Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34836 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34836 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7420/2018 R.G. proposto da NOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio legale COGNOME–COGNOME, rappresentata e difesa dagli avv.ti COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME
-ricorrente principale- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente/ricorrente in via incidentalenonché contro
RAGIONE_SOCIALE (ADER)RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , successore ex lege di RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA n. 3361/2017 depositata il 27 luglio 2017
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 14 novembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano il pignoramento presso terzi eseguito nei suoi confronti dall’agente della riscossione Equitalia Nord s.p.a., nonché gli atti ad esso prodromici, costituiti da due cartelle di pagamento, da altrettanti avvisi di liquidazione (recanti i numeri NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA) e da un avviso di accertamento (portante il numero T9D013A03969/2013).
Con i due avvisi di liquidazione, emessi dalla Direzione Provinciale I di Milano dell’Agenzia delle Entrate, era stata disposta: (a)la determinazione delle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale dovute dalla Dente, in relazione all’atto di acquisto di un immobile stipulato nell’anno 2005, a sèguito dell’intervenuta revoca delle agevolazioni fiscali previste per la prima casa; (b)la revoca dell’aliquota ridotta dell’imposta sostitutiva su operazioni a medio e lungo termine finalizzate al detto acquisto.
Con l’avviso di accertamento, emesso dalla Direzione Provinciale II di Milano dell’Agenzia delle Entrate, era stato operato il recupero a tassazione, ai fini dell’IRPEF, di una plusvalenza immobiliare asseritamente conseguita dalla contribuente nell’anno 2008.
A sostegno della spiegata impugnazione la COGNOME deduceva: -di aver acquisito conoscenza degli atti presupposti soltanto dopo aver appreso da un funzionario del proprio istituto di credito che il conto corrente a lei intestato era stato sottoposto a pignoramento; -di avere, quindi, appurato, a sèguito di informazioni assunte presso l’agente della riscossione, che le notifiche dei due avvisi di liquidazione e dell’avviso di accertamento presupposti erano state illegittimamente effettuate, nell’arco temporale compreso fra il 26 maggio 2011 e l’8 ottobre 2013, alla INDIRIZZO Milano,
indirizzo che più non corrispondeva alla sua residenza anagrafica, la quale, fin dal 28 maggio 2003, era stata trasferita dapprima alla INDIRIZZO e poi alla INDIRIZZO nell’àmbito del territorio dello stesso capoluogo lombardo, e infine era stata spostata nel Comune di Bellagio (CO) alla INDIRIZZO
La Commissione adìta, pronunciando nel contraddittorio dell’Amministrazione Finanziaria e di Equitalia Nord s.p.a., successivamente incorporata da Equitalia RAGIONE_SOCIALE Riscossione s.p.a., rigettava il ricorso della contribuente.
Il successivo appello della parte privata veniva respinto dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza n. 3361/2017 del 27 luglio 2017.
A fondamento della decisione assunta il collegio regionale osservava che: -la notificazione degli atti prodromici al pignoramento era stata effettuata in Milano all’indirizzo di INDIRIZZO ( recte : Castelvetro -n.d.r.) n. 1, risultante dalla dichiarazione dei redditi presentata dalla contribuente; -anche le susseguenti cartelle di pagamento erano state notificate presso tale indirizzo mediante consegna a mani proprie della destinataria: ciò lasciava supporre che ella «ave (sse) , colà, un domicilio» ; -sebbene dal certificato anagrafico prodotto in giudizio dalla COGNOME emergesse l’avvenuto trasferimento della sua residenza alla INDIRIZZO di tale circostanza non risultava essere stata data comunicazione all’Agenzia delle Entrate nell’apposito quadro dell’annuale denuncia dei redditi riservato alle variazioni del domicilio fiscale; né poteva attribuirsi rilievo al fatto che il nuovo indirizzo fosse stato indicato nel diverso quadro relativo all’assunzione dell’impegno alla trasmissione telematica della dichiarazione reddituale; -non gravava sull’Amministrazione Finanziaria l’onere di esperire ricerche volte al reperimento della contribuente in un luogo diverso dal suo domicilio fiscale; -«a fronte delle legittime notificazioni degli atti opposti» , l’esperito
gravame non poteva essere accolto.
