Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 700 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 700 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
sul ricorso 29097/2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv.
NOME COGNOME, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
proposto avverso la sentenza n.2578/5/2017 della COMM.TRIB.REG. del Lazio, depositata il 9/5/2017 e notificata in data 29.5.2017;
Udita la relazione della causa svolta in data 24/2/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione tributaria regionale del Lazio con sentenza n.2578/5/2017 depositata il 9/5/2017 accoglieva l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 25236/19/2015, la quale aveva rigettato il ricorso introduttivo proposto dalla società avente ad oggetto l’avviso di accertamento per IVA e accessori 2004 notificatole dall’Agenzia delle Entrate.
Con l’atto impositivo veniva disconosciuto in capo alla società il diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti, a seguito di richiesta di rimborso avanzata dalla contribuente per il periodo di imposta, in relazione ad operazioni poste in essere in frode dell’erario. In particolare, si legge nella sentenza impugnata, il disconoscimento era stato operato sulla base dell’assunto della partecipazione dolosa o comunque colposa da parte della contribuente alla frode perpetrata dalla RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva illegittimamente trattenuto le somme corrisposte dalla contribuente a titolo di IVA per il periodo di imposta e dal 2010 si era resa irreperibile nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e quindi dichiarata fallita.
Contro la sentenza d’appello che, riformando la decisione di primo grado, aveva annullato l’atto impositivo sul presupposto che l’Agenzia non avesse dimostrato che la contribuente sapesse o avrebbe dovuto
sapere che le operazioni economiche poste a base dell’invocato diritto a detrazione si iscrivevano in un’evasione commessa dall’emittente fattura, l’Agenzia ricorre per cassazione per due motivi. Replica la contribuente con controricorso. Da ultimo la contribuente deposita memoria illustrativa.
Considerato che:
In via pregiudiziale, la Corte dà atto che il processo tra le parti iscritto all’RGN 852/2017 e relativo a diverso anno di imposta, che il ricorso indica come connesso al presente, è stato definito.
Con il primo motivo di ricorso – in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.19 comma 1, 21 e 54 d.P.R. n.633/1972, 2697 e 2729 cod. civ., avendo la CTR mancato di tener conto di una serie di circostanze fattuali potenzialmente decisive al fine di dimostrare la partecipazione della contribuente al meccanismo frodatorio, dettagliate alle pagg.13 e 14 del ricorso.
5.1. In via preliminare la contribuente eccepisce l’inammissibilità della censura per essere diretta ad ottenere un nuovo accertamento fattuale diretto a sovvertire quello operato dal giudice del merito.
Il secondo motivo di ricorso -articolato nell’ipotesi in cui la Corte ritenga che la partecipazione o consapevolezza della frode posta in essere dal fornitore fosse stata valutata -introduce, in rapporto all’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ., anche il vizio motivazionale per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, per le medesime ragioni poste a base del motivo primo, in particolare con riferimento al collegamento e al controllo societario ai fini della partecipazione o comunque possibilità di conoscere il meccanismo di evasione dell’imposta.
6.1. In via preliminare, va anche dato atto del fatto che la società eccepisce l’inammissibilità della censura per assenza di decisività in
quanto, a suo dire, giusta Cass. n.26854/2014 la presenza di collegamento societario e anche di un rapporto di controllo tra i soggetti coinvolti nell’operazione oggetto di accertamento non potrebbe assolutamente assurgere ad elemento di prova al fine di dimostrare l’elemento soggettivo della conoscibilità della frode.
Il primo motivo non è inammissibile ed è fondato, con assorbimento del secondo.
7.1. Va innanzitutto rammentato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi ai fini della disamina della fondatezza delle riprese: la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente da solo), sebbene preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
7.2. Quanto poi alla valutazione della prova contraria, il Collegio osserva come, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti e, come sopra visto, nella fattispecie il fatto storico è indubbiamente stato considerato.
Orbene, con riferimento al collegamento societario e al controllo delle due società ai fini della conoscibilità della evasione fiscale, afferma la CTR alle pagg.5 e ss. della sua motivazione:
« Osserva la Commissione che nel richiamato avviso (p7. di pag. 7) si afferma che i centri decisionali della società in questione, cioè la RAGIONE_SOCIALE risultano costituiti, prevalentemente, dalle medesime persone fisiche con alternanza di cariche, negli anni, dall’una all’altra società. Orbene tale deduzione è del tutto carente nell’indicazione di quali persone, con la specificazione dei nominativi, avessero rivestito le richiamate cariche ed in quali società del gruppo, facente capo alla SRAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE Tale omissione esclude che nel caso si possa essere in presenza di un’argomentazione presuntiva. Infatti, in mancanza di un fatto noto, non è possibile sviluppare una tale argomentazione (Cass. sez. lav. 20 giugno 2006 n.14115), stante l’assoluta indeterminatezza della premessa dell’argomentazione medesima.
