Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19336 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8649/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II grado del RAGIONE_SOCIALE (ex RAGIONE_SOCIALE Tributaria Regionale del RAGIONE_SOCIALE -Torino) n. 936/2022 depositata il 05/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE con la sentenza in epigrafe indicata, in sede di rinvio disposto dalla sentenza della Corte di cassazione n. 27796/2018, riformando le sentenze di prime cure previa riunione dei ricorsi, confermava i valori indicati nelle cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA ICI 2001, NUMERO_CARTA ICI 2002, 06820070349848516000 ICI 2003, e nell’avviso di accertamento 73198/2005 ICI 2015, con i l quale il comune aveva intimato il pagamento delle somme di cui ai predetti atti, sulla base della operazione di stima del valore per gli anni 2001, 2002, 2003 per le aree di proprietà, all’epoca , della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE per il 2005.
1.1. Tali avvisi di accertamento erano stati infatti oggetto di pronuncia di accoglimento dei ricorsi cumulativi proposti dal contribuente, con sentenze della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE provinciale di RAGIONE_SOCIALE n. 90 e n. 91 del 2008, la quale aveva ritenuto inattendibili le stime, e di successiva riforma, con accoglimento dell’appello proposto dal comune e conferma dei valori di stima, da parte della CTR di Torino, con sentenza n. 68/28/10 emessa in data 27/09/2010.
Avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II grado del RAGIONE_SOCIALE n. 936/2022, emessa in sede di rinvio, come indicata in epigrafe, la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 3 motivi, cui ha resistito con controricorso il comune.
E’ stata formulata proposta di PDA ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., sul presupposto che il ricorso della contribuente appariva manifestamente inammissibile, in quanto la presentazione della istanza di definizione dal parte del contribuente non comporta inefficacia dell’avviso di accertamento ma solo la sospensione del termine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, cui è seguita
richiesta di decisione sul presupposto che oggetto del giudizio, a seguito di rinvio, è ormai il solo avviso di accertamento n. 73198/NUMERO_DOCUMENTO, tempestivamente impugnato, ed unica parte del contenzioso oggetto di cassazione con rinvio.
Ambedue le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve rilevarsi che la sentenza della Corte di cassazione n. 27796/2018, nel cassare con rinvio, ha ritenuto infondato il motivo riguardante la declaratoria di tardività dell’impugnazione proposta in relazione alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA e, in parte, anche quello proposto avverso la cartella di pagamento n. 068 NUMERO_CARTA (notificata alla RAGIONE_SOCIALE), rilevando che sul punto si è formato il giudicato interno. Pertanto, come illustrato dal ricorrente in sede di richiesta di discussione a seguito di proposta di definizione accelerata, il giudizio di rinvio prosegue nei soli limiti in cui l’impugnazione degli atti impositivi non sia stata ritenuta inammissibile: come riconosciuto dallo stesso ricorrente, l’oggetto del contendere è ormai limitato al solo avviso di accertamento ICI n. 73198/2005 (anno 2005), tempestivamente impugnato, unica parte dell’originario contenzioso che è stata oggetto di cassazione con rinvio.
Con il primo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE ha denunciato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 384, comma secondo, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 e 4, cod. proc. civ. con riferimento al capo della sentenza relativo alla rilevanza, ai fini della valorizzazione delle aree di proprietà della contribuente (e quindi della quantificazione dell’imposta) della sentenza n. 4/2005 pronunciata dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, assumendo che la CTR in sede di rinvio non avrebbe seguito le indicazioni della predetta sentenza del TSAP di cui alla sentenza della
Suprema Corte n. 27796/2018, violando i principi vincolanti per il giudice di rinvio.
2.1. La controricorrente ha replicato che la CTR, con la sentenza n. 936/22, interpretando correttamente quanto detto nella sentenza di cassazione con rinvio n. 27796/2018, con giudizio di merito insindacabile in questa sede, ha operato la propria rivalutazione, statuendo l’irrilevanza nel caso concreto della sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche n. 4/2005 ai fini di una rideterminazione del valore delle aree edificabili oggetto di accertamento.
2.2. Il motivo è inammissibile
2.3. Ritiene la Corte che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la CTR abbia emesso la propria decisione tenendo in considerazione nel proprio processo valutativo la sentenza del Tribunale delle Acque Pubbliche, come indicato da questa Corte in sede di rinvio. Questa Corte nella sentenza di rinvio si era limitata ad indicare la contraddizione compiuta dalla CTR nel non tenere conto, nel procedimento valutativo di cui alla motivazione, degli elementi esterni, quali la indicata sentenza del TSAP, mentre, al contempo, indicava espressamente quali possibili elementi probatori eventuali « sentenze tributarie relative a rendite di fondi finitimi », le quali dunque costituivano in astratto possibili fonti di prova del minor valore imponibile delle aree in questione.