Contro questa sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato sorretto da un unico motivo.
Il ricorso è stato notificato anche all’Agenzia delle Entrate –RAGIONE_SOCIALE (ADER), nella qualità di successore «ex lege» della litisconsorte RAGIONE_SOCIALE, la quale è rimasta intimata.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo la ricorrente principale ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 58 e 60 del D.P.R. n. 600 del 1973.
1.1 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nell’affermare che la variazione dell’indirizzo di residenza della contribuente nel Comune di Milano dalla INDIRIZZO alla INDIRIZZO sebbene regolarmente comunicata all’anagrafe comunale, risultava inopponibile all’Agenzia delle Entrate per non essere stata portata a conoscenza della stessa mediante apposita dichiarazione da inserire nell’annuale denuncia dei redditi.
1.2 Viene, al riguardo, obiettato che la soluzione accolta dal collegio di secondo grado si porrebbe in contrasto con il chiaro tenore letterale dell’art. 60, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, in base al quale le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo della persona fisica contribuente hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica, senza bisogno di alcuna comunicazione all’Amministrazione Finanziaria.
1.3 Occorreva, inoltre, apprezzare la buona fede della contribuente, desumibile dal fatto che nell’incarico conferito al suo commercialista di fiducia per la trasmissione telematica della dichiarazione era stato indicato il nuovo indirizzo di INDIRIZZO
Con il secondo motivo, anch’esso proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono nuovamente lamentate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 58 e 60 del D.P.R. n. 600 del 1973.
2.1 Si rimprovera alla Commissione regionale di aver a torto asserito che l’avvenuta notifica delle impugnate cartelle di pagamento all’indirizzo di INDIRIZZO, eseguita mediante consegna a mani proprie della destinataria, lasciasse supporre che ella avesse
.
2.2 Viene, in proposito, rimarcato che le suddette cartelle non riguardavano affatto l’avviso di accertamento per cui è causa, sicchè l’eventuale regolarità della loro notificazione dell’atto impositivo.
2.3 Ad ogni modo, si soggiunge, un determinato luogo non può essere considerato domicilio fiscale per il solo fatto che l’ufficiale giudiziario o l’agente postale abbia ivi occasionalmente rinvenuto il contribuente destinatario della notificazione.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono prospettate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 19, comma 3, e 21 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
3.1 Si contesta alla CTR di non aver dichiarato inammissibile l’originario ricorso della Dente, una volta acclarato che le impugnate cartelle di pagamento erano state regolarmente notificate a mani proprie della contribuente, con la conseguenza che doveva ormai ritenersi preclusa la proponibilità di qualsiasi doglianza attinente agli atti impositivi presupposti.
I due motivi del ricorso principale possono essere esaminati
insieme, per la loro intima connessione, in quanto accomunati dalla denuncia di violazione e falsa applicazione delle stesse norme di legge.
4.1 Essi sono parzialmente fondati e vanno, pertanto, accolti nei limiti di sèguito precisati.
4.2 In base alla ricostruzione della vicenda di causa operata dalla ricorrente, le due cartelle di pagamento oggetto del presente giudizio si riferirebbero esclusivamente agli avvisi di liquidazione emessi dalla Direzione Provinciale I di Milano dell’Agenzia delle Entrate, e non anche all’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEF adottato dalla Direzione Provinciale II del capoluogo lombardo.
4.3 Ora, con riguardo alle suddette cartelle, la CTR ha accertato in fatto, con apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità, che le stesse sono state regolarmente notificate in Milano -la prima il 15 dicembre 2011, la seconda il 14 marzo 2012 -all’indirizzo di INDIRIZZO mediante consegna a mani proprie della destinataria.
4.4 Sulla scorta di quanto acclarato dal collegio regionale, va, quindi, senz’altro escluso che l’atto di pignoramento impugnato dalla Dente possa essere ritenuto nullo per invalidità derivata, quantomeno per la parte in cui poggia sui ruoli incorporati nelle due menzionate cartelle esattoriali.