Quanto alla circostanza che sia la RAGIONE_SOCIALE che la RAGIONE_SOCIALE fossero partecipate e controllate dalla RAGIONE_SOCIALE non può costituire, in assenza dell’indimostrata identità di persone fisiche con funzioni di direzione ed amministrazione in più società, la premessa di un’argomentazione presuntiva sulla base della quale assumere che ciò che decideva una delle società controllate fosse a conoscenza dell’altra società controllata. Infatti una tale argomentazione si pone in contrasto con le norme relative all’amministrazione di una società, norme che si devono presumere essere state rispettate, in assenza di alcuna specifica e documentata deduzione in senso contrario da parte dell’A.F..
(…) Quanto alla circostanza che, nel contratto del 17 settembre 2002, era stato indicato che la RAGIONE_SOCIALE partecipava al capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE a sua volta controllante della RAGIONE_SOCIALE nonostante che alla richiamata data la seconda società non fosse socia della terza, è circostanza del tutto ininfluente al fine di dimostrare la sussistenza di un accordo fraudolento.
Quanto alla circostanza dell’aver NOME COGNOME sottoscritto il contratto di servizi in data 17 settembre 2002 per conto della RAGIONE_SOCIALE nonostante, in tale data, non ne fosse il rappresentante legale, per altro indicato, tale rappresentante, nell’epigrafe del contratto medesimo nella persona di NOME COGNOME la circostanza medesima può far in ipotesi ritenere che detto contratto fosse stato sottoscritto in una data ulteriore, certamente comunque non successiva al 29 dicembre 2003, quando NOME COGNOME aveva sottoscritto, quale rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE altro contratto, non oggetto al riguardo di rilievo alcuno da parte dell’A.F. In ogni caso una data antecedente al 2004, anno di imposta per il quale qui si controverte.
Peraltro, in assenza di ogni deduzione relativa all’aver NOME COGNOME assunto funzioni societarie nella RAGIONE_SOCIALE trattasi di circostanza dalla quale non è possibile, secondo un’argomentazione coerente con elementari canoni logici, desumere alcun coinvolgimento della società appellante nella frode posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE
Quanto alla circostanza relativa alla coincidenza, nel 2004 e nel 2005, del recapito telefonico, indicato nelle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE con quello in uso alla RAGIONE_SOCIALE, quanto da questa prospettato non è di certo implausibile. In ogni caso la comunanza di un’utenza telefonica non è indice inequivoco della conoscenza reciproca, da parte delle due società controllate dalla RAGIONE_SOCIALE, delle rispettive decisioni ed operazioni ».
8.1. In sintesi e meramente a titolo esemplificativo del complessivo errore logico in cui è incorsa la CTR, dal momento che in sede di legittimità non è ammesso il riesame del merito, come in astratto correttamente ricorda la controricorrente senza però cogliere che la censura in disamina riguarda una violazione di legge nell’applicazione del corretto canone probatorio, il fatto che l’indicazione del nominativo delle persone fisiche non sia riportato nel p.v.c. non è decisivo dal momento
che è un dato astrattamente ricavabile dalle visure camerali, pubblicamente accessibili.
Più in generale, il giudice d’appello ha operato una valutazione estesa ma atomistica del compendio probatorio, pacificamente risultante dal p.v.c. e raccolto per due anni di imposta, tra cui quello oggetto del presente giudizio, i cui singoli elementi di prova sono unitariamente svalutati dal giudice senza un loro esame complessivo e incrociato.
11.1. Infatti, la valutazione del contratto del 17 settembre 2002 ai fini della dimostrazione del controllo societario, il fatto che NOME COGNOME avesse sottoscritto il contratto di servizi, il dato documentale del recapito telefonico, indicato anche nelle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE coincidente con quello in uso alla contribuente, sono elementi di prova tutti singolarmente esaminati, ma svalutati e non complessivamente intrecciati per ricostruire la fattispecie complessiva alla luce del principio di effettività. In virtù di tale principio assume rilievo la situazione di fatto esistente al momento dell’inizio, dello svolgimento e della cessazione dell’attività tra controllante e controllata, e ciò determina la necessità di un riesame complessivo del profilo da parte del giudice del rinvio ai fini dell’applicazione del corretto canone probatorio. Gli elementi di prova in sede di rinvio dovranno essere incrociati al fine di stabilire se la contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, secondo la diligenza individuata dal canone giurisprudenziale di cui agli arresti di Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 9851 del 20/04/2018 e, conforme, Sez. 5 – , Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018, se le operazioni economiche poste a base dell’invocato diritto a detrazione si iscrivevano in un’evasione.
12. Per l’effetto, va disposta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, ai sensi della legge n.130/2022, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, in relazione al profilo, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.
13. Da ultimo, la Corte dà anche atto del fatto che le tre questioni di merito riproposte dalla società alle pagg.56-61 del controricorso non assurgono a motivi di ricorso incidentale condizionato, benché rimaste assorbite in appello, sia perché sono espressamente dedotte dalla contribuente « in via di mera riproposizione » e dunque al fine di essere riproponibili nell’eventuale giudizio di rinvio, sia perché non risulta che l’atto difensivo, che peraltro non ha neppure le forme del ricorso incidentale, sia stato notificato alla controparte nei termini per questo previsti.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, in relazione al profilo oltre che per la liquidazione delle spese di lite.
Roma, Così deciso in data 24 febbraio 2023