Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6335 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6335 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6747/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 5192/2016 depositata il 13/09/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTR, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate e, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava legittimo l’avviso di rettifica e di liquidazione impugnato dalla contribuente, che aveva rideterminato il valore di cessione di un ramo dell’azienda della Garboli s.p.a., interamente posseduta dalla s.p.aRAGIONE_SOCIALE
1.1. a sostegno della decisione il giudice d’appello a) escludeva che il ramo d’azienda ceduto fosse composto dalle sole SOA, visto che il contratto di cessione si riferisce al « complesso unitario…di attività organicamente e funzionalmente organizzate e strutturate per l’esercizio di attività di impresa… », «oltre -che- al macchinario e alle attrezzature… le competenze ed esperienze… »; b) faceva leva sulla perizia allegata al contratto per affermare che i fatturati riportati non comprendono il costo del personale e degli altri elementi come valore di ammortamento, leasing, noleggi a breve termine; c) rilevava che l’andamento decrescente dei ricavi era stato considerato nella rideterminazione dell’avviamento; d) specifica va che sempre la perizia evidenzia l’idoneità ad acquisire commesse del ramo strade ceduto;
ricorre in cassazione la contribuente con tre motivi di ricorso;
con controdeduzioni l’Agenzia delle entrate chiede di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso della contribuente.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e deve rigettarsi con la condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità oltre al raddoppio del contributo unificato.
Con il ricorso si richiede alla Corte di Cassazione una rivalutazione del fatto non consentita.
2. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente prospetta un vizio della motivazione della sentenza, una motivazione apparente, là dove la CTR ha ritenuto, per un verso, che il ramo d’azienda ceduto fosse composto di elementi ulteriori rispetto ai beni strumentali indicati nell’allegato A e alla certificazione SOA oggetto dell’allegato C dell’atto di cessione e, per altro verso, che i fatturati del ramo strade coincidessero col fatturato dei beni appartenenti al ramo d’azienda ceduto, senza considerare che quei fatturati erano espressione di fattori ed elementi diversi non oggetto di cessione.
In tema di motivazione meramente apparente della sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost. art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta: «In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Sez. 1 – , Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, Rv. 664120 – 01); in tale grave
forma di vizio non incorre la sentenza impugnata, laddove i giudici di appello, statuendo sui motivi di appello hanno affermato che la valutazione del valore deve essere compiuta in relazione alla stessa perizia di stima del dott. COGNOME NOME in relazione al fatturato degli anni precedenti (vedi Sez. 5, n. 21174 del 29 luglio 2024, proprio nel caso di stima di azienda).
Non sussiste, quindi, nessun vizio radicale della motivazione della sentenza impugnata.
Manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione dell’art. 2, d.P.R. n. 460 del 1996, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.).
La sentenza impugnata ha valutato le prove e con giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità ha determinato il valore della cessione, in considerazione della stessa perizia di stima proposta dalla ricorrente unitamente alla valutazione dei fattu rati dell’azienda, il ramo ceduto.
Del resto, la valutazione delle prove è questione di merito insindacabile in questa sede: « In tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento» (Sez. 2 – , Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019, Rv. 655229 – 01).
La ricorrente richiede una nuova valutazione delle prove e del fatto, non consentita in questa sede.
L’avviamento, inteso come capacità di profitto dell’attività produttiva (il ramo ceduto oggetto di tassazione) è stato adeguatamente valutato dalla CTR, con precisi riferimenti alle prove in giudizio, senza valutare, peraltro, le maestranze e altre voci non cedute.
Inoltre, la contribuente ha mosso solo contestazioni formali, teoriche, ma non ha prospettato elementi diversi sui quali valutare il valore della cessione del ramo di azienda («In tema di imposta di registro ed INVIM, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, che ha esteso alla materia tributaria i principi di cui all’art. 3 della l. n. 241 del 1990, l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato, con le specificazioni in concreto necessarie per consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa e per delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, nella quale l’Amministrazione ha l’onere di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti per l’applicazione del criterio prescelto, ed il contribuente la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri», Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11560 del 06/06/2016, Rv. 640080 -01; vedi anche Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11270 del 09/05/2017, Rv. 644166 – 01).
4. Manifestamente infondato anche il terzo motivo di ricorso (omesso esame di un fatto decisivo, art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.; la successiva operazione di fusione che azzerava il valore della certificazione SOA, posseduta anche dalla COGNOME che incorporava la COGNOME).
Quello che rileva per il valore è la situazione al momento della stipula dell’atto sottoposto a registrazione, trattandosi di imposta d’atto. Le vicende successive non possono considerarsi nella valutazione del valore della cessione, in quanto non risultanti dall’atto ( Sez. 5 – , Ordinanza n. 16953 del 19/06/2024, Rv. 671605 -01).
Comunque, il valore che rileva non è quello della cedente (con le operazioni future), ma quello di mercato al momento dell’atto da tassare.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4,300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28/11/2024.