Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17842 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17842 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29056-2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato COGNOME NOME giusta procura a margine del ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 4328/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 12/5/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/6/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva accolto l’appello erariale avverso la sentenza n. 6516/2016 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli in accoglimento del ricorso proposto avverso avviso di liquidazione di maggiore imposta ipotecaria relativa alla compravendita, stipulata in data 4.5.2015, di cinque unità immobiliari.
L ‘Agenzia delle entrate resiste con controricorso. La ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Preliminarmente va accolta l’eccezione, formulata nella memoria della ricorrente, di inammissibilità del controricorso per tardività.
1.2. Il ricorso è stato infatti notificato il 14.12.2017 ed il controricorso è stato notificato in data 7.9.2020, in violazione del termine perentorio previsto dall’art. 370 c.p.c.
2.1. A seguire, con il terzo motivo, da esaminare preliminarmente, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza per motivazione omessa o apparente e lamenta che la Commissione tributaria regionale non abbia fornito una motivazione adeguata per respingere le argomentazioni della contribuente, limitandosi a richiamare la valutazione apodittica dell’Ufficio senza esaminare la consulenza tecnica prodotta.
2.2. La censura va disattesa.
2.3. Per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. n. 15883 del 2017; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. Sez. Unite n. 22232 del 2016; Cass. n. 9113 del 2012; Cass. n. 16736 del 2007), ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorché il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica o giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
2.4. Nella fattispecie in esame la sentenza impugnata esplicita in maniera sufficiente la ratio decidendi , consentendo il controllo del percorso logico -giuridico che ha portato alla decisione, tant’è che, con i restanti motivi, la ricorrente ha potuto censurare compiutamente gli errori di diritto e in fatto che, secondo la contribuente, giustificano comunque la richiesta cassazione dell’impugnata sentenza.
3.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 51, comma 3, d.p.r. 131/1986 per avere la Commissione tributaria regionale omesso di valutare che l’Ufficio aveva «utilizzato trasferimenti immobiliari a fini comparativi che erano anteriori di oltre un triennio rispetto alla compravendita oggetto di causa, violando il limite temporale stabilito dalla norma».
3.2. La censura è infondata.
3.3. Va premesso, infatti, che ai sensi dell’art. 51, comma 3, cit. per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari l’Ufficio del registro, ai fini dell’eventuale rettifica, controlla il valore di cui al comma 1 avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o atri di analoghe caratteristiche e condizioni.
3.4. Ritiene tuttavia la Corte, in conformità a quanto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 16076/2000: conf. n. 26970/2020 in motiv.), che la violazione del disposto dell’art. 51, consistente nell’utilizzazione di atti anteriori al triennio, non comporta nullità dell’avviso
di rettifica dal momento che una tale sanzione non è prevista dalla norma e non si giustifica sul piano sistematico per lo scarso spessore della irregolarità.
3.5. Tale irregolarità potrebbe unicamente avere una qualche rilevanza sul piano dell’affidabilità del metro di valutazione, non potendosi escludere in astratto che in alcune situazioni particolari il mercato conosca una diminuzione dei prezzi anziché una lievitazione ma, nella specie, la doglianza della contribuente sul punto è generica e non ha ad oggetto una situazione particolare quale una consistente diminuzione del valore del bene per il trascorrere di pochi mesi o di circa un anno, per cui non merita di essere accolta.
4.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. per avere la CTR «basato la propria decisione su una presunta ripresa del mercato immobiliare nel 2013, circostanza mai dedotta dall’Agenzia delle Entrate né contestata dalle parti, violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato».
4.2. La doglianza va parimenti disattesa.
4.3. La Commissione tributaria regionale ha affermato quanto segue: ‘Gli atti di compravendita comparativi fanno peraltro riferimento ad immobili alienati in un periodo -2010/2012- nel quale risulta dato acquisito e non contestato come il mercato immobiliare pativa una profonda crisi congiunturale, crisi superata o comunque in fase di totale superamento nel periodo finale del 2013 quando la società contribuente ha acquistato il fabbricato, oggetto del presente contenzioso (ottobre 2013). Ciò induce a ritenere che i valori utilizzati dall’Amministrazione Finanziaria appaiono corretti se non anche non totalmente allineati al valore di mercato all’attualità ».
4.4. La censura della ricorrente è, dunque, inammissibile per difetto di specificità ex 366 c.p.c. in quanto, a fronte delle specifiche affermazioni nella sentenza impugnata , circa l’acquisizione al giudizio e la mancata contestazione in merito alla suddetta circostanza fattuale, non risulta riportato nel ricorso il contenuto degli atti difensivi dell’Erario nei due gradi di giudizio.
