Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4318 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5   Num. 4318  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28246/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.  MILANO n. 728/2019 depositata il 18/02/2019.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  13/02/2024  dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Procuratore Generale in persona della AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto;
Uditi i difensori RAGIONE_SOCIALE parti presenti
Fatti rilevanti di causa.
§ 1. Sinergia –RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEP propongono, con unitario ricorso, cinque motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di rettifica e liquidazione ad esse notificato in recupero di maggiore imposta di registro, sanzioni ed interessi sull’atto 8 dicembre 2012 con il quale la seconda (all’epoca denominata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, gruppo RAGIONE_SOCIALE) aveva ceduto alla prima il ramo aziendale avente ad oggetto servizi di back-office, office-finanza ed altri servizi svolti attraverso l’attività di 42 dipendenti.
A fronte di un prezzo di cessione indicato in euro 62.000,00 (coincidente con il valore di avviamento, peritalmente stimato), l’Ufficio aveva accertato un maggior valore aziendale di euro 1.667.365,00.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che:
-correttamente l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva considerato, nella valorizzazione  dell’avviamento,  l’elemento  aziendale,  determinante  nel settore  creditizio  così  come  evolutosi  negli  ultimi  tempi,  costituito  dal personale;
-corretto era anche il criterio a tal fine utilizzato, costituito dal valore di sostituzione, cioè dai costi di inserimento, formazione, aggiornamento e coordinamento  che  la  società  avrebbe  dovuto  affrontare  nell’ipotesi alternativa di assunzione di nuovo personale;
-trattandosi di cessione aziendale, era stata esattamente  applicata l’aliquota unitaria del 3 %.
Resiste con controricorso l’ RAGIONE_SOCIALE.
Il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso venga rigettato.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione .
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso le società lamentano -ex art.360, co. 1^ n.4, cod.proc.civ. -nullità della sentenza per violazione degli articoli 112 e 132 cod.proc.civ., nonché 111, co. 6^ Cost.. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale pronunciato alcunchè sui motivi di opposizione dedotti nel primo motivo di appello, concernenti l’erroneità del metodo di valutazione utilizzato dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE mediante totale identificazione del valore aziendale nel solo avviamento (invece che nell’insieme del compendio produttivo organizzato, ex art. 2555 cod.civ.) e, poi, mediante totale identificazione dell’avviamento nel personale dipendente. Per contro, qualora fosse stato considerato il valore globalmente attribuibile al ramo aziendale back-office oggetto di cessione, ne sarebbe emersa la negatività; e ciò pur nella denegata ottica di identificazione dell’avviamento nel personale, stante l’accertata inefficienza economica del ‘capitale umano’, proprio alla luce dell’evoluzione del settore bancario e della drastica riduzione di personale riconducibile alla riorganizzazione tecnologica dei servizi prestati.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, ex art.360, co. 1^ n.4, cod.proc.civ., nullità della sentenza per mancata decisione sul secondo motivo di appello RAGIONE_SOCIALE società, con il quale si evidenziava l’erronea applicazione – con riguardo al profilo del singolo dipendente invece di quello dell’azienda e della natura dell’attività prestata -del criterio di valorizzazione adottato dall’ufficio, costituito dai coefficienti da applicare alle retribuzioni annue corrisposte ai dipendenti trasferiti con il ramo d’azienda in questione. In particolare, risultava che l’Ufficio avesse applicato i moltiplicatori di livello medio-basso o addirittura medio (0,751,5) invece di quelli di livello basso (0,33-0,50), senza con ciò considerare che le attività di back-office svolte dalla cedente erano in perdita già a livello di margine operativo, e ciò proprio a causa dell’elevato costo medio
del  personale  rispetto  ad  altre  società.  Il  tutto  trovava  conferma  nella perizia di stima del ramo d’azienda AVV_NOTAIO COGNOME prodotta in giudizio dalle contribuenti,  a  sua  volta  richiamante  uno  studio  dell’ottobre  2011  della RAGIONE_SOCIALE, neppure considerata dalla Commissione Tributaria Regionale.
