Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18656 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18656 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4460/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO COMUNE DI RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. UMBRIA, n. 223/2022 depositata il 04/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La C.T.R. dell’Umbria, con la sentenza in epigrafe indicata ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado e decidendo nel merito ha rigettato i ricorsi dei contribuenti avverso gli avvisi di accertamento impugnati, per maggiore IMU anni di imposta 2014 -2017, su aree edificabili nel Comune di Terni;
ricorrono in cassazione COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME eredi di COGNOME NOME, con sette motivi di ricorso;
resiste con controricorso il Comune di Terni che chiede il rigetto del ricorso;
la Procura generale della Corte di Cassazione, sost. proc. gen. NOME COGNOME, ha depositato memoria con conclusioni di rigetto del ricorso, confermate anche in udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso risulta infondato e deve respingersi con condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del grado con il raddoppio del contributo unificato.
Con il primo motivo i ricorrenti prospettano la violazione di legge rilevante ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. degli art. 33, primo comma, 59, d. lgs. n. 546 del 1992, 27, d.l. n. 137 del 2020, 24 e 111 della Costituzione, per omessa trattazione in pubblica udienza davanti alla C.T.P. di Terni, nonostante le specifiche richieste.
La sentenza impugnata ha dichiarato la nullità della decisione di primo grado (per la mancata trattazione in pubblica udienza), ma
ha, esattamente, rilevato che l’invalidità non comporta la regressione del processo al primo grado, in quanto non rientrante nelle ipotesi tassative di cui all’art. 59, d. lgs. 546 del 1992: «In tema di contenzioso tributario, la trattazione del ricorso in camera di consiglio invece che alla pubblica udienza, in presenza di un’istanza di una RAGIONE_SOCIALE parti ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 546 del 1992, integra una nullità processuale che, pur travolgendo la successiva sentenza per violazione del diritto di difesa, non determina, una volta dedotta e rilevata in appello, la “retrocessione” del giudizio in primo grado, poiché tale ipotesi non rientra tra quelle tassativamente previste dall’art. 59 del detto d.lgs. l’appello costituisce, anche nel processo tributario, un gravame generale a carattere sostitutivo che impone al giudice dell’impugnazione di pronunciarsi e decidere sul merito della controversia» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 19579 del 24/07/2018, Rv. 649822 -01; vedi anche Sez. 5, Sentenza n. 3559 del 16/02/2010, Rv. 611764 – 01).
Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano una violazione degli art. 817, cod. civ., 1, comma 703, legge n. 147 del 2013, 13, secondo comma, d.l. n. 201 del 2011, D.M. 30 ottobre 2012, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
I ricorrenti prospettano la violazione di legge in relazione alla mancata considerazione dei terreni edificabili quali pertinenze RAGIONE_SOCIALE abitazioni.
Le decisioni di merito hanno valutato le prove del giudizio e con valutazione, insindacabile in sede di legittimità, hanno ritenuto che l’assenza di un vincolo di pertinenzialità dei terreni.
Si tratta di una evidente valutazione di merito RAGIONE_SOCIALE prove non sindacabile da questa Corte di Cassazione: «Il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al
sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023, Rv. 669412 – 01).
La sentenza impugnata evidenzia, inoltre, che la recinzione del terreno in località Gabelletta non assicura il vincolo di pertinenza, trattandosi di un’opera «che non determina alcuna radicale trasformazione dell’area, né difficilmente rimovibile»; per il rispetto RAGIONE_SOCIALE distanze da parte dei proprietari confinanti (che avrebbero leso il diritto all’edificazione del ricorrente sul terreno) la sentenza analizza la conciliazione volta a consentire da parte del ricorrente l’edificazione ad una distanza dal conf ine inferiore a quella legale, nonché la possibilità di azioni giudiziarie. Inoltre, il ricorrente aveva ottenuto un permesso di costruire nel 2013 su una RAGIONE_SOCIALE aree in giudizio. Si tratta, come visto, di evidenti valutazioni di merito, in fatto non sindacabili in sede di legittimità.
Con il terzo motivo i ricorrenti prospettano violazione e falsa applicazione degli art. 1, comma 162, legge 27 dicembre 2006, n. 296, 16, d.P.R. 472 del 1997, 7, legge 27 luglio 2000, n. 212 e 3, legge 7 agosto 1990 n. 241 del 1990, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
I ricorrenti ripropongono il motivo di mancanza della motivazione degli avvisi di accertamento. La sentenza impugnata, sul punto evidenzia la sussistenza della motivazione degli avvisi impugnati in quanto «espongono con sufficiente chiarezza le ragioni che hanno portato alla liquidazione del tributo richiesto. Il Comune di Terni ha spiegato che non ritiene di qualificare pertinenziali le aree
in questione perché la situazione di fatto non era mutata rispetto al passato, quando il vincolo pertinenziale non era stato mai dedotto».