4.5. Non essendo detto error in procedendo relativo alla dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c. rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del «fatto processuale», intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (cfr. tra le tante, Cass. nn. 28072/2021; 15367/2014; 6361/2007).
4.6. L’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Suprema Corte, ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone invero l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di specificità, gli elementi e i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, cos ì da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell’ iter processuale senza compiere generali verifiche degli atti (cfr. Cass. nn. 23834/2019; Cass. 20924/2019; Cass. 2771/2017).
5.1. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Commissione tributaria regionale omesso di valutare fatti e circostanze dedotte dalla contribuente, tra cui le pessime condizioni manutentive dell’immobile acquistato, la maggiore superficie e la diversa ubicazione degli immobili comparati, che li rendevano incomparabili, la congruità del valore dichiarato per i locali uso autorimessa, superiore al valore medio calcolato dall’Ufficio.
5.2. Le doglianze sono fondate.
5.3. Va premesso che dinanzi al giudice tributario, l’amministrazione finanziaria è posta sullo stesso piano del contribuente, cosicché, in tema di prova, quanto all’imposta di registro, ipotecaria e catastale, la relazione di stima di un immobile, redatta dall’ufficio tecnico erariale e prodotta dall’amministrazione finanziaria, costituisce una semplice consulenza di parte, alla quale, pertanto, può essere attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la provenienza, ma non anche per quel che riguarda il contenuto propriamente valutativo, sebbene, al tempo stesso,
debba essere anche precisato che nel processo tributario esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, e dunque anche la consulenza di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente (cfr. Cass. nn. 4864/2020, 9357/2015, 2193/2015, 8890/2007, 7935/2002).
5.4. È stato pertanto ribadito che in tema di accertamenti tributari, qualora la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima dell’UTE o di altro ufficio tecnico, che ha il valore di una semplice consulenza di parte, il giudice investito della relativa impugnazione, pur non potendo ritenere tale valutazione inattendibile solo perché proveniente da un’articolazione dell’Amministrazione finanziaria, non può considerarla di per sé sufficiente a supportare l’atto impositivo, dovendo verificare la sua idoneità a superare le contestazioni dell’interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi ed essendo, altresì, tenuto ad esplicitare le ragioni del proprio convincimento (cfr. Cass. n. 9357/2015).
5.5. Nella specie, i contribuenti, come emerge dalla consulenza di parte e dalla documentazione riassunta ed allegata al ricorso in cassazione, avevano sostenuto che la stima dell’Ufficio era inidonea ad essere posta a fondamento della rettifica del valore dell’immobile in quanto non aveva valutato le pessime condizioni manutentive dell’immobile, le differenze di pregio e ubicazione rispetto agli immobili utilizzati dall’Ufficio per la comparazione, la circostanza che gli immobili comparati avevano dimensioni considerevolmente inferiori rispetto a quello acquistato dalla contribuente, rendendo il confronto inadeguato, e che il valore dichiarato per le autorimesse acquistate dalla contribuente era superiore al valore medio calcolato dall’Ufficio per le autorimesse prese a comparazione.
5.6. Nel caso concreto, la Commissione tributaria regionale si è limitata per contro a ritenere congruo il valore indicato dall’Ufficio in quanto basato sul parametro comparativo, oltre che sul generalizzato aumento dei prezzi di mercato degli immobili nell’anno di acquisto e sulla «ubicazione … del fabbricato in pieno centro di Roma», genericamente affermando che la stessa Amministrazione Finanziaria aveva «valutato la perizia di parte
prodotta dalla società contribuente e ritenuta la stessa inidonea a modificare la valutazione adottata», senza dar conto di avere in alcun modo valutato l’esito della detta stima dell’Ufficio in raffronto a quanto emergente dalla consulenza di parte prodotta dalla contribuente.
5.7. La Commissione tributaria regionale ha dunque completamente omesso di valutare elementi in tesi dirimenti per il giudizio, in relazione ai quali non ha fornito alcuna motivazione, neppure implicita, non avendo considerato, quanto meno in via implicita, la prospettazione contraria e gli elementi addotti dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive, senza una compiuta valutazione tra le contrapposte prospettazioni ed allegazioni probatorie delle parti.
Il motivo va dunque accolto quanto al quarto motivo, respinti i rimanenti motivi, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso principale, respinti i rimanenti motivi; dichiara inammissibile il controricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da