Con  il  terzo  motivo  di  ricorso  si  lamenta  nullità    della  sentenza -ex art.360, co. 1^ n.4, cod.proc.civ. -per  motivazione apparente, perplessa ed  oggettivamente  incomprensibile  (anche  dal  punto di vista logicosintattico)  circa  il  rigetto  del  primo  motivo  di  appello  formulato  dalle società,  relativo  alla  contestazione  del  metodo  valutativo  utilizzato  in rettifica dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
§ 2.2 Questi tre motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione RAGIONE_SOCIALE censure sollevate, tutte orientate a far valere la nullità della sentenza per difetto di pronuncia ovvero mancanza-apparenza di motivazione – sono infondati.
Va premesso (primo e secondo motivo) che, per costante indirizzo interpretativo, al fine di integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Il che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi, in proposito, una specifica argomentazione; dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (tra le molte: Cass. nn. 1360/16, 452/15, 16254/12, 20311/11).
Orbene,  nel  caso  di  specie,  la  Commissione  Tributaria  Regionale  ha dapprima ricostruito i motivi di appello proposti dalle società contribuenti, per poi partitamente esaminarli ed infine respingerli sul presupposto della ritenuta fondatezza dei criteri accertativi seguiti dall’ufficio. Ciò si è risolto nel rigetto dell’appello RAGIONE_SOCIALE società in ragione della non condivisibilità dei
metodi estimativi alternativamente proposti da queste ultime nel loro atto di appello.
Si verte dunque, all’evidenza, di un caso che non è di mancata pronuncia su domande o eccezioni di parte (come veicolate con i motivi di appello), bensì di loro rigetto implicito, con conseguente estraneità della fattispecie alla dedotta violazione dell’art. 112 cod.proc.civ..
Altro è dire che la Commissione Tributaria Regionale non si sarebbe confrontata (non già con domande od eccezioni ritualmente introdotte in giudizio dalla parte, bensì) con determinate tesi giuridiche ed argomentazioni contabili di valutazione aziendale costituenti il tessuto argomentativo RAGIONE_SOCIALE difese della parte; sennonché questa evenienza, qualora in effetti riscontrabile, sarebbe del tutto estranea alla doglianza di nullità ex art.360, co. 1^ n.4, cod.proc.civ., per eventualmente attingere al diverso aspetto della violazione o falsa applicazione di legge (della quale si dirà nella disamina del quarto motivo), ovvero della carenza assoluta di motivazione, nei limiti del ‘minimo costituzionale’ oggi ancora rilevanti in sede di impugnazione di legittimità.
Venendo, con ciò, al terzo motivo in esame, va anche qui premesso il costante orientamento di legittimità, secondo cui la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ. non richiede l’esplicita confutazione RAGIONE_SOCIALE tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio posti a base della decisione o di quelli non ritenuti significativi, essendo necessario e sufficiente, al fine di soddisfare l’esigenza di un’adeguata motivazione, che il raggiunto convincimento risulti da un riferimento logico e coerente a quelle, tra le prospettazioni RAGIONE_SOCIALE parti e le emergenze istruttorie vagliate nel loro complesso, che siano state ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo, in modo da evidenziare l'”iter” seguito per pervenire alle assunte conclusioni, disattendendo anche per implicito quelle
logicamente incompatibili con la decisione adottata (tra le molte: Cass.nn. 17145/06, 8294/11, 25509/14, 3126/21).