4.5 Nel contempo, è da reputare preclusa la proponibilità di qualsiasi contestazione attinente alla fondatezza delle pretese tributarie sottostanti ai due avvisi di liquidazione presupposti (n. 20051T020491000 e n. 20051T020493000), in quanto, a mente dell’art. 19, comma 3, ultimo periodo, del D. Lgs. n. 546 del 1992, eventuali vizi dei predetti atti impositivi che non fosse stato possibile far valere tempestivamente a causa della loro mancata o invalida notificazione avrebbero dovuto essere dedotti mediante l’impugnazione delle susseguenti cartelle, regolarmente notificate alla Dente.
4.6 La statuizione resa sul punto dalla CTR non è stata specificamente censurata dall’odierna ricorrente, la quale si è limitata ad obiettare che nelle relate di notifica delle cartelle, in luogo della firma per esteso della destinataria, era stata apposta una , tentando così di sollecitare la Corte a un non consentito riesame della valutazione del materiale probatorio compiuta dai giudici «a quibus» .
4.7 Per quanto, invece, concerne l’avviso di accertamento IRPEF n. T9D013A03969/2013 emesso dalla Direzione Provinciale II di Milano, la contribuente ribadisce anche in questa sede che esso non rientrava fra gli atti impositivi presupposti dalle cartelle di pagamento impugnate, sottolineando che la relativa notificazione era stata effettuata a mezzo del servizio postale (pag. 14 del ricorso, paragrafo 1.2, terzo e quarto rigo), e quindi successivamente alla notifica delle dette cartelle (che come si è visto sopra era avvenuta fra il dicembre 2011 e il marzo 2012).
4.8 Va sùbito notato che su questo tema la Commissione regionale non si è specificamente soffermata, non avendo essa chiarito quali fossero gli atti impositivi presupposti dalle cartelle di pagamento impugnate, a loro volta prodromiche al pignoramento eseguito in danno della COGNOME.
4.9 In assenza di una simile verifica, non può, pertanto, fondatamente sostenersi che le contestazioni inerenti alla notifica dell’avviso di accertamento siano precluse dall’acclarata regolarità della notifica delle cartelle esattoriali; né tale conclusione si pone in contrasto con quanto si è detto poc’anzi a proposito degli avvisi di liquidazione, giacchè in questo caso è la stessa contribuente a riconoscere che trattavasi di atti presupposti dalle cartelle in questione (pag. 4 del ricorso, paragrafo 2, righi 5 -12).
4.10 D’altronde, la CTR non ha appurato le modalità di notificazione dell’avviso di accertamento -e in particolare se l’atto fosse stato
consegnato a mani della destinataria o di altra persona abilitata alla ricezione e se risultassero eventualmente adempiuti gli incombenti prescritti nell’ipotesi di loro mancato rinvenimento -, essendosi genericamente limitata ad osservare che dovevano ritenersi «legittime» le «notificazioni degli atti opposti» eseguite all’indirizzo di INDIRIZZO (così rendendo privo di ogni concreta incidenza decisoria il fugace rilievo circa l’incompletezza della copia di tale avviso prodotta in giudizio dal contribuente).
4.11 Ciò posto, il percorso argomentativo seguìto dai giudici regionali appare giuridicamente erroneo, avendo essi confuso la nozione di «domicilio fiscale» con quella di «indirizzo».
4.12 L’art. 58, comma 2, primo periodo, del D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel Comune nella cui anagrafe sono iscritte.
4.13 L’art. 60, comma 3, prima parte, del medesimo decreto, dal canto suo, prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica.
4.14 Sull’argomento, questa Corte ha avuto modo di precisare che «domicilio fiscale» e «indirizzo» sono concetti diversi: il domicilio fiscale è un luogo predeterminato dalla legge secondo criteri obiettivi; l’indirizzo, invece, è il luogo presso il quale il contribuente può essere reperito, pur sempre nell’àmbito del domicilio fiscale stabilito dalla legge.
4.15 La variazione del domicilio fiscale, intesa come trasferimento della propria residenza anagrafica in altro Comune, è disciplinata dall’ art. 58, ultimo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, il quale prevede che essa abbia effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si è verificata; le variazioni dell’indirizzo nell’àmbito del medesimo Comune di domicilio fiscale sono, invece, regolate dal successivo art. 60, comma 3, dello stesso D.P.R., il quale, con
riferimento alle persone fisiche, sancisce l’ultrattività del vecchio indirizzo per un periodo di trenta giorni.
