Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3236 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3236 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 09/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7262/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
ROMA RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE UO FISCALITARAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio ROMA n. 7995/2018 depositata il 16/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Roma Capitale, in relazione al periodo d’imposta 2009, 2010 e 2011, ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE avvisi di accertamento con cui ha
contestato alla Società una maggiore ICI, in ragione della diversa stima del valore delle aree.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto rituale istanza di accertamento con adesione, cui non seguiva la effettiva definizione. La contribuente ha formulato dunque distinte impugnazioni innanzi alla CTP.
Con sentenza n. 16496/2017, la Commissione Tributaria Provinciale, ha dichiarato , con riguardo al ricorso relativo all’anno di imposta 2011, la cessazione della materia del contendere (atteso il provvedimento di annullamento in autotutela intervenuto nelle more) e, con riguardo relativo agli avvisi di accertamento ICI 2009 e 2010, l’a ccoglimento parziale delle censure di difetto di motivazione e difetto di istruttoria, disponendo la rideterminazione dei valori imponibili individuati dagli avvisi di accertamento.
Roma Capitale ha proposto quindi atto di appello, eccependo l’illegittimità della pronuncia in merito alla valutazione delle aree, sottolineando che il procedimento di rettifica era stato correttamente avviato in base alle disposizioni di cui al comma 161 della L. n. 296/2016 e che per la determinazione del valore dell’area edificabile era stato adottato uno dei sistemi analitici maggiormente utilizzati per giungere ad una corretta valutazione, denominato ‘Metodo della Trasformazione’. La società contrib uente si è costituita in giudizio, contestando l’inammissibilità dell’atto di appello per mancanza di motivi specifici e proponeva appello incidentale, ritenendo errati i valori determinati dai Giudici di primo grado per le aree edificabili, anche in considerazione del parziale accoglimento per le sanzioni, ed eccependo altresì la carenza di motivazione degli avvisi.
Con sentenza n. 7995/2018, la Commissione Tributaria Regionale ha accolto l’appello proposto da Roma Capitale e respin to l’appello incidentale .
5.1. In particolare, la CTR ha ritenuto:
-sanata la nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione, in quanto il contribuente, ha proposto ricorso, ed ha dimostrato di aver compreso il contenuto dell’atto e di potersi difendere, aggiungendo, peraltro, che ‘ non può essere dichiarata la nullità, per carenza di motivazione, di un avviso di rettifica che indichi il presupposto della maggiore imposta e renda la fonte informativa sottostante alla rettifica indicando, come nel caso, i criteri attraverso i quali è stato determinato il valo re dell’area’;
-corretta la qualificazione come aree edificabili dei terreni oggetto di accertamento, in base agli strumenti urbanistici vigenti;
-legittima la determinazione del valore venale in comune commercio delle aree edificabili, effettuata da Roma Capitale sulla base dei parametri fissati dal Consiglio Comunale ai sensi del D. Lgs. n. 446/976;
-corretto l’utilizzo del metodo della trasformazione per la stima del valore delle aree edificabili di INDIRIZZO e Cortina D’Ampezzo, in assenza di un mercato di beni analoghi nella zona di riferimento, la correttezza del quale ha ricevuto conforto dall’applicazione del criterio offerto dalle quotazioni OMI per i beni similari nel Comune di Roma; -legittimo il criterio di stima adottato per l’area di INDIRIZZO, basato sul valore di aree similari ricadenti nel medesimo intervento urbanistico.
5.2. La CTR ha quindi riformato integralmente la sentenza di primo grado, confermando la legittimità degli avvisi di accertamento emessi da Roma Capitale.
Avverso tale sentenza, la società contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a n. 7 motivi.
La amministrazione si è costituita con controricorso.
La Procura Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
Sono state depositate memorie ex art. 380. bis .1 c.p.c. da parte ricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare devono essere affrontate le questioni di inammissibilità proposte dall’amministrazione, ed in particolare, nell’ordine :
l’ inammissibilità ex art. 360 bis , comma 1, n. 1 e 2, c.p.c.: il ricorso sarebbe inammissibile perché la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di Cassazione e l’esame dei motivi di ricorso non offrirebbe elementi tali da giustificare un mutamento dell’orientamento della Corte;
l’ inammissibilità ex art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c: il ricorso non rispetterebbe il requisito di “sommaria esposizione dei fatti di causa” previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, riproducendo pedissequamente atti e documenti del giudizio di merito;
l’ inammissibilità per violazione dei limiti del giudizio in Cassazione, atteso che la ricorrente, pur lamentando violazioni di legge, starebbe in realtà chiedendo alla Corte di Cassazione di riesaminare questioni di fatto già analizzate dai giudici di merito.