Ebbene, su tale presupposto non può fondatamente affermarsi che la sentenza qui impugnata sia nulla per difetto ovvero mera apparenza di motivazione, dal momento che la Commissione Tributaria Regionale ha dato invece univocamente conto del proprio convincimento, argomentando che la stima dell’avviamento aziendale mediante considerazione del valore attribuibile al personale, così come operato dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, doveva ritenersi corretta in relazione al caso concreto, connotato sia dalla valutazione di un ramo aziendale <>, sia dalla preminente rilevanza del personale, in ragione della professionalità acquisita ed oggi richiesta al settore bancario, anche in ragione della evoluzione informatica (e nel senso di banca ‘universale’) da esso prodotta. Prosegue poi la Commissione Tributaria Regionale esplicitando le ragioni per cui, dovendosi ritenere <>, ai fini della stima dell’avviamento di un’azienda di questo tipo, il personale, risultava altresì congruo (indipendentemente dalla mancata indicazione RAGIONE_SOCIALE fonti dottrinali condivise dall’Ufficio) il criterio del valore di sostituzione dei dipendenti ragguagliato ai <> così quanto, in particolare, ai costi di inserimento, formazione, aggiornamento e coordinamento.
Tutto  questo  deponeva,  secondo  la  motivazione  qui  censurata,  per ritenere corretto il  criterio dell’Ufficio,  dal  momento che  l’avviamento così calcolato  <>, con conseguente non condivisione RAGIONE_SOCIALE eccezioni della parte contribuente, siccome <>.
Si è dunque ben al di là di quelle limitate e tassative ipotesi di totale assenza ovvero mera apparenza di motivazione (le uniche, come detto, comportanti la nullità della sentenza), risultando che la Commissione Tributaria Regionale abbia in tal modo dato conto, in maniera sufficientemente chiara e logica e mediante una ben individuabile ratio decidendi , del ragionamento sotteso alla decisione di ritenere legittimo l’operato dell’Ufficio e, per contro, inaccoglibili i criteri di valutazione alternativamente proposti dalle società.
§ 3.1 Con il quarto motivo di ricorso si deduce -ex art.360, co. 1^ n.3, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione degli articoli 3-53 Cost., 2555 cod.civ., nonché 43, 51 e 52 d.P.R. 131/86. La violazione della disciplina indicata derivava dal fatto che la Commissione Tributaria Regionale aveva convalidato l’erroneo criterio estimativo adottato dall’ufficio; criterio basato su una formula astratta perché svincolata dalla realtà del ramo d’azienda ceduto, e comunque limitato al solo ‘capitale umano’ (ad ogni modo, come detto, di per sé segnato da inefficienza economica e ridotta marginalità utile operativa), invece che esteso all’insieme degli elementi produttivi organizzati costituenti l’azienda.
§ 3.2 Il motivo è inammissibile.
Esso -attraverso il prisma della violazione normativa, per quanto attiene sia alla nozione civilistica di azienda sia ai criteri ex art. 51 Tur – sollecita in realtà una nuova delibazione in fatto del valore attribuito al ramo aziendale ceduto, in conseguenza dell’opzione per un criterio valutativo semplicemente differente ed alternativo, tra i vari possibili, rispetto a quello seguito dalla Commissione Tributaria Regionale.
In base all’art. 51 d.P.R. 131/86: <>.
Per  quanto  concerne  la  determinazione  del  valore  venale  dell’azienda, nella sua totalità o ramo di essa, questa disposizione richiede quindi che si abbia riguardo al <>, di cui l’avviamento (<>) è uno dei fattori.
Si è osservato (Cass.n. 9075/15) che: <>.
In tal modo, da un lato, si è ulteriormente evidenziato che la scelta tra i criteri valutativi normalmente esperibili non è di per sé sindacabile in sede
di  legittimità  in  quanto  attinente  ad  un  giudizio  di  merito,  ma  si  è  anche rimarcato,  dall’altro, che  qualsiasi criterio  valutativo  deve  purtuttavia (nell’alternativa  tra  metodo  patrimoniale  semplice  e  metodo  patrimoniale complesso, integrativo del primo anche nella considerazione della <>) dare conto del compendio aziendale nella sua intrinseca natura.
Come già in altre occasioni osservato (Cass.nn. 16662/21 cit., 979/18 ed altre)  la  nozione  di  avviamento  –  priva  di  una  sua  propria  definizione legislativa – è richiamata, in materia di bilancio di esercizio, dall’art. 2426, 1^ comma  n. 6) del cod.civ.; disposizione tuttavia circoscritta ad ammetterne  l’iscrizione  nei  limiti  del  costo  sostenuto  per  il  suo  acquisto (avviamento derivato), ed a disciplinarne le quote di ammortamento.
