Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21908 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21908 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9233/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO presso la Cancellaria della Corte Suprema di Cassazione e rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 4174/2021 depositata il 22/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
con la sentenza n. 4174/1/2021, depositata in data 22 settembre 2021 e non notificata, la Commissione Tributaria del Lazio rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME nella qualità di coerede di NOME COGNOME e, conseguentemente, confermava la sentenza di primo grado che aveva respinto l’impugnazione proposta da parte contribuente avverso gli avvisi di accertamento IMU 2012 e 2013;
secondo i giudici di appello era priva di fondamento la contestazione relativa all’erroneo calcolo delle somme dovute in relazione alle rendite catastali applicabili, risultando che l’ente impositore aveva tenuto conto dei dati catastali come comunicati dalla medesima contribuente con dichiarazioni DOCFA del 2011 e del 2013;
contro
detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, NOME COGNOME;
il RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
CONSIDERATO CHE
il contribuente deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e nonché dell’ art. 118, R.D. 18.12.1941, n. 1368 (Disposizioni di Attuazione del Codice di Procedura Civile e Disposizioni Transitorie). Assume che i Giudici di secondo grado non avrebbero tenuto conto del fatto che, con successiva variazione DOCFA del 2 013, l’originaria contribuente NOME COGNOME COGNOME avrebbe corretto errori contenuti nella precedente variazione DOCFA che aveva determinato l’iscrizione in catasto di una rendita catastale corretta successivamente. Secondo parte ricorrente
l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto tener conto, nell’emettere gli avvisi di accertamento impugnati, che la prima variazione riportata in catasto che aveva determinato una certa rendita catastale (sulla base della quale era stata accertato il maggiore tributo dovuto) era stata corretta nel 2013 da una successiva denuncia DOCFA per cui la rendita catastale iscritta in catasto era da considerarsi errata sicché l’ente impositore non ne avrebbe dovuto utilizzarla;
il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate; 3. va premesso che in punto di fatto risulta che l’ente impositore, negli avvisi di accertamento emessi, ha applicato le rendite catastali proposte, e pertanto conosciute, dalla contribuente stessa. Nello specifico, per l’anno di imposta 2012, ha applicato le rendite proposte per ‘DIVISIONE’ del 20/10/2011 protocollo n. NUMERO_DOCUMENTO e successivamente validate dall’RAGIONE_SOCIALE del Territorio con protocollo n. NUMERO_DOCUMENTO del 19/10/2012. Per l’anno di imposta 2013, ha applicato per 2 mesi le rendite proposte con protocollo n. NUMERO_DOCUMENTO del 20/10/2011 e validate dall’RAGIONE_SOCIALE del Territorio con protocollo n. NUMERO_DOCUMENTO del 19/10/2012 e per i restanti 10 mesi le rendite proposte protocollo n. NUMERO_DOCUMENTO del 22/02/2013;
4. va, quindi, osservato che in tema di determinazione della base imponibile ICI, per i fabbricati iscritti in catasto, questa Corte ha avuto modo di precisare che: – le risultanze catastali definitive non dovute a mutamenti dello stato e della destinazione dei beni, individuati quali circostanze storicamente sopravvenute, o a correzioni di errori materiali di fatto, ancorché sollecitate all’ufficio dal contribuente, conseguendo all’originaria acquiescenza del contribuente alle operazioni catastali sono soggette alla regola di carattere generale, funzionale alla natura della rendita catastale di presupposto per la determinazione e la riscossione dei redditi tassabili nei singoli periodi d’imposta, della loro efficacia a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale le
modifiche medesime sono state annotate negli atti catastali (cosiddetta messa in atti), ricavabile dall’art. 5, comma secondo, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in forza del quale per ciascun atto d’imposizione devono assumersi le rendite quali risultanti in catasto al primo gennaio dell’anno di imposizione (Cass., 7 settembre 2004, n. 18023 cui adde Cass., 30 luglio 2010, n. 17863; Cass., 27 ottobre 2004, n. 20854); – detta regola generale non si applica, però, al caso in cui la modificazione della rendita catastale derivi dalla rilevazione di errori di fatto compiuti dall’ufficio nell’accertamento o nella valutazione delle caratteristiche dell’immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la rendita, in quanto il riesame di dette caratteristiche da parte del medesimo ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali, l’attribuzione di una diversa rendita a decorrere dal momento dell’originario classamento, rivelatosi erroneo o illegittimo (Cass., 29 settembre 2005, n. 19066 cui adde, ex plurimis, Cass., 20 marzo 2019, n. 7745; Cass., 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., 31 luglio 2015, n. 16241; Cass., 5 maggio 2010, n. 10815; Cass., 30 dicembre 2009, n. 27906); la riconducibilità dell’errore di fatto all’Ufficio deve risultare «evidente ed incontestabile, avendolo riconosciuto lo stesso Ufficio» (Cass., 20 marzo 2019, n. 7745; Cass., 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., 18 febbraio 2015, n. 3168; Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018); – le variazioni catastali conseguenti a modificazioni della consistenza o della destinazione dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente, debbono trovare applicazione dalla data della denuncia (Cass. n. 2771/2021, in motiv; Cass. n.1215/2021, in motiv; Cass. nn. 29683 e 29078 del 2020; Cass. n. 29888/2020; Cass. n. 7745/2019; n. 10126/2019; Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018);
5. al riguardo, anche richiamando la regola generale prevista dalla normativa IMU, si impone di fare riferimento alla rendita catastale vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione; pertanto, le variazioni
di rendita catastale intervenute nel corso dell’anno avranno efficacia solo a partire dall’anno successivo (cfr. Cass. n. 20463/2017); detto principio patisce eccezione per la sola ipotesi in cui le variazioni costituiscano correzioni di errori materiali di fatto (come tali riconosciuti dalla stessa Amministrazione) incorsi nel classamento che sostituiscono; ovvero conseguano a modificazioni della consistenza o della destinazione dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente, dovendo allora esse trovare applicazione dalla data della denuncia, in quanto il fatto che la situazione materiale denunciata risalga a data anteriore non ne giustifica un’applicazione retroattiva rispetto alla comunicazione effettuata all’Amministrazione, ciò in quanto il riesame delle caratteristiche dell’immobile da parte del medesimo ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali, l’attribuzione di una diversa rendita con decorrenza dall’originario classamento rivelatosi erroneo o illegittimo (cfr. Cass. n. 21310/2010; Cass. n. 13018/2012; Cass. 3168/2015; Cass. n. 11844/2017; Cass. n. 27024/2017);
6. nel caso in esame mentre risulta che il comune ha utilizzato la rendita in atti inizialmente denunciata dalla originaria contribuente, non vi è prova che possa parlarsi di un errore ‘evidente ed incontestabile’ riconosciuto dallo stesso ufficio, essendo si il ricorrente limitato a rilevare che si trattava di un errore evincibile dalla relazione tecnica allegata alla NUMERO_DOCUMENTO, prospettazione questa che non rileva in alcun modo ai fini che occupano, apparendo legittimo l’operato dell’ente impositore e cor retta la decisione dei giudici di appello i quali hanno ritenuto irrilevante, quanto alle annualità in questione, la successiva variazione catastale proposta in data 18 febbraio 2013 la quale non poteva operare retroattivamente, a nulla rilevando che gli avvisi di accertamento de quibus sono stati notificati dopo la NUMERO_DOCUMENTO;
7. alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, stante la infondatezza delle censure dedotte, il ricorso deve essere rigettato;
8. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del comune controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi ed € 4.000,00 per compensi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della Sezione