Altra considerazione deve ricevere la valutazione della fondatezza della richiesta del Comune, che deve ritenersi distinta dalla motivazione dell’atto, investendo la prova della fondatezza della pretesa. I due piani non possono essere confusi, come prospet tato nel ricorso in cassazione. L’avviso di accertamento non deve contenere anche le prove della pretesa tributaria: «Nel processo tributario, ai fini della validità dell’avviso di accertamento non rilevano l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente se la motivazione, anche se resa per relationem , è comunque sufficiente, dovendosi distinguere il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 8016 del 25/03/2024, Rv. 670858 -01; vedi anche Sez. 5, del 6 giugno 2024, n. 15881).
4. Con il quarto ed il quinto motivo i ricorrenti prospettano violazione e falsa applicazione degli art. 2697, cod. civ. e 7, d. lgs. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonché degli art. 8, quarto comma, d. lgs. n. 23 del 2011, 13, terzo comma, d. l. n. 201 del 2013, 5, quinto comma, d. lgs. 504 del 1992, comma 703, legge n. 147 del 2013, 3 e 53 della Costituzione in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Per i ricorrenti la sentenza sarebbe viziata nella motivazione in quanto il Comune non avrebbe provato il valore dei terreni, peraltro senza mai fare un accesso ai terreni per valutarne le caratteristiche, per la determinazione del valore.
La sentenza impugnata, con motivazione approfondita e con valutazioni di fatto, insindacabili in questa sede, ha evidenziato come il valore RAGIONE_SOCIALE aree edificabili è stato determinato tenendo presente le loro specifiche caratteristiche e il Comune nell’avvi so aveva
evidenziato ben 12 compravendite di terreni simili; inoltre, la sentenza evidenzia come i terreni presi in considerazione dal contribuente non sono significativi in quanto uno di essi era di notevole estensione (ed il prezzo al mq era influenzato proprio dalla sua estensione) ed un altro aveva destinazione urbanistica diversa («completamente difforme»). Si tratta di evidenti valutazioni di fatto. Il ricorso in cassazione mira ad una rivalutazione del fatto non consentita nel giudizio di legittimità.
Nel ricorso in cassazione, infatti, solo apparentemente si prospetta una violazione di legge, ma, invece, si deduce una questione di mero fatto: «È inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito. (Principio affermato dalla S.C. con riferimento ad un motivo di ricorso che, pur prospettando una violazione degli artt. 1988 c.c. e 2697 c.c., in realtà tendeva ad una nuova interpretazione di questioni di mero fatto, quali l’avvenuta estinzione dei crediti azionati, già esclusa dal giudice d’appello alla luce dei rapporti commerciali di fornitura intercorsi tra le parti e dei pagamenti effettuati tramite cambiali ed altri titoli di crediti riferibili a precedenti fatture non oggetto di causa)» (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017, Rv. 643690 – 01).
I ricorrenti, del resto, reiterano acriticamente i motivi di appello senza confrontarsi con le motivazioni della decisione («Con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di
un non motivo , come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.», Sez. 1 – , Ordinanza n. 22478 del 24/09/2018, Rv. 650919 – 01).
Con il sesto motivo i ricorrenti prospettano una violazione del giudicato esterno già formatosi sulla inedificabilità dell’area (violazione e falsa applicazione degli art. 5, quinto comma d. lgs. 504 del 1992, 53 Cost., 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.).
Con la sentenza del 23 febbraio 2010 della C.T.P. di Terni, passata in giudicato, era stata affermata l’inedificabilità di fatto dei terreni in questione.
La sentenza impugnata ha, correttamente, evidenziato come la sentenza citata dal ricorrente è intervenuta tra parti diverse (l’RAGIONE_SOCIALE, per l’imposta di registro) e in quanto tale non può ritenersi formato il giudicato esterno.
Infatti, per l’art. 2909 cod. civ. «L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa» (vedi Sez. 5 – , Sentenza n. 38950 del 07/12/2021, Rv. 663418 -01 e Sez. 1 – , Ordinanza n. 27304 del 26/10/2018, Rv. 651467 -01).
Con il settimo motivo i ricorrenti prospettano una violazione del contraddittorio procedimentale (violazione e falsa applicazione degli art. 10, primo comma, legge 212 del 2000, 6, secondo e quarto comma, d. lgs. 218 del 1997, art. 12, settimo comma, legge 212 del 2000, in relazione all’art. 360, prim o comma, n. 3, cod. proc. civ.).
Su quest’aspetto deve darsi continuità all’indirizzo giurisprudenziale che ha costantemente ritenuto insussistente un diritto al contraddittorio endoprocedimentale per l’IMU, trattandosi di tributo non armonizzato: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto
purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito» (Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637604 -01; vedi anche Sez. 5 – , Ordinanza n. 4752 del 23/02/2021, Rv. 660667 – 02).
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28/06/2024.