In quanto elemento aziendale di rilevanza economico-patrimoniale, l’avviamento  viene  però  preso  in  considerazione  anche  dall’ordinamento tributario;  così  per  affermarne  il  concorso  alla  formazione  del  reddito imponibile (art.86, 2^  co. T.U.I.R.), ovvero per fissarne i limiti di ammortamento (art.103, 3^ co. T.U.I.R.).
Esso è poi appunto espressamente considerato dal citato art.51, 4^ co., che  ne  contempla  l’incidenza  sulla  determinazione,  ai  fini  dell’imposta  di registro,  del  valore  venale  dell’azienda  trasferita  e,  con  ciò,  della  base imponibile.
Si tratta, del resto, di nozione ampiamente ricorrente nella giurisprudenza  di  legittimità,  la  quale  ne  recepisce  i  contenuti  così  come elaborati dalle scienze economiche, contabili ed aziendalistiche.
In tale contesto, l’avviamento viene identificato e descritto in termini di qualità intrinseca immateriale dell’azienda; qualità che di solito si concreta nel maggior valore che il complesso aziendale, unitariamente considerato, presenta  rispetto  alla  somma  dei  valori  di  mercato  dei  beni  che  lo compongono  (Cass.  nn.  25324/14;  9115/12;  8642/11  ed  altre).  Questo maggior  valore  va  a  sua  volta  correlato  alla  <>,  ossia  a  quella  <>  (Cass.  10586/11,  con  richiamo  di  Cass. 9470/95).
Tutto ciò posto, si è poi specificato che – appunto nella determinazione della base imponibile dell’imposta di registro – l’esistenza di un avviamento incrementativo del valore dell’azienda trasferita ben può coesistere con la presenza di perdite di esercizio negli anni immediatamente precedenti o successivi al trasferimento stesso (Cass.22506/15; Cass.2702/02); ed anche che tale base imponibile può essere determinata non solo (in assenza di avviamento) in forza del <>, dato dalla somma di attività e passività patrimoniali, ma anche (in presenza di avviamento) in forza del <> che, integrando il primo, valorizza tutti i fattori che comportano plusvalenza da beni immateriali costituenti, nel loro complesso, l’avviamento stesso (Cass.9075/15 cit.).
Si  è  poi  anche osservato che dal dato normativo non viene escluso che l’avviamento possa rilevare in sede di compressione della base imponibile per  l’imposta  di  registro  quand’anche  negativo  (c.d. badwill ):  Cass.n. 979/18 cit..
Il tutto deve essere finalizzato -anche per i suoi risvolti ex art. 53 Cost. –  ad attuare (non in astratto ma nella concretezza del caso) quello che è l’obiettivo -cardine della definizione della base imponibile ai fini dell’imposta di  registro,  vale  a  dire  l’emersione  dell’effettivo  e  reale  valore  attribuibile all’azienda, al momento del trasferimento, in regime di libero mercato.
§  3.3 Orbene,  nel  caso  di  specie  il  rogito  di  trasferimento  sottoposto  a rettifica  dava  atto  che  il  ramo  d’azienda  era  costituito,  con  riguardo all’esercizio 2012,  da un attivo di euro 34.057,00, da un passivo di euro 1.165.083,00 e da un avviamento di euro 62.000,00, con un saldo netto
contabile negativo per euro 1.131.026,58. In conseguenza di ciò la cedente si  obbligava  ad  apportare  liquidità,  inclusa  nel  ramo  ceduto,  pari  ad  euro 1.069.026,58.
Come risulta dalla sentenza, la rettifica è poi avvenuta in relazione al solo fattore di avviamento costituito dal capitale umano, <> (così controricorso pag.16).
