Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20933 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20933 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 23/07/2025
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel. –
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 14/05/2025
REGISTRO VALORE AZIENDA CEDUTA – RIDETERMINAZIONE IMPOSTA
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3727/2019 del ruolo generale, proposto
DALLA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore .
– INTIMATA – per la cassazione della sentenza n. 3521/2017 della Commissione tributaria regionale della Calabria (sezione
Numero sezionale 3399/2025
distaccata Catanzaro), depositata in data 19 dicembre 2017, non notificata. Numero di raccolta generale 20933/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 14 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di accertamento indicato in atti con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava il valore del ramo di azienda ceduto con atto notarile del 19 marzo 1992, così recuperando a tassazione la maggiore imposta di registro sulla diversa base imponibile calcolata (da £ 180.000.000 a £ lire 2.412.500.000).
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale della Calabria rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ritenendo che forse errata la determinazione del valore dell’avviamento commerciale, non avendo l’amministrazione tenuto conto che nella specie trattavasi di cessione di ramo di azienda.
Nello specifico, il Giudice regionale osservava che il criterio di stima richiamato nell’atto impositivo (fondato sulla capitalizzazione per tre del reddito medio annuo pari al volume di affari dichiarato negli ultimi 5 anni ai fini dell’imposta IVA) era sufficiente solo a motivare l’avviso, ma non anche a dimostrarne la fondatezza.
Il descritto criterio -proseguiva la Commissione regionale -non appariva adeguato ad individuare nella fattispecie concreta la reale redditività del ramo d’azienda ceduto, per come risultava dal rogito notarile, avendo l’Ufficio fondato la valutazione sul metodo prospettico basato su parametri empirici, automatici ed adottando metodi di calcolo non calibrati alla situazione concreta.
Numero registro generale 3727/2019
Numero sezionale 3399/2025
Numero di raccolta generale 20933/2025
Soprattutto, l’Amministrazione -a dire del Giudice d’appello – non aveva preso in considerazione i documenti prodotti dalla contribuente ed in particolare il modello IVA 11 quater , da cui risultava l’esercizio di più attività svolte in diversi luoghi, nonché la documentazione contabile a supporto ed il registro dei corrispettivi, dai cui contenuti emergeva che il cedente aveva mantenuto una contabilità separata dal ramo di azienda ceduto, rispetto all’attività svolta in diverso luogo. Data pubblicazione 23/07/2025
La Commissione aggiungeva che « la sussistenza degli elementi preesistenti all’atto di vendita e idonei a determinare il quantum di maggior valore dovuto all’avviamento che fa capo al ramo dell’attività dell’azienda nel momento in cui il contribuente ha stipulato il contratto di cessione di una sola parte della propria attività, non può rende(re) legittima la valutazione operata dall’Ufficio» (così nella sentenza impugnata).
Il Giudice di secondo grado concludeva, rilevando come anche l’Agenzia avesse finito con il confermare che nella determinazione del maggior avviamento aveva preso in considerazione, in maniera errata secondo la Commissione territoriale, il volume d’affari dell’intera azienda e non del ramo d’azienda ceduto e che « nessuna valida argomentazione è stata posta dall’ufficio per la conferma del proprio operato, né in questa sede ha portato elementi nuovi tale da poter far riformare la decisione dei primi giudici» (così nella sentenza impugnata).
3. Con ricorso notificato in data 23 gennaio 2019, tenendo del termine di sospensione di cui all’art. 6 d.l. 119/2018, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione contro la menzionata pronuncia, articolando due motivi di impugnazione.
4. RAGIONE_SOCIALE è restata intimata
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. per non essersi il Giudice regionale pronunciato sul motivo di appello, « volto a spiegare le ragioni dell’accertamento con riguardo all’attività ceduta, che impropriamente è riferita a ‘cessione di ramo d’azienda’, riportando i relativi calcoli, senza valutare di conseguenza l’insieme delle prove fornite dalle parti, né spiegare le ragioni per cui gli elementi probatori forniti dall’appellato contribuente fossero idonei a scalfire le contestazioni dell’ufficio» (v. pagina n. 3 del ricorso).
L’Agenzia ha posto in evidenza che «Su detti specifici motivi di impugnazione la CTR nulla ha dedotto emettendo una pronuncia che, a ben vedere, risulta solo apparentemente motivata non concentrando il proprio giudizio sulla fattispecie sottoposta al suo esame dall’ufficio, avendo il Collegio omesso di pronunciarsi sia sulla circostanza che il cedente era titolare di due attività e che l’ufficio aveva considerato, riportando anche i relativi conteggi, la rideterminazione del valore di avviamento con riferimento all’attività di abbigliamento ceduta; che sul motivo di omessa valutazione dell’ulteriore documentazione, che -pure richiesta in modo specifico dall’ufficio in sede amministrativa – non veniva prodotta se non in sede contenziosa senza che, peraltro, la società confutasse i conti dell’ufficio contestando nello specifico le riprese dell’amministrazione ed indicando metodi di calcolo ovvero importi alternativi» (v. pagina n. 9 del ricorso).
