudizi di merito, sulla base di statuizioni fondate sui medesimi rilievi in fatto, che hanno disatteso i diversi argomenti, sostanziali e probatori, dalla stessa proposti e non avendo la parte attuale ricorrente specificato in ricorso le ragioni di fatto poste rispettivamente a fondamento della decisione di primo e di secondo grado, così dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass., 9 marzo 2022, n. 7724; Cass., 26 gennaio 2021, n. 1562; Cass., 22 dicembre 2016, n. 26774).
1.3 È utile, in ogni caso, ricordare che questa Corte ha statuito il seguente principio di diritto « La fattura concernente operazioni inesistenti e scontata in banca al fine di ottenere un’anticipazione sul credito rappresentato dal documento contabile deve ritenersi messa in circolazione, essendosi verificato lo spossessamento in favore dell’ente creditizio (che può incassare il credito in nome e per conto dell’emittente, ma anche nel proprio interesse). Tale fattura è, dunque, emessa ai sensi dell’art. 21, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, indipendentemente dalla formale consegna o spedizione alla controparte e l’emittente, la cui buona fede va senz’altro esclusa, è tenuto al versamento dell’IVA relativa ai sensi del settimo comma della citata disposizione, salva la prova dell’eliminazione degli effetti pregiudizievoli per l’Erario derivanti dalla utilizzazione del documento contabile » (Cass., 12 ottobre 2021, n. 27637).
1.4 Inoltre, come questa Corte ha già rilevato, la perizia stragiudiziale di parte, che, avendo natura di mero atto difensivo, è priva di autonomo valore probatorio, essendo sufficiente, sul piano motivazionale, che il giudice di appello enunci considerazioni con essa incompatibili, senza necessità di specifica confutazione (cfr. Cass., Sez. U., 3 giugno 2013, n. 13902; Cass., 9 febbraio 2018, n. 3207; Cass., 18 gennaio 2017, n. 1121; Cass., 29 luglio 2011, n. 16650)
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e la società ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla RAGIONE_SOCIALE controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del
giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 29 maggio 2024.