Il collegio regionale ha ritenuto che questo criterio estimativo fosse effettivamente tale da rappresentare il reale valore di mercato del ramo di azienda ceduto ex art. 51 cit.; e ciò sul presupposto (a sua volta integrativo di una valutazione prettamente fattuale) che il ramo aziendale in questione, proprio per la sua natura ed il suo oggetto (attività di back office e gestione documentale) trovasse nel personale professionalizzato un fattore <> ed <>, come tale qualificante, tanto da sostanzialmente esaurire l’intero valore aziendale.
In definitiva, quindi: a) la valutazione del ‘solo’ valore di avviamento non poteva dirsi di per sé contra legem, se riguardato in una realtà aziendale che, nella valutazione del giudice di merito, in tale valore sostanzialmente si esauriva; b) la identificazione, nell’ambito dell’avviamento, del solo fattore costituito dal personale qualificato trovava anch’essa giustificazione, nell’ambito di una ricostruzione prettamente fattuale della vicenda, in ragione della tipologia dell’attività svolta dal ramo d’azienda ceduto; c) l’applicazione a questa assorbente componente aziendale, tra i vari
possibili,  del  criterio  estimativo  del  costo  di  sostituzione  del  personale stesso attiene a sua volta ad una scelta discrezionale del giudice di merito, non  irragionevole  né  concretante  violazione  o  falsa  applicazione  RAGIONE_SOCIALE norme denunciate.
Si ribadisce in proposito il fermo  indirizzo di legittimità (Cass.nn. 16662/21,  9075/15;  2204/06;  2702/02)  secondo  il  quale,  in  presenza  di metodi  contabili diversi, per determinare  il valore di un’azienda, ivi compreso il valore di avviamento, il detto valore costituisce oggetto di un giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del giudice del merito ed immune da sindacato di legittimità se adeguatamente motivato.
§ 4.1 Con il quinto motivo di ricorso le società deducono violazione e falsa applicazione altresì dell’articolo 2697 cod.civ.. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale rilevato che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sulla quale gravava il relativo onere, non aveva provato il fondamento della rettifica di valore, come anche si evinceva dalla motivazione (trascritta per stralci nel motivo di ricorso), dell’avviso impugnato (allegato al ricorso sub doc.1), facente astratta ed apodittica menzione dell’utilizzo del metodo dottrinario di valutazione del capitale umano secondo parametri di sostituzione. Si osserva, in particolare, che <> (ric. pag.27).
§ 4.2 Il motivo è infondato.
Va  premesso  che  <> (Cass.n. 26769/18 ed altre).
Nella concretezza del caso, non può dirsi che la Commissione Tributaria Regionale  abbia  sovvertito la regola dell’onere  probatorio,  ponendolo esattamente in capo all’Amministrazione;  e  tuttavia,  essa  ha  poi  ritenuto che quest’ultima avesse fornito adeguata dimostrazione del maggior valore accertato,  in  ragione -come  detto -del  criterio  estimativo  prescelto  e ritenuto congruo.
E ciò, per giunta, nell’ambito di una fattispecie nella quale i dati di fatto della controversia potevano ritenersi sostanzialmente acquisiti tra le parti, vertendo  il  nucleo  della  lite  non  tanto  su  questo  accertamento,  quanto sull’adozione del più corretto criterio di stima dell’avviamento e della forza -lavoro.
Né,  come  è  evidente,  la  violazione  dell’art.  2697  cod.civ.  potrebbe fondatamente  sostenersi  sol  perché  il  giudice  di  merito  abbia  ritenuto  di basare il proprio convincimento sugli elementi addotti dall’Ufficio e non su quelli (compresa  la  perizia tecnica) allegati dalla parte contribuente, concretando  ciò  un  esito  delibativo,  come  più  volte  ricordato,  qui  non rivedibile.
§  5. Ne  segue  il  rigetto  del  ricorso,  con  condanna  della  ricorrente  alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite, liquidate come in dispositivo.
PQM
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5000,00, oltre spese prenotate a debito; v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così  deciso  nella  camera  di  consiglio  della  Sezione  Tributaria  in