Numero sezionale 3399/2025
Numero di raccolta generale 20933/2025
Per cui – a dire della ricorrente – «Palese è la nullità della sentenza non avendo la CTR concentrato il proprio giudizio sulla fattispecie sottoposta al suo esame dall’ufficio, ossia la contestazione della decisione di primo grado circa l’inesistenza di una vera e propria cessione di ramo d’azienda, neppure ipotizzabile con riferimento ad una persona fisica, quale era il cedente, titolare di due diverse attività d’impresa e, dunque, proprietario di due aziende» (v. pagine nn. 9 e 10 del ricorso). Data pubblicazione 23/07/2025
Con la seconda censura, articolata ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., l’Agenzia delle Entrate ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 59, comma 2, d.lgs. n. 546/92 per avere il Giudice dell’appello accolto la tesi della parte contribuente, annullando l’avviso di accertamento impugnato, così ritenendo implicitamente congruo il valore dell’avviamento dichiarato dalla parte privata, laddove la suddetta disposizione prevede la rinnovazione di atti nulli compiuti in primo grado, osservando poi che il processo tributario si contraddistingue per essere un giudizio di impugnazione-merito, come pure chiarito dalla Corte di legittimità, per cui la Commissione, nel non considerare congrua la ricostruzione del valore di avviamento operata dall’Ufficio ed annullando l’intero avviso di accertamento sarebbe venuta meno all’obbligo di formulare un adeguato giudizio estimativo.
3. Il ricorso va respinto.
Quanto al primo motivo non ricorre il dedotto vizio di omessa pronuncia.
4.1. Va, infatti, richiamato il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non
Numero sezionale 3399/2025
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essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione dello stesso, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto. Data pubblicazione 23/07/2025
Inoltre, poiché il vizio di omessa pronuncia si concreta nel difetto del momento decisorio, per integrare detto vizio occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, ciò che si verifica quando il giudice non decide su alcuni capi della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte, ovvero quando pronuncia solo nei confronti di alcune parti.
Per contro, il mancato o insufficiente esame delle argomentazioni delle parti integra un vizio di natura diversa, relativo all’attività svolta dal giudice per supportare l’adozione del provvedimento, senza che possa ritenersi mancante il momento decisorio (vedi su tali principi, Cass. n. 5224/2025, 5226/2025, 5228/2025; 5230/2025, 5231/2025; 5233/2025; 5235/2025, Cass. n. 5730/2020, Cass. n. 7662/2020; Cass. n. 33336/2023; Cass. n. 2151/2021; Cass. n. n. 2153/2020; Cass. n. 1525/2019; Cass. n. 2942/2024; Cass. n. 4656/2024; Cass. n. 24155/2017).
4.2. Nella specie, il Giudice regionale ha rappresentato le ragioni per cui ha ritenuto che fosse stato ceduto solo un ramo di azienda, considerando la documentazione prodotta dalla contribuente (modello IVA 11 quater , da cui risultava l’esercizio dell’attività commerciale in più luoghi la contabilità separata del ramo di azienda ceduto), assumendo, di contro, l’assenza di un diverso risultato di prova fornito dall’Ufficio.
In tali termini, corretta o meno che sia (non essedo questo il tema del motivo in esame) la pronuncia sussiste ed in realtà la censura disvela chiaramente che le ragioni della contestazione risiedono nella non condivisione della decisione nella parte in cui l’ufficio ha lamentato che la Commissione non avrebbe valutato l’insieme delle prove fornite dalle parti (v. pagina n. 4 del ricorso), profilo questa che -per le ragioni sopra esposte – non attiene al vizio denunciato. Numero sezionale 3399/2025 Numero di raccolta generale 20933/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
5. Anche il secondo motivo non ha fondamento.
Intanto, perché non è l’art. 59, comma 2, d.lgs n. 546/1992 a fondare la necessità di una valutazione da parte del giudice tributario sul merito della controversia, essendo tale disposizione diretta solo alla rinnovazione degli atti processuali nulli compiuti in primo grado.
È, piuttosto, l’ontologica natura del giudizio tributario, che si caratterizza per essere un giudizio di cd. impugnazionemerito, a giustificare il consolidato ordine di idee secondo il quale il giudice tributario non può limitarsi ad annullare l’atto, ma deve procedere ad un una rideterminazione dell’imposta dovuta entro i limiti posti, da un lato, dalle ragioni di fatto e di diritto esposte nell’atto impositivo impugnato e, dall’altro lato, dagli specifici motivi dedotti nel ricorso introduttivo del contribuente (cfr. Cass. n. 14331/2024, che richiama Cass. n. 21759/2011, cui adde Cass. n. 4702/2025 e la giurisprudenza ivi citata).
Tuttavia, nella fattispecie in rassegna, la Commissione, nel confermare la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto inattendibile il valore di avviamento determinato dall’ufficio, ha nei fatti considerato legittimo il valore di lire 180.000.000 stabilito nel rogito e, con esso, l’imposta di registro versata
Numero registro generale 3727/2019
Numero sezionale 3399/2025
Numero di raccolta generale 20933/2025
dalla contribuente, il che ha reso non necessaria l’operazione di riliquidazione dell’imposta, già correttamente (secondo i giudici di merito) autoliquidata dalla società. Data pubblicazione 23/07/2025
Il ricorso va, quindi, respinto.
Non vi è ragione di liquidare le spese del presente grado di giudizio, non avendo la contribuente svolto difese.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 maggio 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME