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VAT number cessioni intracomunitarie: non è prova assoluta

Una società veniva attinta da avvisi di accertamento per acquisti intracomunitari non dichiarati, basati sulla presenza del suo VAT number su fatture intestate a un’altra società. La Cassazione ha stabilito che, per le operazioni antecedenti al 2020, l’indicazione del VAT number nelle cessioni intracomunitarie è un requisito formale, subvalente rispetto all’accertamento dei requisiti sostanziali. La prova dell’effettivo acquirente può essere fornita con altri mezzi, come la registrazione contabile e il pagamento delle fatture, dimostrando che la sostanza prevale sulla forma. Il ricorso dell’Agenzia Fiscale è stato quindi respinto.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

VAT number cessioni intracomunitarie: non è prova assoluta

L’indicazione del VAT number nelle cessioni intracomunitarie è un elemento cruciale per la corretta applicazione dell’IVA, ma qual è il suo peso probatorio in caso di errore? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che, per le operazioni antecedenti al 2020, l’errata indicazione di questo codice non costituisce una presunzione assoluta, lasciando spazio alla prova contraria per individuare l’effettivo acquirente dei beni. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: L’errata indicazione del VAT number

Una società operante nel settore del giardinaggio riceveva tre avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 2008, 2009 e 2010. L’Agenzia Fiscale contestava alla società di aver effettuato acquisti di merci da un fornitore olandese senza dichiarare i relativi redditi, versare l’IVA e compilare il modello Intrastat.

La difesa della società contribuente si basava su un punto fondamentale: essa non aveva mai effettuato tali acquisti. Le operazioni, infatti, erano state compiute da una terza società, e l’indicazione del VAT number della contribuente sulle fatture era il risultato di un errore materiale commesso dal fornitore estero.

La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) respingeva inizialmente il ricorso, sostenendo che, nonostante le fatture fossero intestate alla società terza, la presenza del VAT number della contribuente fosse decisiva per attribuirle le operazioni commerciali.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

In appello, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ribaltava la decisione di primo grado. I giudici d’appello hanno ritenuto errata la premessa secondo cui il VAT number avrebbe una valenza di presunzione assoluta. Una simile interpretazione, secondo la CTR, comprimerebbe ingiustificatamente il diritto di difesa del contribuente.

La CTR ha dato peso a una serie di indizi gravi, precisi e concordanti forniti dalla società appellante, tra cui:
* La discrasia tra l’intestatario delle fatture (la società terza) e il VAT number indicato.
* La registrazione delle fatture nei registri contabili della società terza e non della contribuente.
* L’avvenuto pagamento delle forniture da parte della società terza.

Di fronte a questa mole di prove, la CTR ha concluso che l’Amministrazione Finanziaria avrebbe dovuto verificare chi fosse il reale destinatario della merce, invece di fermarsi al dato formale del VAT number.

L’Analisi della Cassazione sul VAT number nelle cessioni intracomunitarie

L’Agenzia Fiscale ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’indicazione del VAT number, unita al fatto che la stessa persona fosse legale rappresentante di entrambe le società, costituisse una presunzione precisa, univoca e concordante.

La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, basando la sua decisione su un’attenta ricostruzione della normativa europea e della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), con particolare riferimento al periodo antecedente le modifiche introdotte dal 1° gennaio 2020.

La Normativa Europea e la Giurisprudenza della CGUE

La Corte ha ricordato che, secondo la Direttiva IVA (2006/112/CE), il VAT number è un elemento essenziale della fattura per l’individuazione del debitore d’imposta. Tuttavia, la giurisprudenza della CGUE ha costantemente affermato il principio della prevalenza della sostanza sulla forma. In particolare, per le operazioni antecedenti al 2020, la prova della soggettività passiva del destinatario non poteva dipendere esclusivamente dalla comunicazione del suo VAT number.

Il numero di identificazione IVA, secondo la CGUE, fornisce la prova dello status fiscale del soggetto passivo e agevola i controlli, ma rimane un requisito formale. Non può rimettere in discussione il diritto all’esenzione (per il cedente) o, specularmente, determinare l’obbligo d’imposta (per il cessionario) se le condizioni sostanziali dell’operazione sono soddisfatte e dimostrate.

Le Motivazioni della Cassazione

Sulla base di questi principi, la Cassazione ha enunciato un principio di diritto fondamentale: in tema di VAT number nelle cessioni intracomunitarie, con riferimento alla normativa in vigore fino al 2019, l’erroneità dell’indicazione del codice del cessionario in fattura non può impedire l’individuazione del diverso cessionario effettivo. Il VAT number rappresenta un requisito formale, subvalente rispetto all’accertamento dei requisiti sostanziali, il cui onere probatorio è rimesso al giudizio di merito.

Nel caso specifico, la CTR ha correttamente operato, accertando l’identità effettiva della controparte del fornitore olandese nella società terza. Ha valorizzato elementi sostanziali come il pagamento e la contabilizzazione delle fatture, ritenendo quindi erronea l’indicazione del VAT number. La censura dell’Agenzia, incentrata su valutazioni fattuali come l’identità dell’amministratore e la persistenza dell’errore nel tempo, è stata considerata inammissibile nel giudizio di legittimità, in quanto non introduceva elementi di frode ma si limitava a sollecitare un riesame dei fatti.

Le Conclusioni: La Prevalenza della Sostanza sulla Forma

L’ordinanza in commento ribadisce un principio cardine del diritto tributario, in particolare in materia di IVA: la realtà economica e sostanziale di un’operazione deve prevalere sulla sua rappresentazione formale. Sebbene il VAT number sia un elemento identificativo di primaria importanza, non può essere elevato a presunzione assoluta che impedisca al contribuente di dimostrare, con prove concrete, la realtà dei fatti. La decisione offre un importante strumento di tutela per le imprese che, a causa di errori materiali di terzi, rischiano di vedersi attribuire operazioni commerciali mai realizzate.

L’indicazione errata del VAT number su una fattura per cessioni intracomunitarie rende automaticamente il titolare di quel numero il soggetto passivo d’imposta?
No. Secondo la sentenza, basata sulla normativa antecedente al 2020, l’indicazione del VAT number è un requisito formale. Non può impedire l’individuazione del diverso cessionario effettivo se vengono fornite prove sostanziali che dimostrano chi sia il reale acquirente dei beni.

Nella normativa antecedente al 2020, il VAT number era considerato un requisito formale o sostanziale?
Era considerato un requisito formale. La Corte di Cassazione, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che il VAT number è subvalente rispetto all’accertamento della sussistenza dei requisiti sostanziali dell’operazione, come l’effettiva identità dell’acquirente.

Quali prove possono essere usate per dimostrare chi è l’effettivo acquirente, nonostante un errore nel VAT number?
La sentenza evidenzia che possono essere utilizzate prove come la corretta intestazione della fattura ad un altro soggetto, la registrazione delle fatture nei libri contabili dell’effettivo acquirente e, soprattutto, la prova del pagamento delle forniture da parte di quest’ultimo. Questi elementi sono considerati indizi gravi, precisi e concordanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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