1.1. Le dette eccezioni sono infondate, posto che il ricorso è adeguatamente formulato e le censure, riferite alle peculiarità del caso di specie, altrettanto adeguatamente incanalate nell’alveo dei motivi d’impugnazione previst i dall’art. 360 c.p.c.
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 53 del D.Lgs. n. 546 del 1992, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. La società ricorrente sostiene che la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio sia illegittima in quanto non ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da Roma Capitale per difetto di specificità dei motivi di impugnazione in appello.
2.1. Il motivo, che, differentemente da quanto eccepito dalla Procura generale, non è privo di autosufficienza, in virtù dell’allegazione al ricorso di copia dell’atto di appello, è infondato.
2.2. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che, nel processo tributario, l’onere d’impugnazione specifica richiesto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, norma speciale rispetto all’art. 342 c.p.c., è assolto anche ove l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato qualora, com’è avvenuto nella fattispecie, il dissenso investa la decisione nella sua interezza (Cass. 10/01/2024, n. 1030).
2.3. La doglianza va quindi respinta.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 115 c.p.c. ( ai sensi dell’ art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.). In particolare, si evidenzia la violazione del principio di non contestazione, atteso che la Commissione Tributaria Regionale del Lazio avrebbe erroneamente ritenuto corretti i valori degli immobili oggetto della controversia, pur in presenza di prove e argomentazioni presentate dalla ricorrente e non contestate da Roma Capitale, né in primo, né in secondo grado. Roma Capitale, nel suo atto di appello, si sarebbe limitata a riproporre il contenuto degli avvisi di accertamento, senza confutare né le prove documentali presentate dalla contribuente (documenti da 7 a 16 allegati al ricorso di primo grado), né le risultanze dell’istruttoria condotta da ll’amministrazione (documento 4 allegato al ricorso di primo grado) durante la fase di accertamento con adesione.
3.1. La censura non può essere accolta, per un triplice ordine di motivi. In primo luogo, quanto al giudizio di primo grado, non è predicabile la deduzione di non contestazione da parte di un soggetto che, come nel caso in esame, non si è costituito in primo grado (Cass. n. 16800/2018; Cass. n. 14372/23). In secondo luogo, nel processo
tributario non occorre contestazione ulteriore a quella dell’avviso di accertamento (Cass. n. 19806/2019): il principio di non contestazione opera sì anche nel processo tributario, ma deve essere coordinato con quello, correlato alla specialità del contenzioso, secondo cui la mancata specifica presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente non equivale ad ammissione dei fatti posti a fondamento di essi, né determina il restringimento del “thema decidendum” ai soli motivi contestati e consente all’Ente impositore di scegliere tra tutte le possibili argomentazioni difensive rispetto ai motivi di opposizione (Cass. n. 7127/19). In terzo luogo, alla condotta tenuta dall’amministrazione per il tramite di Aequa Roma nel corso del procedimento di accertamento per adesione non si possono ascrivere gli effetti indicati in ricorso, rappresentando l’accertamento per adesione uno strumento in senso lato transattivo, avente anche la specifica finalità di ridurre il contenzioso ed i tempi dell’accertamento tributario (vedi Cass. n. 30584/24); il che vale a maggior ragione nel caso, come quello in esame, in cui questo strumento non ha sortito effetti.
3.2. La censura va dunque respinta.
Con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente eccepisce la nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. La CTR Lazio, pur avendo riconosciuto la necessità di accertare il valore venale in comune commercio delle aree edificabili oggetto di contestazione, non avrebbe proceduto ad un’effettiva valutazione autonoma di tale valore, limitandosi ad affermare genericamente la correttezza dei criteri di stima utilizzati da Roma Capitale, senza effettuare un’analisi comparativa con altri metodi di stima e senza valutare la congruità del valore determinato dall’amministrazione comunale. Avrebbe invece dovuto valutare
autonomamente il valore venale degli immobili, tenendo conto di tutti gli elementi rilevanti.