2.4. Non ha invece imposto alcun automatismo nella valutazione del merito, del resto preclusa alla Corte di legittimità, rimettendo al giudice del rinvio la propria nuova valutazione. In sostanza la Corte, cassando con rinvio, ha sancito solo la irrilevanza, ai fini della valutazione nel merito, della doppia circostanza (che era stata invece valorizzata dalla CTR ai fini dell’esclusione), che la sentenza indicata fosse stata pronunciata dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, anziché da una commissione RAGIONE_SOCIALE, e del fatto che RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE fosse estranea a tale giudizio: tali circostanze secondo il giudice di legittimità non erano idonee ad escludere in astratto la sua valutazione nell’ambito del ragionamento motivatorio.
2.5. Il compito del giudice del rinvio consisteva nel riconsiderare il valore imponibile sulla base della sentenza del TSAP e della incidenza della servitù di elettrodotto, che non escludeva la edificabilità, ma semmai la riduceva.
2.6. Ciò chiarito, ritiene questa Corte, per pacifico orientamento, che il proprio sindacato non possa estendersi al giudizio di merito compiuto dalla CTR, una volta che la stessa, in sede di rinvio, si sia pronunciata considerando la fattispecie in base ai parametri indicati (nel caso di specie tenendo conto della sentenza del Tribunale delle Acque Pubbliche), pervenendo nel proprio insindacabile giudizio di merito alle relative conclusioni (nel caso di specie escludendo motivatamente la loro rilevanza, nel caso concreto).
2.7. Non si è trattato, come nella prima sentenza della CTR (oggetto di cassazione con rinvio), di omissione – già in astratto – della valutazione di un elemento (cioè la sentenza TSAP, ipotesi sindacabile dalla cassazione in quanto relativa non al merito ma al procedimento logico di valutazione in sé), bensì della espressione di una esplicita valutazione sulla questione nella quale, con propria argomentazione, la CTR è pervenuta alla conclusione che tale elemento (la detta sentenza del TSAP e gli elementi ivi considerati) non interferisse in concreto nel processo di stima oggetto della presente fattispecie.
2.8. In tal senso, secondo il costante indirizzo di questa Corte, anche nell’ambito del contenzioso tributario, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza
all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 17 settembre 2020, n. 19351; Cass., Sez. 5^, 16 febbraio 2021, n. 3941; Cass., Sez. 5^, 23 novembre 2021, n. 36093; Cass., Sez. 5^, 2 settembre 2022, n. 25962; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2023, n. 7498).
2.9. Una volta entrata nel procedimento valutativo della CTR la sentenza indicata dalla Corte in sede di rinvio, ogni valutazione è rimessa solo alle prerogative del giudice di merito, rimanendo egli libero nella valutazione delle risultanze processuali in forza dei medesimi poteri del giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, con l’unica limitazione consistente nell’evitare di fondare la nuova decisione sugli elementi del provvedimento annullato ritenuti illogici e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrarti (Cass. Sez. L., 5 marzo 2009, n. 5316).
2.10. Il motivo è quindi inammissibile.
Con il secondo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 quaterdecies , comma 16, d.l. 203/2005 convertito in L. 248/2005 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. Nel motivo di ricorso si evidenzia che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, l’art. 11 quaterdecies , comma 16, D.L. 203/2005 non può interpretarsi come norma attributiva della natura edificabile ad un’area, per il sol fatto di essere astrattamente qualificata come tale dallo strumento urbanistico generale. Non si potrebbe cioè
prescindere dalla sussistenza di elementi obiettivi dai quali dedurre che il dato formale non è rispondente a quello sostanziale.
3.1. L’amministrazione controricorrente ha eccepito che l’affermazione inerente presunti effetti di inedificabilità delle aree discendenti dalla sentenza del TSAP n. 4/2005 è infondata, anche alla luce della circostanza dell’avvenuto rilascio del primo permesso di costruire nel 2006 (allegato al ricorso per cassazione) come espressamente citato nella sentenza impugnata.
