Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26340 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26340 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9011/2015 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della PUGLIA n. 1897/2014 depositata il 26/09/2014. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/07/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
In esito ad una verifica fiscale della Guardia di Finanza relativa alle annualità 2005, 2006 e 2007, veniva redatto un pvc nel cui quadro si contestava al ricorrente odierno di aver venduto unità immobiliari indicando nell’atto di compravendita un corrispettivo inferiore a quello effettivamente incassato. L’accertamento con adesione sortiva esito negativo. Con distinti avvisi di accertamento vennero recuperate Imposte dirette e Iva nei confronti del contribuente con riferimento a tutte e tre le annualità su riportate.
La Ctp di Bari accoglieva l’impugnazione del contribuente solo parzialmente e solo in relazione alle annualità 2005 e 2007. Il successivo appello del contribuente è stato rigettato. Il ricorso per cassazione di costui è affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memorie . Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la nullità violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., con testuale ‘ denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 4 richiamato dall’art. 62 d.lgs. 564 /92 ‘, per avere la CTR trascurato il difetto di prova, tralasciato l’importanza documentale del ‘ quadro economico’ e omesso di corroborare la pronuncia con un ‘quid pluris argomentativo’. Il motivo è inammissibile.
La CTR ha esercitato il sindacato di merito ad essa riservato, osservando, in particolare, che ‘ gli atti impugnati risultano sufficientemente motivati, sia pure per relationem, in quanto i documenti richiamati, ancorché non fisicamente allegati sono stati
comunque riprodotti, nel loro contenuto essenziale ‘. Inoltre, nell’esercizio del sindacato in parola, il giudice regionale ha valorizzato ‘ l’attendibilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dagli acquirenti nel corso RAGIONE_SOCIALE indagini di polizia giudiziaria ‘ e rimarcato la rilevanza RAGIONE_SOCIALE risultanze dell’interrogatorio ‘ reso innanzi al P.M. presso il Tribunale di Trani’ da parte del contribuente.
Pertanto, la dedotta violazione degli artt. 115 e 115 c.p.c. tende ad ottenere una rivisitazione del merito della controversia, invero preclusa in questa sede.
D’altronde, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. n. 26769 del 2018).
Peraltro, come chiarito ancora di recente da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, RAGIONE_SOCIALE prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 6774 del 2022; Cass. n. 1229 del 2019).
I principi sono stati ribaditi dalle Sezioni Unite che hanno osservato che in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in
contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020).
Mette in conto rilevare che in tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione RAGIONE_SOCIALE predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n 2572 del 2021). Tra l’altro la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., anche al solo fine di rilevare entro i limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., dovrebbe emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. n. 24434 del 2016).
Con il secondo motivo si contesta, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. l’apparenza della motivazione.
Il motivo è infondato.
La sentenza d’appello, infatti, reca a proprio supporto una trama argomentativa idonea a sorreggerla sul piano della ratio decidendi . Essa, in particolare, s’impernia sulla valorizzazione di dichiarazioni
rese dagli acquirenti degli immobili e -come sopra già evidenziato -dalle evidenze dell’interrogatorio reso agli organi inquirenti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani.
Non viene in evidenza, perciò, una nullità processuale, deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., sol che si consideri che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da ‘ error in procedendo ‘, solo quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. in questa prospettiva ex multis Cass. n. 13170 del 2021; Cass. n. 29495 del 2019; Cass. n. 2122 del 2023 nonché Cass., Sez. Un., n. 22232 del 2016 e Cass., Sez. Un., n. 8053 del 2014).
Del resto, mette in conto evidenziare che ‘in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali’ (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018) .
Con il terzo motivo si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, co. 1, lett. c) e d) d.P.R. n. 600 del 1973, 19 D.Lgs.
n. 446 del 1997, art. 54, co. 3, D.P.R. n. 633 del 1972, in combinato disposto con gli artt. 2727 e 2729 c.c., avuto riguardo all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la CTR valorizzato le dichiarazioni di due soggetti in luogo di quelle rese dagli altri, senza specificare perché il livello indiziario di alcune dichiarazioni modulasse completamente il giudizio finale, non potendo essere le dichiarazioni usate da sole idonee a sostenere il convincimento del giudice e a giustificare la decisione.
Con il quarto motivo si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 33 D.P.R. n. 600 del 1973 e 633 D.P.R. n. 633 del 1972, avuto riguardo all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR trascurato di precisare ‘ il criterio di valutazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di terzi, RAGIONE_SOCIALE prove o degli elementi indiziari acquisiti in altro processo ‘, nonché il criterio in base al quale, all’interno di un quadro indiziario certo e qualificato, l’Ufficio potesse ‘ svalutare la portata RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni in favore di una ricostruzione induttiva dei ricavi grazie ad un giudizio discrezionale di attendibilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni medesime ‘.
Il terzo e il quarto motivo sono suscettibili di trattazione unitaria, dacché intimamente connessi. Entrambi investono, infatti, il piano della valutazione probatoria da parte del giudice d’appello e la valorizzazione di taluni elementi istruttori in luogo di altri.
Ambedue i motivi sono inammissibili.
La RAGIONE_SOCIALE ha compiuto un accertamento di fatto, mettendo in risalto, nel proprio libero sindacato, gli elementi di prova che sono parsi ad essa più attendibili.
Come chiarito da questa Corte spetta univocamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o
all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante (Cass., 13 giugno 2014, n. 13485; Cass., 15 luglio 2009, n. 16499)
Questa Corte ha anche chiarito che, in sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass. n. 3541 del 2020).
In altri termini, la violazione RAGIONE_SOCIALE norme sulle presunzioni è censurabile, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., solo ‘ se risulti che, violando i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice si sia limitato a negare valore indiziario a singoli elementi acquisiti in giudizio, senza accertarne l’effettiva rilevanza in una valutazione di sintesi ‘ (Cass. n. 10973 del 2017).
Non è d’altronde normativamente previsto che la CTR sia tenuta rispondere punto su punto alle considerazioni e/o argomentazioni di parte ricorrente in ordine alla maggiore affidabilità di un elemento probatorio in luogo di un altro. Una pretesa di tal fatta ambirebbe, al fondo, ad una rivisitazione del merito della controversia, invero preclusa in questa sede.
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di
legittimità, che liquida in euro 8.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 03/07/2024.