4.1. Contrariamente a quanto afferma parte ricorrente, la sentenza affronta la questione della validità dei criteri di stima, argomentando sulla relativa validità e correttezza dei metodi di stima adottati.
4.2. È inoltre principio consolidato che, a fronte dell’apprezzamento di fatto contenuto in sentenza, il giudice non deve dar conto di tutti gli elementi che esamina. Da un lato, dunque, la censura non intacca la ratio decidendi (Cass. 26/02/2024, n. 5102), dall’altra è infondata, in quanto n on sussiste, per quanto appena detto, alcuna omissione di fatti decisivi.
La censura va quindi rigettata.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. , ai sensi dell’ art 360, comma 1, n. 3, c.p.c..
Gli avvisi di accertamento sarebbero illegittimi perché la rettifica e l’accertamento del maggior valore di aree edificatili e fabbricati sarebbe avvenuto sulla base delle sole stime OMI e non anche su ulteriori elementi probatori.
5.1. Non può non rilevarsi, come evidenziato anche nella requisitoria della Procura Generale, che il valore OMI non ha costituito l’unico parametro considerato, contrariamente a quanto assume il ricorrente, ma ha costituito un ulteriore parametro di conferma (come si legge nella motivazione della CTR, pag. 3).
5.2. Diversamente dalle deduzioni di parte ricorrente, non c’è stata un ‘ erronea ripartizione dei carichi probatori, ma una valutazione delle prove offerte, e inoltre, come detto, non v’è piena congruità col contenuto della decisione impugnata, che non fa affatto leva soltanto sui valori OMI, come si prospetta in ricorso, ma sugli elementi tratti dall’applicazione del metodo analitico di trasformazione.
5.3. Tale metodo è stato già scrutinato da questa Corte, che lo ha ritenuto legittimo (Cass. n. 27057/2024).
5.4. La censura è dunque infondata e va respinta.
Con il quinto motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione dell ‘art. 7, comma 1, della L. n. 212/2000 , ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c..
6.1. La censura affronta nella sostanza la medesima questione di cui al precedente motivo, sotto il diverso profilo della violazione dell’art. 7 dello Statuto del contribuente.
6.2. Pur denunciando l’omessa motivazione, la doglianza si limita a contestare la valutazione effettuata dalla Commissione tributaria e non condivisa dall’Amministrazione finanziaria, richiedendo alla Corte di cassazione una nuova e diversa valutazione di merito, preclusa in questa sede ( ex multis: Cass. 18/04/2024, n.10510) e comunque confonde il piano dell’allegazione dei fatti, propria della motivazione, con quello della prova.
6.3. La censura è dunque inammissibile.
I motivi nn. 6 e 7 vanno trattati congiuntamente, in quanto connessi, e risultano fondati.
7.1. Con il sesto motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la n ullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. ( ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.). La CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sulla contestazione delle sanzioni amministrative irrogate da Roma Capitale negli avvisi di accertamento n. 662099441/2014 e n. 662109441/2014.
7.2. Con il motivo di ricorso n. 7, si deduce, infine, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6, comma 1 e 12 del D.Lgs. n. 472/1997 ( ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.). Contesta, in particolare, il ricorrente che la CTR abbia applicato una sanzione amministrativa unica, partendo dalla sanzione base correlata all’anno della prima violazione.
7.3. In sostanza, con i motivi nn. 6 e 7 si lamenta un doppio vizio inerente alle questioni correlate alla sanzione: da un lato, l’omessa pronuncia sulla contestazione delle sanzioni amministrative irrogate da Roma Capitale negli avvisi di accertamento n. 662099441/2014 e n. 662109441/2014, e dall’altro l ‘ applicazione di una sanzione amministrativa unica partendo dalla sanzione base correlata all’anno della prima violazione.
7.4. Sul punto la gravata sentenza non ha offerto motivazione alcuna (né, come prospetta la Procura generale, si può ricavare dal mero dato del rigetto complessivo dell’appello incidentale il rigetto implicito delle specifiche contestazioni riguardanti le sanzioni), sicché deve ritenersi che le censure formulate siano fondate e meritino accoglimento.
All’accoglimento dei motivi nn. 6 e 7, ritenuto inammissibile il quinto e rigettati gli altri, consegue che il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata in relazione ai profili accolti, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto e il settimo motivo di ricorso, rigetta il primo, il secondo, il terzo e il quarto, dichiara inammissibile il quinto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24/01/2025.