3.2. Come rettamente affermato nella sentenza oggetto del presente gravame, vi è prova in atti del rilascio di un permesso di costruire, circostanza che smentisce ex se la affermazione che il terreno sarebbe in concreto inedificabile (sicché vi sarebbe stata una erronea valutazione della CTR sul punto, in violazione di legge), posta a sostegno del motivo.
3.3. Il motivo va dunque respinto.
Con il terzo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 324 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ. con riferimento alla attribuita rilevanza, ai fini della valorizzazione delle aree di proprietà della contribuente (e quindi della quantificazione dell’imposta) dell’indice territoriale e della servitù di elettrodotto, sostenendo che sarebbe in contrasto con i principi dettati dalla sentenza n. 27797/2018, da ritenersi vincolanti per i giudici di merito chiamati a deliberare sulle stesse questioni tra le medesime parti ancorché con riferimento a diversi anni d’imposta.
4.1. La controricorrente ha evidenziato invece che la sentenza gravata (n. 936/22) ha affermato che fosse la Società a dover dare la prova contraria dell’incongruità del valore accertato e, nello specifico, a individuare precisamente le aree sulle quali insisteva la servitù, non potendosi applicare un’eventuale riduzione all’intero compendio delle aree possedute ed oggetto di accertamento.
4.2. Trattasi di motivo c.d. misto, pur astrattamente ammesso da parte della giurisprudenza (Cass. 11/04/2008, n.9470), ma nel quale non è chiaro se si intenda far valere la violazione di legge o il vizio in procedendo, sì da porsi al limite dell’inammissibilità. Secondo pacifica giurisprudenza non è difatti ammissibile la delega al giudice di legittimità del compito di dare forma e contenuto giuridici alle doglianze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7009 del 17/03/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011; Cass. 06/02/2024, n.3397).
4.3. In ogni caso, il motivo è comunque infondato.
4.4. La affermazione di parte ricorrente che ‘ la servitù di elettrodotto è elemento rilevante per fissare l’effettivo valore delle aree e dell’imposta, mai essendone stata contestata né l’esistenza né l’incidenza sul sedime di proprietà dell’esponente, la percentuale di abbattimento del 8%, indicata dal Comune di RAGIONE_SOCIALE stesso, avrebbe dovuto essere applicata dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado. L’efficacia decisiva, ai fini della valutazione dell’infondatezza della pretesa impositiva, della circostanza, deriva da una diretta e chiara ammissione del Comune di RAGIONE_SOCIALE, ammissione che non può essere svilita, nella sua rilevanza, dal fatto che l’affermazione era contenuta in una proposta transattiva ‘ è del tutto fuorviante.
4.5. La CTR ha correttamente operato la propria valutazione sulla base degli elementi prodotti dalle parti, come imposto dalla dinamica del processo, sicché ha svolto la propria valutazione alla luce degli elementi comparativi a disposizione, rilevando la mancanza di adeguata ed idonea prova, che doveva essere fornita dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a mutare l’originario classamento.
4.6. La sentenza gravata ha affermato che fosse la Società a dover dare la prova contraria dell’incongruità del valore accertato e, nello specifico, a individuare precisamente le aree sulle quali insisteva la servitù, non potendosi certo applicare un’eventuale riduzione all’intero compendio delle aree possedute ed oggetto di accertamento. Ha testualmente affermato (in ultima pagina della motivazione), in proposito, che ‘ l’onere probatorio di indicare su quanti mq e quali insistesse la servitù incombeva la società provveduto nemmeno in questo grado di giudizio. Il motivo e quindi da respingere ‘.
4.7. Nell’ambito del limitato potere di valutazione alla luce degli elementi presenti in giudizio, è dunque giunta alla propria valutazione, che come più volte detto non è sindacabile dalla Corte, senza con ciò violare i principi di cui alla sentenza di rinvio, che nulla hanno imposto in merito al contenuto concreto della successiva valutazione.
Alla luce di quanto illustrato, il ricorso va respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
6.1. Non deve farsi luogo all’applicazione delle sanzioni processuali previste dall’art. 380 bis ultimo comma cod. proc. civ. (che dispone l’applicazione del terzo e del quarto comma dell’articolo 96 cod. proc. civ.) in quanto l’esito – comunque sfavorevole per il ricorrente – è fondato su ragioni diverse da quelle di cui alla proposta di definizione accelerata formulata dal giudice delegato, e quindi non può ritenersi sussistente il requisito della conformità tra PDA e decisione, e considerato altresì che la valutazione di tale questione è rimessa al collegio e non improntata a meccanismi automatici (Cass. 27/12/2023, n. 36069).
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 26/06/2024.