4.16 È stato pure puntualizzato che, in ipotesi di mera variazione o modificazione dell’indirizzo del loro domicilio fiscale, le persone fisiche non sono assoggettate a uno specifico onere di comunicazione all’ufficio tributario competente, in quanto è la stessa legge ad attribuire efficacia all’intervenuta variazione anagrafica dopo il decorso del termine dilatorio fissato (cfr. Cass. n. 23777/2024, Cass. n. 15583/2024, Cass. n. 23777/2022, Cass. n. 41137/2021, Cass. n. 23334/2017, nonché, con riferimento a una delle precedenti formulazioni della norma, Cass. n. 12310/2006 e Cass. n. 4997/7001).
4.17 Soltanto per le persone giuridiche e per le società e gli enti privi di personalità giuridica è espressamente stabilito dallo stesso art. 60, comma 3, innanzi citato che le variazioni dell’indirizzo abbiano effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell’ufficio della dichiarazione di cui agli artt. 35 e 35ter del D.P.R. n. 633 del 1972, ovvero del modello previsto per la domanda di attribuzione del numero di codice fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche non obbligati alla presentazione della dichiarazione di inizio attività IVA.
4.18 Alla stregua delle esposte considerazioni, avendo la stessa Commissione regionale accertato che «all’epoca della notifica degli atti prodromici al pignoramento» -e quindi da una data sicuramente anteriore al 15 dicembre 2011, giorno in cui fu effettuata la notificazione della prima cartella di pagamentol’indirizzo della Dente non era più quello di INDIRIZZO, deve ritenersi sussistente la dedotta violazione dell’art. 60, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973.
4.19 A torto, infatti, i giudici regionali hanno affermato che l’intervenuta variazione dell’indirizzo della contribuente nell’àmbito del Comune di domicilio fiscale -risultante dal certificato storico di
residenza acquisito al processonon fosse opponibile all’Amministrazione Finanziaria in mancanza di una comunicazione ad essa appositamente inviata, quando invece tale variazione doveva reputarsi efficace «ex lege» a sèguito del decorso del termine dilatorio di trenta giorni stabilito dalla norma.
Il ricorso incidentale condizionato proposto dall’Agenzia delle Entrate è inammissibile.
5.1 Una volta accertata la regolarità della notificazione degli atti impositivi ed esattivi presupposti, la CTR ha respinto l’appello della Dente, astenendosi dall’esaminare le doglianze sollevate dalla contribuente in merito alla fondatezza delle sottostanti pretese tributarie.
5.2 Pur non avendo adottato una formale declaratoria di inammissibilità dell’originario ricorso della parte privata, la Commissione di secondo grado ha implicitamente ritenuto precluse le anzidette doglianze, sicchè il gravame esperito dall’Amministrazione non appare sorretto da un concreto interesse ad impugnare.
5.3 Peraltro, l’implicita statuizione resa dai giudici regionali può ritenersi solo in parte condivisibile, alla luce delle ragioni che hanno in questa sede condotto all’accoglimento del ricorso per cassazione della contribuente, nei limiti innanzi precisati.
In definitiva, va accolto, nei termini illustrati, il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale.
6.1 Deve, conseguentemente, disporsi, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione della sentenza gravata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame del punto controverso -costituito dalla verifica della regolarità della notificazione dell’avviso di accertamento IRPEF – uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi e compiendo gli accertamenti e gli
approfondimenti necessari in relazione alle questioni di cui ai sottoparagrafi 4.8, 4.9 e 4.10.
6.2 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
Non deve farsi luogo all’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P .R. n. 115 del 2002 nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, essendo ad essa applicabile -in virtù del rinvio contenuto nell’art. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012 -la disposizione recata dall’art. 158, comma 1, lettera a), dello stesso D.P.R., la quale prevede la prenotazione a debito del contributo unificato in favore delle amministrazioni pubbliche.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso incidentale; accoglie il ricorso principale, nei limiti di cui in motivazione; cassa l’impugnata sentenza, in relazione alle censure accolte, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione